Libertà individuali a rischio, Giulio Palermo: “E’ il turno della Francia”

Lunedì sera, il Presidente Macron ha aggiornato i francesi sul nuovo giro di vite sui loro diritti. Lo ha fatto, come è ormai costume, con un annuncio a reti unificate per radio e televisione.
Dal 21 luglio per accedere ai luoghi di svago e di cultura, tutte le persone non vaccinate di più di 12 anni dovranno produrre un test PCR negativo di meno di 48 ore. A inizio agosto, queste misure si estenderanno a bar, ristoranti, centri commerciali, ospedali (!), treni e aerei. Il 15 settembre scatterà l’obbligo di vaccinarsi per il personale infermieristico e non medico di ospedali, cliniche, case di riposo, istituti per disabili e per tutti i professionisti e i volontari in contatto con gli anziani e le altre categorie a rischio. A settembre, sarà anche predisposta una campagna di richiamo per permettere a quelli che si sono vaccinati per primi, che “vedranno presto diminuire il loro livello di anticorpi, di beneficiare di una nuova iniezione” (sì è proprio così: mentre ci dicono che il vaccino è la soluzione finale, danno per scontato che il suo effetto protettivo dura solo pochi mesi!). Nelle scuole saranno lanciate specifiche campagne di vaccinazione all’inizio dell’anno scolastico. I test PCR, finora gratuiti, “saranno resi a pagamento, al fine di incoraggiare la vaccinazione”. Già da oggi, sono inoltre rinforzati i controlli alle frontiere. Infine, cercando di prendere la faccia della maestrina buona, Macron ammonisce con chiarezza: “dovremo senza dubbio porci la questione della vaccinazione obbligatoria per tutti i francesi, ma per ora io scelgo di essere fiducioso”.
Questo per quanto riguarda repressione e sanità. Ma Monsieur le President sa benissimo che tutte queste misure socio-sanitarie da sole non risolvono la crisi economica se non si traducono in un inasprimento dello sfruttamento dei lavoratori. Nella seconda parte del suo discorso, Macron ha dunque affrontato qualche tema economico non esattamente secondario, a cominciare dalle pensioni: “poiché viviamo più a lungo, dovremo lavorare più a lungo e andare in pensione più tardi!”
Ma come, un attimo fa non stavamo morendo tutti di covid? Evidentemente, la vita dei francesi si allunga e si accorcia con un battito di ciglia del Presidente. Quando si tratta di privarci dei nostri diritti e spingerci a fare la punturina, il covid uccide; quando invece si parla della nostra pensione, il problema è cha campiamo troppo.
Dopo le pensioni, ovviamente, non poteva mancare il lavoro. “In Francia, dobbiamo guadagnare di più andando a lavorare che restando a casa, cosa che oggi non sempre accade”: gli ammortizzatori sociali devono quindi essere completamente rivisti e smantellati. Capito come si risolve il problema? Non alzando i salari dei lavoratori ma abbassando le protezioni dei disoccupati!
E per concludere, un occhio di riguardo anche per i più giovani: grazie ai nuovi contratti di formazione e apprendistato, anticiperemo l’entrata nel mercato del lavoro per milioni di giovani, consolidando i risultati già ottenuti negli ultimi anni.
Insomma, si inizia a lavorare prima e si finisce dopo e se tra un lavoro precario e l’altro rimani per strada, cazzi tuoi. Però non fare l’individualista: per il bene della società (farmaceutica), vaccinati! Questo è il succo dei sei minuti di monologo presidenziale.
La fusione di interessi tra capitale finanziario (soprattutto high tech, non solo farmaceutico), mondo politico e apparati repressivi dello stato è palese. Ed è Macron stesso a mettere assieme i pezzi del puzzle. Ma guai a fare un ragionamento critico sul vero legame tra queste diverse dimensioni della crisi economica e socio-sanitaria, altrimenti sei un complottista da isolare e punire.
Sì vabbè, ma chi se ne frega, direte voi, mica siamo francesi! La stessa cosa, ribaltata, che dicevano i francesi al primo confinamento italiano: ahahah, guarda come state in Italia, si vede che non avete mai fatto la Rivoluzione!
Due popoli, un neurone. Senza capire che la classe operaia italiana e francese sono la stesa cosa. Alla Totò, che si scompisciava dalle risate perché “un pezzo di giovanotto con due spalle così” gli si era parato davanti gridandogli: “Pasquale, era un pezzo che ti cercavo” e giù schiaffoni su schiaffoni. E quando Mario Castellani, sua inseparabile spalla, gli chiede: “ma tu perché non hai reagito?”, la replica secca: “E che me frega, e che so Pasquale io?!”
