[sinistrainrete] Stefano G. Azzarà: La Terza guerra dell’oppio avanza

Guerra difensiva e resistenza ucraina o guerra imperialista globale di lunga durata? Questa non è una guerra difensiva e non si svolge solo in Ucraina.

 

 

Stefano G. Azzarà: La Terza guerra dell’oppio avanza

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La Terza guerra dell’oppio avanza

di Stefano G. Azzarà

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2 4 2022

Guerra difensiva e resistenza ucraina o guerra imperialista globale di lunga durata?

Questa non è una guerra difensiva e non si svolge solo in Ucraina. È la guerra – già in corso dal 1990, in atto su un teatro globale e dall’andamento a tappe – degli Stati Uniti contro la Russia ma anche contro l’Europa e contro lo stesso genere umano. È una guerra che si inscrive in un progetto di ricolonizzazione del mondo e di rilancio dell’imperialismo americano. E’ la guerra che non si ferma davanti a niente e che mette in conto il ricorso alle armi atomiche. Ed è la guerra che precede e prepara (anche sul piano della dottrina strategica e della messa a punto della propaganda domestica) quella contro la Cina, che avverrà con il pretesto di Taiwan o dei diritti umani nello Xingjang. E’ dunque una sorta di Guerra dell’oppio postmoderna, che vede l’Occidente coalizzato per imporre la “libertà” di commerciare le proprie merci ai prezzi fissati e lo sfruttamento del resto del mondo.

A questa guerra i governanti dell’Ucraina si sono prestati – e del resto sono stati messi là e armati preventivamente fino ai denti proprio a tale scopo – consapevoli che questo sacrificio guadagnerà a loro il Nobel e al loro paese la cooptazione in Occidente, tra le democrazie liberali, tra i popoli bianchi.

La popolazione ucraina ne fa le spese in maniera più tragica e diretta, quella europea ne fa le spese in maniera più indiretta, svenandosi per finanziare il conflitto e la ripresa negli USA.

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Diana Johnstone: Per Washington, la guerra non finisce mai

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Per Washington, la guerra non finisce mai

di Diana Johnstone*

TASS 48177581 1Continua ancora e ancora. La “guerra per farla finita con tutte le guerre” del 1914-1918 portò alla guerra del 1939-1945, detta Seconda Guerra Mondiale. Questa non è ancora finita, principalmente perché per Washington, è stata una Guerra Buona, è la guerra che ha reso possibile il Secolo Americano : perchè no, ora ad un Millennio Americano ?

Il conflitto in Ucraina può essere la scintilla di quello che già adesso si comincia a chiamare la Terza Guerra Mondiale.

Non si tratta di una guerra nuova. È la stessa guerra che abbiamo già visto, un’estensione della Seconda Guerra Mondiale, che non fu la stessa per tutti coloro che ne presero parte.

La guerra russa e la guerra americana furono molto, molto differenti.

 

La Seconda Guerra Mondiale della Russia

Per i russi, la guerra fu un’esperienza di gigantesche sofferenze, lutti e distruzioni. L’invasione nazista dell’Unione Sovietica fu spietata in modo estremo, spinta da un’ideologia razzista di spregio per gli slavi e di odio nei confronti dei “bolscevichi ebrei”. Si stimano in 27 milioni le vittime russe di quel conflitto, due terzi delle quali civili. Nonostante soverchianti perdite e patimenti, l’Armata Rossa riuscì a rovesciare la direzione di marcia della marea nazista che aveva ormai soggiogato gran parte dell’Europa.

La gigantesca lotta per spingere gli invasori tedeschi fuori dalle loro terre è conosciuta dai russi come la Grande Guerra Patriottica ed ha alimentato un orgoglio nazionale che ha aiutato il popolo a consolarsi delle terribili vicende che era stato costretto ad attraversare. Nonostante l’orgoglio per la vittoria, gli orrori della guerra ispirarono al paese un sincero desiderio di pace.

