[Sinistrainrete] Fosco Giannini: Ucraina: la guerra americana

Dal “golpe” imperialista-fascista di Piazza Maidan al progetto di guerra Usa-Nato-Ue. Il mondo intero, l’Europa, l’Italia, nell’indifferenza generale e nella totale accidia delle forze “di sinistra”, pacifiste e a volte persino comuniste, sono sul baratro della guerra.

 

 

Fosco Giannini: Ucraina: la guerra americana

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Ucraina: la guerra americana

di Fosco Giannini

Dal “golpe” imperialista-fascista di Piazza Maidan al progetto di guerra Usa-Nato-Ue

IMMAGINE PRIMO EDITORIALE GianniniIl mondo intero, l’Europa, l’Italia, nell’indifferenza generale e nella totale accidia delle forze “di sinistra”, pacifiste e a volte persino comuniste, sono sul baratro della guerra.

Di una guerra che da “regionale” (Russia-Ucraina) avrebbe tutte le carte in regola per divenire mondiale. Poiché un conflitto militare Ucraina, Usa, Nato, Ue da un lato e Russia dall’altro, difficilmente potrebbe vedere neutrale la Repubblica Popolare Cinese. L’incontro tra Putin e Xi Jinping di questi primi giorni di febbraio 2022, in occasione delle Olimpiadi cinesi sulla neve, incontro sfociato in un rafforzamento del patto – politico, economico, militare – tra Mosca e Pechino, dice chiaramente che la Russia non è sola e una guerra imperialista contro di essa non potrebbe lasciare indifferente la Cina.

Un immenso arsenale militare nordamericano è già stato inviato, in queste ultime settimane, in Ucraina. Migliaia di soldati americani sono già partiti verso l’Europa e l’Ucraina a sostegno della possibile guerra. E altre migliaia sono già stati allertati negli Usa per partire verso la Polonia e la Germania con destinazione finale Ucraina. Lunghe file di carri armati americani sono stati avvistati anche in Austria.

Il governo svedese, in funzione anti russa, ha minacciosamente collocato su Gotland, l’isola del Mar Baltico a 90 chilometri dalle sue coste orientali, il proprio esercito in assetto da guerra e mezzi corazzati da combattimento. Col Ministro della Difesa svedese che ha motivato tale spostamento militare con l’“esigenza di difendere la Svezia dal pericolo delle navi da sbarco russe che incrociano nel Mar Baltico”. Ha ragione Putin: l’isteria Usa si allarga a tutto l’Occidente.

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Dal totalitarismo mediatico all’ingegneria genetica

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Dal totalitarismo mediatico all’ingegneria genetica

Ritorno su due anni di controllo dei corpi e delle menti

biotecnologieTraduciamo e pubblichiamo questo testo contenuto nell’edizione francese dell’opuscolo Contro i vaccini dell’ingegneria genetica, contro la sperimentazione biotecnologica di massa (potete trovare il pdf nella rubrica “materiali” del nostro sito).

Al di là di ogni certezza sull’origine del virus Sars-CoV-2 – salto di specie o fuga da laboratorio –, è fin troppo plateale che, dalla Cina agli USA, gli Stati hanno innescato i propri dispositivi di guerra: ad Est, chiudendo nell’immediato e tutt’ora intere province al minimo caso di contagio; ad Ovest, ricorrendo il più in fretta possibile a quei “vaccini” a m-RNA il cui sviluppo è storicamente legato alle ricerche del Pentagono sulla protezione dei soldati esposti ad agenti virali – e cogliendo l’occasione per sperimentare queste tecniche genetiche su centinaia di milioni di persone.

Ecco allora che, mentre si discute sulla “efficacia” e sulla “sicurezza” dei vaccini, «le porte sono ormai spalancate per l’ingegneria genetica, che ha già acquisito la legittimità per sviluppare la “medicina del futuro”, così come i colossali finanziamenti e il quadro legale e sociale necessari». Ecco allora l’unica domanda sensata: «come attaccare dei progetti così vasti di controllo e di artificializzazione della vita?».

