[Sinistrainrete] Ascanio Bernardeschi: La parabola dell’economia politica

L’ultimo articolo su Marx riguarda la spiegazione della crisi economica e le leggi di movimento del modo di produzione capitalistico: concentrazione e centralizzazione dei capitali, finanziarizzazione, polarizzazione della ricchezza e impoverimento relativo dei lavoratori. Qui la parte I, qui la parte II, qui la parte III, qui la parte quarta

97570b1315a96c3f4a203c16a45c2b14 XLLe cause delle crisi

Ai tempi di Marx, gli economisti borghesi ortodossi erano convinti che la crisi non potesse esistere. Ciò vale non solo per l’economia volgare, ma anche per i primi, grandi economisti classici. Secondo Adam Smith, per esempio, i meccanismi del mercato sono perfetti: dobbiamo il nostro benessere all’egoismo degli operatori economici e alla mano invisibile del mercato, mentre lo Stato, per non compromettere questo idillio, dovrebbe limitarsi a svolgere alcune funzioni, pur importanti, quale l’istruzione, la difesa ecc., astenendosi dall’interferire nell’economia.

David Ricardo, da parte sua, aderisce alla cosiddetta legge di Say, o legge degli sbocchi, secondo cui le crisi generali di sovrapproduzione sono impossibili in quanto ogni offerta di prodotti crea la propria domanda. Possono esserci quindi solo sovrapproduzioni settoriali, non generali, e per i brevi periodi necessari al raggiungimento di un equilibrio tra domanda e offerta.

Nei precedenti articoli abbiamo avuto occasione di esporre la confutazione marxiana della legge di Say e quindi la possibilità della crisi.

Tuttavia essa, per Marx, non è solo possibile, ma necessaria, un dato fisiologico del modo di produzione capitalistico, è anche il modo violento con cui tale sistema economico risolve le sue contraddizioni. Quindi occorre esporre gli argomenti di Marx che spiegano come questa possibilità sia anche effettualità. L’argomento fondamentale è che il profitto, la valorizzazione del capitale, l’accumulazione di ricchezza astratta, è l’unico scopo perseguito dai capitalisti e che essi interrompono la loro attività, tolgono il denaro dalla circolazione, non lo reinvestono in attività produttive, lo tesaurizzano o lo investono in attività puramente finanziarie e speculative, quando non ci sono le condizioni per una sua sufficiente remunerazione, innescando effetti a catena per cui le disgrazie di qualche capitalista si ripercuotono con un effetto domino su altri capitalisti che vedono restringere la loro fetta di mercato.

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Massimo Canella: Chakrabarty, “Clima, storia e capitale”

inchiesta

Chakrabarty, “Clima, storia e capitale”

Invito alla lettura

di Massimo Canella

Dipesh Chakrabarty: Clima, Storia e Capitale, Nottetempo, 2021

711qcjwvudl“Finora la maggior parte delle nostre libertà sono state ad alto consumo energetico. Il periodo della storia umana solitamente associato a ciò che noi oggi riteniamo essere le istituzioni della civiltà – l’avvio dell’agricoltura, la fondazione delle città, l’emergere delle religioni conosciute, l’invenzione della scrittura – ha avuto inizio circa diecimila anni fa, proprio quando il pianeta stava passando da un periodo geologico, l’ultima era glaciale o Pleistocene, al più recente e caldo Olocene. Noi dovremmo essere nell’Olocene: ma la possibilità del cambiamento climatico antropogenico ha sollevato la questione della sua fine. Ora che gli umani – grazie al nostro numero, all’utilizzo di combustibili fossili e ad altre attività collegate – sono diventati un agente geologico sul pianeta, alcuni scienziati hanno proposto che dovremmo riconoscere l’inizio di una nuova era geologica: un’era in cui gli umani agiscono come i principali fattori determinanti dell’ambiente del pianeta. Il nome che hanno inventato per questa nuova epoca geologica è Antropocene” (Dipesh Chakrabarty, “Clima Storia e Capitale”, Milano 2021, p. 69-70).

