La situazione politica e il progetto di organizzazione del Fronte Politico Costituzionale

“L’idea di proporre un Fronte politico costituzionale non sta a significare, ad essere chiari, che qualcuno abbia in mente di inventarsi una sigla per sbarcare il lunario. Si tratta in realtà di una apertura di dibattito sulla situazione e sui compiti che spetterebbero ai comunisti nelle circostanze attuali”.

 

La situazione politica e il progetto di organizzazione del Fronte Politico Costituzionale

L’idea di proporre un Fronte politico costituzionale non sta a significare, ad essere chiari, che qualcuno abbia in mente di inventarsi una sigla per sbarcare il lunario. Si tratta in realtà di una apertura di dibattito sulla situazione e sui compiti che spetterebbero ai comunisti nelle circostanze attuali. Se questo dibattito non c’è, non è un caso. E’ tradizione di una certa sinistra ‘alternativa’, sempre più rinsecchita e ininfluente, stabilire la linea del Piave dietro la parola magica OPPOSIZIONE. Il discorso è sempre uguale ed è seguito da un elenco della spesa dove si alimentano le frustrazioni del tanto vorrei, ma non posso.

Per aggirare gli ostacoli alcuni si sono inventati anche una nuova parola SOVRANISMO sperando con questo di adescare gli allocchi e tentare l’assalto al cielo senza preoccuparsi che dietro questa indicazione si alimenta un ‘patriottismo’ che proviene da altre sponde. Peraltro, di partiti sovranisti ne abbiamo contati finora almeno quattro o cinque compreso quello di Fassina e quindi la storia si ripete come farsa.

Detto questo ritorniamo alla questione principale: quali sono i caratteri della situazione e su quale progetto si può lavorare per dare un contributo ad andare nella direzione giusta?

Partiamo dai caratteri della situazione. Il cambiamento degli equilibri politici in Italia a partire dal 2018 è andato nella direzione opposta a quello che i liberal-imperialisti avrebbero voluto. Sarebbe stato il caso che di questo ce se ne accorgesse e di conseguenza si capisse in che modo si potevano sfruttare le contraddizioni. La sinistra autistica invece è partita lancia in resta contro il governo gialloverde non accorgendosi che si era aperto invece un serio contenzioso con l’UE, a partire dalla vicenda Savona, e uno scontro durissimo col padronato e i suoi supporter per i provvedimenti sociali voluti dai 5 Stelle, reddito di cittadinanza , quota 100, decreto dignità e ora il salario minimo. Eppoi sulle grandi opere e sulla giustizia.

Fermi sulla riva del Piave, i fautori intransigenti dell’opposizione non hanno fatto altro che aiutare le tendenze buoniste gestite dai sorosiani a livello internazionale, contribuendo in questo modo a mascherare lo scontro in Africa e in Medio Oriente tra imperialismo e forze antimperialiste di cui l’emigrazione è un prodotto. Non è un caso che i sorosiani di casa nostra abbiano identificato come punto di riferimento antimperialista i Curdi a stelle e strisce.

Ora che la situazione è cambiata, c’è un nuovo governo e rieccoli gli ‘alternativi’ sulla linea del Piave al grido tutti all’OPPOSIZIONE. Anche qui agli autistici sono sfuggite alcune cose. In primo luogo che la mossa del cavallo dei 5 stelle che ha portato al governo Conte bis teneva presente due cose in particolare: che le elezioni subito avrebbero portato alla vittoria della destra salviniana ormai senza più la maschera populista, e che bisognasse in qualche modo salvare i punti di programma sociale presenti nel governo gialloverde e che avevano scatenato l’ira dei liberisti.

Si poteva raggiungere questo risultato col PD? Le anime belle dell’opposizione sono scandalizzate per l’accordo di governo con Zingaretti, ma hanno ragionato costoro su come si gestisce una guerra manovrata in queste condizioni? Oppure si accontentano di uno zero virgola alle elezioni? Diciamo dunque che i 5 Stelle sono usciti bene dalla crisi e lo dimostrano le nuove tendenze elettorali.

Anche su Conte e l’Europa bisogna saper cogliere ciò che è effettivamente avvenuto. Il nuovo europeismo del presidente del consiglio è basato sul fatto che la nomina della von der Leyen era avvenuta in contrasto con la continuità della gestione precedente, ovviamente sempre dentro il quadro UE, e che era possibile aprire varchi su politica di bilancio e accordo di Dublino.

Detto questo come la mettiamo col PD? Anche qui bisogna vedere i fatti come stanno. La dirigenza di questo partito ha capito, o meglio qualcuno le ha fatto capire, che andare alle urne subito consegnava il paese al blocco di destra e questo avrebbe trasformato profondamente il quadro politico e istituzionale. Si poteva correre questo pericolo o si doveva rimandare la resa dei conti? Su questo elemento centrale riteniamo che il PD abbia riflettuto. Inoltre c’è da considerare che la corsa al governo ha messo in moto dentro questo partito l’interesse a tentare una strada riformatrice, modificando in senso socialdemocratico la strategia politica precedente. Come dire: Parigi val bene una messa. 