L’ingegneria genetica è una tecnologia tanto radicale quanto quella del nucleare non soltanto perché attaccano entrambe gli elementi costitutivi della materia e della vita, disintegrando ciò che era fino ad allora considerato come “insecabile” (l’atomo o la cellula), ma anche perché in un caso come nell’altro non si tratta più di esperimenti in senso proprio, dal momento che non esiste più alcuna insularità del campo di sperimentazione e che il “laboratorio diventa coestensivo rispetto al globo”.

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Francesco Demitry: Resistere alla barbarie

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Resistere alla barbarie

Gaia secondo Isabelle Stengers

di Francesco Demitry

Claire Fontaine Untitled Nuclear Family 2013 1 1628x1375Questo libro, tradotto da Nicola Manghi e pubblicato dalla casa editrice Rosenberg&Sellier, Nel tempo delle Catastrofi. Resistere alla barbarie a venire, è ricchissimo di spunti e attraversa in circa centosettanta pagine alcune delle principali problematiche poste dall’autrice, Isabelle Stengers, nei suoi scritti. Nel tentativo di recensire questo testo ho cercato di connetterne alcuni passaggi con altri testi di Stengers, così da aprire ad altri rimandi e indicare possibili strade da percorrere.

Vorrei cominciare allora da una problematica, quella della Natura, affrontata e sviluppata continuamente dall’autrice, anche e soprattutto in rapporto con la scienza. Nel 1979 Ilya Prigogine e Isabelle Stengers scrivono La nuova alleanza. Metamorfosi della scienza, riprendendo, tra gli altri, Nietzsche contro l’approccio scientifico che aveva tentato di ridurre la natura all’impotenza: una scienza che si era accorta della potenza della natura «creatrice e distruttrice» e che aveva provato a «soffocarne i ruggiti»; una scienza che prova a far tacere le forze sotto il «segno dell’equivalenza» ma che deve fare i conti con le «differenze» che, come effetto, producono altre «differenze». E proprio da qua ripartono gli autori, scrivendo che:

Questa convinzione che la natura non sia un sistema ordinato, ma l’eterno dispiegarsi di una potenza produttrice di effetti antagonisti, contrapposti in una lotta per la supremazia e il dominio, ha certamente radici e risonanze filosofiche; tuttavia nulla ci vieta d’udirvi anche il rumore delle macchine; non degli apparecchi da laboratorio, ma delle macchine industriali che, in meno di un secolo, avevano prodotto effetti incommensurabili con quelli delle macchine semplici, le ispiratrici della scienza classica, mosse soltanto dall’acqua, dal vento e dal lavoro animale od umano1.

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Daniele Nalbone: Brancaccio dimostra perché non ha più senso parlare di democrazia

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Brancaccio dimostra perché non ha più senso parlare di democrazia

di Daniele Nalbone

Con il suo ultimo libro, “Democrazia sotto assedio”, attraverso 50 brevi lezioni di politica economica, Emiliano Brancaccio mostra il vero volto del capitalismo di oggi, destinato a sopprimere la democrazia perché somiglia sempre più al vecchio feudalesimo

“La spaventosa concentrazione del potere economico nelle mani di una ristretta oligarchia plasma a suo immagine l’intero sistema dei rapporti in cui viviamo”. Questa frase, contenuta nell’introduzione e ripetuta – in diverse forme, come base o risultato di diverse analisi – un po’ in tutto il libro, è il cuore dell’ultimo lavoro dell’economista Emiliano Brancaccio, Democrazia sotto assedio – La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico (ed. Piemme). Una piccola enciclopedia della politica economica di oggi sotto forma di “50 brevi lezioni” che gettano luce sulle tendenze di fondo dell’epoca che stiamo vivendo, e subendo.

Dalla scienza all’informazione, fino al potere politico in senso stretto e le istituzioni che lo regolano – spiega perfettamente Brancaccio nel libro – sono ormai concentrati in poche mani.

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Piccole Note: Crisi Ucraina: la guerra Usa al gas russo e all’Europa

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Crisi Ucraina: la guerra Usa al gas russo e all’Europa

di Piccole Note

La missione di Macron in Russia e Ucraina non è servita a nulla, nonostante le pretese del presidente francese e le dichiarazioni successive su un’asserito beneficio riguardo la crisi ucraina. Né la recalcitrante Germania può far granché per attutire le tensioni: chiamato a rapporto a Washington, Olaf Sholz si è messo sull’attenti come un obbediente soldatino, anche se la sua Germania continua a essere recalcitrante rispetto alla crociata anti-russa chiamata da Washington.

