Haiti è qui. E se alla televisione ti capita di vedere la violenta reazione dei politici davanti a un piano nazionale capace di democratizzare l’accesso alla scuola, all’istruzione, ti accorgerai che Haiti è qui. Tienilo bene in mente, Haiti è qui. Prega per Haiti, prega per Haiti.
Così dice un verso di una storica canzone di Gilberto Gil e Caetano Veloso, in cui viene descritto il Brasile di ieri, di oggi e di sempre. I versi successivi, parlano del silenzio complice davanti ai massacri, centinaia di vittime fatte a pezzi nelle nostre carceri dalla furia di un potere pieno e incontrollato sotte le vesti di milizie o dalla stessa polizia, le cui organizzazioni clandestine, i gruppi paramilitari, intraprendono spedizioni punitive, casa per casa, per eliminare quelli che considera nemici. Gruppi paramilitari, milizie, sterminio. Come a Port-au-Prince, la capitale dell’Afghanistan; come a Kabul, la città simbolo di Haiti. Come a Rio de Janeiro, São Paulo, Manaus, Salvador, Recife, Belém, capitali maledette. Sono passati trent’anni dal lancio di quel disco.Trent’anni, e Haiti continua qui.
Con quelle parole, i due grandi artisti non avevano l’intenzione di criticare il povero paese il cui martirio continua ad essere orchestrato in altre sedi, fin da quando il leader di quella gente, Toussaint Louverture, diede inizio alla rivoluzione che portò all’indipendenza. Con quelle parole Caetano Veloso e Gilberto Gil promuovevano una profonda riflessione su quegli argomenti che da secoli distruggono i paesi periferici, i paesi a cui è impedita l’autodeterminazione, in cui la grandezza epica dei loro popoli viene costantemente massacrata, o dalle crisi economiche generate a tavolino da un mercato eterodiretto, o semplicemente dalla guerra. Una guerra finanziata e stimolata da coloro che a forza di “missioni di pace” e “cooperazioni internazionali” continuano a perpetuare il colonialismo imperialista di sempre. Afghanistan docet.
Ma Haiti è qui, ogni volta che il presidente minaccia l’equilibrio istituzionale, lo svolgimento delle elezioni, ogni volta che invoca l’intervento militare, ad ogni timida risposta dei poteri dello stato attraverso una semplice nota di ripudio, Haiti è qui. Quando nessun partito di opposizione nessun rimasuglio di sindacato, nessun movimento popolare convoca i lavoratori a reagire, o per lo meno a studiare e porre in pratica nuove e alternative forme di lotta, Haiti continua qui.
Trent’anni fa la canzone descriveva la reazione violenta del mondo politico davanti ai programmi nazionali di stimolo all’accesso alla scuola dei nostri bambini, la reazione contro il sistema pedagogico di Paulo Freire in favore all’alfabetizzazione degli adulti. Oggi la scuola brasiliana è sotto l’attacco diretto da parte del governo federale, che attraverso violentissimi tagli di fondi ha messo in ginocchio il sistema, annullando la ricerca scientifica universitaria, le borse di studio, i programmi di interscambio, smontando gli organi di controllo e nominando i rettori universitari in una specie di commissariamento forzato. Il tutto preceduto da una capillare campagna di disinformazione capace di dipingere le università come un antro marxista in cui studenti e professori si dedicano ad orgie e consumo di droga sintetica prodotta nei laboratori di chimica degli atenei, o di mariuhana, coltivata nelle aiuole dei cortili.
La prima parte del piano di distruzione è pienamente riuscita, ora inizia la seconda parte che prevede l’annientamento delle politiche di inclusione. Il ministro della educazione parla chiaro, cito testualmente: “Il grande numero di laureati disoccupati è il sintomo di un grande errore: le facilitazioni all’accesso universitario; l’università dovrebbe essere riservata a pochi”. Continua: “Oggi, fare il professore, l’insegnante, equivale a dichiararsi incapace di svolgere qualunque professione normale”.
Ormai non si vergognano più di dire esattamente quello che pensano; senza freni inibitori, afferma: “Gli alunni portatori di disabilità sono un ostacolo all’apprendimento degli altri studenti, la convivenza con bambini particolarmente affetti è impossibile”.
Mentre in questo momento viene presentato un progetto di legge per estinguere, chiudere per sempre, l’Università Statale di Rio de Janeiro, a causa dell’alto costo di manutenzione degli alunni e “per non avere ancora vinto un Premio Nobel”; mentre il ministro della salute, (in un momento in cui il paese conta ogni giorno mille morti di covid e 40.000 contagi), per accontentare il suo capo, dichiara di essere contrario all’uso della mascherina; il ministro dell’educazione informa al paese il suo piano eugenista che prevede l’allontanamento dei bambini disabili dalla scuola, dal convivio con i loro coetanei, per introdurli in strutture specifiche. Punto e basta. Port-au-Prince, Kabul, São Paulo, Brasil: Prega per Haiti, Haiti è proprio qui.
Paolo D’Aprile
20.08.21
Haiti, Afghanistan, Brasile (pressenza.com)