[Sinistrainrete] Fabio Mini: Armi in Ucraina,”Rifornire i paramiltari aumenta ancora i rischi per la popolazione”

Rilanciamo questo lungo e approfondito articolo del generale Fabio Mini pubblicato sul Fatto Quotidiano il 23 marzo.

 

 

Fabio Mini: Armi in Ucraina,”Rifornire i paramiltari aumenta ancora i rischi per la popolazione”

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Armi in Ucraina,”Rifornire i paramiltari aumenta ancora i rischi per la popolazione”

di Fabio Mini

Rilanciamo questo lungo e approfondito articolo del generale Fabio Mini pubblicato sul Fatto Quotidiano il 23 marzo. Per chiunque voglia disintossicarsi dei media con l’elmetto e comprendere bene che cosa realmente stia rischiando l’Italia con la decisione di inviare armi in Ucraina, divenendo di fatto co-belligerante nel conflitto, non vi può essere lettura migliore

720x410c50La cortina fumogena. Kiev, esercito allo sbando: mani libere ai paramilitari. Rifornirli aumenta ancora i rischi per la popolazione

Sembravano teorie del complotto o fantasie dei “filo putiniani”, le valutazioni che fin da prima dell’attacco confutavano la narrazione fornita dall’Ucraina, ma orchestrata e preparata dall’esterno. Alle voci dubbiose di alcuni storici ed esperti occidentali, compresi quelli americani, subito tacciati di filoputinismo, si sono aggiunte in questi giorni voci inaspettate, oltre alla nostra: il bollettino n.27 di Jacques Baud , il colonnello dell’intelligence svizzera, ora analista internazionale di professione con un attivo di decine di libri e rapporti su questioni militari diventati dei “must read” in Europa e nel mondo e il Financial Times del 20 marzo con le molte altre voci di esperti europei raccolte da Sam Jones da Zurigo e John Paul Rathbone da Londra.

 

Genesi e operazioni

A parte la provocazione della Nato nei confronti della Russia iniziata nel 1997 con l’espansione a est, secondo Baud la questione russo-ucraina non è sorta a causa del separatismo o indipendentismo del Donbass. Il conflitto nasce invece da fenomeni interni all’Ucraina e l’Occidente, non la Russia, ha fatto in modo che esso si ampliasse e degenerasse. Dal 2014, con i fatti di Maidan e i massacri in Donbass e Odessa, si dimostra la debolezza delle forze armate ucraine, succube di regimi che non si fidano di esse, che deliberatamente le abbandonano e si rivolgono alla componente paramilitare per l’ordine interno.

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Francesco Piccioni – Guido Salerno Aletta: Gas e rubli, l’economia di carta davanti al baratro

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Gas e rubli, l’economia di carta davanti al baratro

di Francesco Piccioni – Guido Salerno Aletta

rubli gas carta 640x300A qualche giorno di distanza, la decisione russa di far pagare in rubli ai “paesi ostili” le esportazioni di gas e petrolio, anziché in dollari o euro, appare decisamente meno bislacca o “ricattatoria” di quanto scritto dai propagandisti neoliberisti.

Per quanto motivata da un’esigenza “politico-militare” – la necessità di sottrarre le entrate russe all’erosione del valore di cambio di una moneta “paria”, che nessuno accetta (o accetterebbe) più – questa mossa dice molto su come sta cambiando il sistema internazionale.

Ci facciamo aiutare ancora una volta dalle acute osservazioni di Guido Salerno Aletta, in un editoriale di TeleBorsa, che centrano il punto.

Abbiamo scritto spesso che l’economia occidentale degli ultimi venti o trenta anni è stata segnata dal prevalere assoluto della finanziarizzazione, ossia dalla centralità delle attività finanziarie su quelle dell’economia reale, sulla produzione di merci fisiche, servizi, beni “immateriali” ma concretissimi come il software, ecc.

Con un’immagine efficace, è il prevalere dell’economia di carta su quella fisica.

Di questa prevalenza, monete come il dollaro, e in misura minore euro-sterlina-yen, sono state il pilastro fondamentale, visto che anche che il sistema dei pagamenti internazionali (lo Swift) è sotto controllo paramilitare degli Stati Uniti. Le “sanzioni”, detto altrimenti, sono effettive solo per questo motivo, perché vengono impediti gli scambi con una serie di account sospesi o cancellati.

Chi controlla questo mondo virtuale, da decenni, può permettersi l’enorme privilegio di pagare con “carta” stampata a volontà merci e beni che vengono prodotti-estratti con fatica e sudore.

