Dietro alla lotta contro il green pass

Si è menato scandalo, giustamente, sul fatto che una consistente manifestazione svoltasi sabato 25 settembre a Roma, nella piazza S. Giovanni all’insegna della lotta al green pass, sia stata silenziata da giornali e mass media. Questo fatto, tra l’altro, ci ha privato di una cronaca dell’avvenimento che invece ci avrebbe dato elementi di valutazione di ciò che stava realmente avvenendo. Però sul piano dell’informazione abbiamo recuperato una corrispondenza che viene da sinistra e gira sui social che racconta chi stava in piazza e quali erano gli orientamenti di chi partecipava alla manifestazione. Ci racconta che in piazza c’era sì la destra, ma non era elemento determinante. A caratterizzare la manifestazione erano invece settori variegati, una parte dei quali di orientamento di sinistra, che si ritrovavano sotto gli slogans della lotta al green pass e per la costruzione di un ‘Fronte del Dissenso’.

Il fatto che la presenza, gonfiata a 100.000 persone, ma comunque consistente, stavolta non si presentava sotto l’egemonia di Casa Pound e soci fa capire che la questione dei vaccini ha lievitato, alimentando un clima ‘movimentista’ in cui convergono spinte diverse. Ci sono sicuramente i primi della classe cioè la destra che fin dall’inizio della pandemia ha dato vita a manifestazioni fascistoidi al grido di ‘libertà, libertà’. Ora però ci sono i nuovi arrivati. Alcuni sono gruppi politici e di parlamentari che vogliono cavalcare la protesta per crescere e darsi un ruolo politico, alla Paragone per intenderci. Ma, come i dati dimostrano, il coinvolgimento interessa anche un’area di cittadini che non hanno trovato di meglio per sfogare la loro rabbia rispetto alla gestione della pandemia, col rischio però di indirizzare la protesta fuori bersaglio.

La lotta contro il virus è fondamentale e non può essere messa in secondo piano. E anche il ruolo che in essa rivestono i vaccini è certamente rilevante. Non si può pensare perciò di affrontare i problemi assai gravi che la gestione della pandemia ha fatto emergere con invocazioni e riti libertari facilmente strumentalizzabili e anche facilmente relegabili dai poteri che contano in un vero e proprio ghetto, anche se affollato.

All’inizio della pandemia, mentre da destra si cercava di capitalizzare il disagio di vaste categorie di lavoratori e piccoli imprenditori particolarmente colpiti dai provvedimenti di chiusura, da parte della sinistra si è cercato di sottolineare il ruolo strategico, a differenza di quello dei privati, rivestito dalla sanità pubblica, fortemente indebolita da decenni di sciagurate politiche di riduzione delle risorse e di privatizzazione. Su questa strada, complice anche l’accanimento contro il governo Conte, e la latitanza di un vero movimento di massa, non si è andati però oltre le denunce.

Con l’arrivo a tempo di record dei primi vaccini si è posta anche la questione della moratoria sui brevetti, ma anche qui senza nessuna incidenza reale sui processi in atto, sugli scandalosi profitti di alcuni produttori, sulle autorizzazioni di alcuni vaccini e non di altri, sulla possibilità di produrre i vaccini in loco.

Con il governo Draghi poi il panorama, come ci si poteva facilmente aspettare, è decisamente peggiorato. I vaccini da importante strumento di prevenzione sono diventati il magico toccasana che dovrebbe risolvere ogni problema, nonostante le criticità evidenti per i possibili effetti negativi e i dati non proprio entusiasmanti sulla durata e intensità dell’efficacia immunitaria e la minaccia dell’apparizione di sempre nuove varianti. Contemporaneamente altre questioni di estrema rilevanza sono state completamente accantonate e sono uscite dal campo visivo determinato dai media di regime: dalla ricerca e dai possibili protocolli di terapie precoci per evitare l’aggravamento della malattia, al potenziamento della medicina territoriale ma anche ad altre questioni rilevanti, dal trasporto pubblico all’edilizia scolastica al personale scolastico insufficiente. Tutto si concentra solo e soltanto sul vaccino in un crescendo per cui non bisogna vaccinare, bilanciando rischi e benefici, solo le persone più a rischio di ricovero e di esito fatale, ma tutti indistintamente, compresi giovani e giovanissimi, senza nessun riguardo per i rischi che si corrono e perseguendo sulla base di false analogie (per esempio col vaccino sul vaiolo) l’obiettivo irrealizzabile della totale eradicazione del virus.

Si assiste così anche a un clamoroso paradosso: più la campagna procede con successo verso percentuali di tutto rispetto e più si fa sentire l’isteria verso i non vaccinati, i biechi no vax, i nuovi “untori”, i sabotatori della salute pubblica, ai quali non deve essere consentito di vivere come gli altri, e si arriva al colmo di assessori alla sanità, come quello del Lazio, che, senza destare troppo scandalo, propongono di addebitare le cure ai non vaccinati che si ammalano.

Viene il sospetto che si cerchi di creare in anticipo un capro espiatorio a cui addebitare ogni possibile insuccesso nel venire a capo dell’epidemia.

Comunque sia, quale che sia l’origine di questo fondamentalismo, su cui bisognerebbe indagare a fondo, un effetto già lo si può constatare. Mentre il governo Draghi mette in evidenza la faccia autoritaria spesso mascherata ma sempre ben presente del liberismo, la lotta per una sanità pubblica ed efficiente e non succube degli affari privati segna il passo e la rabbia che monta per molte buone ragioni in vasti strati popolari rischia di imboccare il vicolo cieco di vacui riti libertari.

Aginform
28 settembre 2021

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