[Sinistrainrete] Alessandro Visalli: Circa David Brooks, “La globalizzazione è finita”

Ovvero, ancora del “fardello dell’uomo bianco”

 

 

Alessandro Visalli: Circa David Brooks, “La globalizzazione è finita”

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Circa David Brooks, “La globalizzazione è finita”

Ovvero, ancora del “fardello dell’uomo bianco”

di Alessandro Visalli

luomo bianco diventa il fardelloNel 1899 nella rivista “McClure’s” Rudyard Kipling pubblicò la poesia “The White Man’s Burden” il cui sottotitolo era “The United States and the Philippines Islands”, con riferimento alle guerre di conquista che la potenza americana aveva compiuto rispetto alle colonie spagnole[1].

“Raccogli il fardello dell’Uomo Bianco–
Disperdi il fiore della tua progenie–
Obbliga i tuoi figli all’esili
Per assolvere le necessità dei tuoi prigionieri;
Per vegliare pesantemente bardati
Su gente inquieta e selvaggia–
Popoli da poco sottomessi, riottosi,
Metà demoni e metà bambini
Raccogli il fardello dell’Uomo Bianco–
Resistere con pazienza,
Celare la minaccia del terrore
E frenare l’esibizione dell’orgoglio;
In parole semplici e chiare,
Cento volte rese evidenti,
Cercare l’altrui vantaggio,
E produrre l’altrui guadagno.
Raccogli il fardello dell’Uomo Bianco–
Le barbare guerre della pace–
Riempi la bocca della Carestia
E fa’ cessare la malattia;
E quando più la mèta è vicina,
Il fine per altri perseguito,

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Sergio Bologna e Giovanna Visco: La globalizzazione è finita?

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La globalizzazione è finita?

Quattro domande a Sergio Bologna e Giovanna Visco

a cura di Paolo Perulli

Due specialisti di logistica mondiale, Sergio Bologna, presidente di AIOM, Agenzia Imprenditoriale Operatori Marittimi di Trieste, e Giovanna Visco, blogger di Mari, Terre, Merci, intervistati da Paolo Perulli

globalizzazione guerra ucraina 1200x6751. La globalizzazione è davvero finita? Il governatore della Banca d’Italia parla di pericolo che ci sia un «brusco rallentamento o un vero e proprio arretramento dell’apertura dell’interdipendenza della globalizzazione». La fine insomma del mondo così come si era andato configurando dalla fine della Guerra Fredda in poi. Con il rischio di tornare a una dimensione più regionalizzata, con minori movimenti di «persone, merci, capitali e investimenti produttivi più bassi». Ora «i progressi dell’ultimo decennio non potranno che rallentare». Condividete quest’ analisi che è propria delle élites tecnocratiche?  O ritenete piuttosto che sia necessaria una profonda revisione delle modalità con cui la globalizzazione si è affermata in passato?

Sergio Bologna: Probabilmente è il concetto di globalizzazione che non basta più a contenere la complessità dei fenomeni in atto. Che cosa vuol dire? Che la circolazione delle merci e delle persone non ha più barriere? Dalla fine della guerra fredda la situazione è sempre stata così. Vuol dire che i sistemi produttivi si sono articolati su dimensioni planetarie? Quindi il re-shoring sarebbe il regresso della globalizzazione? Mi sembra un po’ curioso. Il re-shoring o il back shoring sono del tutto compatibili con l’esistenza e lo sviluppo della globalizzazione. Vuol dire che abitudini, stili di vita, di consumo, forme di comunicazione sono comuni a tutto il mondo? Con la diffusione di Internet e della telefonia mobile, dei social e dei whatsapp, ormai tutto il mondo comunica allo stesso modo ma non significa affatto che gli stili di consumo siano simili. Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che la globalizzazione può convivere con fenomeni di ri-regionalizzazione, di neo-autarchie, e con tutta una serie di cose che noi non abbiamo ancora sperimentato (es. l’isolamento d’intere zone del pianeta dai collegamenti Internet) ma che sono ipotizzabili.

