In uno studio apparso lo scorso maggio, un gruppo di ricercatori di Paesi Bassi e Germania hanno messo in guardia sul fatto che il vaccino Pfizer-BioNTech usato per il coronavirus 2019 (COVID-19) induce una complessa riprogrammazione delle risposte immunitarie innate che dovrebbe essere presa in considerazione nello sviluppo e nell’uso di vaccini a base di mRNA.
Jorge Domínguez-Andrés, del Radboud University Medical Center di Nijmegen e i suoi colleghi, affermano che mentre il vaccino ha dimostrato di essere efficace fino al 95% nella prevenzione dell’infezione da sindrome respiratoria acuta grave provocata dal coronavirus 2 (SARS-CoV-2) e successivo COVID-19, poco si sa sugli ampi effetti che il vaccino può avere sulle risposte immunitarie innate.
Nello studio (ancora non peer-reviewed), il gruppo costituito da ricercatori del Radboud University Medical Center di Nijmegen, dell’Erasmus MC di Rotterdam, dell’Helmholtz-Centre for Infection Research (HZI) dell’Hannover Medical School (MHH) e dell’Università di Bonn in Germania, ha confermato l’efficienza della vaccinazione BNT162b2 nell’indurre un’efficace immunità umorale e cellulare contro diverse varianti SARS-CoV-2.Tuttavia, ha anche dimostrato che il vaccino ha alterato la produzione di citochine (molecole proteiche prodotte dalle cellule in risposta a uno stimolo che inducono nuove attività cellulari) pro-infiammatorie da parte di cellule immunitarie innate a seguito di sollecitazione con stimoli sia specifici (SARS-CoV-2) che non specifici (virali, fungini e batterici).
Dopo la vaccinazione, le cellule immunitarie innate, elementi fondamentali del nostro sistema immunitario innato, hanno avuto una risposta ridotta del recettore Toll-simili 4 (TLR4), TLR7 e TLR8; I ricettori Toll-simili 4 sono una classe di proteine che giocano un ruolo chiave nella difesa dell’organismo in quanto riconoscono gli agenti patogeni e attivando le risposte immunitarie. “Il vaccino mRNA BNT162b2 induce una complessa riprogrammazione funzionale delle risposte immunitarie innate, che dovrebbe essere considerata nello sviluppo e nell’uso di questa nuova classe di vaccini”, scrive a tale proposito il team di ricerca. Una versione pre-print del documento di ricerca è consultabile su medRxiv*
Va ricordato che il pre-print è la versione di un articolo accademico o scientifico che precede la revisione formale tra pari e la pubblicazione su una rivista accademica o scientifica.
Facciamo un passo indietro. Dall’inizio della pandemia di COVID-19 alla fine di dicembre 2019, i ricercatori di tutto il mondo hanno corso per sviluppare vaccini per aiutare a combattere la crisi sanitaria globale. La portata della pandemia ha portato allo sviluppo accelerato di nuovi vaccini a base di mRNA. Il primo ad essere registrato è stato il vaccino BNT162b2 di Pfizer-BioNTech. Questo vaccino si basa su un mRNA (RNA messaggero) formulato con nanoparticelle lipidiche e modificato a livello dei nucleosidi, che codifica la proteina spike del ceppo SARS-CoV-2 che è stato isolato all’inizio della pandemia a Wuhan, in Cina. La proteina spike è la struttura principale che il virus utilizza per infettare le cellule ospiti. Diversi studi hanno dimostrato che il vaccino BNT162b2 induce ampie risposte umoriali (attivazione degli anticorpi) e cellulari (attivazione del sistema immunitario innato) che proteggono dal COVID-19.