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Il pungolo rosso: Il nazionalismo di Zelensky: un nazionalismo in affitto

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Il nazionalismo di Zelensky: un nazionalismo in affitto

di Il pungolo rosso

zelenskyNel tripudio di odi a Zelensky e al nazionalismo ucraino, non poteva mancare quella di Tremonti, l’uomo dai pensieri brevi e profondi. Ed è arrivata infatti puntuale, sul Corriere della sera del 22 marzo, il giorno del suo comizio in parlamento. Secondo Tremonti il risorgente “senso della patria ucraina”, di cui Zelensky è portavoce a mass media occidentali unificati, esprime “un nuovissimo, anzi antichissimo tipo di eroismo, insieme nazionale ed europeo. Proprio come è stato due secoli fa al tempo dei risorgimenti europei”.

Falso. Anzi falsissimo.

Dalla a alla zeta.

Il nazionalismo di Zelensky è la reincarnazione (in certe immagini ostentata anche con il vecchio simbolo banderista sulla sua maglietta) di un nazionalismo in affitto che ha ben poco a che vedere con il nazionalismo ucraino storico mirante all’indipendenza nazionale, con la sua matrice contadina e il suo orizzonte slavo (non europeo né, tanto meno, NATO). A provarlo basta un rapido sguardo retrospettivo.

Nel suo scritto su Friedrich Engels e il problema dei “popoli senza storia”, Roman Rosdolsky spiega che al 1848, l’anno-chiave dei “risorgimenti europei”, gli ucraini, o “come si sarebbero poi chiamati essi stessi, i ruteni (rusyny, cioè piccoli russi) della Galizia e della Bucovina, territori della corona austriaca e dell’Ungheria nord-orientale”, si trovavano in una condizione particolarmente sfavorevole per potersi costituire in nazione indipendente. Sentiamo il perché:

«Che cosa erano i ruteni nel 1848? Niente più che “le ombre dei loro dimenticati antenati”, una massa di contadini analfabeti, e semiservi, che se parlavano una lingua diversa e frequentavano una differente chiesa rispetto ai loro signori rurali, si trovavano ancora immersi nella loro profonda “non-storicità”, e che solo nel loro clero cattolico-greco disponevano di antesignani dell’intelligencjia nazionale. Fin dalla metà degli anni Trenta, il clero, sotto l’influenza dei rinnovatori serbi e cechi, desiderava far rivivere la nazionalità rutena; e nel tumultuoso 1848 si fece avanti con richieste sorprendentemente mature da un punto di vista politico e culturale.

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Sandro Moiso: Il nuovo disordine mondiale / 8: mai più per un pugno di conchiglie

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Il nuovo disordine mondiale / 8: mai più per un pugno di conchiglie

di Sandro Moiso

colpisci“La situazione internazionale ha subito nuovi e importanti cambiamenti, il tema della pace e dello sviluppo sta affrontando gravi sfide e il mondo non è pacifico” (Xi Jinping a Joe Biden durante la conferenza sulla crisi in Ucraina del 18 marzo 2022)

Alla fine del XIX secolo, ai tempi della «corsa verso l’Africa», l’oro africano alimentava da almeno mille anni le economie europee e del mondo islamico, mentre fin dal XV secolo i suoi regni, alquanto evoluti e sofisticati, commerciavano con gli europei lungo le coste atlantiche, dal Senegal all’Angola. Almeno fino alla metà del Seicento fu un commercio tra eguali, basato su diverse valute. Soprattutto conchiglie importate dalle Maldive e dal Brasile.

Nel corso del tempo, le relazioni tra Africa ed Europa si incentrarono sempre di più sul commercio degli schiavi, danneggiando il relativo potere politico ed economico dell’Africa, mentre i valori di scambio monetario si spostarono drasticamente a vantaggio dell’Europa.

Questo, almeno, è quanto raccontato e analizzato da Toby Green, Senior Lecturer di Storia e cultura lusofona africana presso il King’s College di Londra, in un testo molto importante e sicuramente destinato a diventare di riferimento per quanto riguarda la storiografia sul colonialismo1.

Se l’imposizione di un sistema monetario basato sul denaro, come feticcio e valore equivalente per gli scambi commerciali, si rivelò decisivo per lo sviluppo degli scambi avviati dalla prima grande globalizzazione coloniale e capitalistica, oggi l’assoluta e trionfale diffusione del sistema su cui si fondò l’accumulazione primitiva e l’instaurazione di un autentico regime di rapina, basato sullo scambio ineguale, causa, sia al cuore che alla periferia dell’impero occidentale, sconvolgimenti pari soltanto a quelli che la rapida diffusione della rete e dei social ha causato al sistema di informazione e disinformazione mediatica, politica e militare operativo tra gli Stati e tra i governi di questi e i loro cittadini2.

