Adesso basta davvero.
È notizia di ieri che Wikipedia, come nella migliore tradizione orwelliana, ha acconsentito a modifiche alla pagina relativa alla Strage di Odessa del 2 maggio 2014. Un eccidio documentato in cui sono morte 48 persone, molte delle quali arse vive, che nella narrazione occidentale si è magicamente trasformato in un incendio casuale, una sorta di autocombustione dalle cause inspiegabili.
Una riscrittura allarmante della storia che, anziché indignare (o quantomeno stimolare ad approfondire), è finita per essere giustificata. Con, ovviamente, la benedizione dei sempre solerti sbufalatori.
Gente che, nonostante non abbia la benché minima competenza in materia, si è autoproclamata sacerdote del Ministero della Verità. Come la redazione di Butac, quelli che l’anno scorso mi “sbufalarono” iniziando l’articolo con un testuale: “La notizia è vera”. Chapeau.
Dell’incendio si sa poco, dicono. Perché secondo l’unica voce super partes (che sarebbe l’ONU, beata ingenuità), a distanza di sette anni dall’eccidio non c’è ancora né un processo né degli imputati.
Aggiungendo che “se questi sono i soli fatti accertati, e se non ci sono sentenze di condanna, è abbastanza normale che qualcuno abbia modificato la pagina wiki italiana”. E così dicendo rimandano alla pagina della missione ONU in Ucraina, documento ritenuto “interessante e illuminante”. Sorge il dubbio, però, che alla redazione di Butac le cose le si legga senza capirle. Proviamo a spiegarci.
Ad oggi la missione della Nazioni Unite dice testualmente che “solo una persona è stata accusata di omicidio”. Ed è, guarda caso, un militante pro-Maidan accusato di aver sparato e ucciso un membro dei gruppi ‘pro-federalismo’ [non “separatista” cara Butac, ‘pro-federalism’ sul report c’è scritto così. Ma forse non conoscendo un fico secco di quanto successo da quelle parti in quegli anni vi sfugge completamente la sostanziale differenza fra i due termini] il che non mi sembra poco, tanto per cominciare. Ma andiamo avanti.
Sempre nel rapporto si legge che “la polizia ha concentrato i suoi sforzi sull’indagine e sul perseguimento dei sostenitori del “federalismo” (quindi degli anti-Maidan) per la loro partecipazione agli scontri”. Ignorando gli altri, gli europeisti affiancati dai neonazisti di Pravyj Sektor, verrebbe da aggiungere. E indagando sul ruolo avuto dalle forze dell’ordine nel (non) prevenire le violenze e (non) garantire la sicurezza pubblica. Indagini che non sono mai state terminate.
Nessun responsabile del rogo, diretto o indiretto, è mai stato individuato.
Nessun processo è stato mai celebrato, nessun colpevole punito.
Niente di niente. Ma questa evidenza non fa accendere nessuna lampadina… sarà colpa dei rincari dell’energia.
Eppure della questione non si è occupata solo ONU. L’ha fatto goffamente anche la Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino, istituendo una Commissione parlamentare d’inchiesta che, fra l’altro, ha più volte invitato a deporre l’allora Ministro degli Interni Arsen Avakov, il capo dei servizi segreti Valentin Nalivaychenko e il capo del Consiglio di Sicurezza e Difesa Andriy Parubiy, ottenendo il rifiuto di tutti e tre. E il cui report altro non ha fatto che ripartire le responsabilità un tanto al chilo, esattamente come fa Butac (omen nomen), venendo per giunta accusato da alcuni membri dell’opposizione di essere stato manipolato (fonte qui Секретарь комиссии Рады отозвала подпись под отчетом о расследовании трагедии в Одессе – Международная панорама – ТАСС (tass.ru)) con la cancellazione dalla versione finale di numerose testimonianze sulle attività e responsabilità di Parubiy (presente personalmente a Odessa almeno dal 29 aprile) e sul presunto coinvolgimento nei disordini di cinquecento miliziani delle “forze di autodifesa di Maidan” (fra cui molti neonazisti) fatti confluire in città nei giorni precedenti. Bene, difronte a simili negligenze, testimoni recalcitranti e indagini lacunose che tanto somigliano ad un gigantesco insabbiamento, cosa se ne deduce? Evidenziare che ci sia qualcuno che non vuole far emergere la verità mi pare pure offensivo per l’intelligenza di chi legge. Ma chi sarà mai questo qualcuno?
