Rassegna Stampa di Sinistra In Rete

 

Marco Cerotto: Una riflessione su Panzieri e Tronti

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Una riflessione su Panzieri e Tronti

di Marco Cerotto

Su Panzieri e Tronti si è scritto molto, così come su quella straordinaria esperienza rivoluzionaria che prende il nome di operaismo e che ha avuto in «Quaderni rossi» una decisiva fase di incubazione. Tuttavia, è importante – non solo dal punto di vista storiografico, ma anche per il presente – ripercorrere ancora una volta i passaggi teorici e le scelte strategico-politiche che hanno definito quella stagione seminale, che ha coniugato una radicale rilettura di Marx con dei nuovi cicli di lotta. È il complesso compito che si assume in questo saggio per «Machina» Marco Cerotto, studioso in particolare della biografia teorico-politica di Raniero Panzieri.

filekj9p878ewsdfy«Le affinità incominciano a diventare interessanti nel momento in cui producono delle separazioni»

(J. W. Goethe, Le affinità elettive)

L’incontro di due anime diverse per un nuovo corso teorico-politico

Bisogna riconoscere che oramai su Panzieri e Tronti si è scritto in abbondanza, soprattutto sulle assonanze teoriche che li hanno condotti alla fondazione della prima rivista del neomarxismo italiano, i «Quaderni rossi» (1961), ed è stata quindi enfatizzata l’attenzione sui contributi teorici che hanno indagato l’evoluzione del neocapitalismo italiano, della nuova classe operaia e delle prospettive che sollecitavano a intraprendere delle importanti scelte politiche. Si è scritto tanto anche sulle dissonanze teorico-politiche tra i due, quando, dopo la rivolta di piazza Statuto nel 1962, Tronti e il suo gruppetto, quello dei «filosofi», in sintonia con quello «interventista», furono protagonisti della rottura della redazione dei «Quaderni rossi» per fondare «Classe operaia» (1964).

Eppure, risulta di straordinaria importanza ripercorrere ancora una volta i passaggi teorici e le scelte strategico-politiche che hanno definito quella florida stagione del neomarxismo italiano, la cui eredità teorica è rintracciabile in quell’immensa produzione critica e in quelle precise indicazioni politiche che hanno concorso a influire e a influenzare le successive pratiche di lotta sperimentate dalla galassia della sinistra italiana durante gli anni Sessanta e Settanta.

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Alain Bihr: L’ecologia di Marx (alla luce della Mega-2)

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L’ecologia di Marx (alla luce della Mega-2)

di Alain Bihr

saitoIl libro di K. Saito, La nature contre le capital. L’écologie de Marx dans sa critique inachevée du capital (La natura contro il capitale. L’ecologia di Marx nella sua critica incompiuta del capitale), appena uscito per le edizioni Syllepse e Page Deux (in traduzione dall’originale in lingua tedesca delle Edizioni Campus Verlag, 2016), è un libro importante. Perché consente di fare piena luce su quello che fino ad una ventina d’anni fa era considerato un ossimoro: appunto l’ecologia di Marx. Non si contano, infatti, le critiche rivolte al Moro per avere assorbito dal pensiero borghese un vero e proprio “feticismo delle forze produttive” e del loro sviluppo, per aver dato prova di un “prometeismo antropocentrico” contenente uno sguardo strumentale e un’attitudine dominatrice nei confronti della natura. Accuse che non sono del tutto prive di fondamento se riferite a singoli aspetti o momenti dell’indagine di Marx, ma risultano alla fine contraddette e smentite in modo decisivo dal filo rosso che Saito (dopo Burkett, Foster ed altri) ricostruisce con grande rigore, a partire dai Manoscritti economico-filosofici del 1844 per arrivare all’enorme massa dei “cahiers de lecture de Marx consacrés aux sciences de la nature” (biologia, chimica, botanica, geologia, mineralogia, etc.) redatti in buona parte negli ultimi dieci-quindici anni della sua vita e resi finalmente pubblici grazie alla nuova edizione delle opere complete di Marx ed Engels in corso (la cd. MEGA-2). Ne viene fuori la dimostrazione che la critica ecologica di Marx, progressivamente affinata sulla base dei contributi di Liebig, Fraas e di altri studiosi della natura, in quanto comporta l’analisi delle correlazioni tra le forme economico-sociali e il mondo materiale concreto, è parte integrante della sua critica dell’economia politica e del modo di produzione capitalistico. E che tale critica mette capo alla convinzione che la natura nel suo insieme, come mondo fisico-materiale, oppone resistenza al capitale, alla immodificabile pretesa del capitale di accumulare indefinitamente profitti saccheggiando al tempo stesso il lavoro vivo e la natura non umana.

