[Sinistrainrete] Sergio Cararo: La fabbrica della “russofobia” in Occidente

Il nostro paese e l’Occidente sono in preda ad una evidente sindrome di russofobia. Potrebbe apparire tale ma non è una novità. Non lo è sicuramente per le leadership e le società europee e, di conseguenza, neanche per quelle statunitensi.

Colpisce il fatto che la Russia possa essere zarista o socialista, capitalista o nazionalista, ma alla fine in Europa scatta comunque il demone russofobico. Da dove nasce questo pregiudizio che troppo spesso è diventato contrapposizione frontale o guerra?

Prima di arrivare all’isteria a cui stiamo assistendo in queste settimane c’è una lunga storia da conoscere, ragione per cui prendetevi il tempo necessario per conoscerla.

Le radici della russofobia in Europa

C’è un interessante libro di Guy Mettan edito dalla Teti “Russofobia. Mille anni di diffidenza”, che aiuta a capire molte cose.

Per molti aspetti la russofobia ha qualcosa in comune con l’antiebraismo ossia un antico “documento” – ritenuti quasi unanimemente dei falsi storici – che ne dimostrerebbe la intrinseca natura aggressiva e dominatrice. Nel caso delle comunità ebraiche sarebbe il “Protocollo dei Savi di Sion” (tra l’altro si dice elaborato proprio nella Russia zarista). Nel caso della Russia sarebbe addirittura il “Testamento di Pietro il Grande”, fatto arrivare in Europa, e poi pubblicato e utilizzato in Francia durante l’invasione napoleonica della Russia.

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Giancarlo Ghigi: La cancellazione del nemico

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La cancellazione del nemico

di Giancarlo Ghigi

Le campagne russofobe non hanno nulla a che fare con l’anticolonialismo. Perché nessuno potrà rimuovere il passato delle storie intrecciate di Russia e Ucraina senza smarrire sé stesso. E scoprirsi vinto

russia jacobin italia 1536x560Autocrate maligno!
Te, il tuo trono disprezzo,[…]
Sulla fronte tua si legge
della condanna del popolo il sigillo.
Tu, orrore del mondo, della natura
vergogna, d’esser Dio in terra è l’accusa.
Libertà – Aleksandr Seergevič Puškin,1817

«Zio Vasya» sembra quasi uno scemo di guerra seduto lì a terra, così. Pare intontito davanti a quel piccolo fuoco improvvisato tra gli scheletri di metallo arrugginiti. Il suo sguardo si è perso, è stato rapito dalle piccole fiamme che avvolgono le bruciature nerastre che appannano il fondo d’una caffettiera di rame. Indossa un vecchio colbacco con la stella rossa, ha come arma solo un vecchio e pesante fucile di cinquant’anni fa. Zio Vasya assedia con gli altri miliziani della Repubblica Popolare di Doneck le rinomate officine dell’Azovstal che sono ancora occupate dagli ultimi soldati e paramilitari di Kiev, laggiù, tra le rovine dei sobborghi di Mariupol. Chiede al corrispondente occidentale che gli passa accanto se vuole bere della vodka con lui, ma il giornalista resta interdetto, sa che gli alcolici sono severamente proibiti nelle zone di combattimento. «Zio Vasya può bere», gli confermano gli altri. Quell’anziano di Kostantinovka infatti ha saputo solo ieri che suo figlio, il figlio che non vede da sette anni, è lì dentro, sta con quelli di Azov, sta proprio con i nemici che lui e gli altri stanno assediando ai cancelli della fabbrica. Così quel padre non ci capisce più niente. Sta da solo, seduto su una cassa di munizioni, fissa inebetito il fondo bruciato d’una caffettiera, niente sarà mai più come prima.

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Maurizio Lazzarato: Trasformare le differenze in opposizione

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Trasformare le differenze in opposizione

Anna Curcio intervista Maurizio Lazzarato

0e99dc 8141b375eaa248fab75aaee8b7407307mv2Con il discorso della guerra sullo sfondo, in questa intervista a partire dal suo nuovo libro L’intollerabile presente, l’urgenza della rivoluzione. Classi e minoranze (ombre corte 2022), Maurizio Lazzarato affronta alcuni dei nodi irrisolti dell’agire politico rivoluzionario. In particolare, discute la necessità di ripensare il concetto di classe in relazione alla questione della razza e del genere. Attinge da un archivio teorico-politico eterogeneo, eterodosso rispetto alla sua formazione, e mette a critica le micro-politiche della relazione e la (connessa) spoliticizzazione delle differenze per interrogare il pensiero strategico capace trasformare le differenze in opposizione.

