Sulla condanna in Appello a Rosalba Romano

“Il 25 settembre scorso la corte di Appello di Milano, impersonata dai giudici Fabio Paparella, Simona Improta e Patrizia Re, ha confermato la condanna di primo grado aggravandola di ulteriori 2.800 euro di spese legali”.

Sulla condanna in Appello a Rosalba Romano

 

Il 30 marzo 2018 il giudice Paola Maria Braggion (dal 25 settembre dello stesso anno in carica a quel Consiglio Superiore della Magistratura travolto dallo scandalo a partire dal giugno 2019) aveva condannato Rosalba Romano, per la “diffamazione” di Vladimiro Rulli un ex agente del famigerato VII Reparto mobile di Bologna, a una multa di 5.000, al risarcimento dei danni causati alla parte civile da liquidarsi in separato giudizio (la cifra ventilata è di 50,000) ma con versamento immediato di una provvisionale di 5.000, al pagamento delle spese processuali di oltre 1.500 (più IVA e interessi) e alla pubblicazione per estratto (sempre a sue spese) della sentenza di condanna sul Corriere della Sera di Milano.

Il 25 settembre scorso la corte di Appello di Milano, impersonata dai giudici Fabio Paparella, Simona Improta e Patrizia Re, ha confermato la condanna di primo grado aggravandola di ulteriori 2.800 euro di spese legali.

Le motivazioni di quest’ultima sentenza ci saranno note il 25 ottobre e provvederemo a renderle pubbliche come fatto per quelle precedenti.

La sentenza, quali che siano le motivazioni, conferma che per la Giustizia italiana Rosalba è colpevole, benché il capo di imputazione sia stato cambiato dal giudice di primo grado a processo ormai chiuso (violando perciò il diritto a una piena difesa), benché non esista prove alcuna che abbia scritto o pubblicato lei l’articolo “diffamatorio” (questo il capo d’accusa originario) e benché appaiano evidenti, a chiunque voglia leggere le motivazioni della Braggion, le contorsioni e le contraddizioni dei ragionamenti portati per arrivare a condannarla sulla base di un “concorso in diffamazione” che poggia sulla palese forzatura interpretativa dell’intera dichiarazione processuale che Rosalba ha letto in aula e principalmente del seguente passaggio: “Io non ho né scritto né pubblicato l’Appello incriminato. Oggi mi piacerebbe molto assumermi tutto il merito del lavoro che negli anni Vigilanza Democratica ha portato avanti, perché penso sia stato un lavoro importante. Ma farlo equivarrebbe a dire il falso e soprattutto a sminuire, fare un torto alla forza potente del collettivo. Vorrebbe dire rinnegare un principio che è alla base di quei movimenti popolari, di massa che sono arrivati a incidere, a determinare cambiamenti significativi nella società civile, a dispetto di certi poteri forti, di certi ingranaggi che in alcuni momenti sembrano impossibili da scalfire. Dove non arriviamo da soli, arriviamo insieme, forti delle differenze che si trasformano in ricchezza.”.

Entrambi i processi hanno alla base della condanna l’accoglimento e l’avvaloramento, da parte dei giudici, di falsità dichiarate da Rulli nel suo esame testimoniale quali l’essere stato additato, nell’articolo ritenuto diffamatorio, come “bastardo”, “ delinquente”, come uno degli appartenenti alla “Uno bianca” e collegato con tanto di nome e cognome, personalmente, a ognuno dei gravi crimini di cui, in tempi evidentemente molto diversi tra loro, si è reso protagonista il VII Reparto Mobile di Bologna. Falsità accolte anche da il Giornale che, all’indomani delle sentenze, si è contraddistinto nel presentare all’opinione pubblica Rosalba come la blogger rossa o l’ultras comunista che con insulti e bugie ha reso difficile la vita del povero Rulli, stroncandone addirittura la carriera (… forza della controinformazione!).