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Lanfranco Binni: L’imbroglio ucraino

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L’imbroglio ucraino

di Lanfranco Binni

img 1lkvftLo spettacolo osceno della guerra, la ripugnante pornografia dei suoi disastri (sì, ancora Goya) che tutto distruggono, senza tempo né luogo né ragioni, travolgendo vittime e carnefici in folli danze macabre arcaiche e postmoderne, impone con la forza delle sue immagini spietate e strazianti l’orgia totalitaria dell’autodistruzione, costi quello che costi, in un tripudio di armi e propaganda. L’imbroglio ucraino, inganno, groviglio e cortocircuito di strategie economiche e militari esplicite e occulte, sempre comunque iscritte in processi storici determinati dalla logica elementare delle cause e degli effetti, riserva oggi ai territori metropolitani dell’Europa quei trattamenti che il colonialismo e l’imperialismo occidentali hanno riservato e continuano a riservare ai popoli del mondo, il cibo del potere.

In Europa non è la prima volta. La dissoluzione dell’Unione sovietica accelerò la corsa delle potenze occidentali del sedicente “mondo libero” all’accaparramento di quell’immenso mercato, di quegli immensi giacimenti di materie prime, finalmente disponibili: la fiera dell’Est, un potenziale bengodi del libero mercato occidentale e locale; liquidato il riformismo di Gorbaciov con il colpo di stato di Eltsin, si sviluppò a tappe forzate (affari, corruzione, formazione di una nuova classe dirigente oligarchica) la definitiva disgregazione dello Stato sovietico e la sua riorganizzazione su un modello di satrapia inserita nelle strategie finanziarie occidentali.

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Claudio Conti – Usb: Blocco dei salari. Draghi pensa alla “soluzione finale”

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Blocco dei salari. Draghi pensa alla “soluzione finale”

di Claudio Conti – Usb

Sotto la cappa di piombo della guerra, il governo Draghi può tranquillamente preparare autentici golpe economoci e sociali, senza che nessuno ne sappia nulla fin quando non si vedono davanti agli occhi. Perché finalmente approvati da un Parlamento ridotto a schiacciabottoni.

Alcune notizie vengono comunque fuori, quasi per sbaglio o per disattenzione.

A Repubblica, ieri, il segretario della Cgil ha rilasciato un’intervista in cui si dichiara indisponibile a firmare un “blocco dei salari”. Il problema è semplice: nessuno sapeva che il governo (su richiesta, consiglio o ordine di Confindustria) stesse preparando un decreto per impedire che i salari e le pensioni vengano adeguati all’inflazione.

L’obiettivo è chiaramente criminale. Con un’inflazione accertata, nel mese di marzo, al 6,7% (quella europea è anche più alta, al 7,5), bloccare i salari significa togliere potere d’acquisto – in proporzione – a lavoratori e pensionati.

Per fare un esempio semplice: un modesto salario da 1.000 euro al mese permette già oggi di acquistare merci e servizi (le bollette!!) che prima compravamo con 930 euro.

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Francesco Corrado: La galleria degli orrori: il razzismo occidentale nelle parole e nei fatti

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La galleria degli orrori: il razzismo occidentale nelle parole e nei fatti

di Francesco Corrado

Siamo alle solite, le vicende del conflitto in Ucraina stanno mostrando al mondo quale sia il corrente stato della cultura, della politica e del giornalismo occidentale. I cittadini ridotti ad un livello adolescenziale di manicheismo: il bene (noi), contro il male (chiunque sia l’attuale nemico).

La semplificazione infantile delle vicende: Putin il sanguinario eccetera. Ma la cosa più usata per spingere i popoli europei verso il bellicismo ed il coinvolgimento in quella che viene definita la “nostra” guerra, è di rimarcare che sia in Europa: la prima guerra in Europa dal 1945.

Così vuole Biden, così ha ribadito Kamala Harris e così, per ubbidienza, si è espresso il nostro Mattarella, forse volendo far dimenticare che quando bombardavamo la Jugoslavia coi proiettili all’uranio impoverito lui era vice primo ministro.

I giornalisti hanno ubbidito e per far capire a quegli zucconi dei cittadini che la guerra è in Europa ci si è lasciati andare ad una narrazione che ha svelato l’animo suprematista occidentale.

Così nell’occidente che considera razzista chiunque non faccia ammenda per i propri privilegi bianchi (boh?), che considera razzista Calimero, o il formato di pasta “le Abissine” della Molisana o che considera Trump razzista solo perché voleva che gli elettori si presentassero al seggio con un documento d’identità, stiamo assistendo ad uno sfoggio di un sentimento, questo si davvero razzista, che ci sta allontanando dal resto del mondo.

