Le sanzioni per gli over 50 e le comunicazioni di avviso del procedimento sanzionatorio: che fare?

Una rassegna delle iniziative e soluzioni suggerite.

La c.d. normativa pandemica si è caratterizzata per il sovvertimento senza precedenti dell’ordine costituzionale vigente e la prevaricazione dei diritti individuali sacrificati sull’altare di logiche ed interessi economici e strategici ultronei, lontani da qualsivoglia assennatezza e aderenza alle esigenze sociali e sanitarie effettive della popolazione italiana.

In questa azione monolitica di annichilimento della ragione e delle voci dissenzienti, pur a fronte della cessazione di un illegittimo stato di emergenza, l’imposizione di un irragionevole obbligo vaccinale ad oltranza, basato sul mero dato anagrafico, rappresenta il colpo di coda di un regime che non cessa di manifestare la sua arrogante prepotenza.

La reazione a questo ennesima epifania della c.d. dittatura draghista non può che tradursi in una opposizione che denunci la gravità dei tentativi di profanazione della identità personale, fisica e spirituale e del processo di sorveglianza-punizione posto in essere con una azione mirata al ripristino dei principi costituzionali violati.

Per questi motivi, nell’operare un esame chiarificatore della normativa che prevede l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni, è essenziale ad avviso del CLN che, indipendentemente dalla risposta che si voglia o non si voglia dare alla raccomandata informativa di apertura procedimento, tutti gli ultracinquantenni colpiti rispondano con l’impugnazione al Giudice di Pace in modo da mostrare la forza numerica e la determinazione di chi dissente nel perseguire il ripristino della legalità.

Entrando nel merito, nella calza della Befana avevamo trovato, tramite il Decreto-legge n.1/2022, all’art.1 l‘“Estensione dell’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SArs-CoV-2” che modificando l’art.4 del Decreto-legge n.44/2021 (il pioniere dei testi legislativi sugli obblighi vaccinali) convertito nella legge n.76/2021, introduceva un vero e proprio obbligo vaccinale per una categoria generalizzata di persone, senza alcun riferimento a qualifiche o ruoli professionali specifici. Il 4 marzo scorso il Decreto-legge n.1/2022 è stato convertito nella legge n.18/2022 ed ha cristallizzato l’obbligo.

Ma cosa prevede la disciplina e come si può reagire di fronte a questa ennesima iniziativa governativa sorda ai principi costituzionali, ai dati epidemiologici e alle evidenze scientifiche ormai acclarate?

Il punto di riferimento sono le due norme così modificate dell’ormai famigerato Decreto-legge n.44/del 2021 (che apriva la strada agli obblighi vaccinali partendo dal personale sanitario) integrato e rimaneggiato più volte: l’art.4-quater “Estensione dell’obbligo di vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 agli ultracinquantenni” e l’art.4-sexies “Sanzioni pecuniarie”.

Il primo articolo precisa chi debba provvedere all’inoculazione degli (ancora) farmaci sperimentali: è sottoposto all’obbligo vaccinale chiunque abbia compiuto il cinquantesimo anno di età (anche in data successiva all’entrata in vigore della norma e sino al termine del 15 giugno 2022) e risieda nel territorio dello Stato italiano, sia esso cittadino italiano o degli altri Stati membri dell’Unione Europea, nonché straniero rientrante nella specifica disciplina che regola l’immigrazione.

La formula di rito consente la possibilità di sottrarsi all’obbligo vaccinale solo nel caso in cui vi sia la sussistenza di un accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale dell’assistito (medico di base) o dal medico vaccinatore nel rispetto delle circolari del Ministero della salute, che sono – come è ormai tristemente noto -particolarmente restrittive. Non solo, ma in questi casi la vaccinazione può essere omessa o anche solo differita. L’infezione da SARS-CoV-2 non salva dall’obbligo, ma determina il differimento della vaccinazione fino alla prima data utile prevista sulla base delle circolari del Ministero della salute.

Quindi, come era già intuibile, il tutto si gioca su date e termini di scadenza, oltre allo stato di salute del singolo individuo.

Il secondo articolo richiamato precisa le sanzioni pecuniarie in caso di mancata ottemperanza, e deve essere letto con attenzione per comprendere se e in quali termini si rientri nelle categorie di persone destinatarie della sanzione: a fronte di una apparente “leggerezza” dell’importo una tantum (100,00 euro), i presupposti per la comminazione della sanzione sono rigidamente “perequativi”, obliterando la distinzione tra persone vaccinate e non, e unendo l’intera popolazione sotto l’ombrello della vaccinazione a tappe forzate.