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Jacopo Simonetta: La cop 26 e la maledizione di Rio

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La cop 26 e la maledizione di Rio

di Jacopo Simonetta

La COP 26 si è conclusa con l’ennesimo annuncio-farsa, mentre praticamente tutti i governi coinvolti fanno a gara per aumentare i propri consumi di energia. Gli Usa mettono all’asta nuove concessioni petrolifere, la Cina riapre le vecchie miniere di carbone, il Brasile incrementa il disboscamento e via di seguito; ce ne è davvero per tutti. Come da copione. E come da copione è esplosa l’indignata protesta degli ambientalisti nei paesi in cui questo è ancora consentito. Ma sulla scorta dei miei 40 e passa anni di militanza ambientalista, questa volta non mi sono unito al coro.

Certo, la classe dirigente mondiale si è dimostrata per l’ennesima volta incapace di elaborare una “exit strategy” dal vicolo cieco in cui ci troviamo. Duole, ma non sorprende, visto che per fare carriera all’interno di un paradigma lo devi interiorizzare ed è questo uno dei motivi per cui la classe dirigente è perlopiù composta dalle persone meno idonee a dirigere una società che incappa nei limiti del paradigma dominante. Del resto, è ben difficile che chi gode dei privilegi prodotti da un dato sistema si adoperi per cambiarlo. Per non parlare del fatto che anche fra i “grandi della terra” ci sono sicuramente un certo numero di stupidi, ignoranti e/o venduti; così come in tutte le stanze del potere, sia politico che economico, dal G20 giù, giù fino al municipio del mio paesello. Niente di tutto ciò è una novità.

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Maurizio Matteoli: Il Covid 19 è diventato come l’influenza?

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Il Covid 19 è diventato come l’influenza?

di Maurizio Matteoli, pediatra

Ebbene sì. Quando, all’inizio dell’epidemia, i vari Burioni, Capua, Bassetti, Pregliasco fecero affermazioni su questo tenore, secondo me avevano ragione. Vi spiego perchè.

Esiste, in epidemiologia, un fenomeno noto e ben studiato che si chiama “Harvesting” e cioè un periodo di eccesso di mortalità che segue naturalmente la comparsa di un virus nuovo.

Nel 1918 apparve sulla scena mondiale un nuovo ceppo virale, il sottotipo H1N1 del virus dell’influenza A che provocò, nei due anni a seguire, quasi 100 milioni di morti. Insomma, la famosa “Spagnola”. Non è mai più scomparso dalla scena. Da allora ci infetta ogni anno durante le epidemie influenzali stagionali. Noi, con l’influenza, ci conviviamo. Accettiamo, anche se ogni anno ci arrabbiamo e protestiamo chiedendo un loro potenziamento, per il fatto che gli ospedali e i pronto soccorso, nel periodo epidemico, siano sovraffollati, taluni al collasso, e soprattutto accettiamo che ogni anno ci siano una media di 15mila morti in eccesso dovute, in maniera diretta o indiretta all’influenza.*

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Moreno Pasquinelli: Implacabile vendetta

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Implacabile vendetta

di Moreno Pasquinelli

Preceduto da una virulenta quanto mendace campagna d’intimidazione, il governo Draghi ha varato il decreto sul cosiddetto “Green Pass Rafforzato”. In pratica una nuova stretta autoritaria. E’ lo Stato di Polizia 4.0. Chi non si vaccina sarà sottoposto ad un regime di esclusione e segregazione sociale.