Surreale davvero che dei giudici “non riescano” a interpretare correttamente un testo (lo riproponiamo ancora una volta) che in maniera lapalissiana combatte proprio la teoria della singola mela marcia che essi invece accolgono a favore del celerino che dice di essere stato additato come tale.
Forse più che surreale però, più semplicemente, è plateale dimostrazione di un abuso che è al tempo stesso rappresaglia contro la libertà di espressione e di critica e conferma dell’esistenza di un sistema di connivenze che infiltra ogni ambito a tutela proprio di quella catena di comando, di quei burattinai che manovrano in senso eversivo determinati Reparti, di cui Vigilanza Democratica ha osato parlare.
Fin dall’inizio del processo di primo grado abbiamo promosso un’articolata campagna[1] per rispondere a questo attacco che, colpendo direttamente Rosalba, ha l’obiettivo di punire in modo esemplare, e quindi scoraggiare, il lavoro di inchiesta, denuncia e mobilitazione contro gli abusi in divisa e per la trasparenza nelle catene di comando (chi sono i mandanti degli abusi in divisa? Chi li copre? Perché sono protetti e anzi fanno carriera? A chi giovano gli abusi in divisa e perché?). Fin dall’inizio, ma in crescendo man mano che scorrevano le udienze del processo di primo grado e fino alla sentenza di secondo grado del 25 settembre, la risposta è stata altrettanto articolata e ampia: migliaia di persone hanno espresso solidarietà a Rosalba, decine di giuristi, avvocati, esponenti della società civile, candidati alle elezioni di ogni ordine e grado si sono espressi nello stesso senso.
Sono risultati importanti che ci spingono a continuare la mobilitazione, ad allargarla e a svilupparla poiché la conferma della condanna a Rosalba è lampante dimostrazione che anche una parte delle autorità giudiziarie di questo paese viola la Costituzione ancora formalmente in vigore, sotto lo sguardo distratto, se non addirittura compiacente, delle autorità politiche.

Rilanciamo la campagna di solidarietà a Rosalba.
Appello ad allargare la mobilitazione e rafforzare il coordinamento.

Nonostante i risultati, eravamo e siamo consapevoli che la campagna di solidarietà non è sufficiente a cambiare le sorti di un processo la cui sentenza è già scritta nel momento in cui esso inizia, anzi che inizia proprio per poter comminare una pena esemplare all’imputato.
Il processo a Rosalba si è momentaneamente concluso in modo conforme alla natura dello Stato, della legalità vigente e dell’ordinamento in cui viviamo. Le contraddizioni sollevate da Vigilanza Democratica e quelle emerse con il processo contro Rosalba possono essere trattate e risolte solo politicamente (leggi “Rovesciare il mondo dei padroni. Il processo a Vigilanza Democratica” – comunicato della Direzione Nazionale del P.CARC del 15 settembre 2019).
Tuttavia la campagna di solidarietà ha dato frutti importanti che vogliamo e dobbiamo coltivare, tanto ai fini del proseguimento della battaglia legale (ricorso in Cassazione), quanto soprattutto i fini dello sviluppo della battaglia politica. La mobilitazione in solidarietà a Rosalba e per la sua assoluzione, pertanto, continua e si trasforma.

Continua, nel senso che rilanciamo da subito la mobilitazione per esprimere solidarietà attraverso la raccolta di firme (scarica il modulo), le prese di posizione individuali e collettive, le iniziative di dibattito, confronto, raccolta economica;

si trasforma, nel senso che puntiamo a farne uno strumento per rafforzare il coordinamento fra organismi e singoli che sono già attivi nella lotta contro la repressione e contro gli abusi in divisa; per ampliare ambiti e occasioni di confronto, scambio di esperienze, iniziative e mobilitazioni comuni.

Estendere la Vigilanza Democratica e il controllo popolare
per l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione

Vigilanza democratica è stata un sito (oggi chiuso) di inchiesta e controinformazione sugli abusi in divisa e di formazione per condurre efficacemente una lotta per la trasparenza nelle catene di comando e nelle relazioni fra affari, politica e repressione poliziesca e giudiziaria;

è stata una campagna di promozione del controllo popolare sull’operato delle forze dell’ordine e sugli apparati repressivi;

ad oggi è una pagina Facebook concentrata sulla promozione della solidarietà alle vittime di abusi in divisa e repressione poliziesca;

diventerà, la faremo diventare, una forma di attivismo e militanza che comprende ognuna delle cose che è già stata e che è attualmente e le sviluppa. Una forma di partecipazione, attivismo e militanza unitaria, che prescinde da appartenenze partitiche e politiche, che valorizza il contributo di ognuno (singolo, gruppo di affinità, organismo, organizzazione) per praticare dal basso l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione.

