Cuba: “La resistenza del popolo siriano è essenziale per il destino dell’umanità”

L’11 agosto 1965, l’accordo per stabilire relazioni diplomatiche fu firmato dagli allora presidenti Fidel Castro e Hafez al-Assad, che Fidel definì “un uomo di fermezza, orgoglio e dignità.

 

Cuba: “La coraggiosa resistenza del popolo siriano è una necessità essenziale per il destino dell’umanità”

DISCORSO DELL’AMBASCIATORE CUBANO MIGUEL PORTO PARGA ALLA CELEBRAZIONE DEL 55° ANNIVERSARIO DELLE RELAZIONI BILATERALI TRA CUBA E SIRIA – 16/09/2020

L’11 agosto 1965, l’accordo per stabilire relazioni diplomatiche fu firmato dagli allora presidenti Fidel Castro e Hafez al-Assad, che Fidel definì “un uomo di fermezza, orgoglio e dignità, che non ha mai ceduto ai suoi principi e ai suoi diritti, e che ha saputo difendere la propria causa e condurre la Siria alla gloria”.

Da parte loro, i leader siriani hanno descritto Fidel Castro come il leader rivoluzionario che ha schiacciato i piani imperialisti contro il suo Paese e che non ha ceduto ai diritti del suo popolo e ha trasformato Cuba in una fortezza per i difensori della pace e della libertà.

Cuba ha vissuto 61 anni sottoposta a una feroce politica di strangolamento economico e commerciale e oggi vogliono fare lo stesso contro la Siria perché non capiscono che la volontà e la fermezza dei popoli nel difendere la propria indipendenza e sovranità può essere più importante di tutte le ricchezze del mondo. Il nostro eroe nazionale José Martí ha detto: “Tutta la gloria del mondo è racchiusa in un chicco di grano”.

La lotta per l’indipendenza e la sovranità non è una lotta per il presente, è una lotta per il futuro; le guerre per l’indipendenza hanno sempre lo sguardo rivolto al futuro e la patria in cui pensiamo, la società che concepiamo come una società giusta degna degli uomini, è la patria del domani.

Quello che non ci perdonano è avere difeso la filosofia di condividere in solidarietà ciò che abbiamo, di portare la salute e le lettere dove gli altri portano le armi, di insegnare a leggere e scrivere, o di restituire la vista o di salvare la vita a chi non ha mai avuto servizi sanitari degni.
Non siamo perdonati non solo per aver scelto di far prevalere l’indipendenza, la libertà, la sovranità e l’autodeterminazione, ma per aver dimostrato di essere capaci di difenderle.

Dodici diversi governi degli Stati Uniti hanno cercato di rovesciare la rivoluzione cubana con qualsiasi mezzo, e oggi ci sono circa 70 Paesi nel mondo che, in un modo o nell’altro, sono soggetti a sanzioni unilaterali, illegali e ingiuste da parte del governo degli Stati Uniti, che insiste nell’esportare guerre per ridisegnare il mondo secondo i propri interessi egemonici, addestrando e armando eserciti di mercenari ed esportando armi, anche quelle proibite dalle convenzioni internazionali, per applicare le sue politiche interventiste e arricchire i monopoli delle armi.

Per noi cubani è molto chiaro da più di sei decenni che la lotta armata è l’unico modo per affrontare la brutale egemonia che cercano di imporci. Il blocco che è costato al mio Paese 933 miliardi di dollari, aggressioni economiche, politiche e diplomatiche, una campagna permanente di menzogne e calunnie volte a denigrare la Rivoluzione e i suoi leader, rapimenti, attentati, terrorismo di Stato contro lavoratori, contadini, studenti e diplomatici; oltre a 638 piani di attentati per uccidere Fidel.

Da molti anni i rivoluzionari cubani si aggrappano a un pensiero di José Martí: “La libertà è molto costosa, ed è necessario o rassegnarsi a vivere senza di essa, o decidere di comprarla al suo prezzo”.
La rivoluzione è unità, è indipendenza, è lotta per i nostri sogni di giustizia per Cuba e per il mondo, che è alla base del nostro patriottismo, del nostro socialismo e del nostro internazionalismo.

La rivoluzione è il profondo desiderio, finalmente raggiunto, del nostro eroe nazionale José Martí: “Voglio che la prima legge della nostra Repubblica sia il culto dei cubani alla piena dignità dell’uomo”.

In questo mondo disuguale in cui viviamo, ci sono governanti che pensano solo al denaro e alla ricchezza e credono che con sanzioni e misure economiche che soffocano, loro possono piegare volontà e principi, però i beni materiali non fanno crescere le persone; ma il senso della giustizia, la dignità, la vergogna dell’uomo, il rispetto, l’affetto per gli altri e verso gli altri, la fratellanza e la solidarietà.