L’intervista, che si sviluppa seguendo gli snodi tematici proposti dal titolo del libro, si apre discutendo del presente. Cos’è che rende intollerabile il nostro presente?

* * * *

Guerre e rivoluzione

In una serie di articoli recenti pubblicati su questa rivista, hai discusso della guerra: un tema che nel libro fa da proscenio alla «catastrofe che si annuncia»; l’enunciato di questo presente intollerabile. Quale rapporto esiste (oltre le evidenze della situazione in Ucraina) tra la guerra e il presente?

Nel 2016, insieme a Eric Alliez, abbiamo pubblicato Wars and Capital per ricordare e ricordarci quello che negli ultimi cinquant’anni anni sembravamo aver dimenticato: che non c’è Capitale senza lo Stato e senza la guerra tra stati e senza le guerre di classe, razza e sesso. Con la prima guerra mondiale, le guerre si modificano radicalmente perché sono strettamente intrecciate con il capitale.

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Agata Iacono: Vaccini Covid e le prove scientifiche: messa a nudo in Parlamento la tragica gestione Speranza

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Vaccini Covid e le prove scientifiche: messa a nudo in Parlamento la tragica gestione Speranza

di Agata Iacono

Nel silenzio assordante dei media, asserviti ormai da più di due anni al pensiero unico, si è svolto un convegno veramente eccezionale alla Camera lo scorso venerdì, 6 di maggio.

Organizzato dall’onorevole Francesco Sapia (commissione Sanità) del partito Alternativa, e dal CMSi, Commissione Medico Scientifica indipendente, (che ha sempre chiesto, senza risposta, un confronto con il Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute), il convegno rappresenta una pietra miliare della nuova fase del dibattito sul Covid, sull’efficacia dei vaccini, sul ‘green pass’, sugli effetti collaterali avversi, sulla gestione della Pandemia.

Il convegno, dal titolo “Vaccinazione nella prevenzione dell’infezione da Sars-CoV2, ai guariti e ai bambini: che cosa dicono oggi le prove scientifiche?“, inaugura infatti la terza fase, di fatto, del processo di analisi e sintesi nel dibattito internazionale sulla gestione della Pandemia, grazie alla concomitanza di tre variabili intervenienti “nuove”.

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coniarerivolta: La fredda primavera del lavoro

coniarerivolta

La fredda primavera del lavoro

di coniarerivolta

L’aprile che abbiamo vissuto non è di certo quello che sognavamo ad inizio anno, tra una guerra che non mostra segnali di arresto, una pandemia che ancora produce morte, e le bollette di gas e luce che continuano a galoppare. In questo quadro, tutt’altro che sereno, una notizia sembra riportare una ventata d’aria fresca per il mondo del lavoro: l’ISTAT ha appena calcolato che nel 2022 i salari nominali cresceranno dello 0.8% rispetto allo scorso anno. Per quanto sia una crescita flebile, verrebbe da tirare una boccata d’ossigeno, in quanto questo dato sembrerebbe indicare che i lavoratori, nonostante tutto, stiano preservando i propri standard di vita.

Purtroppo, non è così. Infatti, la crescita media delle buste paga non sarà sufficiente a compensare la crescita dei prezzi. A riprova di ciò, la stessa ISTAT stima per il 2022 un aumento del costo della vita (la temutissima inflazione) del circa il 6%: tradotto, se i salari nominali crescono di un non nulla, i prezzi dei beni e dei servizi comprati dai lavoratori crescono sensibilmente, sei volte tanto, con una conseguente perdita di potere d’acquisto di circa il 5%.

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Il nazismo, figlio legittimo dell’imperialismo occidentaleAndrea Zhok:

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Il nazismo, figlio legittimo dell’imperialismo occidentale

di Andrea Zhok

Oggi in Russia e in molti altri paesi viene celebrata la commemorazione “Бессмертный полк” (Reggimento Immortale), rievocazione e festeggiamento della vittoria nella “Grande Guerra Patriottica” (così chiamano i russi il conflitto contro i nazisti nella seconda guerra mondiale tra il 1941 e il 1945).

Il 9 maggio 1945 è infatti la data della firma della resa tedesca (il “giorno della Vittoria”).

Questa, come tutte le celebrazioni, ha anche una funzione politica e propagandistica, e non c’è dubbio che il governo russo ne faccia uso “pro domo sua”.