Chi non si vaccina, se era già escluso dal disporre di fondamentali diritti di libertà, è oggi condannato ad un regime di formale apartheid sociale. Sbagliano coloro i quali affermano si tratti di una “misura medievale”. Davanti alla peste si segregavano gli appestati per proteggere i sani. Oggi, posto che il “vaccino” non immunizza e che i vaccinati possono infettare, vengono confinati e isolati anche coloro che scoppiano di salute, ovvero quelli che sono portatori di un gravissimo morbo sì, ma quello di non inginocchiarsi ai piedi del sovrano rifiutando i suoi diktat. Questa è dunque la vera pandemia che il governo vuole debellare: quella della ribellione sociale.

La misura del “Green Pass Rafforzato”, spacciata come atto ex ante di “prevenzione sanitaria”, è dunque squisitamente politica, è un provvedimento di condanna e castigo ex post per tutti quei sudditi che hanno sin qui disobbedito alla richiesta del sovrano di disporre dei loro corpi.

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Salvatore Bravo: Il dominio oligarchico ha paura di se stesso

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Il dominio oligarchico ha paura di se stesso

di Salvatore Bravo

Dove c’è pericolo cresce anche ciò che salva”

Il dominio oligarchico ha paura di se stesso, l’esperienza pandemica con la sua pletora di provvedimenti crescenti fino all’irrazionale conclamato smentisce la sua stessa narrazione: il green pass dura 12 mesi, ma l’effetto del vaccino decade dopo sei mesi, per cui il green pass non ha giustificazione sanitaria i primi mesi. I provvedimenti, d’altra parte, si soffermano sulla necessità di accelerare fino a “sospendere” le libertà costituzionali, in un tripudio di proclami e smentite. La verità emerge in modo sempre più palese, è il PIL il vero obiettivo, si teme un nuovo collasso della crescita, in realtà la difesa della vita è secondaria rispetto agli obiettivi economici. Il sistema non ha catalizzatori etici o politici, l’unico collante che consente al sistema occidente di sopravvivere è la crescita infinita del PIL, la promessa che la crescita sia possibile sempre e per sempre. L’occidentale medio vive di questa illusione distopica, ha fiducia in un futuro che progetta in funzione dell’accumulo crescente.

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Vincenzo Comito: Tra due avvoltoi

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Tra due avvoltoi

di Vincenzo Comito

Ricavi e fatturato delle aziende telefoniche sono crollati in tutto il continente europeo. L’annuncio di Kkr dell’interesse per Tim potrebbe essere il segnale che un mercato sonnolento aspettava per avviare una più che probabile grande ristrutturazione, probabilmente sanguinosa, del settore

La partita sul controllo di Tim vede al centro della scena due “avvoltoi”, la statunitense Kkr e la francese Vivendi.

La Kkr, fondata nel 1976, è stata l’iniziatrice più importante di un nuovo corso selvaggio della finanza, tanto che la conclusione della sua prima grande operazione, quella dell’assalto alla Nabisco, suscitò un’ondata di commenti e di imitatori; un libro di grande successo, I barbari alle porte, del 1993, certificava a suo tempo l’assedio riuscito alla vecchia cittadella della finanza e ai suoi metodi tradizionali. La nuova ondata coincideva in qualche modo con l’avvento di Reagan e della Thatcher, mentre registrava anche il nuovo potere dominante della finanza d’assalto sull’economia.

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Giancarlo Scarpari: Fascismo in America?

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Fascismo in America?

di Giancarlo Scarpari

Robert KaganRobert Kagan, uno dei “falchi” della destra repubblicana, nel 2004 aveva spiegato all’Europa, poco convinta della scelta fatta dal suo paese di promuovere una nuova guerra contro l’Iraq, che l’America aveva invece tutto il diritto di farla, perché era stata minacciata dal terrorismo internazionale e perché Saddam Hussein aveva tentato di dotarsi di armi di distruzione di massa.