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Carlo Formenti: Momento populista e rivoluzione passiva

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Momento populista e rivoluzione passiva

di Carlo Formenti

populismo2In varie occasioni ho definito il populismo come la forma che la lotta di classe ha assunto da quando la controrivoluzione liberista ha sconfitto le classi lavoratrici, annientandone l’identità socioculturale e inibendole la possibilità di rappresentare politicamente i propri interessi. Questa definizione è stata erroneamente interpretata come una legittimazione “ideologica” del populismo, benché chi scrive abbia sempre sostenuto che il populismo non è né è mai stato un’ideologia; sia perché non esiste un corpus teorico e ideologico condiviso dai movimenti populisti, sia perché gli sforzi di definire elementi comuni a tutti i movimenti populisti del passato e del presente non hanno prodotto altro che degli “idealtipi” inadeguati a cogliere la complessità del fenomeno. Dire che il populismo è la forma in cui oggi si manifesta la lotta di classe non implica attribuirgli connotati positivi. Chi ritiene che il conflitto di classe abbia sempre e comunque valenza progressiva dimentica che le idee dominanti sono sempre quelle delle classi dominanti, ed è per questo che, in assenza di un progetto politico controegemonico, ogni moto sovversivo tende a risolversi in una “rivoluzione passiva” che cavalca le lotte delle classi subalterne per rivolgerle contro i loro stessi interessi. Dal momento però che non penso neppure che il populismo sia di per sé un fenomeno regressivo, necessariamente destinato ad assumere connotati “di destra”, le mie tesi sono state impropriamente associate a quelle del filosofo argentino Ernesto Laclau.

Laclau sostiene che la diffidenza e il disprezzo nei confronti del populismo è un riflesso – apparentemente anacronistico – della paura delle oligarchie tardo ottocentesche nei confronti dell’irruzione delle masse sulla scena del conflitto politico: paura della democrazia insomma.

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Miguel Martinez: L’eterno presente che esplode

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L’eterno presente che esplode

di Miguel Martinez

Ogni essere vivente ha una propria visione del mondo, una cosmovisione, che si forma con la stessa vita che fa.

Il gatto che entro un certo numero di settimane non ha incontrato un umano di cui fidarsi, vivrà in un mondo completamente diverso da quello che se ne sta appollaiato sul mio braccio sinistro mentre scrivo queste parole.

Forse il primo a farmi percepire l’esistenza di altri mondi fu un predicatore evangelico americano a Roma cui chiesi di cosa campasse: mi disse che ogni sera, senza chiedere niente a nessuno, si trovava in tasca il denaro che gli serviva per sopravvivere.

Oppure il mondo degli zingari kosovari, o quello dei marxisti-leninisti, o degli avvocati milanesi, o della ragazza che alleva capre in campagna, o del nubiano dai pochi denti che vende verdure al mercato di Alessandria e a mezzogiorno stende il tappeto per salutare il Dio Uno o delle giovani psicologhe di un progetto Erasmus…

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Nico Maccentelli: “Noi ti vediamo e te lo riconosciamo con un punteggio”

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“Noi ti vediamo e te lo riconosciamo con un punteggio”

di Nico Maccentelli

Questa frase di Bugani, assessore all’agenda digitale del Comune di Bologna (vedi qui), sintetizza bene cosa sia il “Portafoglio del cittadino virtuoso”, una sorta di patente a punti che già viene adottata da diversi comuni emiliani, tra cui Fidenza con gli appartamenti Acer, sul modello del credito sociale cinese.

E’ quel “noi ti vediamo” che è inquietante: il futuro che un tempo sembrava distopico, sta divenendo realtà e l’Emilia ancora una volta si rivela laboratorio del controllo sociale e dei modelli di produzione (vedi decentramento produttivo degli anni ’70), che oggi si estende appunto nel sociale e nel controllo della persona. Quelli che erano diritti diventano oggetto di premio o sanzione a seconda del comportamento, con un livello tecnologico che ormai è in grado di controllarci in ogni istante della nostra vita.

E’ ovvio che questo dispositivo che ha preso il peggio del percorso storico e politico cinese (alla faccia del “socialismo”!), non è altro che una trasmissione di pratiche del controllo quasi automatica che le classi dominanti, che siano oligarchie della finanza e multinazionali o mandarini burocratici di stato e di partito, adottano prendendo dai modelli più avanzati del comando sulla forza-lavoro e sulla popolazione.

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Michael Roberts: La fine del dominio del dollaro?

