Quando il governo Conte è stato liquidato dopo un balletto renziano durato più di due mesi e in assenza di una sinistra, da quella movimentista a quella identitaria, che stava solamente aspettando sulla riva del fiume che il fatto si compisse, ci si è accorti, sempre a parole, che arrivava Draghi per guidare l’offensiva liberista.
Ora, stando agli ultimi fatti, ci troviamo al centro dell’offensiva. Coperti inizialmente dall’appello di Mattarella a combattere la pandemia e facilitare la ripresa col famigerato recovery fund, i liberisti sotto la regia del capo del governo affondano le lame nel corpo vivo del paese pretendendo, per la ripresa, lacrime e sangue e chiamando a gran voce l’EU perchè appoggi le loro ‘riforme’.
Lo scenario che si prospetta è dunque fosco. I liberisti fondano le loro previsioni di vittoria sia su una destra che appoggia i provvedimenti sollecitati da Draghi, sia sull’inerzia sostanziale di 5 Stelle e PD. Peraltro quest’ultimo è impelagato in piroette politiche per riaccreditarsi a destra e a sinistra ma alla fine mostra la corda e si dimostra inconcludente.
La domanda è: come andrà a finire? E soprattutto che cosa dobbiamo e possiamo fare?
Se dovessimo fondarci, per una resistenza vera all’offensiva liberista, su quelle forze ‘antagoniste’ che vivono di strumentalizzazioni e di demagogia sociale e si dedicano a costruire miniparate, Draghi potrebbe fare sogni d’oro. Come spesso accade però il diavolo fa le pentole e non i coperchi e le forze liberiste, con Draghi o senza, devono affrontare una serie di difficoltà che nascono dalle nuove contraddizioni che stanno emergendo. La prima, quella politica, dimostra che l’unità ‘nazionale’ sta mettendo a dura prova il PD e i 5 Stelle. Pensando di poter coprire le loro scelte con la difesa patriottica della lotta alla pandemia e alla crisi economica, questi due partiti stanno rischiando di grosso e da un eventuale disastro elettorale la situazione a sinistra tenderà a ridefinirsi. Ci sono infatti molte manifestazioni a livello di opinione che dimostrano che dai tradizionali contenitori di ‘sinistra’ fuoriescono spinte critiche e ipotesi di creazione di una nuova forza politica, anche se siamo ancora lontani da una sintesi. E’ il caso del Fatto Quotidiano e dei fuoriusciti 5 Stelle di ‘Alternativa’ c’è’ e Di Battista che tentano di uscire dal gioco perverso e corrotto con cui le forze liberiste stanno avvolgendo l’intero sistema politico italiano. Si tratta, per ora, più di un travaglio che di una prospettiva politica, ma bisognerà comunque tenerne conto per costruire un fronte politico ampio. O almeno lavorare in questa direzione.
Certo, se non esiste un asse strategico che può portare a questo obiettivo, si casca facilmente in quella terra di nessuno dei recuperi che riportano i reprobi sui vecchi binari delle indecisioni e degli opportunismi come in passato è più volte avvenuto.
Sul fronte sociale la situazione non è meno critica e preoccupante. Il rilancio liberista diventa ogni giorno più spudorato, sugli appalti, sui licenziamenti, sull’Alitalia e sulle tante crisi aziendali che rimangono nei cassetti dei ministri senza uno sbocco, per non parlare della esibizione sfacciata delle scelte sui fondi per la ripresa monopolizzati dai grandi gruppi industriali senza un’ombra di impieghi alternativi.
E’ chiaro che in assenza di una guida politica questi processi possono portare l’acqua solo al mulino delle destre, le quali stanno con Draghi, ma contemporaneamente si agitano per far vedere che quello che il capo del governo sta facendo di fatto non le coinvolge.
Sul fronte della sinistra la possibilità di definizione degli obiettivi da raggiungere non mancherebbe. Manca invece un lavoro politicamente credibile per conseguirli.
Aginform
27 maggio 2021