Un lungo articolo[1], pubblicato il 26 dicembre 2021, di Wen Wang (ricercatore all’università di Fudan) propone la visione cinese sul crollo dell’Urss e sulle ambizioni che l’hanno provocato.
Alessandro Visalli: Leggendo dentro la crisi: visioni dell’egemonia tra Cina e Usa
Leggendo dentro la crisi: visioni dell’egemonia tra Cina e Usa
di Alessandro Visalli
Un lungo articolo[1], pubblicato il 26 dicembre 2021, di Wen Wang (ricercatore all’università di Fudan) propone la visione cinese sul crollo dell’Urss e sulle ambizioni che l’hanno provocato. L’articolo è ripreso e commentato da David Goldman[2] che si chiede per quale motivo l’Occidente pensa che la Cina voglia l’egemonia mondiale sul modello americano. A sua volta questo articolo segue ad un più recente articolo[3] del medesimo autore che riflette sulla crisi Ucraina a partire dall’incapacità dei principali strateghi americani di fare i conti con la prospettiva del loro relativo declino strategico. Come illustra Goldman questi sembrano dare per scontato che non siano possibili giochi a vantaggio reciproco nell’egemonia sul mondo. Che questa debba e possa essere detenuta tutta da loro (con o senza compartecipazione dei principali paesi ‘alleati’ come Europa e Giappone) o, come unica scelta, tutta da un’altra alleanza. Che sia, cioè, questione di vita e morte, di evento decisivo.
Questo spiegherebbe la determinazione a provocare, costi quel che costi, il soffocamento immediato di qualunque potenziale controegemone, sia esso la Russia o la Cina (o prima la Russia e poi la Cina).
Ma prima di entrare nel tema guardiamo di cosa stiamo parlando, cioè della morte di tutti, buoni e cattivi, santi e peccatori. In un articolo[4] di Christopher Chivvis, su The Guardian, l’autore, che è il Direttore dell’American Statecraft Program presso il Carnegie Endowment for International Peace[5], descrive la situazione e le simulazioni condotte dagli esperti per prevedere i possibili esiti delle diverse scelte.
Marco Carnelos: “L’allargamento a est della NATO è il peccato originale che ha alimentato una tensione crescente tra Russia e Occidente”
“L’allargamento a est della NATO è il peccato originale che ha alimentato una tensione crescente tra Russia e Occidente”
Intervista a Marco Carnelos, ex ambasciatore italiano in Iraq
“L’allargamento a est della Nato è il peccato originale che ha alimentato una tensione crescente tra Russia e Occidente, fino alla guerra in Ucraina? È una questione controversa e non così scontata come viene raccontata”. Marco Carnelos, ex consigliere dei presidenti Prodi e Berlusconi, ex ambasciatore in Iraq ed ex inviato speciale per la Siria, affida a Dagospia le sue considerazioni sulla guerra In Ucraina.
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L’Occidente promise alla Russia di non allargare la Nato a est?
Alcune promesse verbali furono fatte. Ci sono anche alcuni documenti, prodotti da riunioni di alto livello, in cui si evidenzia come l’assunzione che c’era in quel momento storico fosse che la Nato non sarebbe andata oltre il confine della Germania, riunificata a ottobre 1990.
Chi si intestò questa rassicurazione?
L’allora Segretario di stato americano, James Baker. La sua promessa fu: “Not one inch eastward”, ovvero “non un centimetro più a est”. Dopodiché la storia è evoluta. Il Patto di Varsavia, l’alleanza militare che si contrapponeva alla Nato, nel 1991 s’è sciolto. Da quel momento Putin ha fatto presente in più di un’occasione: “Ma senza il Patto di Varsavia contro chi allargate a est la Nato?”.
Putin vuole ricreare una Grande Russia sul modello imperiale o sovietico?
Putin ha vissuto in Germania est nel 1989 e non sappiamo quanto il crollo del suo mondo abbia inciso psicologicamente su di lui. Nessuno può sapere se effettivamente la fine dell’Urss lo abbia segnato. Lo sa il suo analista, ammesso ne frequenti uno.
Andrea Zhok: Diciamola semplice
Diciamola semplice
di Andrea Zhok
Diciamola semplice.