Nel nostro paese è in voga la tesi che viviamo in un regime di moderno fascismo, ma chi si fa promotore di questa tesi non si comporta di conseguenza, si limita a denunciare. Quindi è sensato concludere che o la tesi del moderno fascismo in atto è campata per aria oppure chi grida ai quattro venti che viviamo nel moderno fascismo è uno sprovveduto che aspetta di essere incarcerato e mandato al confino (come avrebbe fatto il fascismo “tradizionale”).
Noi siamo sostenitori della tesi che nel nostro paese la classe dominante sta progressivamente smantellando le conquiste di civiltà ottenute dalle masse popolari con la vittoria della Resistenza sul nazifascismo e con le lotte politiche, economiche e sociali che l’hanno seguita. Conformemente a ciò ci mobilitiamo e chiamiamo le masse popolari a mobilitarsi per rendere la vita difficile alla classe dominante, per difendere i diritti e le tutele conquistati in passato, per estenderli e per conquistarne di nuovi, per l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione – che è ancora formalmente in vigore – usando a questo scopo tutti i mezzi che siamo capaci di usare e che le forze a disposizione rendono accessibili. Questa mobilitazione, in campo politico, economico e sociale, è la base materiale su cui poggia e si sviluppa la lotta per “rovesciare il mondo dei padroni”[2] che come comunisti conduciamo nel nostro paese.

Nel corso della campagna in solidarietà a Rosalba abbiamo avuto modo di conoscere da vicino e toccare con mano altre esperienze di repressione direttamente legate alla violazione della Costituzione da parte delle autorità giudiziarie e degli apparati polizieschi e repressivi: l’8 maggio scorso all’iniziativa promossa dai compagni di Acrobax a Roma, il 21 settembre scorso all’iniziativa promossa dai compagni dell’Atletico San Lorenzo[la registrazione dell’iniziativa qui], sempre a Roma, il 22 ottobre all’iniziativa promossa da La città Invisibile di Firenze [i video dell’iniziativa parte 1, parte 2, parte 3], il 26 settembre con la partecipazione al dibattito alla festa dei Giovani Comunisti di Roma, nelle relazioni dirette con alcuni famigliari delle vittime di omicidi di Stato [Lucia Uva, Claudia Pinelli, Fabio Anselmo], con la partecipazione a momenti di discussione e confronto promossi da organizzazioni sindacali, ecc. A ognuno degli organizzatori e dei partecipanti va un ringraziamento per la sensibilità e la disponibilità, a ognuno di essi va l’invito a incontrarci nei prossimi mesi per un momento di discussione collettiva ampia per ragionare sulle possibilità di una mobilitazione comune, sulle forme e i contenuti di una mobilitazione comune, sugli obiettivi che possiamo perseguire insieme. Le organizzazioni, gli organismi, le reti e i singoli che sono interessati possono iniziare a comunicare la loro disponibilità scrivendo a carc@riseup.net, costruiremo insieme un primo passaggio in questa direzione.

Una riflessione sulla repressione economica.

Una particolare forma attraverso cui si manifestano gli arbitrii delle autorità giudiziarie riguarda la repressione economica: ingenti multe e risarcimenti, che per un ricco possidente sono briciole, mentre per un lavoratore sono una condanna che si ripercuote direttamente concretamente e per lungo tempo sulle condizioni di vita.
Dalle multe al movimento NO TAV alla pioggia di Decreti penali di condanna che conosciamo bene perché hanno più volte colpito nostri compagni, dalla “pena sostituiva alla detenzione” alle spese legali: le autorità giudiziarie cercano di strangolare gli attivisti e i militanti con il ricatto economico. E’ un meccanismo che va rotto, la responsabilità di romperlo non riguarda solo “i condannati”, le strade, i modi e le possibilità di romperlo sono anch’essi il contenuto di un ragionamento e di un percorso collettivo in cui “nessuno viene lasciato solo di fronte alla repressione”. Anche su questo è fondamentale confrontarsi.

La Vigilanza Democratica non si processa e non si condanna!
10, 100, 1000 iniziative di controllo popolare contro gli abusi di polizia e degli apparati giudiziaria!
Per la trasparenza nelle catene di comando, per l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione!

Note
[1] Articoli e comunicasti sulla mobilitazione in solidarietà a Rosalba
Seconda udienza del processo a Vigilanza Democratica: i testimoni della difesa e la solidarietà che cresce!

Seconda udienza del processo contro Rosalba di Vigilanza Democratica: gli abusi di polizia e il VII Reparto Mobile portati in aula dai testimoni e dall’imputata!