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Leonardo Mazzei: Criminale di guerra a chi?

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Criminale di guerra a chi?

di Leonardo Mazzei

Madeleine Albright, una vera e “democratica” criminale di guerra

Il 23 marzo è morta Madeleine Albright, personaggio chiave dell’interventismo falso-umanitario dell’America clintoniana. La data della sua scomparsa ha un che di simbolico: il giorno prima del 23° anniversario dell’attacco alla Jugoslavia di cui fu assoluta protagonista, tre giorni dopo la ricorrenza di quello all’Iraq del 2003, nel pieno della guerra in Ucraina frutto di quell’allargamento della Nato in funzione anti-russa di cui fu grande fautrice in qualità di Segretario di Stato americano (1997-2001).

Oggi tutti la ricordano come la prima donna ad aver ricoperto quella carica. Nel frattempo, altre donne hanno avuto lo stesso onore, ed hanno avuto modo di compiere gli stessi crimini (Condoleezza Rice 2005-2009 e Hillary Rodham in Clinton 2009-2013).

La figura della Albright è però più importante, perché quei crimini non li ha solo compiuti, li ha anche teorizzati.

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Marinella Correggia: L’Italia che MAI disse NO a una guerra: il triste primato con Usa e GB

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L’Italia che MAI disse NO a una guerra: il triste primato con Usa e GB

di Marinella Correggia

Lo spiegò nei dettagli don Lorenzo Milani, nella sua Lettera ai cappellani militari, marzo 1965: nei 100 anni trascorsi dall’unità, l’Italia aveva sempre e solo impiegato l’esercito nazionale per offendere le patrie altrui. In questa storia bellicosa, un’unica guerra di difesa – e non condotta dall’esercito: la lotta partigiana. Dalla quale nacque l’articolo 11 della Costituzione, con il ripudio della guerra.

Sono passati decenni da quella importantissima lettera che dovrebbe essere studiata a memoria. Ma nel suo piccolo lo Stivale è tuttora il più assiduo fra gli attaccabrighe. Il patrono d’Italia sarà anche san Francesco, ma di certo il dio di questo paese sembra essere Marte, celebrato del resto dall’Impero romano.

E’ stato così anche per gli ultimi decenni, per gli interventi militari condotti dall’Occidente e dai suoi alleati a partire dal 1991 (Iraq), con un intero arsenale di scuse «umanitarie» e «altruiste» e mai per la difesa dei propri confini o per rispondere a un attacco.

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Barbara Spinelli: Il contagio di armi e bugie

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Il contagio di armi e bugie

di Barbara Spinelli*

Circola un numero talmente spropositato di menzogne, sulla guerra in Ucraina, che pare di assistere a un contagio virale. I ragionamenti freddi (o realisti) vengono sistematicamente inondati da passioni bellicose e molto calde.

L’onda travolge le ricostruzioni del conflitto, e anche i fatti elencati dagli esperti militari.

Perché ripercorrere la storia dei rapporti russo-ucraini, o ricordare le tante guerre Nato, quando il dualismo teologico-politico è così favolosamente chiaro: lì il Male, qui il Bene – lì Satana, qui arcangeli in tute mimetiche – lì il “dittatore sanguinario” e “criminale guerra” (epiteti escogitati da Biden), qui i combattenti della civiltà.

In genere si replica che in guerra è sempre così: propaganda e controverità imperversano in tutti i campi –si ripete – e già è una prima menzogna perché gli italiani e l’UE non sono in guerra, non vogliono andarci e potrebbero dunque concedersi il lusso di analisi più vicine alla realtà, meno interessate al proselitismo bellico, tendenti più all’asciutto che all’umido.