Il punto è che l’Europa da tempo ha perso la sua pregressa autorità, tanto da non avere più alcun potere neanche sul proprio territorio quando si tratta di geopolitica alta, quella che decide il destino delle nazioni.

Non che abbia dopo Yalta abbia mai avuto piena libertà di manovra, dati i vincoli dell’accordo Urss – Usa, ma nel post dopoguerra ha goduto di ampi margini di libertà, che si sono progressivamente ridotti quando, nel corso delle guerre infinite, i Paesi europei hanno assecondato le folli pulsioni di controllo globale di Washington (ultima follia, il tragico allineamento sul regime-change siriano).

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Maurizio Matteoli: Sulla vigilanza attiva

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Sulla vigilanza attiva

di Maurizio Matteoli

Pochi giorni fa abbiamo pubblicato un articolo che parlava della necessità, per un basilare principio di precauzione, di mettere in atto, come è stato fatto in altri paesi, un sistema di vaccinovigilanza attiva almeno per la fascia di età che comprende bambini ed adolescenti, trattandosi di vaccini con trials effettuati su numeri esigui ed ancora in corso.

Oggi apprendiamo che la Società Italiana di Pediatria, che evidentemente non ritiene necessario un approccio di questo tipo per quanto riguarda le vaccinazioni, lo considera invece indispensabile per la ricerca e la diagnosi di una patologia, ancora non ben definita, quale è il Long-Covid pediatrico.

Un recente studio (1), molto esaustivo perché condotto su una coorte di 37.522 bambini affetti da Covid-19 confrontati con un gruppo di controllo di 78.037 bambini sani, riporta come frase conclusiva: “Il Long-Covid nei bambini è raro ed il più delle volte di breve durata”. Tra gli highlights di questo studio anche:” Sintomi come difficoltà di concentrazione, mal di testa, dolori muscolari e articolari e nausea non sono sintomi di Long-Covid”.

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Alessandro Testa: Sul PNRR

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Sul PNRR

L’oscuro Moloch dei padroni

di Alessandro Testa

Premessa

Consentiteci innanzitutto una doverosa premessa: per affrontare in maniera seria ed approfondita la tematica che qui vogliamo toccare – il PNRR – sarebbe necessaria la lettura attenta ed analitica di diverse migliaia di pagine di documentazione legale, scritte in “burocratese stretto” ed in maniera talvolta contraddittoria, nonché lo scavo pignolo e ragionieristico di centinaia di tabelle fitte di dati e cifre, da riassumere quindi in formule, grafici e finalmente in conclusioni economico-finanziarie chiare e conseguenti. Un compito lungo ed improbo, che ci riserviamo comunque di affrontare in successivi articoli che “smontino” questo moloch proteiforme – forse volutamente tortuoso ed incomprensibile – nei suoi minimi componenti essenziali che forniscano ai più interessati all’argomento gli strumenti necessari ad una comprensione veramente dettagliata dell’argomento.

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Alba Vastano: Hate speek, il virus dell’odio

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Hate speek, il virus dell’odio

di Alba Vastano

Se raffiguriamo su un grafico la curva dei comportamenti sociali nel corso della pandemia, in base ad alcuni parametri: solidarietà/tolleranza/ intolleranza/ odio sociale, possiamo evincere come la curva, specie dal 2021 , cresca in modo esponenziale sull’odio sociale. Di questo funesto parametro i social ne sono la fotografia e lo specchio. Costretti a lockdown severi e con l’abbandono conseguente della socialità, milioni di persone impaurite dai contatti umani reali, immaginati, a torto o a ragione, come veicolo di contagio, hanno trasferito la loro socialità online, laddove proliferava già da tempo.

Il fenomeno, che sfocia, ad oggi, in alti picchi d’intolleranza fino all’odio, prende corpo ogni giorno di più con una escalation tanto inquietante quanto rapida. Un fenomeno che si manifesta nell’hate speek, generando un’ondata malefica che è diventata via via uno tsunami di odio e di discriminazione fra coloro che vivono da un biennio lo stesso problema. Il dilagarsi del virus e gli effetti drammatici della malattia hanno prodotto in tempi diversificati, in intere popolazioni impaurite e ignare delle cause del fenomeno planetario, comportamenti rigidi atti a discriminare ed emarginare chi nutre, rispetto al virus, convinzioni diverse. Tante idee, nessuna certezza. Si va per approssimazioni e per sentito dire da….