Sin dal primo confinamento, i governi d’Europa e di mezzo mondo hanno coordinato attentamente il timing dei blocchi e degli sblocchi, della soppressione e della restituzione (temporanea) dei diritti e delle libertà, delle campagne mediatiche e delle stigmatizzazioni: prima contro i cinesi, poi contro gli italiani, poi contro gli inglesi e via discorrendo a seconda del diffondersi di nuovi focolai, nuove varianti del virus e nuove etichette di untori.
Il problema era chiaro sin dall’inizio: impedire ad ogni costo risposte unitarie a livello internazionale a una crisi economica che si fa sempre più dura. E già perché, in un contesto di crisi mondiale, con lavoratori che perdono il lavoro e il popolo intero che perde i diritti, sarebbe stato un vero suicidio politico per il capitale deconfinare il mondo intero, chessò, il Primo maggio: l’internazionale socialista, che nella storia del capitalismo non è mai decollata, si realizzava in un giorno, senza nemmeno bisogno di Marx ed Engels e del loro Manifesto comunista. La rabbia sociale può esplodere da un momento all’altro. Questo non può essere impedito in una società che forza sul saggio di sfruttamento. Ma che la rabbia sociale debba rimanere senza guida politica questo sì che può essere pianificato.
L’Italia ha fatto da apripista nell’affermazione della narrazione dominante sul problema covid, con la campagna mediatica più violenta al mondo e il primo lockdown in Europa. Due festeggiamenti calcistici, uno Spritz all’apericena per i più fighetti e una Peroni da 66 al baretto di periferia per i più proletari ce li siamo meritati. Soprattutto perché mentre si allentano le misure restrittive contro la popolazione si induriscono quelle contro i lavoratori. Meglio un po’ di svago — per chi se lo può permettere — ma massima allerta se ai lavoratori licenziati si uniscono i milioni di nuovi sans papiers che i due spruzzetti intramuscolari all’anno non sono troppo disposti ad accettarli. Perché se ancora non l’avete capito, senza vaccino saremo banditi dalla società. In Italia come in Francia, come in tutto il mondo capitalistico.
Per un anno e mezzo ci hanno scaldato gli animi con telegiornali fotocopie di se stessi in cui da un’edizione all’altra cambiava solo il numero dei contagi e dei morti, come se tutti gli altri problemi nel mondo fossero spariti. Poi, mentre ci mostravano la gara a chi vuole vaccinarsi per primo, hanno aggiunto la pubblicità. Sì, la pubblicità! A parte che, se veramente c’è più gente che vuole vaccinarsi che dosi di vaccino, non si capisce a cosa serva la pubblicità. Ma almeno, se veramente è così che volete investire i nostri soldi in difesa della nostra salute, fate come per gli altri medicinali: chiudete lo spot con una voce che in otto decimi di secondo recita: “Attenzione, leggere attentamente le avvertenze, il prodotto potrebbe avere effetti collaterali; in caso di problemi, contattare il medico; tenere fuori dalla portata dei bambini”. E no, in questo caso, la tiritera finale, che resta a schermo per cinque secondi, è un’altra: “Il vaccino è fondamentale per proteggere te e coloro che ami. Puoi prenotare subito il tuo vaccino in tutta Italia. Rispetta sempre le regole di comportamento”. E per quanto riguarda il “foglietto illustrativo” — che un popolo geniale ha sempre chiamato “bugiardino” — secondo il nostro governo dovremmo prenderlo come una sorta di testo sacro.
Nemmeno più finti esperti tecnico-scientifici (che non sanno nemmeno che la scienza senza critica non è scienza) ma marketing bello e buono! Così, quando passi dal TG agli spot pro-vax, non ti accorgi nemmeno del cambiamento. E non ti accorgi di nessun cambiamento nemmeno se passi dalla TV italiana a quella francese o a quella di qualsiasi altro paese capitalistico: telegiornali identici e pubblicità che si differenziano sono per i pupazzi di turno più in voga in ciascun paese.
Ora il testimone lo prende la Francia e Macron ci mette il carico: “Siamo una grande nazione. La nazione della scienza, dell’illuminismo, di Louis Pasteur. Dunque, quando la scienza ci offre i mezzi per proteggerci, DOBBIAMO usarli con fiducia”. E se queste belle parole, le carote e i bastoni non bastano, vi obbligheremo per legge. Perché ve l’abbiamo insegnato da piccoli: anche la maestrina buona a un certo punto perde la pazienza!