Nei densi articoli pubblicati nel 2009 e nel 2014 su Critical Inquiry a proposito del riscaldamento globale, pubblicati da Nottetempo di Milano nel 2021 col titolo “Clima Storia e Capitale”, oltre che in numerosi interventi successivi compreso il volume collettaneo su “La sfida del cambiamenti climatico. Globalizzazione e Antropocene” pubblicato in traduzione nel 2021 da Ombrecorte di Verona, Denis Chakrabarty svolge argomentazioni che sostengono:

1) l’impossibilità di continuare a trattare separatamente storia naturale e storia umana, che induce a una critica radicale delle correnti filosofie della storia e dello statuto che gli storici ritengono conveniente al proprio ambito disciplinare;

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Michele Castaldo: Dugin o non Dugin

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Dugin o non Dugin

di Michele Castaldo

Aleksandr Dugin 2Scrivo queste note prendendo spunto dalle polemiche di alcuni interventi su sinistrainrete.info circa l’utilità di leggere o meno Dugin. Dico subito che molte domande ed altrettante risposte sono mal poste. Chi mi conosce sa che non vado per il sottile e sono solito affrontare le cose di petto, come dovrebbe fare chiunque ama richiamarsi alle ragioni del comunismo.

Anche un uomo di destra può dire cose interessanti? Posta in astratto la domanda chiunque può dire delle cose interessanti, anzi Pirandello dice che per conoscere certe verità di un villaggio bisogna ascoltare il personaggio ritenuto « lo scemo del villaggio », ma Dugin non è « lo scemo del villaggio » e se si apre un dibattito sulle sue tesi vuol dire che le questioni che stanno a monte sono molto più complicate di come le vogliamo rappresentare. Non meniamo il can per l’aia e veniamo perciò alla questione teorica a monte. Prometto di non fare sconti e parto con un esempio.

Molti compagni della mia generazione (i canuti nei paraggi degli ottanta ormai) hanno letto La città del sole di Tommaso Campanella, il filosofo calabrese vissuto tra il ‘500 e il ‘600. Un filosofo apprezzato e stimato. Bene. Ne La città del sole quando parla della procreazione – cito a memoria – indica un criterio di selezione della specie umana, ovvero che i figli devono essere generati da coppie sane preventivamente accertate. Un criterio molto prossimo a Campanella lo esprimeva Hitler, o i filosofi di regime del nazionalsocialismo tedesco. Il nazionalismo tedesco è stato eletto a « male assoluto », mentre Tommaso Campanella continua a essere stimato nella sinistra come un grande filosofo idealista.

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comidad: L’auto-colonialismo deflazionista dell’Italietta

comidad

L’auto-colonialismo deflazionista dell’Italietta

di comidad

Un po’ di sano realismo dovrebbe metterci in guardia quando ci viene attribuita troppa importanza, dato che, come è noto, del nostro parere non gliene frega niente a nessuno. Tutta questa attenzione dei media e dei sondaggisti circa l’opinione degli Italiani sull’invio di armi all’Ucraina, quindi sa molto di espediente per veicolare altri messaggi. Come ci è stato spiegato dal segretario della NATO Stoltenberg, la guerra sarà “lunga”. Lunga quanto? Probabilmente finché gli farà comodo farci credere che una guerra in corso ci sia. Se qualcuno obietta all’invio di armi, dicendo che così si allunga la guerra, a Stoltenberg gli va bene, perché è proprio alla guerra lunga che dobbiamo credere fideisticamente. Mentre risulta irrealistica la prospettiva di una prosecuzione della mitica “resistenza ucraina” (ammesso che ancora ci sia), si fa invece sempre più concreta l’eventualità di uno scontro nucleare con la Russia, dato che la UE e la NATO procedono in base ad un automatismo irresponsabile.

