Nel mezzo della lotta del Venezuela contro il Covid-19, l’amministrazione Trump ha fatto un drammatico ed inedito passo nelle manovre criminali che cercano di rovesciare il governo venezuelano. È ufficiale: gli USA scelgono la via della violenza armata terziarizzata, basandosi su un caso giudiziario senza prove.
Una falsa accusa da parte del principale narcostato del pianeta
Questo giovedì 26 marzo, il procuratore generale USA, William Barr, ha presentato accuse per narcotraffico contro il presidente venezuelano Nicolás Maduro, il presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente, Diosdado Cabello, il ministro dell’Industria e della Produzione, Tareck El Aissami, il ministro della Difesa, Vladimir Padrino López, ed il presidente del Tribunale Supremo di Giustizia, Maikel Moreno.
In assenza di solide prove, i pubblici ministeri del Dipartimento di Giustizia hanno fatto appello ad un prodotto propagandistico che, da vari anni, è punta di lancia degli attacchi comunicativi USA e dell”Europa contro il Venezuela: l’inesistente “Cartel de los Soles”.
Secondo il Dipartimento di Giustizia, “almeno dal 1999, Maduro Moros, Cabello Rondón, Carvajal Barrios e Alcalá Cordones hanno agito come leader e gestori del Cartel de los Soles (…) per facilitare l’importazione di tonnellate di cocaina negli USA. Il Cartel de los Soles non solo ha cercato di arricchire i suoi membri e migliorare il suo potere, ma anche inondare gli USA di cocaina ed infliggere gli effetti nocivi e di dipendenza dalla droga negli assuntori degli USA”.
Il presunto vincoloo con le FARC che continua ad essere il leit motiv della Colombia e degli USA per accusare il Venezuela come “santuario” di gruppi armati, è un’altra delle carte centrali dell’accusa, includendo Iván Márquez e Jesús Santrich: “A partire approssimativamente dal 1999 (…) i dirigenti delle FARC hanno concordato con i capi del Cartel de los Soles riubicare alcune delle operazioni delle FARC in Venezuela sotto la protezione del Cartello. Successivamente, le FARC ed il Cartel de los Soles hanno inviato cocaina processata dal Venezuela agli USA attraverso punti di trasbordo nei Caraibi ed America Centrale, come l’Honduras. Approssimativamente nel 2004, il Dipartimento di Stato USA ha stimato che 250 o più tonnellate di cocaina transitavano, all’anno, attraverso il Venezuela. Le spedizioni marittime venivano spedite a nord dalla costa venezuelana usando imbarcazioni veloci, pescherecci e navi porta container”.
Ciò afferma dal Dipartimento di Giustizia facendo supporre, paradossalmente, che il suo sistema di prevenzione contro il narcotraffico è così inefficace da non poter fermare i “pescherecci”.
E’ ampiamente dimostrata la relazione organica degli USA con il traffico di droga:
- Antonio Maria Costa, direttore dell’Ufficio dell’ONU per la Droga ed il Crimine ha dichiarato, nel 2009, che i capitali provenienti dal narcotraffico hanno salvato le banche fallite, occasionato dal collasso finanziario del 2008, che ha avuto il suo epicentro negli USA.
- Nel 2012, l’FBI ha trovato prove che i cartelli messicani “utilizzavano i conti della Bank of America per nascondere denaro ed investire i proventi illegali del narcotraffico in cavalli da corsa USA”.
- Nello stesso anno, è stato anche rivelato che il cartello messicano Los Zetas riciclava i suoi profitti del traffico di droga presso la banca JP Morgan, effettuando trasferimenti diretti dal Messico sotto un amalgama di fondi e società che ha anche posto l’attenzione delle autorità sulla banca Wells Fargo.
Tutte queste banche continuano a funzionare come se nulla fosse successo.
La comprovata permissività (e la logica del beneficio diretto) del sistema finanziario USA e della sua élite politica rispetto al narcotraffico internazionale, offusca le accuse contro il Venezuela ed il suo tono di presunta difesa della salute pubblica dei nordamericani.
Solo due anni fa, la Colombia ha battuto i record nella produzione ed esportazione di cocaina verso gli USA, cifre che hanno coinciso con un vertiginoso aumento del numero di consumatori negli USA. Su questo, un rapporto della DEA ha rivelato: “Livelli record di coltivazione illecita e produzione di coca in Colombia, che è stata la principale fonte della cocaina sequestrata ed analizzata negli USA, ha ampliato il mercato della cocaina, il che ha condotto ad un incremento dell’abuso domestico”.
Il Dipartimento di Giustizia cerca di responsabilizzare il Venezuela dell’inondazione di cocaina negli USA, anche quando è dimostrato dalla sua stessa agenzia antidroga che l’aumento nel consumo che colpisce milioni di cittadini USA risieda nella incontrollata produzione di cocaina colombiana.
Stanno anche cercando di posizionare il Venezuela come “paese di transito” della cocaina verso gli USA, sebbene dati forniti dallo stesso governo USA indichino il contrario.