Più precisamente, la sanzione amministrativa andrà a colpire:

– chi alla data del 1° febbraio 2022 non abbia ancora iniziato il ciclo vaccinale primario;

– chi a decorrere dal 1° febbraio 2022 non abbia effettuato la dose di completamento del ciclo vaccinale primario nel rispetto delle indicazioni e nei termini previsti con circolare del Ministero della salute;

– chi a decorrere dal 1° febbraio 2022 non abbia effettuato la dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario entro i termini di validità delle certificazioni verdi COVID-19 già disciplinate.

Il tutto vale anche per l’inosservanza degli obblighi vaccinali previsti per le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, per i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie, per i quali il termine di obbligatorietà viene esteso al 31 dicembre 2022.

Ciò significa, ad esempio, che aver contratto il Covid 19 in data posteriore al 1° febbraio 2022 sarà fatto irrilevante e non potrà essere addotto come motivo di contestazione della sanzione in base alla normativa vigente. Ma su questo si tornerà più avanti.

La procedura di irrogazione viene effettuata dal Ministero della salute, per il tramite dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, che vi provvede sulla base degli elenchi dei soggetti inadempienti all’obbligo vaccinale periodicamente predisposti e trasmessi dal medesimo Ministero, anche acquisendo i dati resi disponibili dal Sistema Tessera Sanitaria,autorizzato al trattamento delle informazioni su base individuale inerenti alle somministrazioni acquisite dall’Anagrafe Nazionale Vaccini.

È stata, quindi, prevista una “tracciatura” dei soggetti sanzionabili tramite una corrispondenza di amorosi sensi tra banche dati diverse, che dovrebbe consentire – con l’incrocio dei dati sensibili e di quelli fiscali – una perfetta profilazione dei disobbedienti a vario titolo, con buona pace della cultura e della giurisprudenza formatasi in anni sotto la guida del Garante della Privacy.

Formate le liste di proscrizione, l’interessato riceverà una comunicazione a mezzo raccomandata (o PEC in taluni casi) con la quale il Ministero della salute, avvalendosi dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, comunicherà ai soggetti inadempienti l’avvio del procedimento sanzionatorio, indicando ai destinatari il termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione “per comunicare all’Azienda sanitaria locale competente per territorio l’eventuale certificazione relativa al differimento o all’esenzione dall’obbligo

vaccinale, ovvero altra ragione di assoluta e oggettiva impossibilità”.

Entro il medesimo termine, i destinatari daranno notizia all’Agenzia delle entrate-Riscossione dell’avvenuta presentazione di tale comunicazione.

La raccomandata in questione, trasmessa dal Ministero della salute, è una comunicazione che rientra negli obblighi previsti dalla normativa vigente nei casi in cui d’ufficio vi sia l’avvio di un qualche procedimento amministrativo. Questo rileva ai fini delle opzioni che spettano all’interessato.

Più precisamente, la comunicazione di avvio del procedimento rappresenta normalmente un efficace mezzo per consentire la partecipazione dei privati, in modo da permettere loro un’adeguata conoscenza degli interessi oggetto dell’attività amministrativa. In linea di principio, tale partecipazione non è solamente diretta a tutelare gli interessati, ma dovrebbe rappresentare una utilità anche per la Pubblica Amministrazione per il miglior esito del procedimento stesso.

Esaminiamo cosa prevede nel dettaglio la comunicazione di avvio del procedimento in questo caso.

Innanzitutto, ripropone quanto indicato dalla norma e specifica al destinatario che “entro il termine di dieci giorni dalla data di ricezione della presente potrà comunicare all’Azienda sanitaria locale competente per territorio l’eventuale certificazione relativa al differimento o all’esenzione dall’obbligo vaccinale, ovvero altra ragione di assoluta e oggettiva impossibilità“.

Il destinatario ha quindi un onere – non un obbligo – di dare riscontro alla comunicazione valutando la peculiarità della propria posizione e le possibili iniziative da intraprendere.

È previsto, infatti, che possa istaurarsi un “eventuale contraddittorio” a seguito della risposta fornita dal destinatario, all’esito del quale l’Azienda Sanitaria locale potrà decidere se vi sia o meno il presupposto per dichiarare nel caso specifico “l’insussistenza dell’obbligo vaccinale” e arrestare il procedimento sanzionatorio.

