“Il diluvio è forte, annebbia la vista”

L’América Latina, oggetto di una disputa egemonica feroce e globale tra Cina e Stati Uniti, è investita da una tormenta che rende instabile qualsiasi governo e ardua la possibilità di leggere i processi in corso.

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Ricominciamo da 3, la campagna 2019 di Comune

Il diluvio è forte, annebbia la vista

L’América Latina, oggetto di una disputa egemonica feroce e globale tra Cina e Stati Uniti, è investita da una tormenta che rende instabile qualsiasi governo e ardua la possibilità di leggere i processi in corso. Trascorso il tempo in cui l’alto prezzo delle materie prime ha permesso alle politiche – comunque neoliberiste – dei governi progressisti di non comprimere sotto il limite della sopravvivenza i redditi delle popolazioni povere, s’è aperta una fase nuova nel caos sistemico. Così, la guerra estrattivista de los de arriba contro i poveri, sostenuta dai governi di ogni colore, produce grandi proteste e sollevazioni di diversa natura. Nel nucleo principale dei protagonisti, si distinguono le donne, le comunità indigene e i giovani, che vedono chiudersi ogni speranza di futuro che non umili la dignità. Raúl Zibechi, intervistato da Gloria Muñoz Ramirez, direttrice di Desinformémonos e storica firma de la Jornada, traccia una panoramica completa di quel si muove nella regione latinoamericana. Queste rivolte, spiega, non sono contro un presidente ma contro un modello predatorio che devasta il pianeta e prova a controllare la gente attraverso le politiche sociali e la militarizzazione, due elementi che si integrano alla perfezione con il fine di mantenere la popolazione soggiogata. Di fronte al diluvio che li colpisce e impedisce di vedere vie di uscita credibili, los de abajo non possono che resistere in modo organizzato e collettivo, costruendo le arche di una sopravvivenza che esprime già oggi i mondi nuovi
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Ma come ancora con la storia dell’Ilva?


La vicenda di una storia tremenda quanto complessa come quella che ha devastato il territorio, la salute dei cittadini e il tessuto sociale di Taranto è emblematica. Tutti ne hanno sentito parlare, pochissimi hanno capito di cosa veramente si sia trattato e come quella tragedia rappresenti in modo essenziale la storia d’Italia e i problemi più gravi e importanti del nostro tempo. Dallo scambio osceno tra reddito-lavoro e salute-vita alla falsa contrapposizione tra Stato e impresa privata, che ne occulta la complicità degli interessi. Prendetevi mezz’ora e ascoltate l’intervista a Luciano Manna, collaboratore di Peacelink e fondatore di VeraLeaks, realizzata e filmata da Dale Zaccaria. Comprenderete perché quel che annoia di questa vicenda è stata solo la tossicità dell’informazione che ripete stancamente “notizie” superficiali e inutili senza spiegare perché la Città dei Due Mari, fondata dagli Spartani centinaia di anni prima di Cristo, è stata prima avvelenata e poi crocefissa. L’intervista a Manna è il video segnalato questa settimana nella homepage di Comune
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Nicoletta e il mondo capovolto

“Così Nicoletta andrà in prigione… È sempre vissuta dalla parte del diritto… Per questo motivo andrà in prigione, per questo motivo una volta le hanno rotto il naso. Lei no, lei non ha mai fatto violenza a nessuno… Chi l’ha ferita, e insultata, e condannata, sta dalla parte dei soldi… Nicoletta ha solo la propria dignità. Sono una vecchia maestra, le dico, mi sembra di vivere nelle “Favole a rovescio” di Gianni Rodari che divertivano tanto i miei bambini e le mie bambine. Mi sembra di vivere in un mondo capovolto. Ma c’è poco da divertirsi…”. Una splendida lettera di Haidi Giuliani a Nicoletta Dosio
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Il 4 novembre a scuola

Non è piaciuta all’assessora veneta all’Istruzione, Eleonora Donazzan (Lega), la scelta di alcuni insegnanti di un liceo di Venezia di non alimentare la retorica militarista del 4 novembre. La scuola, hanno pensato dli insegnanti, ha il dovere storico e morale di ricordare che il 4 novembre non vi è nulla da festeggiare. È in realtà un giorno di lutto, come spiega Matteo Saudino (insegnante di filosofia a Torino), “poiché in quella data termina una delle guerre più violente della storia, costata la vita a oltre 13 milioni di uomini…, una scellerata macelleria sociale dal cui sangue sbocciarono i frutti velenosi del fascismo e del nazismo…” (foto: un disegno di Mauro Biani, pubblicato da Azione nonviolenta, per cominciare a decolonizzare l’immaginario sulla Grande guerra)
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Paura di una rivoluzione

L’aggressione nel Rojava non è soltanto una questione geopolitica tra Usa, Turchia, Russia, Siria e Ue: è prima di tutto il tentativo di attaccare lo straordinario processo iniziato cinque anni fa che ha cambiato le mentalità e le relazioni sociali di quel territorio e parla a tutto il mondo. «Le persone di questo movimento hanno cominciato a riorganizzare tutte le sfere della vita… – racconta Ercan Ayboga, giovane ingegnere ambientale da sempre nel progetto di Confederalismo Democratico in Rojava – Un processo nel quale le donne, auto-organizzandosi… si sono emancipate dall’oppressione e dalla disuguaglianza di trattamento. L’aspetto democratico va inteso così: non come il sistema parlamentare presente in tutto il mondo, ma come un sistema di coinvolgimento diretto; noi diciamo “democrazia radicale”…» (foto di Danilo Garcia, corteo a Bologna)
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L’intelligenza artificiale e il clima

L’università Bocconi di Milano ha lanciato in questi giorni il primo corso di laurea triennale in intelligenza artificiale. Sebbene la ricerca in Italia sia piuttosto avanzata, un corso di base finora non esisteva. C’è da augurarsi che l’approccio agli studi sia anche critico, perché certo non mancano gli “effetti collaterali”. I sistemi di intelligenza artificiale, ad esempio, hanno un enorme impatto ambientale e climatico a causa della loro elevatissima domanda di energia e delle emissioni di gas a effetto serra che comportano. Una ricerca condotta dall’Università del Massachusetts ha calcolato, per dirne una, che l’addestramento di un singolo sistema genera fino a cinque volte più emissioni di CO2 che un’automobile media statunitense in tutta la sua esistenza, compresi la fabbricazione e l’uso del carburante. Come per le grandi piattaforme digitali, inoltre, la regolamentazione e la supervisione indipendente sono di fatto inesistenti o fortemente distorte a favore delle potenti imprese che dovrebbero essere controllate. Ci sarebbe, dunque, un gran bisogno di approcci critici, di approfondite e libere discussioni e di molta più azione sociale sulle implicazioni di tecnologie che hanno enormi ripercussioni su tutti noi
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Cile. Quasi cinquant’anni di liberismo

Nelle piazze si dice: la sola paura che abbiamo è che torni la normalità
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Vogliamo fare qualcosa?

Violenza sulle donne: dodici proposte per gli uomini che vogliono agire
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I bambini non sono voti

La scuola del voto è una scuola che non ci serve
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Fotografare il tempo

Mettere su una mostra e dedicarla alle donne di Non una di meno
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L’economia non osservata

L’evasione non si vince contro ma con i cittadini, garantendo equità e dignità
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