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Andrea Fumagalli: L’ossessione della politica monetaria restrittiva

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L’ossessione della politica monetaria restrittiva

di Andrea Fumagalli

Uno dei fattori che ha portato l’ideologia neoliberista a conquistare l’egemonia nel pensiero economico a partire dagli anni Ottanta è stata la credenza (non si può usare altro termine, “fede” sarebbe eccessivo) di una diretta relazione tra crescita dell’offerta di moneta e aumento dei prezzi. Sulla base degli studi di Milton Friedman (e di Anna Schwartz: le donne vengono sempre dimenticate), a partire dal 1963, quando i due economisti di Chicago pubblicano A Monetary History of the United States, le analisi econometriche confermano una qualche relazione positiva tra espansione dell’offerta di moneta e crescita del livello di prezzi. Ma nessun studio è in grado di affermare che l’eventuale aumento dei prezzi sia esclusivamente causato da una politica monetaria espansiva. L’inflazione infatti può avere diverse cause, a seconda che si osservino le variabili dell’offerta o le variabili della domanda.

A prescindere da ciò, occorre ricordare che sino al 15 agosto 1971 erano in vigore gli accordi di Bretton Woods, che, oltre a sancire il ruolo del dollaro come unica valuta di riserva internazionale, imponevano un rapporto di parità fissa tra lo stesso dollaro e l’oro (35$ per oncia d’oro), definendo in tal modo una unità di misura rigida, seppur convenzionale, del valore della moneta.

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Federico Dezzani: Kaliningrad, Odessa ed i rapporti di forza nei mari marginali

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Kaliningrad, Odessa ed i rapporti di forza nei mari marginali

di Federico Dezzani

 

Mentre nel sud-est dell’Ucraina prosegue l’avanzata russa, un nuovo focolaio di tensione sembra accendersi sul versante opposto dell’Europa: la Lituania, infatti, ha deciso in via unilaterale di istituire un blocco ai danni di Kaliningrad, enclave russa sul Mar Baltico. Più i russi rafforzano la presa sul Mar Nero, maggiore diventa la pressione delle potenze marittime anglosassoni a settentrione. Come i missili anti-nave impatteranno sul corso della prossima guerra.

 

La linea Kaliningrad-Odessa

Uno degli aspetti più interessanti della guerra per procura che si svolge in Ucraina tra russi ed anglosassoni è certamente la sua capacità di produrre effetti concomitanti nel Mar Nero e in quello Baltico, come già sottolineato nel nostro articolo sull’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO (adesione ancora osteggiata da Recep Erdogan, ma di fatto già avvenuta grazie al patto di assistenza militare siglato tra Londra ed i due Paesi scandinavi).

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Fabio Mini: Le nostre armi sono il suicidio assistito dell’Ucraina

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Le nostre armi sono il suicidio assistito dell’Ucraina

di Fabio Mini

Mentre in Europa e negli Usa il dibattito politico sulla guerra langue a favore di quello interno, l’analisi del conflitto tende a concentrarsi su domande legittime, ma che non hanno risposta: quando finirà e chi vincerà? La situazione sul terreno e i risultati della tattica vengono oscurati dalla politica e dalla strategia, o meglio dalla pseudo strategia, perché senza conoscere cosa succede sul terreno è anche difficile parlare di strategia e di operazioni militari. E quando si deve parlare di tattica gli analisti e i generali o i generali analisti devono cedere il podio ai colonnelli che assieme ai capitani e ai caporali sono da sempre le tre C maiuscole della guerra guerreggiata. Il colonnello Markus Reisner dell’esercito austriaco è capo del Dipartimento ricerca e sviluppo dell’accademia Militare Teresiana e dall’inizio della guerra pubblica in Rete un aggiornamento sulle operazioni militari in Ucraina. È chiaro, didatticamente perfetto, le sue analisi si basano su fonti aperte ucraine e occidentali e si distaccano notevolmente dal cosiddetto mainstream.