Se quanto abbiamo detto finora corrisponde a una analisi corretta dei fatti, i 5 Stelle rappresentano ancora il punto centrale dei cambiamenti. Non tener conto di questo e trarne le dovute conseguenze non è solo un atto di imbecillità politica, ma soprattutto di degrado culturale.

Interpretare bene le cose non vuol dire però risolvere i problemi che abbiamo di fronte e che sarebbe ora di discutere liquidando un’ideologia minoritaria che l’opposizione virtuale si trascina dietro da decenni. Su questo non siamo però ottimisti. Troppo grande è lo scarto che esiste tra ciò che è maturato nella cultura politica di chi vuole trasformare il sistema e la capacità di gestire un discorso concreto che sappia raccogliere questa esigenza. Da qui nasce la proposta del Fronte Politico Costituzionale. Il nostro non è un richiamo retorico alla Costituzione del ’48, ma un obiettivo che nasce da quelle contraddizioni che emergono dalla fase attuale e su cui bisogna costruire un progetto credibile e unificante che diventi coscienza di massa.

I 5 stelle possono esprimere organicamente un progetto di questo tipo?
Bisogna tener conto che questo movimento è il prodotto di una spinta al cambiamento, ma il suo orizzonte non è in grado di portare a fondo la soluzione delle questioni che sono sul tappeto oggi, aldilà dei provvedimenti che possono essere adottati nella direzione giusta. Per cambiare le cose bisogna andare oltre e mettere mano ad un programma di fase che implichi un cambiamento profondo del ruolo dell’Italia nel mondo e dei caratteri della nostra società e di come è gestita. Se non saremo in grado di esprimere questo programma e di saperlo gestire politicamente altri ci metteranno le mani, e Salvini ne è la prova, ovviamente nella direzione opposta.

Da che cosa nasce questo programma e in che termini va espresso? Premesso che non si tratta del solito elenco della spesa, il problema che abbiamo di fronte è una questione politica di indirizzo generale sugli obiettivi di fase.
Noi ne abbiamo indicati tre: il ruolo internazionale dell’Italia contro le guerre umanitarie, gli embarghi e il neocolonialismo; l’indirizzo sociale dell’economia anche se rimane un’economia di mercato; il rispetto dei diritti e delle condizioni di vita dei lavoratori e dei cittadini. In che senso vanno declinati questi punti programmatici?

Sulle questioni internazionali il progetto è chiaro, ma esso a ben vedere rovescia il modo in cui sorosiani e sovranisti impostano le questioni. Al primo posto per noi non c’è l’antieuropeismo a senso unico. Al centro del nostro ragionamento c’è l’imperialismo e le sue articolazioni di cui l’UE è parte e anche l’ individuazione dei processi reali che stanno modificando i rapporti di forza a livello mondiale. Dentro questo scontro e con chiarezza dobbiamo portare la nostra posizione. Il sovranismo di destra e quello mutuato da una certa ‘sinistra’ sta fuori di questo ragionamento.

Il secondo punto del nostro programma, quello sull’economia, cosi come noi l’intendiamo in questa fase, mette in evidenza che non dobbiamo mettere al centro solo questioni di bilancio dello stato e di spesa pubblica. Per noi carattere sociale dell’economia vuol dire affrontare il nodo essenziale del profitto come unico motore e quindi il fatto che le regole della finanza non possono governare la società. La battaglia,in questo senso,è contro la concezione liberista che ci governa, a partire dal livello internazionale. Da questo discende anche la consapevolezza che con i meccanismi attuali non è più possibile andare avanti e bisogna modificarli se vogliamo sopravvivere.

Per ultimo la questione dei diritti dei cittadini e dei lavoratori, a partire dalla difesa dei diritti di organizzazione sul posto di lavoro, contro il monopolio della rappresentanza dato ai sindacati filopadronali e raccogliendo l’esigenza di esprimere le questioni sociali in forma chiara e unitaria. Riteniamo che il Fronte Politico Costituzionale debba giocare un ruolo di rilancio, dando un respiro nazionale alle questioni del modo di vita e di esistenza dei cittadini, dalle pensioni, alla casa, alla sanità, all’ambiente, alla scuola, sottraendole all’improvvisazione e alle manipolazioni dei piccoli gruppi.

Noi non vogliamo però che questi punti rappresentino solo il libro dei sogni a cui invece ricorrono coloro che citano la Costituzione perchè sono a corto di idee. Anche costoro si collocano secondo noi nell’elenco dei cattivi maestri che bloccano una discussione sul futuro. Sono botteghe che si mascherano sotto sigle sindacali, nicchie ideologiche e vecchie tradizioni movimentiste; sono macerie che bisogna rimuovere per costruire un futuro in linea con quello che è stato il percorso del movimento popolare e di classe fino alla trasformazione genetica del PCI.

E’ con queste idee che intendiamo discutere la possibilità di costruire un Fronte Politico Costituzionale. Non siamo ottimisti sul fatto che in questa fase si possa andare molto spediti. Si tratta di rispettare tempi di maturazione che non si improvvisano, ma per onestà intellettuale dobbiamo provarci. Non si possono assecondare i fautori di una demagogia di ‘sinistra’ che porta al sorosismo e al sovranismo.

Aiutateci a rimuovere le macerie. Sous les pavés la plage, come si diceva nel ’68 francese.

Aginform
11 settembre 2019
 

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