Tuttavia, con l’emergere di nuove varianti, molte sfide rimangono aperte mentre questo e altri vaccini a base di mRNA vengono implementati a livello globale. Le varianti emerse nel Regno Unito (lignaggio B.1.1.7), in Sudafrica (B.1.351) e in Brasile (P.1) contengono mutazioni multiple che potrebbero influire sulla gravità della malattia, sulla trasmissibilità virale e sull’efficacia del vaccino. La capacità di BNT162b2 di indurre un’efficace immunità umorale e cellulare contro le nuove varianti SARS-CoV-2 sta iniziando a essere compresa solo ora”, affermano Domínguez-Andrés e colleghi nel loro documento.
La grande incognita è se la vaccinazione BNT162b2 abbia effetti a lungo termine sulle risposte immunitarie innate. Questo potrebbe essere molto rilevante nel COVID-19, in cui l’infiammazione disregolata (risposta eccessiva del sistema immunitario) gioca un ruolo importante nelle cause e nella gravità della malattia”, scrive il team di ricercatori. “Molteplici studi hanno dimostrato che le risposte immunitarie innate a lungo termine possono essere aumentate (immunità addestrata) o sotto-regolate (tolleranza immunitaria innata) dopo determinati vaccini o infezioni.”
I ricercatori hanno dimostrato che una dose del vaccino BNT162b2 induce alte concentrazioni di anti-spike e di anticorpi RBD anti-spike, mentre una seconda dose tre settimane dopo provoca livelli ancora più alti. Tutti i campioni di siero post-vaccino testati hanno neutralizzato efficacemente la variante B.1.1.7, ma il 37,5% ha mostrato una diminuzione dell’attività neutralizzante rispetto alla variante B.1.351. “Questi dati supportano l’evidenza che la B.1.351, e forse anche altre varianti, potrebbero essere in grado di sfuggire in una certa misura all’immunità umorale indotta da vaccino”, affermano i ricercatori. Ancora più importante però è l’osservazione che le risposte delle citochine a determinati stimoli si siano ridotte dopo la vaccinazione. Interessante notare che la vaccinazione BNT162b2 ha diminuito la produzione di IFN-γ (chitochina con funzioni antivirali, antitumorali e che in generale stimola il sistema immunitario). Al contrario, le risposte all’agente infettivo fungino Candida albicans erano più alte dopo la vaccinazione. Questo suggerisce un aumento delle risposte infiammatorie ai funghi dopo la vaccinazione, dicono i ricercatori. “Questi risultati dimostrano collettivamente che gli effetti del vaccino BNT162b2 vanno oltre il sistema immunitario adattivo (immunità specifica acquisita dall’organismo dai vaccini)“, scrivono i ricercatori. “Il vaccino BNT162b2 induce anche la riprogrammazione delle risposte immunitarie innate (immunità generale presente fin dalla nascita) e questo deve essere preso in considerazione.”
I ricercatori affermano che in combinazione con forti risposte immunitarie adattive, la riprogrammazione delle risposte innate potrebbe, da una parte contribuire a una reazione infiammatoria più equilibrata all’infezione da SARS-CoV-2, ma dall’altra potrebbe indebolire la risposta immunitaria innata stessa. L’effetto della vaccinazione BNT162b2 sulle risposte immunitarie innate potrebbe anche interferire con le risposte ad altre vaccinazioni, aggiungono i ricercatori. In altre parole, il vaccino produce una forte risposta al COVID-19 ma può anche indebolire il sistema immunitario innato diminuendo la capacità del corpo di combattere le infezioni batteriche. “Questi risultati devono essere confermati con studi più estesi su popolazioni con background diversi, mentre ulteriori studi dovrebbero esaminare le potenziali interazioni tra BNT162b2 e altri vaccini”, concludono Domínguez-Andrés e colleghi.
Se i risultati dei ricercatori europei dovessero essere confermati con altri test, getterebbero un’ombra sugli effetti collaterali del vaccino Pfizer-BioNTech impossibile da ignorare. Essa potrebbe ribaltarne il rapporto costi benefici del vaccino e tale ribaltamento non potrebbe essere ignorato dall’Agenzia Europea del Farmaco nella sua valutazione finale del prodotto Pfizer-BioNTech.
EDOARDO LAUDISI