Regno Unito nega a Julian Assange il permesso di appellarsi contro l’estradizione negli Usa

Già le possibilità erano poche, ma nel clima di propaganda NATO, per Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, non potevano di certo arrivare buone notizie.

Se già in tempo di pace era considerato una spia della Russia, figuriamoci in questi giorni.

Così, quale occasione buone per far pagare definitivamente il conto a chi ha rivelato i crimini degli Usa e della Gran Bretagna in Iraq e Afghanistan.

Se non ci fosse stata la guerra in Ucraina probabilmente le cose sarebbero andate state uguali per Assange, ma certamente questo clima politico e di propaganda non gli è stato favorevole.

Così, oggi, l’Alta Corte del Regno Unito ha respinto la richiesta di Julian Assange di presentare ricorso contro la decisione di estradarlo negli Stati Uniti, dove il co-fondatore di WikiLeaks è accusato di spionaggio. Adesso tocca al ministro dell’Interno, Priti Patel, autorizzare l’estradizione.

La Suprema Corte non ha ancora reso pubblico il proprio ragionamento in merito. La decisione è stata annunciata da WikiLeaks e dalla partner di Assange, Stella Moris, sui social.

Assange ha presentato una petizione in appello nel dicembre 2021, sostenendo che le garanzie statunitensi di non tenerlo in isolamento o sottoporlo a torture psicologiche erano inaffidabili, e ciò ha motivato citando Amnesty International. L’Alta Corte di Londra ha accettato la sua petizione a gennaio, ma gli ha negato il permesso per un appello diretto, il che significa che l’Alta Corte ha dovuto decidere se esaminare o meno il suo caso.

Il 10 dicembre l’Alta Corte di Londra ha dato il via libera all’estradizione del fondatore di WikiLeaks, rilevando di essere soddisfatta delle garanzie della parte statunitense, secondo le quali non sarà sottoposto a un regime duro, noto come misure amministrative speciali, quando sarà in custodia negli Stati Uniti.

Assange, 50 anni, rischia una pena massima di 175 anni di reclusione.

 

La Redazione de l’AntiDiplomatico

14/03/2022

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