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La fine del dominio del dollaro?

di Michael Roberts

L’estate scorsa, quando gli Stati Uniti sono fuggiti dall’Afghanistan, ho scritto un articolo sulla storia del dominio del dollaro USA, sostenendo allora che il dollaro USA sarebbe rimasto la valuta mondiale dominante per il prossimo futuro, ma che era in declino relativo rispetto alle altre valute, proprio perché l’imperialismo USA è in declino relativo rispetto alle altre economie rivali dalla metà degli anni ’70.

L’invasione russa dell’Ucraina ha riportato alla ribalta questa discussione tra gli economisti mainstream e gli strateghi del capitale globale.

Il discorso è che il dominio del dollaro statunitense tramonterà e che l’economia mondiale è destinata a dividersi in due blocchi: Ovest e Est – dove l’Ovest è costituito da Stati Uniti, Europa e Giappone; e l’Est dai regimi “autocratici” di Russia e Cina, insieme all’India. Ma è questa la probabile riconfigurazione delle valute e dei flussi di capitale?

Nel mio post precedente, ho trattato in dettaglio il declino storico del dominio del dollaro USA nel commercio, nei flussi di capitale e come valuta di riserva.

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Roberto Gabriele: I comunisti e la lotta contro la guerra

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I comunisti e la lotta contro la guerra

di Roberto Gabriele

C’è una pessima abitudine in Italia che è quella di dichiararsi comunisti a prescindere.

La cosa è tanto più grave in un momento come questo in cui le provocazioni americane e il servilismo del governo italiano ci stanno portando sull’orlo di una guerra mondiale.

Sulle ragioni di ciò che sta avvenendo c’è molta confusione in giro dovuta alla massiccia propaganda imperialista a reti unificate che, da quando è iniziata la guerra in Ucraina, sta bombardando gli italiani con un cumulo di menzogne sulle ragioni del conflitto. C’è bisogno quindi di chiarezza e certamente questa non può venire da settori politici che pur essendo contro la guerra si fermano a un rifiuto generico, che non sa spiegare le vere ragioni del conflitto, le responsabilità e la dinamica dell’imperialismo che sta alla base di ciò che sta accadendo. In questo contesto c’è bisogno che i comunisti, i quali sull’analisi dell’imperialismo fatta da Lenin hanno fondato il loro atto di nascita, siano in grado di orientare milioni di persone per portarle a combattere sulla barricata giusta.

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Michele Manfrin: Ciò che era emergenziale diventerà ordinario: Draghi tratteggia il green pass del futuro

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Ciò che era emergenziale diventerà ordinario: Draghi tratteggia il green pass del futuro

di Michele Manfrin

Mentre tutti sono stati catapultati sul fronte ucraino, ci sono manovre che sulla scia dell’emergenza Covid-19 si stanno compiendo e che andranno ad incidere profondamente sull’assetto sociale e antropologico del nostro Paese. La “guerra al virus” è mediaticamente sparita mentre si protraggono gli strascichi di misure restrittive che hanno diviso il paese tra chi è cittadino di prima classe e chi di seconda. Il Primo Ministro italiano, già manager Goldman Sachs e banchiere centrale d’Europa, Mario Draghi, durante la conferenza stampa in occasione della presentazione del Decreto riaperture, ha candidamente espresso quella che sarà la nuova normalità: ciò che era emergenziale diventerà ordinario. Il Ministro dell’innovazione tecnologica e della transizione digitale, Vittorio Colao, già CEO di Vodafone e nel Consiglio di amministrazione di Verizon, Unilever e General Atlantic, in audizione alla Commissione Affari costituzionali della Camera, ha invece prospettato il prossimo futuro digitale italiano. Le due esternazioni prese assieme danno il quadro del futuro imminente che ci aspetta.

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Laura Ruggeri: La Russia sta perdendo la guerra dell’informazione?

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La Russia sta perdendo la guerra dell’informazione?

di Laura Ruggeri – Strategic Culture

720x410c50huiyfrIl 10 marzo, quando il direttore della CIA Bill Burns si è rivolto al Senato degli Stati Uniti e ha dichiarato che “la Russia sta perdendo la guerra dell’informazione sull’Ucraina”, ha ripetuto un’affermazione che era già stata amplificata dai media angloamericani dall’inizio delle operazioni militari russe in Ucraina. Sebbene la sua affermazione sia effettivamente vera, non ci dice perché e riflette principalmente la prospettiva dell’Occidente. Come al solito la realtà è molto più complicata.