A fronte di tale dicitura, le voci dei giuristi hanno proposto un ventaglio di suggerimenti ed iniziative per far valere sin da subito la propria contrarietà all’obbligo stesso e alla fondatezza dei suoi presupposti.

Tentando di fare una rassegna delle soluzioni elaborate da più parti, in risposta alla comunicazione pervenuta, riprendiamo qui di seguito le principali, anche alla luce delle repliche già pervenute dall’Amministrazione.

– Contestazione dell’accertamento e istanza di accesso agli atti: in questo caso si punta sul fatto di voler acclarare in quale modo siano stati acquisiti i dati da cui la persona risulta sottoposta al procedimento sanzionatorio, consultando il fascicolo personale e chiedendo altresì di essere sentiti personalmente.

In realtà, già sappiamo che i presupposti per la procedura sanzionatoria emergono da una mera verifica anagrafica e dall’assenza di un riscontro vaccinale nel fascicolo sanitario: da qui la risposta dell’Amministrazione potrà limitarsi a richiamare la propria presa d’atto dei dati inseriti nel database del Sistema Tessera Sanitaria senza dover fornire ulteriori specificazioni.

– Istanza di autotutela: viene espressamente richiesta l’archiviazione del procedimento, anticipando sostanzialmente tutte le contestazioni di natura giuridica e medico-scientifica ad ampio spettro che saranno eventualmente in seguito oggetto specifico dell’impugnazione della cartella esattoriale avanti l’autorità giudiziaria. Questa iniziativa si basa, tuttavia, su presupposti che non si attagliano alla attuale procedura sanzionatoria, non avendo l’Amministrazione un potere discrezionale di valutazione, se non espressamente vincolato alla sussistenza dei presupposti per il caso singolo, che se non illustrati adeguatamente consentirebbero una risposta meramente formale di mancato adempimento di un onere in capo all’interessato.

– Diffida ad adempiere: si intima di non procedere oltre, ammonendo l’amministrazione dal proseguire per insussistenza dei presupposti normativi e/o medico scientifici alla base sia dell’obbligo vaccinale sia della conseguente procedura sanzionatoria. In questo caso il rischio è l’elusione dell’ammonimento, trattandosi di una procedura vincolata, per la quale l’Amministrazione ha precisi obblighi di legge cui non verrà meno per l’intimazione da parte del privato.

Tutte queste soluzioni – al di là di una sintetica classificazione – possono avere contenuti più o meno simili o più o meno ampi e personalizzati, ma si caratterizzano sostanzialmente per il desiderio di frenare, rallentare o semplicemente contestare i presupposti del procedimento posto in essere.

Ora, se è pur vero che i destinatari del preavviso-raccomandata potrebbero instaurare un “eventuale contraddittorio” presentando memorie scritte e documenti, dall’altro lato l’Amministrazione ha l’obbligo di valutarli ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento, e solo in questo caso rischiando l’illegittimità del provvedimento finale per difetto di motivazione (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 3224 del 21 maggio 2010). È necessario, infatti, ricordare che il perimetro di valutazione da parte della Pubblica Amministrazione (in questo caso della Azienda Sanitaria locale) è limitato, e ha per oggetto “l’eventuale certificazione relativa al differimento o all’esenzione dall’obbligo vaccinale, ovvero altra ragione di assoluta e oggettiva impossibilità”.

Allo stesso tempo le posizioni dei destinatari della comunicazione e della eventuale successiva sanzione possono essere estremamente eterogenee.

Sicuramente sarà nell’interesse di chi sia destinatario di una comunicazione “sbagliata”, per non rientrare nelle categorie degli inadempienti, comunicare prontamente la propria posizione “regolare”.

Analogamente, sarà nell’interesse di chi possa vantare un certificato medico di esonero o di rinvio della vaccinazione, in base alla normativa vigente, trasmetterlo come richiesto alla Azienda Sanitaria territoriale, comunicando l’adempimento all’Agenzia delle entrate-Riscossione.

Anche chi possa produrre una documentazione che attesti problemi di salute o eventi avversi intervenuti in seguito alla inoculazione di una prima o seconda dose di prodotti vaccinali avrà convenienza ad impostare un contraddittorio focalizzato sul rischio che la vaccinazione possa comportare e sulla necessità di evitare o differire la vaccinazione stessa, nonché sulla conseguente assenza dei presupposti per la sanzionabilità.