Un rapporto del centro studi del Washington Office for Latin American Affairs (WOLA) conclude: “Circa il 90% di tutta la cocaina destinata agli USA viene trafficata attraverso le rotte dei Caraibi Occidentali e del Pacifico Orientale, non attraverso i mari dei Caraibi Orientali del Venezuela”.
Un’accusa fake (falsa)
Come recensito, all’epoca, in un articolo di questo sito, la narrazione del “Cartel de los Soles” è soprattutto eccentrica ed inspiegabile.
È stata promossa come un’organizzazione ampia e pericolosa, ma non ci sono le condizioni che lo dimostrino: non esiste una lotta omicida tra cartelli come in Messico o in Colombia, mai è stato sequestrato un deposito che porti il segno di questa presunta organizzazione, come neppure si conosce che la logistica dell’esercito venezuelano si stia sfruttando per trafficare stupefacenti.
Il fantomatico “Cartel de los Soles” è un prodotto per il consumo di massa che rafforzi la narrazione dei falchi e del settore più estremista della destra venezuelana.
In questa stessa catena di false premesse, il Dipartimento di Giustizia incorre in un fatale errore di calcolo: pone Maduro come il “capo” dell’ “organizzazione” anche quando non è un militare e quando, nel 1999, appena iniziava la sua carriera politica dopo la vittoria di Hugo Chávez nel 1998.
È assolutamente illogico l’impostazione che il Venezuela sia un narcostato guidato da Maduro e Diosdado Cabello. Nel 2010, secondo una filtrazione di Wikileaks, l’allora ambasciatore USA in Venezuela, Patrick Duddy, ha scritto al Dipartimento di Stato riconoscendo l’estradizione del narcotrafficante Salomon “Big Daddy” Camacho da parte delle autorità venezuelane.
Il Venezuela ha catturato 102 signori della droga di diverse nazionalità (la maggior parte proveniente dalla Colombia), ha rafforzato i sequestri sia al confine e distrutto piste illegali di atterraggio ed ha abbattuto aerei dei narcos nel territorio nazionale come sistematica politica antidroga.
La narrativa del Dipartimento di Giustizia cade davanti al peso di questi dati.
Finanziare l’assassinio: scegliendo le vie dell’intervento
A causa della fallace accusa del Dipartimento di Giustizia, il Segretario di Stato Mike Pompeo ha firmato una dichiarazione ufficiale che autorizza l’offerta di “una ricompensa fino a 15 milioni di $ per informazioni relative a Nicolás Maduro. Il Dipartimento offre anche ricompense fino a 10 milioni di $ ciascuno per informazioni relative a Diosdado Cabello, Hugo Carvajal Barrios, Alcalá Cordones e Tareck El Aissami”.
In questo modo, si può dedurre che gli USA finanziano indirettamente un’operazione militare segreta che possa portare all’assassinio o al sequestro di alte autorità venezuelane, in un chiaro atto di intervento armato contro uno Stato sovrano che contravviene i principi fondamentali del diritto internazionale.
Con i fatti, gli USA ufficializzano il piano di assassinio che ha avuto il suo antecedente più sonoro nel fallito attentato del 4 agosto 2018.
Includere il Dipartimento di Giustizia implica una copertura istituzionale addizionale all’Ordine Esecutivo del 2015 per giustificare un’aggressione diretta contro l’alto comando politico-militare del paese, sapendo che un intervento armato su larga scala è fuori dall’equazione a causa del posizionamento energetico ed economico di Cina e Russia in Venezuela, ed inoltre, per il costo politico che implicherebbe la dichiarazione di guerra ad un paese che lotta contro una pandemia in condizioni di blocco e sanzioni illegali.
L’idea è di distruggere lo Stato venezuelano assassinando o sequestrando i suoi principali dirigenti con la scusa di difendere la “sicurezza nazionale” degli USA. Eccezionalismo da steroidi.
Un altro piano armato dalla Colombia che è fallito: la chiave di Clíver Alcalá
Mercoledì 25 marzo, il Ministro della Comunicazione e dell’Informazione, Jorge Rodríguez, ha avvisato l’opinione pubblica, in una conferenza stampa, dell”’esistenza di tre campi di addestramento nella città di Riohacha, Colombia, dove ugual numero di gruppi paramilitari si stanno addestrando con armi ed esplosivi per realizzare attentati ed atti terroristici in Venezuela, con il sostegno di mercenari USA ed il sostegno del governo di quel paese”.
Il piano consisteva nel promuovere assassini selettivi di funzionari venezuelani di alto livello, compresa la collocazione e la detonazione di bombe in unità militari venezuelane e centri di potere politico, con l’obiettivo di generalizzare una situazione di caos e terrore sfruttando la congiuntura del Covid-19.
Ma l’obiettivo centrale dell’operazione era un nuovo tentativo di assassinare Maduro.
I tre gruppi mercenari sotto la responsabilità di Juvenal Sequera Torres (coinvolto nel fallito golpe del 30 aprile 2019), Félix Mata Sanguineti e Robert Colina Ibarra, alias “Pantera”, contavano su consiglieri USA e militari disertori del 23 febbraio che avrebbero assunto la prima linea di incursione.