Licenziare piloti russi o direttori d’orchestra russi, bloccare la partecipazione di musicisti russi a competizioni internazionali, interrompere la collaborazione con scienziati russi al Cern, buttare fuori da kermesse cinematografiche documentaristi russi, tagliare i rapporti accademici con docenti russi, escludere libri russi dagli stand, ecc. ecc. non sono sanzioni. Sono razzismo istituzionale.
La cultura russa è una delle maggiori tradizioni culturali prodotte da questo pianeta e questo atteggiamento da parte di istituzioni – spesso istituzioni culturali (sic!) – è semplicemente umiliante per chi le prende.
Qui siamo arrivati ad un punto di non ritorno.
Già, perché l’Occidente liberaldemocratico è da tempo in crisi con innumerevoli punti di rottura, perché non essendosi preso cura di rafforzare le proprie basi democratiche ha lasciato progressivamente le redini dei paesi ad un’unica libertà, quella del capitale.
Mario Lombardo: Ucraina, le armi e il petrolio
Ucraina, le armi e il petrolio
di Mario Lombardo
La crisi ucraina esplosa il 24 febbraio scorso con l’inizio delle operazioni militari russe sembra essere caratterizzata, da un lato, dall’avanzata relativamente lenta ma efficace delle forze di Mosca e dall’altro da una certa ambivalenza dei governi occidentali nel loro sostegno a Kiev. Questi ultimi continuano ad adottare misure economiche punitive di ampia portata, sia pure risparmiando in alcuni casi il settore energetico, ma sottraendosi da iniziative militari che comporterebbero uno scontro diretto con la Russia. Ciononostante, le provocazioni occidentali e il trasferimento di armamenti al regime ucraino continuano senza sosta, mentre anche su altri fronti nei giorni scorsi gli eventi collegati alla guerra hanno fatto segnare sviluppi decisamente interessanti.
Gli aerei polacchi
Il governo ultra-nazionalista polacco resta in questa fase del conflitto l’elemento più ferocemente anti-russo dello schieramento NATO, anche se condivide con altri il timore di provocare una reazione militare devastante da parte di Mosca.
Vincenzo Costa: Chi sono i cattivi? Regressione infantile e necessità di una nuova cultura
Chi sono i cattivi? Regressione infantile e necessità di una nuova cultura
di Vincenzo Costa
Chi conosce un po’ di storia sa che la guerra Franco-Prussiana scoppiò perché c’erano delle ragioni storiche. Solo per menzionarne alcune: l’unificazione tedesca, la paura della Francia di essere accerchiata dagli Hohenzollern, le ambizioni della Francia, la diffidenza dell’Inghilterra verso queste ambizioni, le aspirazioni della Russia rispetto alla Crimea.
Chi conosce gli eventi che portarono a quella guerra sa bene che vi fu un gioco (molto più complesso di quanto sia possibile dire qui). La Francia non poteva accettare che sul trono spagnolo sedesse Leopoldo: sarebbe stata accerchiata, sarebbe potuta essere attaccata su due lati. Bismarck voleva invece il conflitto, necessario per giungere all’unificazione tedesca, alla proclamazione del Reich. Ma Guglielmo era accomodante, dava rassicurazioni ma non formali (lo abbiamo visto anche di recente).
La guerra, per farla breve, scoppiò perché Bismarck falsificò un telegramma, che umiliava la Francia. Ma lo fece da quel grande statista che era: si assicurò che l’esercitò prussiano fosse pronto, della neutralità inglese e russa. Era una trappola, e la Francia vi cadde: avviò il conflitto.
Frontiere: À la guerre comme à la guerre!
À la guerre comme à la guerre!