L’abilità nella “guerra dell’informazione” degli Stati Uniti non ha eguali: quando si tratta di manipolare le percezioni, produrre una realtà alternativa e conseguentemente armare le menti del pubblico, gli Stati Uniti non hanno rivali. Anche la capacità, da parte degli USA, di dispiegare strumenti di potere non militari per rafforzare la propria egemonia e attaccare qualsiasi stato intenda metterla in discussione, è innegabile. Ed è proprio per questo che alla Russia non è rimasta altra scelta che quella dell’utilizzo dello strumento militare per difendere i propri interessi vitali e la propria sicurezza nazionale.

La guerra ibrida – e la guerra dell’informazione come parte integrante di essa – si è evoluta nella dottrina standard degli Stati Uniti e della NATO, ma non ha reso la forza militare ridondante, come dimostrano le guerre per procura. Con capacità di guerra ibrida più limitate, la Russia deve invece fare affidamento sul suo esercito per influenzare l’esito di uno scontro con l’Occidente che Mosca considera esistenziale. E quando la propria esistenza come nazione è a rischio, vincere o perdere la guerra dell’informazione nel metaverso occidentale diventa piuttosto irrilevante. Vincere a casa e assicurarsi che i propri partner e alleati comprendano la posizione e la logica dietro le proprie azioni ha, inevitabilmente, la precedenza.

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coniare rivolta: PNRR: una, nessuna o cinquecentoventotto condizioni

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PNRR: una, nessuna o cinquecentoventotto condizioni

di coniare rivolta

pnrr3nmtAbbiamo provato a delineare quali sono alcune delle principali condizioni che l’Italia si è impegnata a soddisfare per avere accesso ai fondi del Recovery Fund. Ci eravamo però lasciati senza finire il discorso, che purtroppo ha ulteriori aspetti dirompenti e preoccupanti.

Per il profitto privato, il PNRR è anche un’occasione d’oro per consumare qualche vendetta, come quella sul referendum per l’acqua pubblica del 2011, quando 26 milioni di italiani sancirono la natura pubblica di questo bene di prima necessità e della sua gestione. Tra le condizioni da rispettare per il prossimo dicembre, infatti, si legge anche di una “Riforma del quadro giuridico per una migliore gestione e un uso sostenibile dell’acqua”, una misura “per garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati”. Basta approfondire la documentazione del PNRR per scoprire che questo significa “rafforzare l’industrializzazione del settore favorendo la costituzione di operatori integrati, pubblici o privati e realizzando economie di scala per una gestione efficiente degli investimenti e delle operazioni”. Ecco che la prima tranche di Recovery Fund diventa un grimaldello per riformare la normativa sulla gestione dell’acqua favorendone la privatizzazione, affermando un modello di multiutility (da qui l’enfasi sulla natura integrata del servizio) che calpesta il diritto all’acqua per garantire l’accumulazione di profitti e rendite monopolistiche (da qui, invece, l’enfasi sulle economie di scala).

La foga liberalizzatrice e privatizzatrice del PNRR non si ferma, ovviamente, qui. Ci siamo, infatti, impegnati a riformare i dottorati “al fine di coinvolgere maggiormente le imprese e stimolare la ricerca applicata”, con lo scopo di “semplificare le procedure per il coinvolgimento di imprese e centri di ricerca e rafforzando le misure per la costruzione di percorsi di dottorato non finalizzati alla carriera accademica”.

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Eros Barone: La critica marxiana del misticismo logico hegeliano e la critica antirevisionista del feticismo democratico

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La critica marxiana del misticismo logico hegeliano e la critica antirevisionista del feticismo democratico

di Eros Barone

marxcop 660x4002xLa fortuna del giovane Marx e il suo uso revisionista

Gli opportunisti del nostro tempo ripetono cose che i revisionisti della Seconda Internazionale avevano già scoperto. Per questo le critiche che Lenin fece ai Kautsky, ai Vandervelde, agli Otto Bauer, colpiscono giusto anche oggi. Anzi, come oggi il riformismo ha accentuato la sua funzione di agente del capitalismo e dell’imperialismo in seno alla classe operaia, nel senso che questo legame è diventato diretto e immediato, così ha perso in gran parte quella capacità teorica che distingueva pur sempre i revisionisti dell’epoca di Lenin. Oggi la mistificazione della essenza rivoluzionaria del marxismo è più grossolana e assai meno ‘dialettica’ di un tempo.