Tuttavia, diversamente da altre, questa celebrazione è cresciuta di seguito popolare in Russia e in molti paesi dell’ex Unione Sovietica negli ultimi anni.

Ciò che sta avvenendo, e che l’attuale situazione in Ucraina alimenta in modo cospicuo, è una sovrapposizione – storicamente discutibile, ma emozionalmente potente – tra l’opposizione russa all’imperialismo nazista e la resistenza russa all’imperialismo occidentale (cioè americano).

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Francesco Scatigno: Guerra in Ucraina: le ragioni e le soluzioni secondo Noam Chomsky

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Guerra in Ucraina: le ragioni e le soluzioni secondo Noam Chomsky

recensione di Francesco Scatigno

Noam Chomsky: Perché l’Ucraina, Ponte alle Grazie, 2022

 

La guerra in Ucraina sembra essere nata dal nulla, viene raccontata dai media in tempo reale ma non è permesso spiegarne la complessità delle ragioni storiche. Noam Chomsky lo fa egregiamente in questo libro senza cercare giustificazioni o attenuanti per il crimine di guerra che rappresenta l’invasione intrapresa da Putin.

 

Perché l’Ucraina?

Perché l’Ucraina è un libro straordinario per diverse ragioni. Innanzitutto il libro è la raccolta di sette interviste a Noam Chomsky, quasi tutte realizzate tra il febbraio e la fine di marzo del 2022. Perché l’Ucraina è il punto di vista di un grande pensatore su temi attualissimi, realizzato in tempo reale. Dall’ultima intervista (24 marzo) alla pubblicazione (21 aprile) è passato meno di un mese.

In secondo luogo Noam Chomsky è uno dei massimi esperti sul ruolo dei media in occidente ed uno dei maggiori critici della politica estera statunitense. Il suo è un pensiero lucidissimo, nonostante i suoi 93 anni, ed utilissimo a comprendere il ruolo degli Stati Uniti nella guerra russo-ucraina. Chomsky si definisce anarchico.

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Piotr: Geopolitics is back: no endgame!

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Geopolitics is back: no endgame!

di Piotr

russia natoFinalmente cadono le maschere dei “valori” e riprende il proscenio la cruda realtà degli “interessi”, motore autosufficiente della geopolitica e di tutte le sue guerre (e chi muore per gli ideali R. I. P.).

Il quadro ora è chiaro e anche un cieco lo può vedere.

Il 26 aprile scorso gli USA hanno chiamato a rapporto nella base militare di Ramstein (che è in Germania ma è territorio statunitense) 40 Paesi alleati in tutto il mondo per ordinargli di aiutare l’Ucraina in quella che prevedono sarà una “lunga guerra” (ci saranno consultazioni mensili). Il segretario alla Difesa, Austin, ha detto papale papale che se i Russi vincono nel Donbass «l’ordine internazionale finisce». E ha avvertito che «la posta in gioco va oltre l’Ucraina e persino oltre l’Europa» (“the stakes extend beyond Ukraine – and even beyond Europe”).

Traduzione in Italiano corrente: «Se l’Ucraina non vince militarmente, non riusciremo a indebolire la Russia, e men che meno a balcanizzarla, e quindi poi non riusciremo a sconfiggere la Cina». E l’Europa risponde da Bruxelles: «Vogliamo che l’Ucraina vinca questa guerra» (Ursula von der Leyen al Parlamento Europeo). Perché altrimenti salta la tabella di marcia statunitense.

Una tabella di marcia che preoccupa una “bibbia” statunitense di politica estera, Foreign Affairs, che esprime le sue preoccupazioni addirittura per bocca di Pechino: «[Il governo cinese] vede ora Washington come voler deliberatamente inasprire la guerra per perpetuarla, e così indebolire sia la Russia che la Cina» (“[The Chinese government] now sees Washington as deliberately escalating the war in order to perpetuate it, thereby weakening both Russia and China»”)[1].

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Alessandro Visalli: Michael Brenner, “American dissent on Ukraine is dying in darkness”, ovvero “tempi da canaglia”

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Michael Brenner, “American dissent on Ukraine is dying in darkness”, ovvero “tempi da canaglia”

di Alessandro Visalli

FakeNel blog “Scheerpost”, un sito collettivo da tenere d’occhio, è riportata un’intervista[1] di Robert Scheer[2] all’anziano professor Michael J. Brenner[3], illustre professore emerito di Affari internazionali presso la Università di Pittsbourgh, e prima della John Hopkins e Direttore del Programma Studi Globali e Relazioni Internazionali dell’Università del Texas, poi insegnante a Stanford, al Mit, ad Harvard.