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Daniela Danna: Per finirla con la pandemia

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Per finirla con la pandemia

di Daniela Danna

Sento parlare di pandemia come entità agente in tanti, troppi discorsi di chi suppone di lottare contro gli attuali poteri (la solita classe capitalistica) che spingono verso l’ingabbiamento dei lavoratori con l’identità unica digitale e il controllo delle esistenze tramite l’acquisizione di dati – cosa che peraltro rappresenta un’impossibile distopia, data la finitezza delle risorse con cui costruire questi apparati di controllo: 5G e 6G (internet delle cose e internet degli umani), e tutti i server per l’accumulo di questa pretesa “materia prima”, oro o petrolio del XXI secolo (sarebbero i nostri dati), in realtà ennesima bolla che dà fiato al capitalismo morente per la carenza di energia vera a buon mercato. La pandemia ha fatto questo e quello, la pandemia ci ha costretti a vivere isolati, a interrompere l’istruzione dei ragazzi e la sanità come la conoscevamo, la pandemia forse ha addirittura fermato la lotta di classe, e naturalmente oggi viviamo le conseguenze della pandemia – per chi comincia ad accorgersi che, se mai pandemia c’è stata (tasso di letalità dello zero virgola qualcosa per cento ed età media dei decessi quasi in linea con l’aspettativa di vita, persino nei primi mesi), una mediocre influenza che la gente cerca di contrarre per evitare le terapie geniche rese obbligatorie da un governo perfettamente in linea con le azioni dei medici nazisti, forse non è più degna di questo altisonante nome.

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Ferdinando Pastore: La nostra democrazia. Con quale coraggio

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La nostra democrazia. Con quale coraggio

di Ferdinando Pastore

Nella crociata bellica a difesa dei sacri valori mercantilistici, il monito per giustificare la disintegrazione fisica e morale dei Paesi non allineati è la non corrispondenza di questi a un ideale democratico. Secondo canoni di giudizio da noi distribuiti con elementare severità.

Per distinguere le democrazie con quelle che sono state chiamate democrature o in casi estremi dittature si fa riferimento al pluralismo. Politico e dell’informazione.

Ebbene in questi casi il grottesco raggiunge picchi d’altissima quota.

Il nostro Parlamento ad esempio, da anni, non presenta più alcun dibattito sulle idee. I partiti che superano la soglia di sbarramento, che hanno accesso ai mezzi d’informazione devono attenersi a determinate regole d’ingaggio pena la persecuzione psicologica.

Tutti hanno il dovere di professarsi europeisti. Tutti atlantisti.

Qualora emerga una flebile variazione sul tema da parte di quelle forze politiche a cui è concessa la visibilità dello Spettacolo, ecco che si scarica la scure dell’impresentabilità, della non affidabilità per governare, del dileggio istituzionalizzato, del dossieraggio, della messa alla gogna. E delle inchieste giudiziarie. Così va avanti dal 1992 in un crescendo di ostracismo istituzionalizzato.

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Enrico Galavotti: Ha ragione Biden

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Ha ragione Biden

di Enrico Galavotti

In effetti ha ragione Biden nel suo discorso di Varsavia: questa è una guerra tra il bene e il male. Solo che lo è a parti rovesciate. Cioè anche se Putin non è il bene assoluto, di sicuro Biden sta facendo male all’intero pianeta. È lui il folle criminale di guerra su scala internazionale, che considera le alleanze militari più importanti degli stessi alleati (per es. la NATO molto più importante della UE). È lui, con l’occidente che gli va dietro come una pecora, ad appoggiare in tutte le maniere un governo filonazista come quello di Kiev, un governo che svolge solo il ruolo di grimaldello per scardinare il più potente impero energetico della storia umana.

Biden ha dimostrato soltanto di essere un grandissimo ladro, un truffatore che vuole imporre a tutto il mondo l’uso del dollaro, poiché è solo in questa maniera che può tenere in piedi un Paese col più alto debito pubblico del mondo, in procinto di andare in default. E oggi senza l’uso delle armi, il dollaro sarebbe già crollato, poiché gli USA non sono più la locomotiva del capitalismo mondiale.

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coniarerivolta: A chi conviene la guerra

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A chi conviene la guerra

di coniarerivolta

Per provare a fare i conti con un fenomeno così atroce, così enorme e tragico come la guerra, si ha la tentazione a ricorrere a categorie assolutorie e semplicistiche quali l’irrazionalità degli attori in campo, la loro pazzia, la crudeltà gratuita. Semplicistiche perché, di fatto, non spiegano nulla; assolutorie perché ci risparmiano il peso di porci delle domande.

Questa guerra, come tutte le guerre, non è iniziata per caso, ma perché interessi materiali precisi si sono sedimentati fino a un punto di non ritorno. Se le sirene guerrafondaie ci martellano giorno dopo giorno, soffiando sul fuoco e spingendoci sempre un passo in più verso l’abisso di una guerra di proporzioni inimmaginabili, sempre un passo più lontani da una risoluzione diplomatica del conflitto, è perché precisi interessi materiali hanno solo da guadagnare dalla situazione che si è venuta a creare nelle ultime settimane.