Per quanto concerne le opere giovanili di Marx e, segnatamente, la Critica della filosofia hegeliana e i Manoscritti economico-filosofici del 1844, occorre rilevare innanzitutto che esse sono state edite soltanto nei primi decenni del ventesimo secolo, cioè in un periodo in cui il marxismo si identificava praticamente con l’Internazionale Comunista e con la dittatura del proletariato in Unione Sovietica. Immediatamente, fin da quegli anni, e poi ancora più clamorosamente in séguito, il “giovane Marx” ebbe una fortuna insospettata in Europa occidentale e particolarmente in Germania. Intorno al 1930 il giovane Marx fu preda degli intellettuali socialdemocratici e non marxisti, che lo usarono in funzione anticomunista e antisovietica. Accadde così che per combattere la concezione, allora dominante (grazie alla grandiosa opera di Lenin e, poi, di Stalin) del marxismo come scienza e del socialismo come movimento rivoluzionario tendente ad instaurare la dittatura del proletariato, fu “scoperto” un Marx “umanista”, “democratico”, “storicista”, “moralista”. Il terreno favorevole a questa operazione, del resto, era già stato inconsapevolmente preparato con successo negli anni Venti dall’“ultrasinistrismo” di filosofi (“piccolo-borghesi”, secondo il giudizio di Stalin) come György Lukács e Karl Korsch, che avevano teso a sottolineare gli aspetti soggettivistici, volontaristici, antipositivistici, del pensiero marxiano.

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Dante Barontini: Il gas russo si paga in rubli e svuota le sanzioni

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Il gas russo si paga in rubli e svuota le sanzioni

di Dante Barontini

Diceva Franco Bernabè, qualche giorno fa, che “il dollaro è una moneta che gli Usa utilizzano come un’arma”. Aggiungiamoci il controllo dello Swift (il sistema di registrazione dei pagamenti internazionali) e abbiamo il “dispositivo militare” che permette a Washington di decidere sanzioni per singole persone o interi paesi, in barba a qualsiasi legge internazionale.

Già, perché secondo quelle leggi – invocate ma evidentemente non conosciute – c’è una sola organizzazione internazionale abilitata ad erogare sanzioni: l’Onu. Che ovviamente non ne ha erogato alcuna verso la Russia; anzi nessun paese (neanche gli Stati Uniti) ha avanzato una richiesta del genere in quella sede. Ovvio che se il paese da sanzionare possiede il diritto di veto (e anche la Cina), nessuna perde tempo a chiedere qualcosa di irrealizzabile.

Sta di fatto, dunque, che le “regole internazionali” di cui si parla sui media occidentali sono semplicemente le “regole dell’Occidente”, unilaterali e arbitrarie, che si impongono solo grazie alla forza politica e militare. Anche in questo caso, però, se “il diritto” è solo l’abito elegante vestito dalla forza, allora l’efficacia di qualsiasi sanzioni unilaterale dipende dal rapporto di forza che esiste tra le parti.

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Emiliano Brancaccio: L’umanità a un bivio

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L’umanità a un bivio

Alberto Deambrogio e Monica Quirico intervistano Emiliano Brancaccio

All’impegno accademico come docente di Politica economica presso l’Università degli studi del Sannio (Benevento), Emiliano Brancaccio affianca un’intensa attività di opinionista. Gli abbiamo rivolto alcune domande sul suo ultimo libro, Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico (Piemme, 2022), in cui l’autore, partendo dalle ricerche empiriche condotte da lui e da altri studiosi, offre a un pubblico non specialistico una ricognizione sul rapporto tra capitalismo e democrazia (per il video dell’intervista cfr. https://www.youtube.com/watch?v=3cpx1VXTLqg&t=4265s ).

* * * *

Il filo conduttore del volume è l’invito a riscoprire quella che Brancaccio individua come la più importante tra le leggi tendenziali di sviluppo del capitalismo enucleate da Marx, quella della crescente centralizzazione dei capitali; un processo che, all’interno degli Stati nazionali, si riverbera in uno scontro finanziario e politico tra le diverse frazioni della borghesia (schematizzando: fra globalisti e sovranisti), mentre a livello internazionale si traduce in una competizione tra diversi attori geopolitici che, per assicurarsi quote crescenti del mercato globale, sono disposti a spingersi fino al conflitto militare.