L’ottantenne professore avvia la conversazione raccontando un’esperienza personale: come usa a molti da anni diffondeva analisi politiche sulla situazione mondiale ad una selezionata mailing list di corrispondenti. Avendo condiviso analisi sulla crisi ucraina non corrispondenti alla linea ufficiale ha ricevuto un tale violento tenore di risposte da essere costretto a concluderne che la società americana “non è in grado di condurre un onesto, logico, ragionevolmente informato discorso sulla questione”. In altre parole, non esiste su questi temi una reale sfera pubblica, sostituita da fantasia, falsificazioni, fabbricazioni di informazioni, faziosità e aggressione. Il crollo dell’infrastruttura della democrazia liberale arriva al punto che uscire dalla linea, anche parlando con corrispondenti storici legati da vincoli di rispetto e amicizia, comporta immediati attacchi personali.

Questo lo vediamo benissimo anche in Italia, sono “tempi da canaglia”, come ebbe a dire Lillian Helman[4] durante il McCartismo.

Bisogna notare che quel che Brenner ha fatto, nel suo post incriminato, non è niente altro di quel che ogni buon accademico dovrebbe fare normalmente: porre domande. Ovvero, come dice il conduttore, “quel che ha fatto tutta la vita”.

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Angelo D’Orsi:La spettacolarizzazione della guerra e la fabbrica del falso

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La spettacolarizzazione della guerra e la fabbrica del falso

Alba Vastano intervista Angelo D’Orsi

new normalUn biennio di pandemia. Una guerra ad un nemico invisibile quanto letale. Ne usciamo, forse, da questa guerra che ha mietuto vittime in tutto il Pianeta. Ed è di nuovo guerra, ma questa volta il nemico, i nemici, sono fin troppo visibili e belligeranti. ‘ Non ci si ferma, finchè l’obiettivo non è raggiunto’. E’ un mantra radicato nei neuroni deformati di chi ha sete di potere . Ed è braccio di ferro fra i due leader contendenti la vittoria. In mano a questi uomini assetati di potere personale la pace che può scaturire dai negoziati non è fondamentale, tanto quanto portare la palma della vittoria a casa. Intanto sui luoghi di guerra si bombarda e si spara, si muore, si fugge, si vive in bunker senza acqua e cibo. Muoiono civili, muoiono giovani combattenti di entrambe la nazionalità. Si muore a 18 anni, per una guerra che giovanissimi, a volte ancora imberbi, buttati sul campo per fare il gioco crudele della guerra, probabilmente non capiscono e non condividono.

Intanto dalle lussuose stanze dei bottoni dei palazzi del potere i lorsignori della guerra non si fermano, anzi si accaniscono maggiormente nello spietato gioco mortale a chi ha più potere e armi più letali, tanto da rischiare una escalation senza ritorno. La guerra si trasforma in derby con tifoseria mondiale. E vi si affianca un’altra guerra a latere, ma altrettanto micidiale. E’ la guerra alla verità. E’ la perversa e tossica fabbrica delle notizie contraffatte, delle fake news che ci propinano i media h.24, per suscitare morbosità e scatenare le tifoserie mondiali contro il nemico, decretato da diversi capi di Stato aderenti alla Nato il number one dei malvagi, l’invasore, il folle, il criminale. Intorno a questa guerra alla verità si affolla e spunta, come funghi parassiti, un popolo di informatori, di tuttologi, di esperti disfunzionali e di parte, di conduttori di talk show che accendono i microfoni a lungo all’opinionista che fa gioco al sior paron. Chi contesta viene silenziato e, a volte, anche dileggiato.

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Lucio Caracciolo: Liquidare la Russia e isolare la Cina

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Liquidare la Russia e isolare la Cina

di Lucio Caracciolo (12.04.2021)

Anche questo articolo di Lucio Caracciolo, uscito nell’aprile 2021, dieci mesi prima delle vicende belliche in Ucraina, come anche aveva anticipato Manlio Dinucci nel suo Rand Corp: come abbattere la Russia – Manlio Dinucci, ci riporta a dover valutare bene le argomentazioni tanto care alla propaganda bellicista occidentale.

Una su tutte quella relativa alla causa scatenante e nello stesso tempo incontrovertibile che inchioda e zittisce brutalmente chiunque osi anche solo minimamente mettere in discussione la possibilità di una pace possibile:

“c’è un aggressore e c’è un aggredito”.