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nlp: Showdown a 5 Stelle

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Showdown a 5 Stelle

di nlp

La scissione della corrente di Luigi di Maio dal movimento 5 stelle segna una tappa importante nella storia del cartello elettorale fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Certo, molti sostengono che si tratti, più che di una tappa, di un capolinea caratterizzato dallo showdown, dalla resa dei conti tra l’attuale leader del movimento, ed ex presidente del consiglio, Giuseppe Conte e il ministro degli esteri, Luigi Di Maio.

Su quest’ultimo aspetto bisogna andarci cauti, i cartelli elettorali non hanno un fine vita preciso basta ricordare che, dopo le dimissioni di Umberto Bossi, la Lega toccò i minimi storici per poi, qualche anno dopo, arrivare oltre il 35 per cento alle europee. C’è un piano di fluttuazione per i cartelli elettorali, si pensi al Pd arrivato oltre il 40 per cento per poi dimezzarsi in poco tempo, del quale bisogna sempre tenere conto in una situazione sociale in continua mutazione che esprime il voto secondo criteri di opinione molto volatili. Sicuramente oggi è difficile scommettere sul movimento 5 stelle, o sulla forma che magari assumerà in futuro, visto che da anni è in dinamica centrifuga e, al momento, non si vede un gruppo dirigente in grado di sostituire quello storico che, nel frattempo, ha imboccato mille direzioni.

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Alessandra Ciattini: Le scelte paradossali e ipocrite dei paesi imperialisti

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Le scelte paradossali e ipocrite dei paesi imperialisti

di Alessandra Ciattini

Nonostante tutti i tentativi l’Unione Europea non riesce a rendersi indipendente dalle risorse energetiche russe e tutte le conseguenze negative delle sue scelte nefaste ricadono su noi lavoratori

d74775ff1c813a8a489fb902a67abb87 XLSe disinformare oggi vuol dire affermare qualcosa che i media dominanti non rendono noto, stiamo facendo disinformazione, ne siamo perfettamente consapevoli e ce ne assumiamo tutte le responsabilità. Arriviamo addirittura a citare, tra le altre, fonti russe, anche se questo non significa automaticamente che apprezziamo la Russia attuale, così come si è strutturata con la dissoluzione dell’Urss, le cui straordinarie risorse hanno sollecitato gli appetiti degli imperialisti, che pensavano di potersene approfittare senza colpo ferire. E Infatti hanno guidato la mano dei cosiddetti oligarchi a far man bassa delle proprietà collettive, appropriandosene di una parte consistente, frazionata in pacchetti azionari, e controllando direttamente il rilevante apparato militare ex sovietico. Purtroppo per loro questo processo distruttivo ha avuto termine, la Russia ha ripreso nelle proprie mani il suo destino e si è riaffacciata sullo scenario internazionale facendo presenti i suoi interessi, come fanno tutte le grandi potenze, anche se li nascondono dietro la retorica dei valori e degli ideali, la cui consistenza è più fragile della neve al sole.

Naturalmente non ci richiameremo solo a fonti russe, ma faremo dei parallelismi per verificarne l’attendibilità. Invitiamo “i guardiani della verità” a rispondere con degli argomenti ai nostri argomenti, anche per evitare di fare la figura pietosa della Sarzanini, che non è stata capace di rispondere alle semplici domande postele da Giorgio Bianchi e Manlio Dinucci sulla loro “attività disinformativa”. Sappiamo bene che l’invito è inutile, ma la buona creanza e la logica ci ispirano; sappiamo anche che i suddetti guardiani hanno ragione solo perché hanno dalla loro parte la forza, ossia lo straordinario apparato mediatico, che però comincia a convincere sempre meno persone.