Altra posizione è quella di chi non disponga di strumenti per procedere in tal senso, di chi, cioè, non possa che opporre il proprio dissenso.

In questa ipotesi (ma non è escluso nemmeno per le altre in caso di diniego) non vi è alcuna preclusione nel decidere di non fare seguito alla comunicazione utilizzando i suggerimenti posti a disposizione e di riservarsi ogni contestazione – la più articolata possibile – al momento in cui sopraggiunga la sanzione, tramite cartella esattoriale, e impugnandola avanti l’autorità giudiziaria.

Si tratta di una scelta personale, in questo caso, che non pregiudica in alcun modo l’iniziativa successiva.

Nel caso di risposta, con eventuale allegazione di documentazione medica, alla comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio il responsabile del procedimento o l’autorità competente saranno tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego, indicando, i motivi ostativi relativi alle osservazioni e alla documentazione presentata.

A titolo di esempio, si riporta una risposta già pervenuta dall’Azienda Sanitaria territoriale veneta in riscontro al fatto di aver contratto la malattia in data successiva al 1° febbraio 2022: “Nel merito si precisa che la S.V. non ha rispettato le prescrizioni stabilite dall’art. 4 sexies del D.L. n. 44/2021 alla data o a decorrere dal 1° febbraio 2022, e non ha trasmesso la documentazione idonea a certificare il differimento o l’esenzione dall’obbligo vaccinale, ovvero altra ragione di assoluta e oggettiva impossibilità. Pertanto, questa Azienda non può trasmettere all’Agenzia delle entrate-Riscossione alcuna attestazione relativa all’insussistenza dell’obbligo vaccinale o all’impossibilità di adempiervi con ogni conseguente effetto.”

Il timore è che le comunicazioni in risposta alle varie istanze di autotutela e/o diffide possano essere mere comunicazioni formali e asettiche di diniego, e che non entrino efficacemente nel merito, risultando tamquam non esset, o agevolino in qualche modo la profilazione del soggetto, che appare non del tutto compiuta ad oggi a fronte dell’avvenuto riscontro di comunicazioni non pertinenti e corrette.

Nel caso di diniego dell’Azienda sanitaria locale competente, che quindi non confermi l’insussistenza dell’obbligo vaccinale o l’impossibilità di adempiervi, l’Agenzia delle entrate-Riscossione notificherà, entro centottanta giorni dalla relativa trasmissione, un avviso di addebito, con valore di titolo esecutivo.

Nei confronti dell’avviso di addebito – che è la vera e propria sanzione- l’interessato potrà fare opposizione davanti al Giudice di Pace (di residenza del ricorrente), in contraddittorio con l’Avvocatura dello Stato, dove potranno essere fatte valere tutte le innumerevoli contestazioni ed eccezioni in fatto e in diritto riguardanti la normativa vigente e le motivazioni contrarie in ambito medico-scientifico, e consentendo di sollevare in via incidentale le eccezioni di costituzionalità relative agli obblighi vaccinali per troppo tempo eluse dalla Corte Costituzionale.

Vi è da tener presente – anche se del ricorso davanti al Giudice di Pace si parlerà ampiamente e più diffusamente mettendo a disposizione un apposito ricorso articolato – che la persona destinataria della sanzione potrà agire in giudizio anche senza l’assistenza di un legale, contenendo i costi della procedura.

Al di là della spesa per l’iscrizione a ruolo (43 euro), nel caso di “soccombenza” cioè di rigetto del ricorso, l’interessato dovrà pagare la sanzione, e solo nello specifico caso in cui il Giudice di Pace non compensi le spese (fatto piuttosto infrequente) ci si potrà trovare costretti a pagare le spese legali dovute alla controparte, che tuttavia in base all’art.91 c.p.c. non potranno mai superare la somma di 100,00 euro, dato il valore della sanzione.

A fronte delle osservazioni fin qui formulate, possiamo concludere che chi come noi sia in totale dissenso rispetto alla normativa che prevede l’obbligo vaccinale, se da un lato potrà in piena libertà valutare l’opportunità o meno di rispondere alla comunicazione preventiva in base alla propria posizione soggettiva, dall’altra non potrà che condividere l’iniziativa di impugnare l’eventuale sanzione, non solo per una questione di principio, ma altresì per le mille ragioni giuridiche e sanitarie che potranno essere illustrate e opposte davanti ad un Giudice nella convinzione che la nostra voce venga ascoltata e rivendicata.


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