Taglia coda e orecchie a dobermann, condannato a 8 mesi di reclusione

Un romano proprietario di un dobermann è stato condannato a otto mesi di reclusione per aver fatto tagliare coda e orecchie al proprio cane per motivi “estetici”.

 

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Comunicato stampa
7 ottobre 2020

ROMA, TAGLIA CODA E ORECCHIE AL DOBERMANN, CONDANNATO A 8 MESI DI RECLUSIONE

CONTROLLI DELLE GUARDIE ZOOFILE DELL’OIPA IN TUTTA ITALIA

Un romano proprietario di un dobermann, denunciato dalle guardie zoofile dell’Oipa di Roma, è stato condannato a otto mesi di reclusione e al pagamento delle spese processuali per aver fatto tagliare coda e orecchie al proprio cane per motivi “estetici”.

La denuncia è partita a seguito di controlli durante una manifestazione canina nell’ambito dell’operazione Dirty Beauty (Bellezza sporca) condotta dagli agenti Oipa, in prima linea in tutta Italia nel contrastare queste pratiche crudeli e anacronistiche.

«Il proprietario del cane ha esibito certificati veterinari che le nostre indagini di polizia giudiziaria hanno dimostrato essere falsi», spiega Claudio Locuratolo, coordinatore provinciale delle guardie zoofile Oipa di Roma. «I molti controlli delle nostra guardie a livello nazionale hanno portato a oltre settanta denunce all’autorità giudiziaria, anche nei confronti di veterinari».

Quella del taglio della coda e delle orecchie dei cani di alcune razze a fini estetici, oltre che dolorosa per l’animale, è una pratica illegale. Le mutilazioni per fini estetici sono vietate dalla Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia di Strasburgo del 13 novembre 1987, ratificata dall’Italia con la legge n. 201/2010.

Le mutilazioni di coda (caudotomia) e orecchie (conchectomia) configurano il reato di maltrattamento punito dall’art. 544 ter c.p., che prevede fino a 18 mesi di reclusione e una multa fino a 30 mila euro.

«Le federazioni nazionali ed internazionali per la cinofilia dovrebbero assumere posizioni più severe ed escludere dalle manifestazioni cani mutilati e gli Ordini dei medici veterinari dovrebbero essere meno indulgenti nei confronti dei propri iscritti», aggiunge Claudio Locuratolo. «Sono già fissate molte altre udienze per rinvii a giudizio a seguito delle indagini e denunce dell’Oipa, a Roma e in altre città. Auspichiamo che la prevenzione e la repressione pongano fine a questa pratica incivile e fuorilegge».

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