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Alberto Bradanini: Le relazioni tra Cina e Russia

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Le relazioni tra Cina e Russia

di Alberto Bradanini

putin xiI rapporti russo-cinesi sono al centro della politica mondiale. Vediamone in sintesi genesi e sviluppi.

Se nel secolo scorso i bolscevichi avevano sovietizzato il marxismo, i comunisti cinesi lo hanno sinizzato. Conquistato il potere, i sovietici puntano inizialmente sulla dimensione internazionalista, presto tuttavia abbandonata per ragioni di sopravvivenza. I bolscevichi avevano raggiunto il potere in un paese dove gli operai costituivano una sparuta minoranza rispetto ai contadini/schiavi dell’impero zarista. Quella di Lenin fu una rivoluzione afferrata sul filo della storia, propiziata dall’immane macelleria della Prima guerra mondiale e realizzata in nome degli operai del mondo intero. Egli aveva il convincimento che di lì a poco gli operai europei sarebbero insorti anch’essi, rafforzando le chance della stessa rivoluzione sovietica, ancora fragile e nel mirino delle potenze borghesi.

Negli anni successivi, dovendo sopravvivere come avamposto socialista sotto assedio, l’Unione Sovietica aveva accettato il dialogo con le nazioni capitalistiche quale provvisoria linea di compromesso, nell’attesa di una rivoluzione proletaria universale, che diventava però ogni giorno più ipotetica. La vanificazione di tale speranza avrebbe portato alla russificazione del comunismo, al prevalere del nazionalismo sovietico sull’ideale internazionalista e infine – secondo la critica capitalistica e quella maoista dopo la destalinizzazione kruscioviana – all’accantonamento dei bisogni di operai e contadini.

La creazione ex-novo di un ceto relativamente privilegiato quale pilastro dei privilegi del Partito per la costruzione di una chimerica società mono-classista – un impianto edificato da J. Stalin alla scomparsa di Lenin e che poco aveva a che vedere con la dottrina di Marx – è alla base della disfatta storica del comunismo sovietico.

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Domenico Cortese: Il caso Alitalia-Ita: il nuovo modello di trasporto aereo pubblico nell’epoca delle low cost e delle liberalizzazioni

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Il caso Alitalia-Ita: il nuovo modello di trasporto aereo pubblico nell’epoca delle low cost e delle liberalizzazioni

di Domenico Cortese

Aereo di Alitalia in volo 1 660x4002xIl passaggio Alitalia-Ita è sicuramente una delle decisioni politiche che più rappresentano il corso del 2021. Una risoluzione di una crisi annosa scaricata sulle spalle di lavoratori e consumatori, degli accordi con le istituzioni europee e con i sindacati concertativi che rispondono solo alle “leggi del mercato”, una esplicita rinuncia a comprendere e affrontare le cause profonde e i responsabili della crisi stessa. Tutti elementi che richiamano in modo più o meno evidente lo scenario politico-economico italiano nella sua generalità, con un esecutivo concentrato a minimizzare le perdite delle aziende scaricandole sulla qualità della vita dei dipendenti, senza affrontare le ragioni strutturali del cedimento del sistema di fronte alla sua causa scatenante. Ma la crisi definitiva di Alitalia, oltre a condividere con il Paese intero la pandemia come miccia della sua deflagrazione, è materialmente parte integrante di quel percorso di arretramento rispetto all’idea di programmazione industriale e tutela del personale che, sulla spinta delle lotte operaie e popolari del secondo Novecento e delle necessità oggettive della fase di allora del capitalismo, caratterizzata dall’esigenza di rinnovamento infrastrutturale e accumulazione di capitale a livello nazionale, contraddistingueva uno Stato borghese costretto a fare concessioni parziali alle istanze della collettività e dei lavoratori. Istanze che oggi può invece permettersi di trascurare completamente, in nome di una molteplicità di fattori che vanno da un differente contesto internazionale all’attuale debolezza del movimento operaio, dalla ricerca della competitività nel breve periodo alla retorica dell’efficienza del modello privatistico che caratterizza l’Italia come membro convinto del mercato unico europeo.