A chi conviene la guerra? Certamente non a chi, sul teatro bellico, dalla guerra riceve lutti e sofferenze. In altro modo, a centinaia o migliaia di chilometri di distanza da carri armati e bombe, non conviene alle persone comuni, che hanno visto le proprie bollette schizzare alle stelle e per le quali fare il pieno alla macchina è diventato un salasso.

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Piotr: Tra “Vispa Teresa” e tragedia

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Tra “Vispa Teresa” e tragedia

di Piotr

092647402 c91cc6ca 96d7 457a ad8a 285bbd646ce7I dolori del parto di un’epoca nuova

Tutti i momenti di passaggio epocale sono stretti tra la tragedia e le sfide cognitive per cercare di capire i lineamenti della nuova epoca che sta nascendo tra i dolori del parto, che nell’odiosa e disgustosa storia di guerre del genere umano sembrano inevitabili.

Se si è consapevoli che la nottola di Minerva spicca il volo solo dopo che sono calate le tenebre, allora si sa che durante il crepuscolo al più si hanno intuizioni, non certezze razionali. Si hanno ciò che possiamo chiamare “fantasie realistiche”, che non a caso è un ossimoro.

“Tentava la vostra mano la tastiera”, diceva il poeta. E io faccio lo stesso, oltre non posso andare, anche per le mie limitatissime conoscenze e informazioni.

Però, se volete, in giro si trova facilmente chi invece sa tutto e sentenzia sicuro. In TV e sui media ne trovate esempi continui. Peccato che molto spesso sappiano esclusivamente ciò che gli è consentito dai vecchi paradigmi, che per altro già fornivano una visuale ristretta, così che è capitato che blasonati e riveriti esperti potessero incorrere in piccoli errori, come ad esempio preannunciare entusiasmanti sviluppi economici il giorno prima dello scoppio di una crisi devastante (e poi, una volta scoppiata, nemmeno capirne la portata) o pensare a un mondo unificato e pacificato il giorno prima dello scoppio della terza guerra mondiale. Una guerra che è già iniziata da un pezzo anche se qualcuno insiste a pensare o a voler far credere che quella in corso non sia parte di un confronto di portata storica non più rinviabile tra Russia e Stati Uniti, bensì una faccenda tra Russia e Ucraina o il personale delirio zarista di una persona al Cremlino disturbata mentalmente da amanti, figli illegittimi, complessi fisici – eh, la statura! – e traumi infantili (francamente di queste idiozie non se ne può più).

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winteroak: Il Great Reset fase 2: Guerra

resistenzealnanomondo

Il Great Reset fase 2: Guerra

di winteroak – da un inviato speciale

gs beijingMentre la pandemia ha acclimatato il mondo al lockdown, normalizzato l’accettazione di farmaci sperimentali, accelerato il più grande trasferimento di ricchezza alle multinazionali decimando le PMI e adattato la memoria muscolare delle operazioni della forza lavoro in preparazione per un futuro cibernetico, è stato necessario un vettore aggiuntivo per accelerare il collasso economico prima che le nazioni possano “ ricostruire meglio “.

Di seguito presento diversi modi in cui l’attuale conflitto tra Russia e Ucraina è il prossimo catalizzatore dell’agenda Great Reset del World Economic Forum , facilitato da una rete interconnessa di stakeholder globali e da una rete diffusa di partenariati pubblico-privato.

 

1. La guerra tra Russia e Ucraina sta già provocando un’interruzione senza precedenti delle catene di approvvigionamento globali, esacerbando la carenza di carburante e inducendo livelli cronici di inflazione.

Mentre le tensioni geopolitiche si trasformano in un conflitto prolungato tra la NATO e l’asse sino-russo, una seconda contrazione potrebbe far precipitare l’economia nella stagflazione .

Negli anni a venire, la combinazione di crescita inferiore alla media e inflazione incontrollata costringerà una sottoclasse economica globale a contratti di micro-lavoro e posti di lavoro a basso salario in una gig economy emergente.

Un’altra recessione aggraverà la sete di risorse globali, restringerà la portata dell’autosufficienza e aumenterà significativamente la dipendenza dai sussidi governativi.

