Il giornalista e scrittore triestino: «Siamo tutti con l’Ucraina ma non è un paese da santificare»
Era il 1992, solo tre anni prima era venuto giù il Muro, la Jugoslavia si stava smembrando e un giornalista de Il Piccolo varcava la frontiera per andare a capire cosa stava succedendo a Est, dall’Ungheria alla Cecoslovacchia e alla federazione che era stata di Tito.
Nascevano così una serie di articoli in cui Paolo Rumiz – che oggi e domani alle 20.30 al teatro Miela di Trieste darà voce al reading-spettacolo “Canto per Europa” – spiegava cosa c’era dietro il crollo del sistema comunista. Quegli articoli divennero un libro, “La linea dei mirtilli”, che a quasi trent’anni di distanza dalla prima edizione viene ripubblicato da Bottega errante (319 pagg., 18 euro).
Rumiz, lei descrive un groviglio di interessi inimmaginabile, anche criminali.
Quel libro fa capire come quella che noi chiamiamo guerra etnica nasconde un gioco di cosche criminali. Ma noi insistiamo a dare dei fatti una lettura antropologica, come se nei Balcani esistesse un istinto atavico verso la guerra. Non è così. Alla vigilia della guerra ho visto 300 mila persone marciare a Sarajevo per la pace. Da noi non avevo mai visto niente di simile.
Anche allora Il Piccolo era un balcone privilegiato sull’Est. Erano gli anni in cui i giornalisti passavano da Trieste per sapere da qui che cosa succedeva. Trieste era al centro di quel momento storico.
Trieste è stata il punto di partenza di molte sue storie. Sì, anche “Canto per Europa”. L’idea mi è venuta da una veleggiata tra l’Asia e il nostro continente su una barca – “Moya”, classe 1910 – pilotata da un triestino, Piero Tassinari, uno skipper capace di orientarsi con le stelle e recitare Omero in greco. Pietro se ne è andato, poco dopo quel viaggio. Fu lui, al primo manifestarsi di Brexit, a dettarci l’urgenza di un viaggio che ridesse all’Europa la magia del suo nome.
Perché parlare di Europa oggi che l’Ucraina cancella tutto il resto?
L’Ucraina fino a prova contraria è Europa, così come Europa erano, e sono, i Balcani. E aggiungo: dato che siamo immersi in una confusione mediatica che ci impedisce di capire gli eventi, non ci resta che il mito per ricondurci a ciò che siamo. Europa è femmina, è nostra madre. È una migrante. Qual è il suo volto? Nella mia storia è una profuga di guerra siriana. Una ragazza fragile ma dal carattere duro, quasi impossibile. Ha naso levantino, capelli corvini, caviglie sottili e due rose del deserto stampate su una spalla. È lei che chiede a un manipolo di Argonauti di essere portata via mare verso la Terra del tramonto. Ed è lei che rivivrà in sogno il sacro amplesso con Giove, restando incinta, in una sorta di immacolata concezione che avrà la Luna come angelo annunciatore.
È tentato di andare in Ucraina di persona?
Me l’hanno chiesto, e con insistenza. Sfondano porte aperte, perché l’istinto e il mestiere mi incitano a partire. Ma devo combattere con l’età. Non è più il tempo de “La linea dei mirtilli”… Intanto mi preparo ad accogliere questi nuovi profughi.
Che idea si è fatto della situazione?
L’Ucraina è un paese tuttora nelle mani di una classe politica che taglieggia la popolazione e costringe le donne del paese che ha le terre più fertili d’Europa a emigrare per fare le badanti da noi. Certo, siamo tutti per Kiev in questo momento. Ma mi irrita la santificazione che la stampa italiana fa di un paese che è tuttora nelle classifiche dei più corrotti al mondo. Quanto a noi, vedo che la stampa italiana ha indossato l’elmetto. Ma è impensabile che la Nato si sposti più a Est. Succederebbe un putiferio.
La risposta unitaria che ha dato l’Occidente a Putin può aiutare l’Europa a unirsi di più?
Putin si trova davanti a un’Europa più coesa rispetto a due anni fa. Il Covid ha dato una mano. La catastrofe comune ha avvicinato i Paesi e li ha resi più propensi a rinunciare a una parte della loro sovranità per delegare all’Europa competenze in più, a partire dalla politica estera. La fulminea reazione delle democrazie ha spiazzato Putin.
La guerra può innescare reazioni a catena?
In Bosnia la pace di Dayton ha cristallizzato al potere una banda di corrotti che hanno portato il paese alla bancarotta. Gran parte dei Balcani sono governati da mafie che hanno tutto l’interesse a fomentare l’odio etnico. Qui l’Unione europea ha taciuto. Col risultato che oggi questo magnifico spazio cuscinetto fra noi e l’Est è diviso fra tre sfere di influenza: Turchia, Russia, Germania. Come nel 1914. Una polveriera pronta a riesplodere a contatto con la miccia ucraina.
PAOLO MARCOLIN
16 MARZO 2022