Se anche si accetti questa categorica affermazione, ma cercando di argomentare qualche distinguo valido e conseguente, si viene tacciati per “filorussi” anzi peggio “filoputin”, in una logica intransigente giocata su “buoni e cattivi” a prescindere da tutto.

Noi non sappiamo quale evoluzione prenderà la vicenda bellica ma non dobbiamo in nessun modo sottovalutare i rischi estremi che questa potrebbe avere in futuro per tutti noi. (il collettivo)

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Ryan Zickgraf: Il problema è Twitter, non Elon Musk

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Il problema è Twitter, non Elon Musk

di Ryan Zickgraf

Il dibattito sui social media e i loro padroni ha un limite sostanziale: dà per scontato che queste piattaforme siano destinate a rimanere per sempre l’epicentro della comunicazione tra persone

A sentire le lezioni del brusio liberal, l’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk non è solo una cattiva notizia: è una catastrofe. «L’acquisizione di Musk potrebbe rappresentare un passo significativo verso il crollo della democrazia», dice un tweet. Elizabeth Warren sostiene che l’accordo sarebbe «pericoloso per la nostra democrazia«».«Col senno del poi potremmo dire che Twitter ha messo l’ultimo chiodo nella bara alla possibilità di affrontare il cambiamento climatico», afferma un altro tweet. Un altro ancora si lamenta del fatto che stare su Twitter prima di Musk era come festeggiare in una sala da ballo di Berlino «al crepuscolo della Germania di Weimar».

Ricapitolando: la democrazia è morta, il cambiamento climatico è inarrestabile, l’inferno è vuoto e tutti i diavoli stanno arrivando su Twitter perché l’ha comprato l’uomo più ricco del mondo. Ma il vero patto col diavolo è quello che abbiamo siglato quando abbiamo migrato il nostro discorso pubblico sulle piattaforme dei social media.

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Storia Segreta: La protezione del vaccino è pari a zero, secondo i dati ufficiali ISS

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La protezione del vaccino è pari a zero, secondo i dati ufficiali ISS

di Storia Segreta

Ha fatto scalpore il provvedimento di giovedì 28 aprile del Tribunale di Padova (giudice Dott. Roberto Beghini) in cui, accogliendo il ricorso di un’operatrice sanitaria, si è affermato che la garanzia offerta del vaccino è “pari a zero”.

Da dove ha tratto il giudice questa convinzione?

Semplice, dai dati ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità.

L’ISS infatti si è arreso. Dopo aver cercato per mesi di nascondere la verità, più o meno ispirato da input governativi, cosa che questo blog ha puntualmente stigmatizzato (qui, qui, qui, qui e qui), non ha più trovato espendienti tecnici per ‘trattare’ i dati al fine di far emergere una supposta utilità dei vaccini.

Oggi, anche dai ufficiali, l’utilità dei vaccini per evitare il contagio del Covid è, nella migliore delle ipotesi, pari a zero. Nella peggiore, come probabilmente vedremo nei prossimi mesi, sarà negativa.

Dalla tabella e dal grafico, che riporta visivamente gli stessi numeri, si può constatare che la percentuale dei vaccinati che si ammalano è la stessa della percentuale dei vaccinati tra la popolazione.

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Salvatore Bravo: Odessa, 2 maggio 2014

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Odessa, 2 maggio 2014

di Salvatore Bravo

L’Ucraina è definibile “una situazione balcanica”, in quanto è una nazione che ha all’interno una serie di “nazioni minori”: russi, rumeni, polacchi ecc. Le tensioni tra le minoranze e gli ucraini di lingua ucraina sono aumentate con l’ingerenza occidentale e russa. L’ingerenza statunitense mediante la NATO ha condotto l’Ucraina ad essere paese satellite dell’occidente, non più stato autonomo o cuscinetto tra due sistemi e culture, ma è divenuto strumento di lotta geopolitica tra potenze. Per ottenere l’indebolimento dello stato, ci si infiltra all’interno, lo si colonizza e si soffia sul fuoco di tensioni antiche. Il rischio è la sconfitta di tutti gli attori in campo, poiché la razionalità strumentale comune a tutti i protagonisti è sempre astratta, si pone obiettivi, mette in campo mezzi, ma elimina dal proprio immaginario razionale le variabili non controllabili e non prevedibili. L’onnipotenza deve sempre scendere a patti con la realtà geopolitica e il suo disordine incontrollabile. Il rischio è la sconfitta finale delle superpotenze e degli alleati che ambiscono al controllo delle materie prime ucraine.

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