Sorvolando sulle premesse, Kagan aveva illustrato nel suo libro (Il diritto di fare la guerra, Milano, Mondadori, 2004) i fondamenti della dottrina Bush sulla legittimità della guerra preventiva, dottrina che lui stesso aveva elaborato nella primavera del 2000, un anno prima dell’attacco alle Torri gemelle, in un saggio scritto in collaborazione con William Kristol (Present Danger). In quel libro, l’autore aveva ricordato, a chi sosteneva che il diritto internazionale vietava questo tipo di guerra, che nel nuovo disordine mondiale il sistema vestfaliano non aveva più alcuna ragione di esistere («la proliferazione di armi di distruzione di massa ha reso troppo rischioso il temporeggiare»); e aveva, anzi, manifestato il proprio stupore per le reazioni che quella dottrina aveva suscitato nel «paradiso geopolitico europeo», visto che quell’idea non era affatto nuova: già Kennedy, al tempo della “crisi dei missili”, aveva minacciato un attacco preventivo contro lo Stato cubano e, negli anni ottanta, dopo l’attentato di Beirut nei confronti di una caserma di marines, il segretario di Stato Schultz aveva invocato, questa volta pubblicamente, la necessità di promuovere un’azione preventiva contro il terrorismo internazionale; e nessuno in Europa, in quelle occasioni, aveva avuto nulla da ridire.

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Il Pedante: Un trionfo triste

ilpedante

Un trionfo triste

di Il Pedante

diegoriveraApprendo che in Alto Adige, dove già la primavera scorsa si sperimentava un «Corona pass» in anteprima nazionale, da oggi si applicheranno regole molto più stringenti alle famiglie che scelgono formare i propri figli secondo i principi dell’istruzione «parentale». Cittadino anch’io dell’epoca che giura di non muover dito senza i conforti delle «evidenze» scientifiche, ho cercato nella ragguardevole letteratura sul tema a quali gravi tare culturali, affettive e sociali andrebbero incontro i piccoli homeschooler. Ma non ho trovato nulla del genere, anzi. In compenso ho letto negli stessi giorni una raffica di titoli-fotocopia sulle scuole «clandestine» in cui troverebbero rifugio «soprattutto famiglie no mask» e che starebbero proliferando in tutto il Paese, con in testa l’ex provincia asburgica.

Quanti sono i pargoli così barbaramente «tolti dalla nostra società»? A occhio e croce, meno degli articoli in cui se ne parla. Nella provincia autonoma dove il fenomeno è più diffuso si tratterebbe di 544 (cinquecentoquarantaquattro) bambini: lo 0,7% della popolazione scolastica. Ma la deputata bolzanina e totiana Michaela Biancofiore non ha dubbi: è un «boom» a cui «stiamo assistendo inermi», un proliferare di azioni «che minano la cultura, la coesione sociale, l’ordine pubblico (sic) e la salute». Su che basi lancia queste accuse, quali le fonti, le testimonianze? Non lo dice. L’«involuzione culturale» degli scolari «sottratti alla socializzazione» è «evidente» a lei – e tanto ci basti.

In un’altra era geologica del nostro sentire avremmo apprezzato l’ironia di multare chi definisce «clandestini» le persone che si introducono illegalmente nel nostro Paese e di accettare invece che lo si dica di chi esercita un’attività prevista dalla legge, nel rispetto della legge. Ma oggi sembra tutto normale. Sarebbe legale anche occupare le piazze per manifestare il proprio dissenso, ma da quando lo fanno anche i «no green pass» sono diventate «sempre più tossiche per la nostra democrazia», spiega un senatore orgogliosamente antifascista.

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Enrico Gatto: Il Problema

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Il Problema

Breve compendio critico dell’ideologia neoliberale

di Enrico Gatto, 30 dicembre 2018

Neoliberal RevolutionTenerli sotto controllo non era difficile. Perfino quando in mezzo a loro serpeggiava il malcontento (il che, talvolta, pure accadeva), questo scontento non aveva sbocchi perché privi com’erano di una visione generale dei fatti, finivano per convogliarlo su rivendicazioni assolutamente secondarie. Non riuscivano mai ad avere consapevolezza dei problemi più grandi.

George Orwell, 1984 (1949)

Il neoliberismo, che è la base economica del moderno capitalismo assoluto (speculativo- finanziario), va necessariamente compreso per inquadrare le attuali dinamiche socio-politico- economiche – soprattutto occidentali ma che si ripercuotono ovunque – e poiché è la scaturigine del cosiddetto Pensiero Unico (che sostiene, precipuamente, il primato dell’economia sulla politica).