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Carla Filosa: A chi i vantaggi della guerra. Risposta a Federico Rampini

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A chi i vantaggi della guerra. Risposta a Federico Rampini

di Carla Filosa

L’occasione di rispondere, per così dire, all’articolo di Federico Rampini sul Corriere dell’8 aprile 2022, dal titolo Gli Usa traggono vantaggio dalla guerra in Ucraina? Gli «equivoci pacifisti» sull’America, riapre l’autostrada già ampiamente praticata della “guerra mediatica” sempre in atto. La decisione di entrare nel merito degli argomenti trattati non riguarda aspetti personali del giornalista, per cui ad esempio appare nella satira di Crozza tra gli “autoriferiti”, ma emerge dalla necessità di riprendere il patrimonio teorico dei comunisti dispersi nella lettura anche di quest’ultima guerra, ultima forse non solo in ordine di tempo.

Innanzi tutto c’è da specificare, nel caso dell’articolo, che il genere di guerra delle informazioni è di classe, e non interno alla proletarizzazione “di sinistra”, anche se l’autore si colloca in quest’area variegata e multiforme. Si potrebbe forse considerare tra gli esponenti della borghesia “illuminata”, o meglio deputata alla confusione della ipotetica “sinistra” ormai tramontata nella perdita identitaria, e di chi ancora prova a resistere col bagaglio culturale una volta acquisito da classe dominata.

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Marco Cattaneo: L’inflazione odierna e i suoi equivoci

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L’inflazione odierna e i suoi equivoci

di Marco Cattaneo

L’inflazione, misurata sugli indici dei prezzi al consumo e ancora di più alla produzione, ha raggiunto livelli che la maggior parte degli economisti e dei commentatori non si attendevano. Io tra questi.

Abbondano quindi, comprensibilmente, le interpretazioni della situazione attuale che la attribuiscono all’”eccesso di stampa di moneta”. E qui vale però la pena di chiarire alcune cose.

“Stampare moneta” è qualcosa che in tutto il mondo occidentale si fa in modo massiccio e ininterrotto da quasi tre lustri (ancora di più in Giappone). In pratica, a partire dalla crisi finanziaria mondiale (fallimento Lehman Brothers) del 2008.

Chi afferma che l’inflazione è dovuta alla “stampa di moneta” dovrebbe spiegare (ma non è in grado di farlo) perché l’inflazione non sia assolutamente stata un problema fino al 2020. Anzi, le banche centrali, Federal Reserve e BCE per prime, continuavano a lamentarsi e a preoccuparsi perché l’inflazione era troppo BASSA, e perché non raggiungeva mai su base stabile il target del 2%.

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Fernanda Mazzoli: Zero in condotta

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Zero in condotta

di Fernanda Mazzoli

Zero in condotta agli insegnanti che non si conformano alle direttive ministeriali che richiedono di occuparsi sempre meno di insegnare e sempre più di promuovere condotte docili, irreggimentate. I docenti renitenti siano messi al bando

A ragion veduta, il ministro Bianchi ha ricordato alle maestrine d’Italia che il loro dovere è quello di «non smettere mai di fornire il corretto esempio» ai propri allievi. Pertanto, chi tale corretto esempio non lo ha dato, rifiutando di vaccinarsi, pur essendo riammesso a scuola dal primo aprile, in classe non potrà rientrare, in quanto tale rientro «avrebbe comportato un segnale altamente diseducativo», poiché «la violazione di un obbligo non può restare priva di conseguenze».[1]

Così, circa 4000 insegnanti dalla primaria alle Superiori, cui durante il periodo di sospensione previsto fino al 15 giugno non è stato corrisposto nemmeno l’assegno alimentare,[2] sono stati richiamati a scuola da un governo alle prese con le troppe contraddizioni dei propri decreti, con i ricorsi presentati davanti ai tribunali dalle vittime dell’insolito provvedimento e con l’imbarazzante unicità in Europa e non solo della misura adottata a dicembre.

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Domenico Moro: La guerra e il declino del re dollaro

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La guerra e il declino del re dollaro

di Domenico Moro

Guerra valutaria II 1L’effetto boomerang delle sanzioni sul ruolo egemonico del dollaro

La guerra è sempre più “senza limiti”, contemplando un’ampia gamma di misure e mezzi non letali ma comunque devastanti per gli stati e le popolazioni che ne sono oggetto. Tra i diversi tipi di guerra non letale c’è la guerra economica e finanziaria, che si declina anche come guerra valutaria, utilizzando le valute e gli scambi tra queste come strumento per piegare il nemico.