A dircelo sono nientedimeno che Human Rights Watch e Amnesty International le quali, in una dichiarazione congiunta, chiedono al GOVERNO UCRAINO un’indagine approfondita e imparziale sulle violenze di Odessa (fonte qui Ukraine: Investigate Odessa Deaths | Human Rights Watch (hrw.org)).
Capito?
Governo ucraino. Non Mosca. Non propaganda russa. Non Putin dittatore caccapuppù.
Se c’è qualcuno che vuole nascondere la verità sui fatti di Odessa, quindi, è solo ed esclusivamente il governo filo-europeista di Kiev. Il quale mi pare amministrasse la sicurezza pubblica e la giustizia all’epoca dei fatti, a Odessa e in tutto il resto dell’Ucraina.
Un sistema giudiziario corrotto fino al midollo (fonte qui Battle looming over new law on judiciary and judge status – Jul. 04, 2010 | KyivPost) in cui non esiste reale separazione tra potere giurisdizionale e politico (fonte qui cover.mech.r1 (weforum.org)) e alla mercé di un governo nazionale di cui facevano parte Oleksandr Turchynov (Presidente dell’Ucraina ad interim e Presidente del Parlamento all’epoca del rogo) e il già citato Andrey Parubiy. Entrambi accusati di diretto coinvolgimento nei fatti di Maidan e successivi (a Kiev e lontano dalla capitale) da Viktor Yanukovich, il legittimo presidente cacciato con un colpo di Stato dopo aver vinto legalmente elezioni libere e democratiche, così come testimoniato dagli osservatori internazionali (Consiglio d’Europa, Osce, Nato e Parlamento europeo – fonte qui ELEZIONI UCRAINA: OSSERVATORI, “CONFORMI A MAGGIOR PARTE IMPEGNI INTERNAZIONALI” | AgenSIR), che si è più volte appellato alle organizzazioni internazionali chiedendo un’indagine internazionale indipendente sulla tragedia di Maidan senza mai essere ascoltato.
E ottenendo, per tutta risposta, che Parubiy, nonostante la sua comprovata vicinanza all’estrema destra neonazista (è fondatore del Partito Social-Nazionale d’Ucraina), venisse addirittura accolto qualche tempo dopo in Italia con baci e abbracci da Laura Boldrini e Pietro Grasso. Ebbene se tutto questo è vero, ed è vero perché comprovato da fonti autorevoli che mi sono preso la briga di citare (visto che a Butac non le hanno trovate, ma forse non hanno avuto il tempo di reperirle per quanto agevolissimo fosse…), mi chiedo se unire i puntini sia operazione tanto complicata.
E si badi, su Odessa avrei potuto scrivere molto altro. Del ruolo del Pravyj Sektor, della volontà di sgomberare Campo Kulikovo con ogni mezzo, di Ruslan Forostya che successivamente diventerà consigliere dal capo del dipartimento regionale di Polizia, di Cesari Bajalidze, il georgiano che ammise di far parte di un gruppo di mercenari col compito di attaccare gli attivisti anti-Maidan su ordine di Parubij. Delle testimonianze di centinaia di civili che hanno sempre dato la stessa, identica versione, eccetera eccetera.
Ma ho volutamente evitato perché poi, magari, qualcuno mi accusa di citare fonti non autorevoli. E non ho nessuna voglia di spiegare a chi non ha voglia di capirlo che storicamente l’autorevolezza è un crisma conferito unicamente a chi sta dalla parte del potere.