In parole povere si tratta della dottrina economica (cui corrisponde, ovviamente, un’inscindibile ideologia politica: il neoliberalismo) all’origine di tutti i nostri problemi. Semplificando, altro non è che la coronazione di un progetto di restaurazione del potere da parte della “classe dominante” (una rivoluzione passiva detta con Gramsci) risalente già agli anni venti del novecento (fondamentale fu, successivamente, il colloquio Walter Lippmann) ma iniziato ad attuarsi negli anni settanta (dal memorandum di Powell); è la reazione delle élite alla minaccia bolscevica e alla perdita di potere e ricchezza subita nell’età contemporanea e soprattutto nei trenta gloriosi quando le Costituzioni “socialiste” – apertamente avversate nel 2013 da JP Morgan – associate alle politiche economiche keynesiane avevano portato benessere ai popoli e forza alle democrazie (tanto che nello studio Crisi della Democrazia del 1975 commissionato dalla Trilaterale – della quale fecero poi parte Draghi, Prodi, Monti, Letta – si parlava della necessità di apatia e spoliticizzazione delle masse e di indebolimento del sindacato a causa di un pericoloso “eccesso di democrazia” da risolvere anche con l’introduzione di tecnocrazie).

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Alessandro Somma: Contro Ventotene. Cavallo di Troia dell’Europa neoliberale

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Contro Ventotene. Cavallo di Troia dell’Europa neoliberale

di Alessandro Somma

Il testo riproduce la Premessa dell’ultimo libro di Alessandro Somma, Contro Ventotene. Cavallo di Troia dell’Europa neoliberale, in uscita per i tipi di Rogas il 26 novembre

Per uno studioso la messa in discussione dei miti, e al limite la loro demolizione, è un imperativo categorico: è così che il sapere avanza, resistendo alla forza attrattiva dell’immobilismo intellettuale e offrendo nuovi materiali sui quali esercitare lo spirito critico e il culto del dubbio.

Tra i miti nei quali è impossibile non imbattersi occupandosi di Europa, quelli costruiti sul Manifesto di Ventotene occupano un posto di tutto rispetto. Ventotene è l’isola in cui Ernesto Rossi e Altiero Spinelli hanno confezionato il Manifesto celebrato come fondativo dell’Unione, la cui venerazione definisce l’appartenenza alla schiera eterogenea ma pur sempre riconoscibile dei buoni europeisti. Il solo tentativo di gettare uno sguardo meno osannante su quella vicenda, se non mira semplicemente a chiarire i punti oscuri del Manifesto al fine di metterne a fuoco la valenza di testo sacro del pensiero federalista[1], identifica invece lo sparuto gruppo dei cattivi nazionalisti o peggio sovranisti.

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nlp: Cingolani e le guerre puniche

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Cingolani e le guerre puniche

di nlp

Si vede era destino: mentre un secolo fa la cultura italiana istituzionale si dibatteva, via Croce e Gentile, sulla scienza come pseudoconcetto producendo quel pregiudizio che voleva i concetti “pratici” come qualcosa di stupido, oggi la cultura manageriale che occupa posti di governo ribalta completamente le convinzioni di allora. Per cui il sapere delle scienze umane è accettabile, e ha cittadinanza nei desideri di riforma, nel momento in cui accetta il predominio dei concetti “pratici” tra i quali il digitale che, a dar retta a ministri come Cingolani e Colao, è giusto questione di saper calcolare o avere competenze organizzative. Viene da dire: come rendere stupidi i concetti anche quando proprio non lo sono, quando oramai da decenni le teorie della complessità ci hanno fatto capire che nei tremendi livelli di caos e di ordine del sapere tanto più si alzano barriere disciplinari tanto meno si comprende e si governa l’oggetto della propria indagine o il proprio progetto educativo.