Gli Usa da tempo utilizzano il dollaro, che è la moneta di riserva e di scambio internazionale, come strumento di guerra e di pressione sui propri avversari. Quest’uso è particolarmente evidente nel conflitto tra l’Ucraina, sostenuta dagli Usa, e la Russia. Gli Usa hanno fatto in modo di espellere la Russia dal circuito Swift, che è un servizio di messaggeria necessario agli scambi internazionali di merci. In più, hanno bloccato le riserve in dollari detenute dalla Banca centrale russa e sottoposto la Russia a uno spettro di sanzioni che si allarga sempre di più e che coinvolge banche, singoli capitalisti, imprese, spazi aerei, viaggi. Tutto questo mira a colpire il rublo, svalutandolo e alimentando l’inflazione e portando la Russia al default del debito. Recentemente l’agenzia di rating Standard & Poor ha declassato il debito estero russo a causa di un “default selettivo”, perché Mosca ha pagato in rubli un bond denominato in dollari. Soprattutto, la Russia è minacciata dal blocco delle importazioni delle sue materie prime energetiche, da parte dell’Ue, che ne è il principale acquirente mondiale.

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Bruno Steri: Crisi ucraina: i punti qualificanti per una pace possibile

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Crisi ucraina: i punti qualificanti per una pace possibile

di Bruno Steri

ucraina nucleareFatti rimossi e sentimenti a corrente alternata

«(…) Questa guerra, come ha detto Lucio Caracciolo sulla rivista di geopolitica Limes, sarà ricordata come un “collasso dell’informazione”, intrisa com’è di bugie e omissioni. (…) Lo scorso 23 febbraio, la tivù satellitare Al Arabyia denuncia via Twitter un massacro: “10mila morti e 50mila feriti in Libia”, con bombardamenti aerei su Tripoli e Bengasi e fosse comuni. La fonte è Sayed Al Shanuka, che parla da Parigi come membro libico della Corte penale internazionale. La “notizia” fa il giro del mondo e offre la principale giustificazione all’intervento del Consiglio di Sicurezza e poi della Nato: per “proteggere i civili”. Non fa il giro del mondo invece la smentita da parte della stessa Corte Penale internazionale. (…) E la “fossa comune” in riva al mare? E’ il cimitero (con fosse individuali!) di Sidi Hamed, dove lo scorso agosto si è svolta una normale opera di spostamento dei resti. (…) I soldati libici sono sempre definiti “mercenari”, “miliziani”, “cecchini”. “I mercenari, i miliziani e i cecchini di Gheddafi violentano con il Viagra”: è stata l’accusa della rappresentante Usa all’Onu Susan Rice. Ma Fred Abrahams, dell’organizzazione internazionale Human Rights Watch, afferma che ci sono alcuni casi credibili di aggressioni sessuali (del resto il Governo libico e alcuni migranti muovono le stesse accuse ai ribelli) ma non vi è la prova che si tratti di un ordine sistematico da parte del regime».

Questo è ciò che scriveva il 14 giugno 2011 Famiglia Cristiana nel Dossier ‘Libia: e se fosse tutto falso?’, a proposito dell’attacco Nato alla Libia di Gheddafi. Potremmo aggiungere alla galleria dei ricordi più raccapriccianti la fialetta che Colin Powell agitò davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2003, a suo dire contenente antrace “iracheno”, per giustificare l’aggressione ad un Iraq additato come produttore di armi di distruzione di massa: una menzogna costata centinaia di migliaia di vittime civili.

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Maurizio Lazzarato: Guerra, capitalismo, ecologia

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Guerra, capitalismo, ecologia

Sui limiti di comprensione della filosofia ecologista

di Maurizio Lazzarato

0e99dc f074be12bf2448abb3f0af3b85b342b4mv2Pubblichiamo il primo di tre interventi programmati a opera di Maurizio Lazzarato sui temi della guerra in corso sulla soglia dell’Europa. Lazzarato, che ha già pubblicato lo scorso 7 marzo un testo a riguardo nella sezione «mundi» di Machina (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/la-guerra-in-ucraina-l-occidente-e-noi), è autore del recente libro L’intollerabile presente, l’urgenza della rivoluzione. Classi e minoranze, ombre corte. Nel 2019 DeriveApprodi ha pubblicato il suo Il capitalismo odia tutti. Fascismo e rivoluzione.

