Il Kazakistan è piombato nel caos. Le proteste cominciate contro l’aumento del prezzi del gas sono presto diventate globali con i manifestanti che adesso hanno l’obiettivo aperto di rovesciare il presidente Tokayev e portare il Kazakistan nell’orbita occidentale.
Visto dalla Russia, lo scenario è questo descritto dal giornalista Maxim Yusin di Kommersant, in questa analisi tradotta dal canale Telegram ‘La mia Russia’:
Gli eventi in Kazakistan si stanno sviluppando secondo lo scenario più pericoloso. Lo Stato si ritira sotto l’assalto dei manifestanti, fa una concessione dopo l’altra (fino alle dimissioni del governo), ma i manifestanti hanno preso gusto, questo non gli basta, formulano nuove richieste massimaliste e, a quanto pare, non intendono fermarsi.
La repubblica, che fino a poco tempo fa sembrava la più stabile, si sta trasformando in un territorio di caos davanti ai nostri occhi. I manifestanti assaltano le sedi delle autorità locali, bruciano le auto della polizia, si contano centinaia di agenti delle forze dell’ordine feriti. Le autorità sono confuse, non sono pronte a ristabilire l’ordine, pur adottando misure dure. Questa confusione viene trasmessa alle forze dell’ordine. Per lo stato, per la sua stabilità, questa è la situazione più pericolosa e distruttiva.
Quali conclusioni preliminari possono essere tratte dagli eventi in Kazakistan?
1. Il sistema di trasferimento graduale del potere da un leader all’altro mostra la sua inefficacia. Nei paesi post-sovietici, dove è stato instaurato un regime duro, dovrebbe esserci un leader. Altrimenti, i conflitti tra clan si intensificano, le élite iniziano a dividere il potere e la macchina statale fallisce.
2. E’ ovvio che la stabilità in Kazakistan era apparente. Non appena si è presentata l’occasione, è scoppiato il malcontento della gente contemporaneamente in molte regioni e in entrambe le capitali.
3. È altrettanto ovvio che tali disordini non possono sorgere spontaneamente in tutto il paese. Almeno una parte delle élite, dei clan è interessata alla ridistribuzione del potere e potrebbe essere dietro queste proteste (apparentemente spontanee).
4. È difficile credere alla pista straniera suggerita dal presidente Tokayev. Mosca e Pechino chiaramente non sono interessate a destabilizzare la situazione in Kazakistan. E quelli che teoricamente potrebbero essere interessati (Washington, Ankara, Londra) non hanno tale influenza, tali agenti, che in poche ore, così abilmente ed efficacemente incendiano l’intero Kazakistan.
5. Le autorità del Kazakistan, che negli ultimi anni hanno flirtato con i nazionalisti, perseguendo una politica di sostituzione della lingua russa e dell’influenza russa, si sono trovate in una situazione paradossale. Sono stati coloro con cui hanno flirtato (giovani kazaki “patrioti” ) che sono diventati la forza trainante delle proteste. Non ci sono praticamente volti slavi ed europei tra i manifestanti.
6. Per Mosca, gli eventi in Kazakistan rappresentano una grande sfida. È con questo paese che la Russia ha il confine più lungo, 7600 km. Caos, destabilizzazione, persecuzione di persone per motivi etnici, flusso di rifugiati: uno scenario geopolitico da incubo per il Cremlino. Ma nella situazione attuale, purtroppo, non lo si può escludere.
7. Mosca è interessata che la situazione in Kazakistan si stabilizzi al più presto, ma come possa aiutare le autorità di questo paese in questo momento non è del tutto chiaro. Gli accordi all’interno della CSTO non prevedono l’assistenza in caso di crisi politica interna. Inoltre, le autorità del Kazakistan non hanno ancora avanzato tali richieste.
05 Gennaio 2022
Caos in Kazakistan: lo scenario visto dalla Russia – OP-ED – L’Antidiplomatico (lantidiplomatico.it)