Le armi e l’equipaggiamento sarebbero giunti a Riohacha per entrare in Venezuela, un movimento che è fallito poiché la Polizia Nazionale della Colombia ha sequestrato, il 23 marzo, “26 fucili di assalto AR-15 calibro 5.56 ed accessori per questo tipo di armi, come 8 silenziatori, 36 scocche, 45 unità di mirini e 30 mirini laser. Inoltre, sono stati trovati 3 giubbotti antiproiettile, 37 visori notturni, 4 binocoli, 2 radio di comunicazione con 43 batterie e 15 caschi, tra altri elementi”, secondo un rapporto di W Radio della Colombia.
L’intelligence ed i servizi di sicurezza del Venezuela hanno anticipato gli eventi ed hanno catturato Rubén Darío Fernández Figuera, alias “Búho”, che ha descritto nelle sue dichiarazioni lo schema dell’operazione: tre mercenari USA, insieme con alias “Pantera” e Clíver Alcalá, costituivano il livello direttivo delle azioni e si erigevano come gli organizzatori logistici ed operativi.
L’operazione è fallita prima che accadesse la prima delle incursioni pianificate.
Alcalá ha riconosciuto attraverso il suo account Twitter che le armi sequestrate dalla polizia colombiana facevano parte del piano ed ha sostenuto che con esse avrebbe iniziato la “liberazione del Venezuela”. In seguito ha confessato che le stesse “facevano parte di un accordo tra lui e Juan Guaidó con consiglieri USA che avrebbero avuto come fine essere utilizzate in un’operazione contro Nicolás Maduro”.
L’ex maggior generale venezuelano ha partecipato ad altri piani per dirigere incursioni armate dalla Colombia contro il Venezuela, assumendo una posizione dirigente nella creazione di un esercito mercenario alimentato dai disertori della FANB, lo scorso anno, consigliato da militari USA.
Trascinare la Colombia verso il precipizio: la guerra neoliberale e privata
Con l’offerta di “ricompense” per la testa di Maduro e di altri dirigenti, gli USA hanno terziarizzato la guerra contro il Venezuela, sfruttando l’ecosistema di contrattisti militari e gruppi irregolari che vivono in Colombia, a guardia degli affari delle multinazionali.
Molti dei contrattisti militari che sono attivi in Colombia appartengono ad Israele e USA, che addestrano gruppi paramilitari nelle attività di controllo della popolazione delle aree rurali con risorse minerarie strategiche.
Pertanto, in tempi di crisi sanitaria e campagna elettorale, la Casa Bianca si lava le mani, privatizza la guerra contro il Venezuela, mettendo sul tavolo milioni di dollari e si risparmia il costo politico ed economico di un intervento diretto.
Accelerare il golpe: la norieguizzazione di Maduro
I devastanti effetti a livello globale del Covid-19 hanno anche frantumato le aspettative di cambio di regime mediante l’impiego della figura di Juan Guaidó. Mentre il governo venezuelano ha adottato le misure richieste dall’OMS, essendo riconosciuto dal sistema dell’ONU, Guaidó è rimasto nell’anonimato mediatico e senza presenza sulla scena politica nazionale ed internazionale.
Nei giorni scorsi, il governo venezuelano ha proposto un coordinamento con entità multilaterali per rafforzare la lotta nazionale contro la pandemia, facendo pressione, così, per la revoca del blocco economico imposto da Washington ed avallato dalle corporazioni multinazionali.
Con la richiesta di un prestito di 5 miliardi di $ al FMI, che è stato rapidamente negato da quell’organizzazione attraverso i portavoce, Nicolás Maduro ha ottenuto il primo sostegno da parte del blocco europeo nella sua domanda di finanziamento internazionale.
Queste azioni hanno esposto la politica d’ingerenza USA come un fattore che approfondisce gli effetti del Covid-19 e che danneggia i venezuelani.
Alla luce di questa realtà, gli USA sono stati costretti ad intensificare la loro pressione contro il Venezuela, facendo appello al mantra della “sicurezza nazionale”, aspetto che tenta di creare uno specchio storico pericolosamente vicino all’invasione di Panama, nel 1989, che ha portato alla cattura del presidente Manuel Noriega, anche lui accusato di narco traffico dagli USA.
Tuttavia, le condizioni di Panama, nel 1989, e quelle del Venezuela, nel 2020, sono molto diverse, in parte a causa del contesto di alleanze geopolitiche che il paese ha costruito insieme al blocco multipolare. Noriega non aveva alcun sostegno politico né internazionale per difendersi dal suo ex socio USA; tutto il contrario accade con il governo del presidente Maduro, che ha Cina e Russia tra i suoi principali alleati strategici.
L’offensiva internazionale di Maduro, insieme alla sua tempestiva ed opportuna reazione di fronte alla crisi del Covid-19, hanno esasperato la Casa Bianca, scatenando misure sempre più errate come lo stimolo dell’assassinio o il sequestro di un capo di stato e di funzionari chiave di un governo da cui dipendono milioni di persone al fine di superare la pandemia più pericolosa del XXI secolo.
Si sbagliano di nuovo.