“La lezione del voto in Umbria”

“Diceva Totò mentre veniva malmenato e rideva, “… e che so’ Pasquale?” Le botte destinate a Pasquale non potevano mica fargli male”.

 La lezione del voto in Umbria

 

Diceva Totò mentre veniva malmenato e rideva, “… e che so’ Pasquale?” Le botte destinate a Pasquale non potevano mica fargli male.

   Questo comportamento, a nostro parere, è stato fatto proprio da vari settori della sinistra che di fronte ai risultati elettorali in Umbria si sono dimostrati interessati unicamente a rimarcare che le responsabilità della sconfitta dipendevano da come PD e 5 Stelle avevano condotto l’operazione della lista unitaria. I commentatori più accreditati, non quelli della destra ovviamente, si sono accaniti nel sottolineare il modo sconsiderato con cui i due partiti avrebbero scelto, contro natura, di collaborare non solo al governo del Paese, ma anche con una lista unica regionale.

   Sappiamo come sono andate le cose in Umbria. Il blocco di destra ha stravinto in una storica regione ‘rossa’ mettendo in crisi una prospettiva che cercava conforto nel voto. A questo punto, per evitare di fare come Totò, tre domande sono d’obbligo: perchè è nata l’alleanza tra PD e 5 Stelle, perchè in Umbria è stata scelta la lista unitaria, qual è la situazione dopo la sconfitta.

   Partiamo dalla prima questione. Dopo la decisione di Salvini di rompere l’accordo coi 5 Stelle la prospettiva era quella di andare direttamente alle urne e le elezioni avrebbero portato una destra salviniana al governo dopo l’esperienza gialloverde, nata su basi completamente diverse. Si poteva accettare una scelta di questo tipo? A nostro avviso no. Bene hanno fatto dunque i 5 Stelle a fare una sorta di mossa del cavallo e agganciare il PD per un governo di transizione che non buttasse a mare il programma su cui avevano fatto leva nel governo precedente, dal reddito di cittadinanza a quota 100, alla giustizia, al decreto dignità ecc. Un programma non ‘bolscevico’ come pretendevano quelli che sono abituati a fare le ‘rivoluzioni’ con lo zero virgola nelle competizioni elettorali, ma che era stato, non a caso, sottoposto al fuoco ad alzo zero delle forze liberiste. Ma l’accordo non veniva fatto con quel PD con cui i 5 Stelle fino a quel momento si erano scontrati? Certo, ma il PD che i 5 Stelle hanno agganciato, era costretto ad affrontare il rischio, per la prospettiva di una sconfitta elettorale, per le mosse renziane e per la ricerca di una immagine diversa da dare ai potenziali seguaci ed elettori.

   Se i critici di sinistra dell’operazione umbra avessero prestato attenzione a come il nuovo governo veniva accolto dalle schiere dei maggiori commentatori e sponsor di tendenza ‘democratica’, a partire da De Benedetti, avrebbero capito che costoro subivano la nuova situazione obtorto collo, perchè non rispondeva al modello liberal-liberista a cui erano abituati e l’operazione umbra della lista unica era anche più inquietante, per le prospettive che apriva in caso di vittoria. Stava nascendo un nuovo equilibrio politico, seppure incerto e contraddittorio? Contro questa possibilità, fiutando il pericolo di una stabilizzazione governativa, si sono scagliati il fronte salviniano e i franchi tiratori renziani.

   Per capire che cosa è successo è il caso di analizzare il comportamento di Salvini. E per farlo, senza voler fare forzature storiche, è però utile richiamare il comportamento politico di Mussolini nel periodo della sua ascesa al potere. Per chi ha conoscenza della questione, la strategia di Mussolini era basata su quattro punti: ovviamente su una spinta politica di massa che lo portava ad agire e questo spiega perchè il leader leghista marcia col vento in poppa senza tentennamenti, una tattica di conquista territoriale e questo sta avvenendo puntualmente con le regioni, una capacità di sparigliare con tempismo le mosse dell’avversario di cui capiva le debolezze e un populismo come cemento programmatico del partito fascista. E’ impressionante come queste mosse si ritrovino puntualmente nell’azione quotidiana di Salvini. Ora, anche se non ci sono di mezzo i manganelli, domandiamoci però qual è il vero obiettivo di Salvini e ritroviamo così le ragioni che, pur senza nessuna sopravvalutazione strategica, ci hanno spinto a considerare positiva la mossa di impedire elezioni immediate, lasciando aperta la possibilità di invertire una tendenza negativa, e ci siamo augurati che in Umbria la lista unica avesse successo (un obiettivo più che programmatico, politico, che non aveva grandi ambizioni, ma uno scopo importante).

   La sconfitta in Umbria ha invece rilanciato il blocco di destra a guida Salvini e aperto una falla che tende ad allargarsi e travolgere il governo Conte. Pensare di poter intervenire dal di fuori della dialettica politica, senza preparazione e strumenti adeguati ci inchioda agli ininfluenti zero virgola. La situazione dunque ci spinge a tentare nuove strade, e con urgenza, dal momento che abbiamo finito le riserve e Salvini sta pensando seriamente di istituzionalizzare la sua politica di destra, che sta aprendo brecce anche verso settori che fino a ieri lo avevano demonizzato. Siamo di fronte a un Orban all’italiana su cui la borghesia italiana si andrà compattando? I segnali ci sono.

   Se Salvini avanza, al PD che ondeggia e ai 5 Stelle che pensano di rilanciarsi tornando al passato, la situazione non consentirà manovre di questo genere. Le prospettive non sono ancora definitivamente di questo tipo, ma la tendenza sembra avere un destino segnato.

   Sarà bastata la lezione umbra per far voltar pagina ai comunisti e intravedere un futuro diverso? Su questo siamo ancora pessimisti, ma pensando a Fabrizio De Andrè ci ricordiamo quello che diceva nella sua canzone: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori.

Aginform
29 ottobre 2019

 

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