14esimo giorno di “Paro” in Ecuador e si registra un’altra vittima della repressione a Quito, Henry Quezada ucciso da una bomba a pallettoni di gomma lanciata dalla polizia nel corso di manifestazioni di piazza presso il parco de l’Arbolito.
Ieri una marcia pacifica “encabezada” da un nutrito gruppo di donne indigene è partita dalla Casa della Cultura, finalmente liberata dall’occupazione “militare” della polizia, per dirigersi verso l’Assemblea nazionale. Il corteo è stato respinto con lacrimogeni e “perdigones”. Si registra anche uso di armi da fuoco da parte della polizia.
Ieri sembrava che ci fossero le premesse per l’apertura del dialogo, sopratutto dopo la decisione di liberare la Casa della Cultura e permettere lo svolgimento del Parlamento de los Pueblos, organo sovrano per decidere sui prossimi passi della mobilitazione.
Affiorano anche diverse posizioni tra chi è in piazza, dove con molta probabilità, come anche denunciato dalla CONAIE sono presenti anche infiltrati con l’obiettivo di alzare il livello dello scontro.
C’è chi chiede la destituzione del Presidente Lasso (opzione sostenuta anche da UNES, (correisti, con il loro leader l’ex-presidente Rafael Correa che al caldo del suo appartamento in Belgio accusa Leonidas Iza di essere un traditore vista la sua disponibilità al dialogo) e Partito SocialCristiano attraverso una petizione parlamentare che però non dovrebbe avere i numeri sufficienti), e chi invece oltre a riconfermare il carattere pacifico e nonviolento delle mobilitazioni (CONAIE ed altri) insiste sul negoziato sui 10 punti della piattaforma di mobilitazione.
E poi crescono le manifestazioni della borghesia e delle oligarchie cittadine, con le loro camicie bianche, che chiedono pace sociale e protestano contro le mobilitazioni. A Cuenca sono stati denunciati casi di uso di armi da fuoco contro indigeni da parte di partecipanti alle contromanifestazioni.
La colonia riaffiora nelle loro parole ed in quelle dei media, che rispolverano termini razzisti e coloniali verso i popoli indigeni.
Di fronte alla repressione violenta e l’incapacità manifesta del governo di aprire un tavolo di trattativa affidabile, crescono le voci di chi chiede una destituzione del Presidente Lasso. Circolano voci secondo le quali quest’eventualità sia caldeggiata anche da Washington, preoccupata della debolezza dell’attuale governo anche a fronte della vittoria di Gustavo Petro in Colombia.
Intanto in Amazzonia, cresce il numero di pozzi petroliferi occupati da comunità indigene, oltre 200 tra cui di recente quello del Bloque 10 di Campo Villano a suo tempo dell’AGIP ora non più presente nel paese, e che si è lasciata dietro una pesante eredità di contaminazione e impegni non rispettati verso le comunità.
da: Osservatorio Repressione
23/06/2022
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