Di Shireen Abu Akleh, la giornalista palestinese uccisa dai soldati israeliani, dalle nostre parti, non si parla quasi più. Figuriamoci. Il governo israeliano è potente e “Israele è la sola democrazia in Medio Oriente” ripetono orde di sepolcri imbiancati.
Israele occupa militarmente e illegalmente i territori palestinesi? E chissenefrega! Israele pratica da anni apartheid? Che importa! Israele si oppone al riconoscimento dello Stato di Palestina? Amen.
Se Shireen Abu Akleh fosse stata una giornalista ucraina assassinata da un cecchino russo quante se ne sarebbe parlato? Ma dei palestinesi non frega nulla a nessuno.
Intanto le inchieste (giornalistiche perché Israele non vuole aprire nessuna inchiesta sul comportamento dei suoi soldati) vanno avanti, quanto meno all’estero. E ormai appare acclarato che Shireen non sia caduta per via di una raffica di mitra. No, è stata colpita, deliberatamente, da un cecchino. Volevano assassinarla dunque. Probabilmente proprio perché era un donna simbolo per tutto il popolo palestinese. Il popolo dimenticato. Il popolo con meno diritti al mondo.
Oltretutto non è la prima volta. Scrive Catherine Cornet su Internazionale: “Secondo la International federation of journalists (Ifj), dal 2000 le forze israeliane hanno ucciso almeno 46 giornalisti palestinesi, mentre Reporter senza frontiere ha registrato più di 140 abusi da parte israeliana contro giornalisti palestinesi da quando sono cominciate le proteste a Gaza, nel marzo del 2018”.
E in tutto ciò Assange marcisce in carcere. Evviva le liberal-democrazie, evviva l’occidente, luogo sicuro per i giornalisti…quanto meno per quelli che non alzano troppo la testa mettendosi a tiro di un cecchino.
29/05/2022