Ovvero sugli effetti della narrazione dei dominanti
di Frontiere
Antefatti
Dal 15 febbraio è stato introdotto l’obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno superato i 50 anni, i sanitari guariti, se non vaccinati, permangono sospesi, gli insegnanti restano sotto ricatto ma non solo, il sistema dei crediti sociali si potrebbe avverare come evoluzione del lasciapassare verde che, per altro, potrebbe diventare ancora più verde ed ecologico, il controllo si sta facendo sempre più invasivo ed invadente, la demonizzazione del contante sta compiendo passi da gigante, intanto…
Il 22 novembre Schwab, il grande vecchio del World Economic Forum, autore di saggi nei quali ci fa il favore (grazie signore, grazie) di illustrarci il nostro futuro, quello deciso dal capitale finanziario sovra-nazionale ed attuato dai suoi vassalli, incontra Draghi a Palazzo Chigi ed è tutto normale, Madama la Marchesa!
È un mondo bellissimo per gli amanti della distopia, una irrealtà che si moltiplica nel mondo globalizzato, a gestione centralizzata, per cuieventi simili accadono in luoghi diversi del pianeta con le stesse dinamiche, e tutto quel che succede ha due sole finalità, le stesse dal secolo scorso:controllo e profitto. Infatti…
Karlo Raveli: Gineologia: saggezza e sapere, contro la mostruosità ‘Capitale umano’
Gineologia: saggezza e sapere, contro la mostruosità ‘Capitale umano’
di Karlo Raveli, migrante
Di fronte all’attuale parossismo criminale del capitalismo, appaiono segni riconoscibili di una nuova dimensionalità sociale antagonista, assieme ma più in là delle ‘classi’ del lavoro salariato. Movimenti dell’ecologismo radicale, lavoratrici della riproduzione e delle cure, migranti, lgbt+, molte forme di precarietà, studenti, pacifisti, popoli originari e così via. Una nuova dimensionalità operaia, questa volta globale e ben oltre gli stati.
Dopo l’ultima massiccia applicazione mondiale sanitaria d’infodemiologia (1), secondo l’Oms ‘scienza’ indispensabile al fine di garantire esiti sicuri alle nuove campagne anti-virus, ora Covid, persino il probabilmente maggior esperto mondiale di ‘scienze’ dell’informazione politica (2) Vladimiro Putin, ci si è messo a suo modo a cavalcare un molto tragico ma diverso guazzabuglio. Sorprendente forse soprattutto per coloro che invece pronosticavamo una nuova o immediata ondata virale. Dopo la prima serie di cattivi ‘germi’ 2019-22, covid vari appunto.
Comunque vedremo. C’è già chi questa ripresa oms-virale la prevede, anzi l’annuncia per l’autunno… una volta terminata l’ultima porcheria da ‘Grande potenza’, stavolta russa (e Nato) in Ucraina.
Roberto Gabriele: Il riposizionamento del fronte imperialista occidentale
Il riposizionamento del fronte imperialista occidentale
Mossa strategica o frutto di improvvisazione?
di Roberto Gabriele
Il modo con cui americani e NATO stanno affrontando la guerra in Ucraina è frutto di una scelta calcolata o è invece conseguenza di una previsione sbagliata degli effetti che il coinvolgimento ucraino nel blocco militare atlantico avrebbe prodotto? E se è questo il caso, quali rischi comporta?
E’ indubbio che da parte russa c’è stata una previsione di intervento armato quando si è capito chiaramente che gli americani e gli altri paesi NATO procedevano senza esitazioni nel riarmo dell’Ucraina, nel suo coinvolgimento nella NATO e nella contemporanea liquidazione delle repubbliche indipendenti del Donbass, ormai giunte per la forte pressione militare di Kiev a una situazione limite per la loro esistenza.
A questo punto Putin stava di fronte a un bivio: accettare il fatto compiuto e permettere alla NATO di chiudere il cerchio attorno alla Russia, oppure impedire con le armi che questo progetto americano andasse a buon fine. Così, dopo gli ultimi inutili tentativi di portare i rappresentanti di USA, Gran Bretagna e UE al tavolo delle trattative per discutere un accordo che garantisse tutti i paesi del continente europeo, la Russia ha scelto di intervenire.