Le pressioni e le minacce in aula non fermeranno Vigilanza Democratica!Processo contro Rosalba: Portati sul banco degli imputati gli abusi di polizia e il VII Reparto Mobile di Bologna!

Trascrizione ufficiale e integrale seconda udienza del processo contro Rosalba e Vigilanza Democratica

Il giudice Braggion seguirà l’esempio di Enrico Zucca oppure sosterrà la ritorsione contro la compagna Rosalba?

Dichiarazione spontanea di Rosalba al processo di primo grado

appello alla solidarietà in vista del processo di secondo grado – #appelloperRosalba – la solidarietà è un’arma

Dichiarazione di Rosalba

11.04.19 – Julian Assange, Ilaria Cucchi e me

Agli organizzatori del convegno di Fabriano “Giustizia è libertà”

Lettera al vice Ministro dell’Interno, Vito Crimi

Dichiarazione spontanea di Rosalba al processo del 25 settembre 2019

[2] L’unica strada realistica e positiva per uscire dal marasma si sfruttamento, oppressione, degrado materiale e morale è partecipare direttamente al rovesciamento del mondo dei padroni e alla costruzione del mondo dei lavoratori e della classe operaia (vedi Capitolo IV del Manifesto Programma del (nuovo)PCI): significa partecipare attivamente alla rivoluzione socialista in corso.
Essa non è un’insurrezione di ampi settori popolari esasperati dagli effetti della crisi (che prima o poi scoppierà e si tratta solo di attenderla e prepararsi a cavalcarla), non avviene tramite la conquista del potere per mezzo delle elezioni borghesi, non dipende dall’opera opera di un “gruppo di avanguardia” che sostituisce la classe operaia e le ampie masse nella lotta i padroni, ma consiste principalmente nella costruzione di una ampia e articolata rete di organismi e organizzazioni legate al partito comunista che, da lui dirette, costituiscono al rete del nuovo potere, contendono l’esercizio del potere alle autorità e istituzioni borghesi fino a prenderne il posto alla direzione della società. La rivoluzione socialista è una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata diretta dal partito comunista.

“Una guerra popolare: perché il suo cuore è la mobilitazione e organizzazione delle masse popolari attorno al partito comunista, è combattuta dalle masse popolari e in definitiva può essere vinta solo dalle masse popolari.

Una guerra rivoluzionaria: per il suo obiettivo (instaurare il potere della classe operaia e aprire la via alla costruzione di un nuovo ordinamento sociale), per la sua natura (non è lo scontro tra Stati e tra forze armate contrapposte, ma tra una classe oppressa che gradualmente assume la direzione delle masse popolari, conquista il loro cuore e la loro mente e gradualmente costruisce il suo nuovo potere di contro a una classe di oppressori che ha già un suo Stato e le sue forze armate e ha ereditato dalla storia l’egemonia sulle masse popolari), per il suo metodo (la classe rivoluzionaria ha l’iniziativa e tramite la sua iniziativa costringe la classe dominante a scendere sul terreno di lotta che è più favorevole alla classe oppressa). È una guerra di lunga durata perché compiere l’intero processo sopra indicato richiede in ogni caso un tempo che non può essere stabilito a priori. Per vincere, bisogna essere disposti a combattere per tutto il tempo che sarà necessario, formare, organizzare e dirigere le proprie forze in conformità a questo imperativo, manovrare” dal Manifesto Programma del (nuovo)PCI, Ed Rapporti Sociali – 2008.

In questa fase storica e politica, alle specifiche condizioni del nostro paese, i binari su cui avanza la rivoluzione socialista sono due: 1. la resistenza alla repressione delle forze che sono già rivoluzionarie (il partito comunista e gli organismi di massa ad esso legati); 2. la promozione da parte delle forze rivoluzionarie di organizzazioni operaie e popolari che raccolgono e mobilitano parti crescenti di masse popolari a fare fronte, da subito, agli effetti più gravi della crisi, diventando in questo modo punto di riferimento per le ampie masse (diventare nuove autorità pubbliche). Da “Rovesciare il mondo dei padroni. Il processo a Vigilanza Democratica

da: https://www.carc.it/2019/10/14/sulla-condanna-in-appello-a-rosalba-romano-la-vigilanza-democratica-non-si-processa-e-non-si-condanna/?fbclid=IwAR1UrY_RRiAstTeHmLIw7FZIlCUtsd0CSeftkbHIy2N45Jglzj4VLSsKpww

 

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