Cingolani, secondo dopo Colao (che in una conferenza stampa è uscito con una sorta di riforma del sapere specialistico non si sa bene concordata con chi), si è quindi avventurato in una idea di riforma della scuola, mettiamola sul generico, nella quale il principale accusato è ovviamente il sapere storiografico con il suo presunto indifendibile racconto sulle guerre puniche ripetuto in quattro fasi del processo educativo.

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Il Chimico Scettico: Poi ingrani la sesta e produci meno CO2

ilchimicoscettico

Poi ingrani la sesta e produci meno CO2

di Il Chimico Scettico

Mentre dove sono ora gli alberi, ormai quasi completamente spogli, continuano ad essere pieni di corvi, a latitudini più basse continuano come sempre i piccioni, che svolazzano e evacuano…

Eh, indimendicabile la perfomance di Miozzo in audizione parlamentare, quando si dimostrò completamente incapace di portare una mascherina e parlare ( https://www.youtube.com/watch?v=SYFdwMnzWQs). E il suo rivendicare, tra l’altro, l’invenzione della mascherina di comunità (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/…/come-si…).

Qualcuno ne sentiva la mancanza? Non credo…

E quindi non si fa mancare lui: la quarta, la quinta dose, poi ingrani la sesta e il tuo impatto ambientale diminuisce (https://www.pirelli.com/…/sesta-marcia-cos-e-come…).

A risentire quella audizione in commissione, beh, la memoria della rete è spietata – le sanificazioni! Ve le eravate scordate vero?

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Lanfranco Caminiti: La fine di un ciclo e le sue conseguenze

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La fine di un ciclo e le sue conseguenze

di Lanfranco Caminiti

In questo testo Lanfranco Caminiti prende a pretesto l’onnipresenza mediatica del momento di Zerocalcare (al quale va tutta la nostra simpatia e stima) per sollevare la domanda su quale destino politico, professionale, esistenziale ha avuto la «generazione di Genova 2001», quell’area tra il militante e il simpatizzante che ha affollato i Centri sociali dal ’90 della «Pantera» in su

«Zerocalcare verrà convocato da Roberto Mancini per rafforzare l’attacco in vista dei play-off per le qualificazioni al mondiale».

Non mi stupirei affatto di trovare un titolo così (sto celiando), nelle prossime settimane: Zerocalcare è ovunque – su carta, su serie, in teatro, in persona, a ogni festival, a ogni salone, sull’adesivo antifa del Centro sociale, sul manifesto di convocazione per un qualche sciopero, sulla locandina di un evento – e ovunque garantisce fortuna, perché non dovrebbe portare fortuna alla nazionale di calcio?

La capacità di produzione di Zerocalcare – qui non si discute sulla sua qualità artistica e politica (non ne ho i titoli) – ricorda quella di Carlo Lucarelli, giornalista, scrittore, conduttore televisivo, sceneggiatore, una vera macchina da guerra impressionante che a un certo punto divenne quasi un meme – per quel suo modo di parlare, staccando brevi frasi una dall’altra e enfatizzando la sospensione.

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Luigi Ambrosi: Covid, la narrativa ufficiale si sgretola

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Covid, la narrativa ufficiale si sgretola

di Luigi Ambrosi

Questo venerdi , a seguito della comparsa di un caso di variante Omicron in Israele, uno in Belgio, due a Honk Kong ( oltrechè ad un centinaio in Sudafrica) crollano i mercati e le borse in Europa e Stati Uniti… possibile? Possibile che siano bastati questi pochi casi per far precipitare i mercati e suonare l’allarme generale?

Possiamo pensare alla rovescia: si è deciso di far crollare i mercati e le borse, per tornare ad una politica di chiusura economica al fine di spingere e/o dare giustificazione alle Banche Centrali ad una nuova massiccia stampa di denaro in soccorso alle economie capitaliste in crisi e permettere l’acquisto alle multinazionali finanziarie a saldo delle piccole e medie imprese e servizi pubblici degli Stati. Inoltre le conseguenti politiche di lockdown (fino a Marzo) permettono di rafforzare il controllo sulle popolazionei a fronte del precipitare della crisi economica e, chissà, di qualche grave provocazione contro la Russia e Cina. Dopodiche, decisa questa politica, si vanno a cercare varianti e giustificazioni sanitarie.

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