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comidad: Il militarismo nell’epoca del lobbying

comidad

Il militarismo nell’epoca del lobbying

di comidad

Il progetto americano di “afganizzazione” dell’Ucraina non poteva essere ignoto allo stato maggiore russo all’atto dell’invasione, dato che era già stato ampiamente anticipato da notizie della stampa occidentale. Il 20 dicembre dello scorso anno il quotidiano britannico Daily Mirror narrava di un piano segreto dei servizi di intelligence statunitensi per addestrare alla guerriglia truppe ucraine in vista di un’invasione russa.

Prima ancora di quell’articolo, il 6 dicembre dello scorso anno, una notizia analoga, e più particolareggiata, era stata pubblicata sul sito del Consiglio Atlantico, che è una sorta di forum ideologico euro-americano fondato nel 1961 in funzione dello sviluppo della NATO. L’articolo dava conto delle spese militari sostenute dagli USA per fornire supporto alla resistenza ucraina in caso di invasione: 2,5 miliardi di dollari dal 2014, e 400 milioni per il solo 2021. L’articolo si soffermava ampiamente sulle tattiche militari e sul tipo di armi da utilizzare in base alle caratteristiche del territorio ucraino per fronteggiare un’invasione. Secondo l’Atlantic Council quelle spese e quei programmi di addestramento però non dovevano risultare segreti, anzi, dovevano svolgere una funzione di deterrenza in modo da rendere insostenibile un’occupazione del suolo ucraino.

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Emanuele Cornetta: Ci sono polarizzazioni e polarizzazioni…

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Ci sono polarizzazioni e polarizzazioni…

di Emanuele Cornetta

Scrivo delle riflessioni mentre guardo scorrere sul mio telefono le immagini della considerevole massa di persone che manifesta fra le strade di Firenze per la giornata di mobilitazione indetta dagli operai della GKN di Campi Bisenzio. So che l’indomani nessuno ne parlerà e sento, perciò, il bisogno di mettere giù per iscritto qualcosa.

Si sa, l’agire collettivo e politico non può essere raccontato in questo periodo. Non si può parlare di insorgenza, rottura, conflitto quando si vuole rendere una società, in verità iper-frammentata, fittiziamente omogenea. Ora con la caccia al nemico interno (il no-vax/no-greenpass), ora con l’individuazione del nemico esterno (il sanguinario Dostoevskij, sol perché russo) si cerca, attraverso la retorica della paura, di ricondurre in forma quel popolo che è stato reso, dalle oramai pluri-citate dinamiche neoliberali, un pulviscolo indeterminabile di individui. Può sembrare banale, ma le emergenze ed i discorsi di verità fintamente moralistici ad esse ricollegati servono a riunirci intorno a determinate parole d’ordine (no-vax/pro-vax, putinista/anti-putiniano), fortemente politicizzanti, ma sempre comode al potere, perché funzionali ai suoi meccanismi di auto-riproduzione.

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Rocco Ronchi: Guerra: la logica della potenza

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Guerra: la logica della potenza

di Rocco Ronchi

La geopolitica ci insegna sostanzialmente due cose. La prima appare poco più di un’ovvietà: la logica degli imperi è la logica della potenza. La seconda, infinitamente più inquietante della prima, è che gli imperi, che osservano la logica della potenza, non dispongono della potenza ma ne sono disposti. Siamo soliti rappresentarci l’impero come una volontà tirannica, spesso incarnata nelle bizze di un uomo solo al comando, ma non è così. È la logica della potenza che tira le fila del gioco. Non ci sono scelte da parte degli esecutivi ma qualcosa che assomiglia alla rigida osservanza di un destino manifesto, un dover essere e un dover fare piuttosto che un libero agire. Gli imperi non godono del privilegio del libero arbitrio. Sono stretti nella morsa di un non poter fare altrimenti quello che fanno. Ciò che eventualmente li può portare alla sconfitta è allora soltanto un errore di calcolo consistente nel non aver avuto chiara consapevolezza del proprio destino.

Non c’è nulla di nuovo in questa idea di potenza. Nel V secolo a.C., come storico delle Guerre del Pelopponeso, Tucidide l’ha espressa in modo compiuto raccontando la tragica vicenda della piccola isola dei Meli assediata dall’imponente flotta ateniese.

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