Quando la filosofia dello sfruttamento e il sistema di classi che lo ha generato scomparirà, allora scompariranno definitivamente le guerre e le cause che le hanno generate, sarà allora che scomparirà l’immensa sofferenza che è stata imposta all’umanità per decenni.

La guerra sanguinosa che la Siria sta vivendo ha mietuto centinaia di migliaia di vite e ha lasciato segni indelebili su tutta la società, molte donne hanno perso mariti e figli, molte famiglie sono state distrutte e/o sprofondate nella povertà, molti bambini sono stati traumatizzati dagli orrori della guerra, ma l’immagine della Siria davanti al mondo è quella di un Paese che desidera intraprendere la strada della pace, la ricostruzione di un futuro migliore e il recupero del seggio che le corrisponde come vertice regionale.

La direzione, gli insegnamenti e l’esempio che il dottor Bashar al-Assad ha voluto dare al popolo siriano, sono serviti a rafforzare la determinazione durante le durezze della guerra, sono serviti a trasformare i sogni in realtà; a non perdere la calma e la fiducia di fronte ai pericoli e alle minacce; a risollevare gli animi dopo grandi insuccessi; a trasformare ogni sfida in vittoria e a superare le avversità, per quanto insormontabili possano sembrare.

Non crediamo che tutti i problemi si risolveranno facilmente, sappiamo che la strada è lastricata di ostacoli, ma siamo uomini di fede, che affrontano sempre le grandi difficoltà.

Se le centinaia di milioni di dollari che questa guerra è costata fossero stati investiti nel benessere dell’umanità, nella salute, nell’educazione, nella produzione di cibo, nelle infrastrutture, nello sviluppo, molti Paesi del mondo avrebbero potuto uscire dalla povertà.

E perché 10 anni di guerra? Prima del 2011, la Siria era l’orgoglio non solo dei siriani, ma di molti popoli arabi, un Paese senza debito estero, con un potenziale economico, commerciale e finanziario molto elevato, con libertà religiose e sociali che altri Paesi della regione non possono nemmeno sognare nonostante le sue ricchezze naturali. L’esercito siriano che oggi difende la sua terra è composto da uomini e donne nati in un Paese libero lasciato in eredità dai genitori e dai nonni, per cui affogherà nel sangue dei suoi martiri prima di accettare di essere colonizzato e soggiogato.

Oggi in Siria siamo alle porte della fine di una lunga guerra contro il terrorismo internazionale che né il popolo, né l’esercito, né i leader di questo Paese meritano.

Dall’inizio della cospirazione e dell’aggressione contro la Siria, nel marzo 2011 Cuba ha espresso solidarietà al popolo siriano, ha rifiutato l’intervento militare straniero e si è espressa contro i gruppi terroristici e per una soluzione politica. Cuba sostiene, in tutti gli scenari, il diritto del popolo siriano alla libertà, all’indipendenza e alla sovranità; e come espresso dal ministro degli Esteri cubano: “La coraggiosa resistenza del popolo siriano è una necessità essenziale per il destino dell’umanità”.

Sia Cuba che la Siria hanno affrontato le cospirazioni e l’aggressione permanente dell’imperialismo e dei suoi alleati, e si sono anche opposte alle correnti ideologiche reazionarie del colonialismo, del razzismo, del sionismo, del terrorismo e dell’interventismo.

Per 55 anni Cuba è stata e sarà al fianco del popolo siriano e della sua legittima leadership. Durante più di 9 anni di guerra contro il terrorismo mondiale e una coalizione composta da potenze occidentali e regionali, le nostre relazioni, iniziate con Hafez al-Assad e Fidel Castro, si sono gradualmente rafforzate; e sono ancora oggi in vigore con i presidenti Bashar al-Assad e Miguel Mario Diaz Canel.

Oggi più che mai, dopo 9 anni di guerra, le parole di Fidel sono valide quando nel 2013 ha descritto la Siria come “un Paese arabo coraggioso, situato nel cuore di oltre un miliardo di musulmani, il cui spirito combattivo è proverbiale”, e ha dichiarato che resisterà fino all’ultimo respiro.

LUNGA VITA ALL’AMICIZIA CUBA-SIRIA!
LUNGA VITA AL GLORIOSO ESERCITO ARABO SIRIANO!
E COME DIREBBE ERNESTO GUEVARA
“FINO ALLA VITTORIA SEMPRE, PATRIA O MORTE”.

Embajada de Cuba en Damasco

Traduzione a cura del Comitato Contro La Guerra Milano

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-cuba_la_coraggiosa_resistenza_del_popolo_siriano__una_necessit_essenziale_per_il_destino_dellumanit/82_37352/

 

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