Mentre tutto il resto è disinformazione, nonostante sia documentato e, spesso, dica pure la verità. Eppure un “fact-checker” è proprio questo che dovrebbe fare. Raccogliere tutti gli elementi accertati (o accertabili) e metterli in fila per verificare la plausibilità o meno di una data versione dei fatti.
E i fatti accertati dicono una cosa soltanto: il governo ucraino non ha difeso i suoi cittadini (forse perché politicamente non allineati) e ha fatto di tutto per insabbiare il processo. Così come dimostrato dall’assenza di qualunque straccio di procedimento giudiziario in sette anni. E questa non è una congettura destituita di fondamento. È pura logica perché il governo di Kiev è l’unico soggetto contemporaneamente arbitro dell’inchiesta (in quanto amministra la giustizia), responsabile della pubblica sicurezza e con un interesse diretto (fra l’altro amplificato dalla guerra in corso) a evitare uno scandalo gigantesco nei confronti delle più alte cariche dello Stato. Di questo si dovrebbe parlare, non di altro. Soprattutto se ci si autoproclama paladini della verità. Diversamente gli italianissimi anni di piombo e la strategia della tensione sarebbero ancora raccontati con le prime ridicole versioni dei fatti. Perché la guerra (fredda o calda che sia) non è banalissimo scontro di soldati, bombe e carri armati. È soprattutto guerra di propaganda. D’altronde gli americani hanno perso in Vietnam più per le oceaniche mobilitazioni interne che per l’eroica resistenza dei vietcong. E chi non si avvede che con il proprio operato sciatto e superficiale, anziché lavorare per la pace, contribuisce indirettamente alla formazione di un’opinione pubblica di guerra dovrebbe fermarsi a fare un bagno caldo.
Possibilmente di umiltà.
Se non si è in grado di trattare un argomento delicatissimo come l’Ucraina come merita; se di fronte a un evidente tentativo di insabbiamento prima e riscrittura di una vicenda chiave della guerra poi la cosa più sagace che si riesce a scrivere è tacciare fra le righe di complottismo chiunque ne resti perplesso, o peggio accusarlo di essere “agente del Cremlino” allora meglio cambiare passatempo. Altrimenti si corre il rischio di diventare gli utili idioti di una poderosa e collaudatissima macchina di (dis)informazione “autorevole”. La stessa che, da un mese a questa parte, inonda tv e giornali di una montagna di fake news (che, guarda caso non vengono mai sbufalate), ha sdoganato l’omicidio politico come pratica lecita come ha fatto La Stampa (Uccidere Putin potrebbe essere l’unica via d’uscita dalla guerra? – La Stampa), paventato l’utilizzo di bombe nucleari e continua a ripeterci che esistono anche i “nazisti buoni” come ha fatto Gramellini (Le Parole 2021/22 – Un uomo di cui non condivido quasi nulla – 26/03/2022 – Video – RaiPlay). Finendo così per trasformarsi in megafoni di quella stessa propaganda che a parole si dice di voler combattere. Propaganda che, da qualunque parte provenga, va sempre combattuta. Spero che alla redazione di Butac siano d’accordo con me almeno su questo.
Lo si deve alla giustizia, alla verità e alla dignità di 48 persone bruciate vive e dei loro familiari nel più totale menefreghsimo di un governo, quello ucraino, che da un po’ di tempo a questa parte si vuol far passare per vittima nonostante da otto anni stia sistematicamente bandendo le opposizioni (fonte qui Why did Ukraine suspend 11 ‘pro-Russia’ parties? | Russia-Ukraine war | Al Jazeera) e si sia macchiato delle peggiori atrocità e crimini di guerra (fonte qui https://www.osce.org/files/f/documents/e/7/233896.pdf?fbclid=IwAR1YbDuPzv7UN_8v6moEoHZIM4wnWEToQy-i4iBKH5CGEUzp2hCA5sNRa9I9) con la benedizione dell’Occidente libero e democratico. E adesso sbufalate questo o, se preferite, fate come l’altra volta e scrivete che “la notizia è vera ma va riportata meglio”. Solo perché come la racconto io non è di vostro gradimento.
Antonio Di Siena
01/04/2022