* * *

Di fronte alla guerra scoppiata in Ucraina, il filosofo ecologista Bruno Latour, è smarrito, sopraffatto dagli eventi: «Non so come tenere insieme le due tragedie», l’Ucraina e la tragedia del riscaldamento globale. L’unica cosa che afferma è che l’interesse per l’una non deve prevalere sull’interesse per l’altra.

Non riesce a cogliere la loro relazione, eppure sono strettamente legate perché hanno la stessa origine. Latour, per capirci qualcosa, dovrebbe prima ammettere l’esistenza del capitalismo, che è il quadro nel quale le due guerre emergono e si sviluppano.

La guerra tra Stati e le guerre di classe, di razza e di sesso hanno da sempre accompagnato lo sviluppo del capitale perché, dai tempi dell’accumulazione primitiva, sono le condizioni della sua esistenza. La formazione delle classi (degli operai, dei colonizzati, delle donne) implica una violenza extra-economica che fonda il dominio e una violenza che lo conserva, stabilizzando e riproducendo i rapporti tra vincitori e i vinti. Non c’è capitale senza guerre di classe, di razza e di sesso e senza Stato che ha la forza e i mezzi per condurle! La guerra e le guerre non sono delle realtà esterne, ma costitutive del rapporto di capitale, anche se da molto tempo sembra che ce ne siamo dimenticati. Nel capitalismo le guerre non scoppiano perché ci sono gli autocrati brutti e cattivi contro i democratici belli e buoni.

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Pierluigi Fagan: A Fra’ che tte serve?

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A Fra’ chette serve?

di Pierluigi Fagan

A Fra’ chette serve? Espressione colloquiale romana che riprende una celebre uscita del sottobosco andreottiano del tempo che fu, ma che è poi diventata esemplificativo di sistemi di potere corrotti. In origine il “Fra’” era un Franco (Evangelisti) ma in minuscolo sta per “fratello”. Cosa serve al fratello Zelensky? Lunga la lista delle sue necessità, più o meno è quello che Z. ed i suoi chiedono da cinquanta giorni, armi-armi-armi. Se ne può apprezzare il dettaglio dal minuto 1:07 dell’allegato (1) ma merita di esser visto tutto, è breve e significativo.

Z. fonda la sua narrazione sulla solidarietà democratica, “noi come voi, quindi voi con noi”. Ieri ho ripescato il Democracy Index, un monitoraggio portato avanti dal 2006 da The Economist su una valutazione a 60 domande sottoposte ad un panel di esperti, di cui mai si è conosciuta la vera expertise. A dire che il giudizio dato dalla ricerca è stato spesso contrastato da chi si professava democratico, ma non esattamente secondo i canoni della rivista liberale inglese. Ma è interessante vedere dove il The Economist bibbia del democraticismo liberale metteva l’Ucraina prima del febbraio 2022.

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Bergteufel BZ: Contro la guerra, contro la pace, contro lo Stato

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Contro la guerra, contro la pace, contro lo Stato

di Bergteufel BZ

Il testo che segue è la trascrizione, leggermente rivista, di un intervento a un’iniziativa antimilitarista a Bolzano, sabato 9 aprile. Proprio mentre lo pubblichiamo, scopriamo che martedì il Senato ha approvato, praticamente all’unanimità, una proposta di legge che istituisce la “Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini”. La giornata sarà il 26 gennaio (il giorno prima della giornata della memoria della Shoah!), e il fine – riporta il testo della legge – è quello di “conservare la memoria dell’eroismo dimostrato dal Corpo d’armata alpino nella battaglia di Nikolajewka durante la Seconda guerra mondiale [quindi nell’aggressione nazifascista alla Russia], nonché di promuovere i valori della difesa della sovranità e dell’interesse nazionale [!] nonché dell’etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano”. Pensiamo che si commenti da sé.

* * * *

Non vogliamo cimentarci in analisi geopolitiche, che tra l’altro lasciano spesso un senso di impotenza, per quanto necessarie. Ci premeva invece ribadire un paio di quelle che dovrebbero essere delle ovvietà e condividere un paio di considerazioni sparse su aspetti che forse possono apparire un po’ “laterali” rispetto al conflitto in corso ma che ci sembrano importanti.