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Demostenes Floros: 2,5 milioni di barili al giorno

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2,5 milioni di barili al giorno

Gabriele Germani intervista Demostenes Floros*

download 1“A mio avviso, le sanzioni imposte dagli Stati Uniti d’America e dall’Unione Europea non possono fermare la guerra; più precisamente, le prime sanzioni erano già state imposte alla Federazione Russa sin dal 2014. Ovviamente, sulla scia del colpo di Stato a Kiev con conseguente referendum in Crimea. Ciò che cosa ha comportato per la Federazione Russa? Ovviamente, i dati macroeconomici del triennio 2014-2016 indicano una situazione di forte difficoltà, ma non solo. Prodotti che prima venivano importanti dall’Italia o dal resto dell’Unione Europea sono stati sostituiti con altri fornitori, con altri produttori dell’America centrale o dell’America Latina. Inoltre, è stata sviluppata la produzione interna: la Russia, dal 2014, ha cominciato a produrre beni che prima venivano esclusivamente importati.”

* * * *

1) Le sanzioni imposte alla Russia possono fermare il conflitto?

1- A mio avviso, le sanzioni imposte dagli Stati Uniti d’America e dall’Unione Europea non possono fermare la guerra; più precisamente, le prime sanzioni erano già state imposte alla Federazione Russa sin dal 2014. Ovviamente, sulla scia del colpo di Stato a Kiev con conseguente referendum in Crimea. Ciò che cosa ha comportato per la Federazione Russa? Ovviamente, i dati macroeconomici del triennio 2014-2016 indicano una situazione di forte difficoltà, ma non solo. Prodotti che prima venivano importanti dall’Italia o dal resto dell’Unione Europea sono stati sostituiti con altri fornitori, con altri produttori dell’America centrale o dell’America Latina. Inoltre, è stata sviluppata la produzione interna: la Russia, dal 2014, ha cominciato a produrre beni che prima venivano esclusivamente importati.

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Diego Giachetti: Vittorio Rieser, il compagno che di mestiere faceva il sociologo

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Vittorio Rieser, il compagno che di mestiere faceva il sociologo

di Diego Giachetti

Pubblichiamo un ritratto di Vittorio Rieser, sociologo e intellettuale militante, tra i fondatori del metodo dell’inchiesta operaia nelle fabbriche italiane

0e99dc 2bfddf29ba4f46679d2c76e6e3f7da64mv2Nella lunga e dettagliata intervista pubblicata nel volume della DeriveApprodi, Futuro anteriore. Dai «Quaderni Rossi» ai movimenti globali: ricchezze e limiti dell’operaismo italiano, Vittorio Rieser diceva di se stesso che di mestiere aveva fatto il sociologo, una scelta professionale subordinata a quella politica. Voleva laurearsi in storia, invece si laureò in sociologia, disciplina più affine e utile al progetto d’inchiesta alla Fiat. Un mestiere quindi scelto per necessità, una scoperta vocazionale d’interesse tra le tante che coltivava fin da giovane grazie ai precoci talenti dimostrati per la musica, la storia, le lingue straniere. A detta di Massimo Mila sarebbe potuto diventare un ottimo pianista. Franco Venturi rimpiangeva la sua scelta di non proseguire gli studi storici, deviando verso la sociologia del lavoro e industriale al fine di meglio svolgere l’attività di analisi, di studio e di partecipazione all’attività del movimento operaio, nei partiti di sinistra e soprattutto nella Fiom-Cgil.

La scelta, maturata fin dai tempi del liceo e praticata con coerenza e rigore per tutta la vita, fu influenzata anche dalle sue origini familiari. Nato a Torino il 15 febbraio 1939, figlio di Henek Rieser, un ingegnere comunista polacco emigrato perché colpito da mandato di cattura nel suo paese, e di Tina Pizzardo, allieva di Giuseppe Peano e poi insegnante di matematica. La madre, iscritta al Partito comunista, era stata arrestata nel settembre del 1927 e condannata dal Tribunale speciale a un anno di carcere. Nel 1930 abbandonò il partito e aderì a Giustizia e Libertà. Nuovamente arrestata nel maggio 1935 fu incarcerata per qualche mese alle “Nuove” di Torino. Nei primissimi anni seguenti la fine della Seconda guerra mondiale entrambi abbandonarono la vita politica attiva, ma non le relazioni sociali e di amicizia intessute in quell’ambiente che contribuirono alla formazione del figlio.