Felice Mometti: Quanto grande è la grande dismissione? Lotte e rifiuti nella transizione USA
Quanto grande è la grande dismissione? Lotte e rifiuti nella transizione USA
di Felice Mometti
Gli ultimi dati pubblicati dal Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti confermano che the great resignation, le grandi dimissioni dai luoghi di lavoro iniziate nell’aprile dello scorso anno, continuano. Anche a dicembre, ultimo mese rilevato, ci sono stati quasi sei milioni di «separazioni dai luoghi di lavoro» tra licenziamenti, dimissioni volontarie, pensionamenti. Un dato che, scorporandolo, certifica il progressivo incremento percentuale e assoluto delle dimissioni volontarie. Questo sta preoccupando non poco le società e le imprese tanto da rivolgersi alle università di Harvard, di Yale e Columbia. E il core team della Ivy League ha risposto prontamente alle richieste producendo una serie di studi e inchieste.
Il panorama che ne esce è piuttosto articolato. Le dimissioni continuano a crescere nei settori della sanità, del commercio e vendita al dettaglio, dei servizi alla persona. Tutti settori considerati essenziali in questi due anni di pandemia sottoposti a ritmi, orari e intensità delle prestazioni al limite del sopportabile.
Intervista a Valerio Romitelli
Intervista a Valerio Romitelli
di Elisabetta Michielin
Ultimo suo libro qui discusso e da poco uscito L’emancipazione a venire. Dopo la fine della storia (DeriveApprodi, Roma, 2021, pp. 219) è composto da un saggio iniziale “Per un pensiero politico controcorrente” e una raccolta di testi già pubblicati su siti e riviste on line raggruppati in tre capitoli “Del Metodo”, “Della storia”, “Della Politica” . Focus tematico sono gli anni della storia mondiale che vanno dal secondo Dopoguerra a oggi, periodizzati in tre epoche ben distinte: “i trent’anni gloriosi”, “i trent’anni ingloriosi” della globalizzazione neoliberale, gli anni più recenti etichettati come “sovranisti”, in quanto anche le politiche non dichiaratamente tali operano senza più riguardo alle sorti universalistiche dell’intera umanità e in base solo a supposti interessi di Stato. Attorno a questo focus vengono ripensati molti luoghi comuni di sinistra responsabili dell’attuale crisi di ogni forma della militanza volta all’emancipazione dal capitalismo.
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Francesco Bergoglio è andato da Fazio (d’altra parte ci è andata anche Madonna, quindi non poteva mancare il papa…) a parlare a favore delle migrazioni e contro la guerra. Una lezione alla sinistra che poi è responsabile degli accordi con la Libia. Non è uno spettacolo bello questo di plaudire il papa e non sentirsi minimamente in causa! Quel che rilevi è invece ciò che hanno in comune i compagni con il papa quando pensano che “per essere di sinistra, per essere compagni, basta essere e comportarsi da critici contro i mali e le ingiustizie del capitalismo” e che la politica quindi sgorgherebbe “dalla vera umanità.” La mia prima domanda è allora questa: da dove “sgorga” secondo te la politica. ?
Pasquale Noschese: Interpretare la guerra
Interpretare la guerra
di Pasquale Noschese
È l’interpretazione a dare valore ai dati. Una nozione tragica, giacché impone, o meglio sovrappone, la fatica del concetto alla seccatura del fact checking. Una seccatura che, di questi tempi, un fanatismo epistemologico ingenuamente “realista” vorrebbe intendere come sufficiente.
Quanto sta accadendo in Ucraina ci impone entrambi i compiti. Raccogliere dati, facendo attenzione alle differenti propagande e alla strutturale incertezza dei momenti di crisi. Rispondere alla domanda pratica “che succede?”. Allo stesso tempo dedicarsi alla domanda teorica: “come si interpreta una guerra?”. Domanda tanto più astratta quanto più opportuna, per due ordini di ragioni. Nell’immediato, è imperativo garantire uno schema interpretativo che sia più esplicito possibile onde evitare che a modellare le opinioni individuali siano piuttosto schemi impliciti, insidiosi. “Ciò che è noto non è conosciuto” scriveva Hegel, e nel noto e nell’ovvio si nascondono le maggiori insidie. A lungo termine, quanto stiamo vivendo offre l’occasione di imprimere, per quanto si può, una maggiore consapevolezza strategica nella società civile, la cui spendibilità possa tornare utile in futuro. Approfittare del risveglio (momentaneo?) dal sonno post-storico per ricordare all’Europa che le guerre esistono, e che hanno una propria razionalità.