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Domenico De Simone: Prospettive economiche per l’Italia con la guerra in corso

domenico de simone

Prospettive economiche per l’Italia con la guerra in corso

di Domenico De Simone

Lasciate perdere le sciocchezze che raccontano i politici nostrani che, pur di servire il loro padrone americano, sono capaci anche di farti credere che possiamo costruire in sei mesi impianti che producono energia dal metano delle latrine pubbliche (gli antichi vespasiani da ripristinare al più presto) e che gli asini volano (su questo, devo dire che non avrebbero tutti i torti, viste le fulminanti carriere di certi asini che “volano” nell’empireo della politica). D’altra parte, li avete votati e ora ve li tenete così come sono, ignoranti, voltagabbana, poltronari, ipocriti e servi del potere finanziario. Per chi vuole riflettere, offro in comunicazione questo report dell’ufficio studi del noto sito di complottisti e “novat-telappesca” (neologismo che propongo per indicare tutti quelli che non la pensano esattamente come il mainstream vorrebbe che (non) pensassero) che si chiama Banca D’Italia. In questo report, fottendosene delle minchiate dei politici, si dice chiaramente che se la guerra finisce domani mattina, la crescita del Pil dell’Italia si attesterebbe quest’anno intorno al 3% (rispetto all’ottimistico 4,2% delle precedenti previsioni), se durasse ancora due o tre mesi, la crescita sarebbe non superiore al 2%, e che se invece la guerra durasse a lungo, si entrerebbe per almeno due anni, in una spirale recessiva per cui il Pil calerebbe di almeno lo 0,5% all’anno.

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Vincenzo Costa: Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto

ilcomunista

Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto

di Vincenzo Costa

In questa guerra non si fronteggiano soltanto eserciti. Si fronteggiano due idee di Occidente. Si fronteggiano due possibilità su come pensare il mondo a venire: da un lato l’idea di un mondo unipolare, accentrato e diretto dall’Occidente, dall’altro l’idea di un mondo multipolare, variegato, fatto di molte culture, stili di vita, forme di organizzazione economica.

La guerra in Ucraina sta pertanto sollevando un problema di ordine generale, relativo a come pensare, in quanto occidentali, il nostro posto nel mondo e il nostro rapporto con l’altro dall’Occidente. Negli ultimi trent’anni questo “altro” ha assunto nomi continuamente diversi (l’Islam, la Cina, la Russia, forse l’India), ma una cosa è rimasta costante: lo abbiamo sempre rappresentato con le sembianze del “mostruoso”, dell’irrazionale, del patologico, dell’anormale, dell’arretrato. Rispetto a questo altro, su cui abbiamo proiettato tutte le caratteristiche del male assoluto, della malvagità e della mostruosità, emerge la nostra identità: noi siamo i buoni, il progresso, i diritti umani universali.

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Arianna Cavigioli: Pandemia e guerra in Ucraina: la gestione del consenso e lo sfruttamento dei corpi

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Pandemia e guerra in Ucraina: la gestione del consenso e lo sfruttamento dei corpi

di Arianna Cavigioli

Nella conferenza “I nuovi mostri. Virus e russi si aggirano in Occidente”, Andrea Zhok esordisce sottolineando una continuità nei metodi utilizzati dalla classe dominante per costruire consenso intorno alle modalità di gestione della crisi sanitaria e al modo in cui viene affrontato il conflitto in Ucraina. Dunque, quali sono i punti di contatto fra il discorso sulla pandemia e quello sulla guerra? Che tipo di operazioni politiche sono state messe in atto a seguito di queste due narrazioni?

 

Semplificazione e creazione del nemico

Come scriveva Antonio Gramsci nei Quaderni dal carcere l’egemonia “non è affatto un potere mite. Perché se anche non utilizza la forza, il consenso è ottenuto tramite strategie manipolative, indottrinamento, costruzione di falsi miti e narrazioni funzionali al consolidamento del potere dominante: agisce nella sfera psicologica/emotiva/ideologica anziché in quella fisica, e l’assenso che produce non è quindi libero né attivo ma eterodiretto e passivo”. I cosiddetti “commessi” del potere, ovvero i giornalisti di testate più connesse e allineate agli interessi della classe padronale sono stati più che mai recentemente complici di semplificazione, appiattimento del pensiero critico, delegazione tecnocratica, e soprattutto costruzione del nemico.

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