La poesia di Martin Niemöller “Prima vennero” è bellissima e la citano in molti. Anche perché prendere posizione contro il nazismo, oggi che è stato sconfitto sul campo (dall’Armata Rossa, non dai bombardamenti anglo-americani), è facile anche per il più apatico e obbediente menefreghista. Altra cosa è leggere quella poesia con le lenti dell’attualità politica! Ora è il turno dei francesi. Poi verranno a prendere anche gli italiani. La Grecia ha già approvato la giornata lavorativa di 10 ore. Siamo già alla terza strofa ma noi, come Totò, “vogliamo vedere questi stupidi dove vogliono arrivare”.
Non ci vuole la sfera di cristallo per prevedere le mosse del governo. Basta conoscere l’abc dell’economia capitalistica, la dinamica del saggio di profitto, i suoi legami col saggio di sfruttamento e i meccanismi dell’imperialismo in tempi di crisi. Ma queste per voi sono solo branche di quella che voi chiamate teoria del complotto. Perché l’agenda politica ve la fate dettare da chi vi comanda e le voci critiche invece di ascoltarle le censurate.
Siete troppo presi dall’informazione di regime e non avete tempo per studiare come funziona il capitalismo, né per interrogarvi su come si lotta contro di esso. Mentre il capitale uccideva i lavoratori in sciopero, voi eravate catturati dalla discussione sui diritti degli LGBTQISPQR. Dibattiti accesi su sto cazzo di DDL Zan, come se poi la “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” e l’inasprimento delle pene attenuino di una virgola le sofferenze delle vittime delle discriminazioni! E poi, sempre per fare a chi è più aperto di idee, vi siete lanciati nella sfida all’ultimo sangue tra sostenitori dell’asterisco, della @ o della e rivoltata come strumenti di liberazione dall’oppressione di genere. Negli anni sessanta e settanta, le femministe andavano in piazza unite e incazzate per regalare a una società marcia quel minimo di diritti che il capitalismo per sua natura nega. Noi lottiamo da casa cercando il tasto più rebel sulla tastiera del computer.
E poi, dopo aver ristabilito i diritti di chi scopa con chi cazzo gli pare, tutti assieme abbiamo voluto difendere i bambini a cui tutti vogliamo bene. In nome della lotta alla pedofilia, il Parlamento europeo ha appena dato ai provider (cioè alle compagnie private) il diritto di controllare tutte le nostre comunicazioni e i nostri messaggi, segnalando alla polizia ogni conversazione sospetta, senza nemmeno darne comunicazione all’indagato. Anche in questo caso, a nessuno è venuto in mente che forse la violenza contro i minori si tutela con interventi sociali, economici e culturali, non controllando a tappeto le comunicazioni di giovani e adulti.
Infine, vi siete ricordati del razzismo. A modo vostro ovviamente: discutendo con la massima passione e partecipazione del dovere morale di 22 bambocci che non hanno mai fatto politica di inginocchiarsi negli stadi del vecchio continente (che ha inventato la colonizzazione e le discriminazioni razziali) in risposta al fatto che gli sbirri yankee ammazzano i loro negri nel far west delle loro metropoli. E sì perché il problema razziale e della violenza poliziesca per noi europei l’hanno creato gli americani dopo che li abbiamo colonizzati. Criticare i nostri sbirri, che ti torturano e ti ammazzano nelle piazze, nelle caserme e nelle prigioni e ti guardano mentre gli sgherri del capitale ti caricano e ti uccidono se la lotta di classe si fa dura, si sa, non è politically correct.
A nessuno è venuto in mente che ci si poteva stendere sul terreno di gioco per ricordare Adil Belakhdim — operaio, sindacalista, schiacciato da un camion del capitale mentre rivendicava i diritti della sua classe sociale — e Camara Fantamadi, morto a 27 anni di fatica mentre lavorava nei campi: né ai calciatori, né a voi idioti che avete scritto fiumi di commenti su come dei milionari esperti di palletta dovrebbero fare la lotta politica al vostro posto.
Prima vennero … tra poco verranno! E già non è rimasto più nessuno.
Lo so che in questo minestrone di argomenti, in questo sfogo rabbioso, per un motivo o per l’altro, o forse per tutti, vi sono andato sulle palle. Sappiate che è reciproco.

Giulio Palermo

Prima vennero a prendere la Francia… – OP-ED – L’Antidiplomatico (lantidiplomatico.it)

 

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