Nel nostro paese, i fondamenti dell’approccio geopolitico sono divulgati da anni da molte realtà vivaci e significative, prime tra tutte la rivista Limes. Si tratta quindi di dire qualcosa di già noto: la differenza sta nel dirlo adesso.
Il primo e più radicato pregiudizio che detta il tempo alla nostra percezione della guerra è quello economicistico. In breve, esso è la postura che tende ad attribuire le cause dei conflitti a moventi economici, ora legati alla competizione commerciale, ora all’accaparramento delle risorse, ora alla vendita di armi.
Stefano Ammirato, Gianmarco Cantafio, Alessandro Gaudio, Gennaro Montuoro: Controdizionario del conflitto (IX)
Controdizionario del conflitto (IX)
di Stefano Ammirato, Gianmarco Cantafio, Alessandro Gaudio, Gennaro Montuoro
È al carattere che la militanza assume in questo delicatissimo periodo storico che guardano tutte le voci del Controdizionario approntato da «Malanova». Il cantiere aperto di ricerca su nuove ipotesi politiche e orizzonti praticabili è giunto alla nona uscita su «Machina» e include le voci Riders, Riproduzione, Robotica e Salute, incentrate sulle questioni intrecciate di lavoro, reddito e servizi. Sono state scritte in fasi differenti ma poi aggiornate, provando a coniugare lo sguardo sull’attualità con un orizzonte di analisi più ampio. Anche queste, come le precedenti, non devono in nessun caso essere lette come lemmi e vanno ad arricchire il nostro controdizionario, ossia un dizionario che mette in discussione la sua stessa forma.
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Riders
Il 15 settembre 2020 è stato sottoscritto un contratto collettivo di lavoro, da alcuni definito pirata, tra l’Assodelivery e l’Organizzazione Sindacale Ugl, per regolare il lavoro dei riders.
Il primo tentativo di inquadrare legalmente il lavoro dei riders è stato compiuto nel capo V-bis aggiunto al D. Lgs 81/2015 «Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali» che inizia a formalizzare questo tipo di rapporto di lavoro tramite App. Secondo le prescrizioni legislative, i contratti devono essere in forma scritta e, in mancanza di contratti collettivi, i lavoratori «non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate; ai medesimi deve essere garantito un compenso orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini». Si sancisce anche la necessità di un’indennità integrativa non inferiore al 10% per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli.
Nucleo comunista internazionalista: Sulla guerra in terra ucraina
Sulla guerra in terra ucraina
di Nucleo comunista internazionalista
Guerra fra stati, sfida armata russa all’imperialismo occidentale, incipiente guerra civile globale
La data di giovedì 24 febbraio, inizio di quella che Putin ha definito ”operazione militare speciale” in terra ucraina per procedere alla sua “smilitarizzazione e denazistificazione”, segna un momento di rottura di portata storica. L’iniziativa armata dello Stato russo dentro il suo spazio vitale ucraino ha dato uno strappo violento all’intero assetto e sistema di potere internazionale.
La scala delle sue gerarchie è messa in discussione. La protervia della potenza egemone americana e dei suoi satelliti non è più tollerabile dallo Stato russo, costretto a rompere gli indugi passando alle vie di fatto militari contro “l’impero della menzogna” come Putin ha definito le potenze egemoni occidentali. Verso le quali lancia il guanto armato della sfida e al tempo stesso continua a proporsi, da capo borghese quale è, come “partner”. Partner affidabile e socio borghese in affari, se solo si accettasse la presenza, se non “alla pari” almeno su un piano di “equa proporzione”, di Santa Madre Russia dei cui interessi egli è paladino, nel salotto buono dell’alta borghesia mondiale dove vengono spartite le quote di potere capitalistico a scala globale. Se “solo”…
E’ uno strappo profondo e non ricucibile. Eventuali intese di compromesso sul terreno dello scontro al momento circoscritto in terra ucraina, saranno solo momenti di tregua. In capo alla lotta mortale che si combatte sulla nostra pelle cioè sulla pelle dell’umanità intera, c’è la testa mozzata di Putin per dire di S. M. Russia cioè la disarticolazione del centro di potere capitalistico russo, oppure le teste mozzate degli attuali reggitori e regnanti del “mondo libero” e la disarticolazione della loro attuale rete di alleanze e di potere.