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Giovanna Vertova: Reddito di autodeterminazione: dubbi di una femminista eretica

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Reddito di autodeterminazione: dubbi di una femminista eretica

di Giovanna Vertova

nato 15Ormai da decenni, più o meno dal pieno sviluppo del neoliberismo, è iniziata una riflessione, sia a destra che a sinistra, sull’idea che il welfare che si è venuto a creare nel secondo dopo guerra non sia, oggi, più sostenibile (destra) o non sia più in grado di creare un’adeguata rete di protezione sociale per le classi meno abbienti (sinistra). La posizione di sinistra è, inoltre, articolata su un’analisi della attuale fase capitalistica alquanto fantasiosa. L’ipotesi di base è che, da molti anni, sia in corso un declino della soggettività “lavorista”, in quanto il neoliberismo sarebbe incapace di garantire la piena occupazione, tipica del periodo storico precedente, spesso denominato fordista-keynesiano. Di conseguenza il welfare di matrice “fordista” sarebbe inadeguato a garantire le protezioni necessarie per costruire una risposta alla crescente insicurezza sociale della classe lavoratrice, in quanto concepito per una società “lavorista” e di “piena occupazione”. L’automazione dei processi di produzione (ove possibile), la rivoluzione tecnologica digitale, ultimamente il sistema Industria 4.0 concorrono a sostituire lavoratori in carne ed ossa con macchine, creando o aumentando la disoccupazione tecnologica. Per questo motivo i sostenitori di questa visione ritengono che il welfare non possa più essere legato alla condizione lavorativa1, ma andrebbe riformato per rispondere alle nuove insicurezze sociali figlie del neoliberismo. Un trasferimento monetario statale, sganciato dalla prestazione lavorativa sembra, quindi, essere la soluzione giusta per tutelare la classe lavoratrice.

Nonostante le basi teoriche della proposta, qui solo brevemente richiamate, potrebbero essere ampiamente smentite, non è questo l’obiettivo del presente lavoro.

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comidad: Il paterno monarca che ci protegge da noi stessi

comidad

Il paterno monarca che ci protegge da noi stessi

di comidad

Un paio d’anni fa il giornalista Vittorio Feltri dichiarò che i meridionali sono inferiori. Certo, se la razza superiore è rappresentata da Feltri, allora siamo proprio rovinati. Feltri non è neppure contento della rielezione di Mattarella al Colle, dato che adesso deve subire la monarchia di un siciliano per altri sette anni (se saranno solo sette: alla fine di un terzo mandato Mattarella avrebbe appena novantaquattro anni). Il caso di Mattarella dimostra che oligarchie locali, che dominano in aree colonizzate, possono sviluppare tecniche di potere che consentono di rilanciarsi ad alti livelli. Il colonialismo è una strada a due sensi. Si parla tanto di potere dei “competenti”, dimenticando che il potere in se stesso è una competenza, un complesso di tecniche da apprendere ed applicare.

Bisogna ammettere però che la rielezione di Mattarella è stata agevolata da un lombardo come Feltri, cioè il Buffone di Arcore. Con la sua finta candidatura al Quirinale il Buffone ha “addestrato” la pubblica opinione a considerare la riconferma di Mattarella come un argine al caos, come la presenza della figura paterna che può proteggere il popolo dalle pulsioni irrazionali che allignano nel popolo, poiché senza un tutore qualsiasi demagogo potrebbe approfittarsi di noi.

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Alberto Lombardo: Le basi economiche dell’aggressività degli Stati Uniti

lantidiplomatico

Le basi economiche dell’aggressività degli Stati Uniti

di Alberto Lombardo*

Nel suo famoso testo L’imperialismo, fase suprema del capitalismo Lenin accusa Kautsky di concentrarsi solo sugli aspetti politici della concentrazione capitalistica e di trascurare gli aspetti della base economica. Questa distorsione nella visione kautskiana porta ad aberrazioni che vengono ampiamente descritte nel testo leniniano.