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Pierluigi Fagan: Il punto nello spazio-tempo

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Il punto nello spazio-tempo

di Pierluigi Fagan

In questi giorni, siamo triplicemente schiacciati. Siamo schiacciati su un racconto dei fatti che è coerente in sé, ma che non sembra molto relativo ai fatti. Come alcuni hanno notato, il succo del post di ieri non era solo evidenziare l’operazione narrativa di spettacolare ed inquietante forzatura delle opinioni, era anche il notare come nonostante questo sforzo immane, proprio la sua protervia sembra generare rendimenti decrescenti. Non so dire di altre parti d’Europa, ma qui da noi sembra esserci uno scarto vistoso tra ciò che dicono noi si debba pensare e ciò che larghe fette della popolazione pensa. Questo secondo dato mostra fatti da interpretare. Come mai molti hanno una diversa visione di ciò che succede? La manipolazione info-cognitiva è di dimensioni semi-totalitarie. Non c’è alcuna rappresentazione pubblica della perplessità, per non dire della contrarietà. Un vasto e prudente silenzio nell’intellettualità critica conferma che passati decenni a parlare di economia, moneta, turbocapitalismo et affini, pochi avevano incluso le grammatiche di potenza e la ricchezza delle nazioni nel loro armamentario critico.

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Guido Cappelli: Una serata in TV

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Una serata in TV

di Guido Cappelli*

Martedì scorso sono stato ospite alla trasmissione di Giovanni Floris, invitato a parlare per 2 minuti e 9 secondi senza possibilità di replica. Non mi lamento: lo supponevo ed era un’esperienza che volevo fare, e che è risultata, politicamente e antropologicamente, molto, molto interessante. Intanto ho capito che, al di là delle filìe e delle fobie per questo tipo di programmi, è vero che non si tratta, propriamente, di informazione. Lo dice il nome stesso e l’ho potuto comprovare: è un talk show. Cioè uno spettacolo di parole. La messa in scena di un dibattitto accalorato. Un circo linguistico. Quanto più da bar, meglio. L’effetto è quello della ridda, o della rissa permanente, a maggior gloria di un solo ed unico soggetto: il giornalista-demiurgo, che alla fine, senza che nessuno se ne sia accorto, ha imposto, come un dato di natura una determinata angolatura, una precisa visione delle cose – non necessariamente la sua personale: microfisica del potere.

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Nico Maccentelli: Un laboratorio di disciplinamento sociale

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Un laboratorio di disciplinamento sociale

di Nico Maccentelli

Da un’inchiesta di Byoblu si viene a sapere che l’Acer di Piacenza ha avviato una patente a punti sul modello del credito sociale cinese, per gli inquilini assegnatari delle sue unità immobiliari. Dal 19 marzo è stata assegnata una carta a punti agli inquilini, che hanno un bonus iniziale di 50 punti per ogni nucleo familiare. I punti aumenteranno o diminuiranno a seconda del comportamento dei componenti del nucleo. Ad esaurimento dei punti, decadrà il diritto ad avere l’alloggio, con conseguente sfratto.

Il sistema si basa in particolare su un reciproco controllo tra inquilini e relative delazioni. Non solo: sono previste figure di controllo come degli accertatori con facoltà di accedere nel condominio e persino alle unità immobiliari. Uno scenario distopico degno delle peggiori realtà di science fiction, che anche solo due anni fa sarebbe stato inimmaginabile.

In realtà il modello di cui il comune di Piacenza va orgoglioso è ispirato al credito sociale cinese, ossia quella patente a punti che scambia diritti e servizi per comportamenti. Di fatto questo criterio abolisce le conquiste di oltre duecento anni di rivoluzioni borghesi, legando lo status di citoyen a criteri premiali e sanzionatori e non più a quel patto sociale basato su Liberté, Egalité, Fraternité della Rivoluzioe francese.

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Giuseppe Masala: Rubli, gas e la pochezza intellettuale dei Bocconi Boys

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Rubli, gas e la pochezza intellettuale dei Bocconi Boys

di Giuseppe Masala

Mai come in questa fase storica drammatica è emersa la pochezza intellettuale della nostra intelligencija sia in materia di discipline internazionali, che di scienza militari che di economia. Pochezza intellettuale che si caratterizza in un metodo scientifico imbarazzante che può essere riassunto in un semplice pregiudizio: “tutto quello che fa l’occidente e gli Stati Uniti è razionale e scientificamente corretto e tutto ciò che fanno gli altri è comunque sbagliato” e, infine – aggiungo io – se sbagliato non è lo si impone comunque a forza, a suon di bombe e di esportazione della democrazia. Questo metodo può anche essere vero, o meglio, può anche essere stato vero in passato: basti pensare a Gheddafi che voleva costituire una moneta panafricana agganciata all’oro e scalzare così il Franco CFA gestito dal Ministero del Tesoro francese e che gli si è fatto cambiare idea semplicemente radendo al suolo la Libia, scalzandolo dal potere e infine assassinandolo.