Pino Arlacchi: Industria della paura in azione: come i media hanno sostituito il Covid con Putin
Industria della paura in azione: come i media hanno sostituito il Covid con Putin
di Pino Arlacchi
Il delirio bellicista e antirusso dei media europei deve certo preoccupare, ma non oltre un certo punto. State certi che gli stereotipi apocalittici del tipo “Il mondo non sarà più quello di prima”, “La più grande crisi dopo il 1945”, “Sull’ orlo della terza guerra mondiale” non dureranno a lungo. Verranno dismessi non appena si profilerà un nuovo Grande Nemico al posto di Putin e della Russia.
Non è questione di geopolitica. O di valori e di passioni. Ma di interessi. Gli interessi dell’industria della paura che semina panico e rancore allo scopo di vendere copie ed alzare ascolti. Un’industria subdola, alleata di quella militare, soprattutto americana, che va in giro per il mondo in cerca di nemici mortali da combattere.
Parliamo di una macchina mediatica che si nutre di calamità reali da gonfiare fino all’ inverosimile, vedi Covid, per poi sgonfiarle e passare ad altro. Parliamo di un vento mercenario che trasforma crisi limitate in disastri soffiando sul fuoco della guerra e delle armi, vedi Russia-NATO-Ucraina. Parliamo di un esercizio di cinismo informativo che monta e smonta allarmi epocali senza dare spiegazioni, vedi terrorismo islamico e conflitti mediorientali.
Nico Maccentelli: I pacifisti guerrafondai, un ossimoro
I pacifisti guerrafondai, un ossimoro
di Nico Maccentelli
Solo in una semiosfera dominata da un pensiero unico fatto di falsificazioni, censure e distorsioni della realtà può reggere una simile narrazione. Parlo della manifestazione di ieri a Firenze, organizzata dal sindaco Nardella presidente di Eurocities e tutta la compagnia armante del PD, con i sindaci del PD Gualtieri di Roma, Lepore di Bologna e quelli di Assisi, Bergamo, Arezzo, in collegamento con quelli ancora di Danzica (Polonia), Madrid, Atene, Marsiglia, Varsavia.
C’eravamo tanto armati… Certo, la politica del PD in questi giorni è armi all’Ucraina, oltre a tutte le sanzioni possibili e immaginabili. Letta si è messo l’elmetto e invece di comprendere la ragioni di questo conflitto e riconoscere che la causa di tutto risiede nell’allargamento aggressivo della NATO a est e nell’aver trasformato l’Ucraina in un totalitarismo anti-russo, il suo partito ha messo su una campagna isterica e fanatica di europeismo guerrafondaio. Infatti riconoscere queste ragioni porterebbe dritto a una tregua e a una trattativa seria, ma il partito delle euroburocrazie e atlantista, incarnato nel governo Draghi, un partito trasversale che arriva fino alla Meloni, vuole forzare la mano con il rischio di conflitto di più larghe proprorzioni.
Anna Pulizzi: I generali di Putin
I generali di Putin
di Anna Pulizzi
Durante una guerra nessuna dichiarazione ufficiale può valere quanto la mappa delle operazioni e questa in Ucraina sta mostrando un’imprevista situazione di stallo che se non muterà a breve non potrà che avere conseguenze politiche di rilievo. Non è più epoca di guerre-lampo perché il costo economico dei grossi eserciti in manovra risulta proibitivo. Perdere un aviogetto o un plotone di carri significa bruciare miliardi, sacrificare sul campo più di qualche migliaio di soldati significa per i governi bruciare il proprio consenso. Tuttavia, che duecentomila militari siano pochini per invadere un paese più grande della Francia è del tutto evidente anche per chi non ha la giacca appesantita da medaglie e mostrine, a meno che non si proceda sul velluto tra ali di folla festante come unico intralcio all’avanzata.