È vero che lo stesso Lenin mette in guardia dal fare l’errore simmetrico, ossia di guardare solo le considerazioni economiche e non vedere le relazioni dialettiche che si istaurano tra la base economica e la sovrastruttura politico-militare. È vero che l’ultimo Engels raccomanda di non poter derivare meccanicamente dal momento economico tutte le relazioni sociali. Ma è anche vero che gli aspetti economici vanno studiati con la massima attenzione ed essi, dialetticamente combinati con quelli derivanti dalla complessa sovrastruttura della società, vanno composti in un quadro concreto e per quanto possibile esauriente.

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Pasquale Cicalese: Greenpass, le nazioni contro la postmodernità

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Greenpass, le nazioni contro la postmodernità

di Pasquale Cicalese

Si stanno svolgendo da settimane in varie parti del mondo manifestazioni oceaniche, specie dei camionisti, ma appoggiati dalla popolazione intera, contro il pass sanitario e le restrizioni, in particolare Canada e Nuova Zelanda. I giornali progressisti accusano i manifestanti di essere di estrema destra. Un amico, Spatto, mi ha mandato queste riflessioni che voglio condividere con voi. Buona lettura.

“In TUTTO il mondo si manifesta con bandiere nazionali e canti nazionali. Dobbiamo essere marxisti e chiederci il perché di tutto questo prima di accusare un movimento mondiale di essere cosa. Nazista?

Fascista? Credo si tratti semplicemente di populismo nazionale. Nazionale perché di fronte al globalismo apolide della merce l’unica possibile resistenza al mondo postmderno e post religioso / ideologico sono le comunità nazionali e territoriali rimaste.

Residui di un passato ma fonte della costruzione di senso in un mondo in vorticoso cambiamento. Il grande reset del capitale appunto. Non significa nazionalismo. Anche. Ma non sempre. Come il no tav non significa primitivismo economico. Indica soltanto la rivolta popolare contro i dominanti.

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Nico Maccentelli: Sovranità popolare

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Sovranità popolare

di Nico Maccentelli

Sono diversi anni che una parte dei comunisti italiani, sulla base di un’analisi dell’Unione Europea quale polo imperialista che si è formato in questi decenni, ha avviato un dibattito sulla sua morfologia imperialista, ma anche ponendo in chiave marxiana la questione nazionale.

C’è chi è arrivato persino a parlare di una sorta di neocolonialismo tedesco verso i paesi dell’area sud europea come Italia, Spagna, Grecia… cosiddetti pigs, maiali.

Ross@ prima, Eurostop poi hanno sviluppato questo percorso di analisi, formulando come percorso concreto e di prassi l’uscita dall’UE e dall’Eurozona, non solo dalla NATO.

Ora, è evidente che la questione nazionale, forse per una sorta di timore di prendere una piega nazionalista è finito in cavalleria con Potere al Popolo. Insieme a parole chiare per un’uscita dall’UE. Parola d’ordine di cui si sono appropriate forze ambigue come Paragone con “Italexit” (parola che si usava in Eurostop).

Io non penso che vi sia contraddizione tra questione nazionale e internazionalismo.

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Guido Salerno Aletta: Prezzi roventi & Regole inefficienti

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Prezzi roventi & Regole inefficienti

di Guido Salerno Aletta

Elettricità e Gas, il folle sistema delle aste generali al prezzo marginale

Che ci sia qualcosa di strano, in questi straordinari aumenti del prezzo dell’energia, elettricità e gas, lo sospettano tutti. Benzina e gasolio sono aumentati, è vero, ma molto meno delle bollette.

C’è qualcosa che non torna.

La crisi sanitaria, che ha provocato a partire dal secondo trimestre del 2020 una pesante caduta dell’attività produttiva, ha creato una discontinuità sui mercati, e molti produttori di energia elettrica o fornitori di gas all’ingrosso si sono felicitati del fatto di non avere contratti di approvvigionamento a lungo termine che li avrebbero costretti a pagare inutilmente ciò che non avrebbero potuto rivendere.

I cosiddetti giganti petroliferi, da Total ad ENI , hanno pagato cara la loro strategia di lungo termine, avendo accusato negli scorsi due anni risultati assai pesanti sotto il profilo economico. Ma ora si stanno riprendendo, alla grande: stanno recuperando ampiamente le perdite subite nel biennio scorso.

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