Ecco, questa modalità operativa dell’Occidente che ha funzionato nell’epoca “unipolare” nella quale gli USA erano i gendarmi del mondo e imponevano la propria visione con le buone o con le cattive ha abbagliato la nostra intelligencija che non si accorge dei cambiamenti in corso.

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Giulio Di Donato: Il conflitto Nato-Russia e le ragioni del realismo critico

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Il conflitto Nato-Russia e le ragioni del realismo critico

di Giulio Di Donato

Partiamo da una domanda: la logica di potenza è inestinguibile?

Se la risposta è affermativa, ciò significa che le uniche condizioni possibili per una pace stabile e duratura passano necessariamente per la ricerca di un equilibrio, di un bilanciamento fra le singole potenze.

Quando parliamo di rapporti di potenza – e i rapporti fra grandi Stati in una situazione di relativa anarchia nei rapporti internazionali, nonostante le varie organizzazioni sovranazionali esistenti, sono essenzialmente rapporti di potenza legati a determinati interessi strategici e a specifiche sfere di influenza -, il riferimento è alle relazioni tra aggregazioni in cui è intrinseca la tendenza dell’una (soprattutto se a stelle e strisce) a prevalere, a competere e a confliggere con l’altra. Occorre quindi, per dirla con Montesquieu, che una potenza arresti, limiti e contenga l’altra.

Oggi il conflitto è fra le istanze mai abbandonate di unilateralismo interventista e aggressivo degli USA e uno sguardo maggiormente orientato al multipolarismo di Cina e Russia. Il multipolarismo comunque già esiste nei fatti, ma si configura come un equilibrio precario attraversato, come ci dimostrano tragicamente i fatti di queste settimane, da mille tensioni.

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Leonardo Mazzei: Il braccino corto di Mario Draghi

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Il braccino corto di Mario Draghi

di Leonardo Mazzei

Alla fine, com’era prevedibile, la montagna ha partorito il topolino. Il decreto “taglia-prezzi” di Draghi più che altro ha tagliato le residue speranze degli italiani. L’intervento sui prezzi dell’energia è micragnoso come colui che l’ha prodotto. C’era da aspettarsi qualcosa di diverso? Per quel che ci riguarda, ovviamente no!

Qualche giorno fa ci siamo occupati dell’attuale trionfo della speculazione sui prezzi dei prodotti energetici. Ed a proposito degli extraprofitti, ottenuti in quel modo dalle grandi compagnie, avevamo previsto che non ci sarebbe stato nessun significativo abbattimento di quell’autentica ruberia, che al massimo ci sarebbe stato qualche intervento emergenziale, più di facciata che di sostanza.

Eravamo stati facili profeti: le misure prese sono assolutamente modeste, la tassazione degli extraprofitti ridicola ed a tempo.

Per i carburanti l’ultimo decreto introduce un taglio delle accise di 25 centesimi. Una riduzione che per ora alla pompa non si è vista, ma che in ogni caso vedremo per poco, dato che la misura resterà in vigore solo fino al 30 aprile! Da notare che questi 25 centesimi sono stati il frutto di una lunga discussione, dato che l’omino dal braccino corto era entrato in Consiglio dei ministri con una proposta di riduzione di soli 10,3 centesimi!

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Salvatore Bravo: Pensare i nichilismi

sinistra

Pensare i nichilismi

di Salvatore Bravo

Il nichilismo non è un destino, ma una condizione storica, tale precisazione è banale, ma necessaria per pensare l’attuale assetto filosofico dell’Occidente. Pensare il nichilismo significa rintracciarne le cause strutturali per poter uscire indenni dal fatalismo. Senza un’operazione archeologica e filosofica il nichilismo si naturalizza, fino a diventare la normalità del male. Ciò che è giudicato “normale” non è pensato, per cui può continuare a produrre i suoi guasti e le sue tragedie antropologiche, sociali ed ambientali. Il grande successo dei movimenti verdi con a capo l’adolescente svedese “Greta Thunberg” applaudita per essere volgarmente usata dai poteri forti e dai padroni con i loro servi è la verità-falsa del nostro tempo: si inneggia a ciò che consente al nichilismo di perpetuarsi, lo si ammanta di verde e di ambientalismo, ma resta nichilismo. Si vogliono curare i sintomi senza toccare le cause con il filtro del logos e della prassi. Si usano le nuove generazioni, e non solo, come un nuovo esercito che, mentre contesta, riafferma la sopravvivenza del consumo totale in salsa ambientale.

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