Non sta andando così ma la cosa che più appare dissonante rispetto alle previsioni iniziali è che gli ucraini stanno tenendo un fronte lungo millecinquecento km che almeno per ora non presenta smagliature vistose in nessun settore né consente rapide penetrazioni alle colonne russe.
Tendenza Comunista Internazionalista: Alcune considerazione sulla guerra di invasione russa in Ucraina
Alcune considerazione sulla guerra di invasione russa in Ucraina
di Tendenza Comunista Internazionalista
Siamo nel bel mezzo della guerra (cominciata il 24 febbraio 2022) e lo scenario non è ancora ben delineato, sia per una soluzione negoziale che per una ulteriore penetrazione russa in terra di Ucraina con tutti i rischi del caso, ovvero di una dilatazione della guerra su scala europea, se non internazionale. Allo stato attuale delle cose, sembrerebbe che la Russia non abbia intenzione di “conquistare” l’Ucraina, ma di portare a termine i suoi obiettivi. In pratica, riconoscimento della penisola della Crimea come territorio russo a tutti gli effetti. Sicurezza per la distribuzione del suo gas e petrolio attraverso il territorio ucraino, autonomia delle repubbliche del Donbas e smilitarizzazione (denazificazione) del governo ucraino. Rivendicazioni che, se accettate, sarebbero la base per una seduta negoziale a qualsiasi tavolo e con qualsiasi interlocutore.
Putin sul concetto di denazificazione del governo ucraino ha giocato molto a giustificazione dell’aggressione al Governo di Zelenskyi, denunciando il ruolo del Battaglione Azov, che ha avuto un ruolo determinante dei fatti di Maidan (2014), che hanno portato alla guerra civile, alla destituzione del presidente filo russo Yanukovich, macchiandosi di crimini contro l’umanità.
Andrea Giustini: Bombe sui bambini o disinformazione? Cosa sappiamo di quanto successo a Mariupol
Bombe sui bambini o disinformazione? Cosa sappiamo di quanto successo a Mariupol
di Andrea Giustini
Prima che essere un esempio di devastazione da guerra, il bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol è un caso esemplare di confusione mediatica. Dichiarazioni, articoli di giornale, narrazioni, si sono rapidamente rincorse e smentite, rendendo impossibile farsi un’idea chiara di cosa sia successo il 9 marzo scorso. E questo non solo perché, come era prevedibile, la versione russa e quella ucraina sulla situazione all’ospedale sono diverse. Ma anche perché, in alcuni casi, sono le fonti di una stessa parte a divergere.
In questa situazione torbida, testate giornalistiche italiane non hanno comunque mancato di sospendere la deontologia professionale. Scegliendo arbitrariamente di trasmettere una sola versione, quella Ucraina, e spesso elevandola senza motivo a fonte certa e verificata, abbandonando oltretutto l’uso del condizionale. Ma le informazioni giunte, sino ad ora, non sono sufficienti per giudicare i fatti di Mariupol, rendendo evidente come siano necessarie verifiche e conferme.
Luciano Canfora: “Zelensky salito al potere con un colpo di Stato, guerra è tra Russia e Nato”
“Zelensky salito al potere con un colpo di Stato, guerra è tra Russia e Nato”
Umberto De Giovannangeli intervista Luciano Canfora
Una voce fuori dal coro. Per “vocazione”. Controcorrente, anche quando sa che le sue considerazioni si scontrano con una narrazione consolidata, mainstream. Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni), è così. Sempre stimolante, comunque la si pensi. E le sue riflessioni sulla guerra d’Ucraina ne sono una conferma.
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Professor Canfora, in queste drammatiche settimane, in molti si sono cimentati nel definire ciò che sta avvenendo ad Est. Qual è la sua di definizione?
Punto uno, è un conflitto tra potenze. È inutile cercare di inchiodare sull’ideologia i buoni e i cattivi, le democrazie e i regimi autocratici… Ciò che sfugge è che il vero conflitto è tra la Russia e la Nato. Per interposta Ucraina. Che si è resa pedina di un gioco più grande. Un gioco che non è iniziato avanti ieri ma è cominciato almeno dal 2014, dopo il colpo di Stato a Kiev che cacciò Yanukovich.
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