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Finimondo: Figli di Eichmann?

finimondo

Figli di Eichmann?

di Finimondo

SCARPONERUOTA«L’ingenua speranza ottimistica del diciannovesimo secolo, quella secondo cui con la crescita della tecnica cresce automaticamente anche la “chiarezza” dell’uomo, dobbiamo cancellarla definitivamente. Chi oggi si culla ancora in una tale speranza, non solo è un semplice superstizioso, non solo è un semplice relitto dell’altroieri […] quanto più alta è la velocità del progresso, quanto più grandi sono gli effetti della nostra produzione e quanto più è intricata la struttura dei nostri apparati, tanto più rapidamente la nostra immaginazione e la nostra percezione non riescono a stargli dietro, tanto più rapidamente cala la nostra “chiarezza” e tanto più diventiamo ciechi»

Gunther Anders, Noi figli di Eichmann (1964)

La nostra concezione della storia è rimasta fondamentalmente lineare. A dispetto di mostruose smentite quali Auschwitz o Hiroshima, rapidamente rimosse grazie all’incoscienza macchinica, il mito del progresso ha retto bene negli ultimi decenni. Si è mostrato in grado di incassare colpi, di accettare di includere qualche sfumatura e ancora oggi sembra perfettamente attrezzato per resistere al disincanto ispirato dalla catastrofe climatica che sta accelerando sotto i nostri occhi. «Sotto i nostri occhi» forse non è una bella espressione, essendosi creato da molto tempo un «dislivello» tra le azioni che svolgiamo all’interno dell’apparato produttivo e le conseguenze di tali azioni. Non perché siano impercettibili, troppo insignificanti per essere individuate dai nostri sensi e dalla nostra mente, ma al contrario, perché sono diventate troppo enormi.

L’ondata di caldo — un eufemismo che traduce bene la limitatezza del linguaggio, e quindi della nostra capacità di rappresentare le cose nell’ambito del sensibile e del razionale — che si sta oggi abbattendo su vaste aree del globo è tristemente indicativa a tale proposito.

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Dario Fontana: La nocività del lavoro all’epoca della produzione digitalizzata

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La nocività del lavoro all’epoca della produzione digitalizzata

Un libro di Dario Fontana. Intervista all’autore

0e99dc 0498038aed384715a65d5fe15ba5b333mv2Negli anni più recenti sono state pubblicate alcune ricerche, nel campo delle scienze sociali (nella fattispecie, la sociologia del lavoro), che pure focalizzate su realtà in divenire o ancora in parte da indagare (e dunque quanto mai «attuali»), comunicano una sensazione di proficua inattualità, laterali come sono (per categorie utilizzate e postura di ricerca) dal senso comune che orienta gli interessi più diffusi dei ricercatori. Digitalizzazione Industriale. Un’inchiesta sulle condizioni di lavoro e salute (Franco Angeli, 2021) di Dario Fontana è una di queste. Il bersaglio dell’indagine è condensato nel titolo del volume, che restituisce i risultati di una ricerca pluriennale, realizzata con un impianto metodologico solido, un lavoro in profondità sulle dimensioni analitiche e sull’operazionalizzazione delle variabili, tecniche di analisi multivariate, a supporto di risultati che potrebbero risultare intuitivi, ma apparirebbero paradossali per quanti si avvicinassero ai materiali trattati con il filtro delle idee dominanti sul rapporto tra cambiamento tecnologico e lavoro. Superfluo consigliarne la lettura agli addetti ai lavori e ai praticanti di studi organizzativi e del lavoro, ma anche a sindacalisti, militanti, attivisti, medici, se non fosse per la barriera del costo (l’editoria scientifica ha le sue regole, che non possono essere imputate ai ricercatori!).

* * * *

Il rapporto tra scienza, tecnologia, organizzazione e contenuto del lavoro, ma potremmo altrimenti parlare di nessi tra conoscenza, potere e sfruttamento, ha occupato uno spazio centrale nell’esperienza del movimento operaio e fino a qualche decennio addietro (retaggio del lungo ’68 italiano e del residuo egemonico che ancora esercitava sul mondo intellettuale) anche all’interno delle scienze sociali.

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Pierluigi Fagan: Dove va la Francia?

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Dove va la Francia?

di Pierluigi Fagan

La fotografia realistica dell’esito elettorale francese dice che: a) non c’è una maggioranza parlamentare; b) al momento non si vedono possibilità di coalizione; c) tra le qualità di Macron non c’è la capacità di mediazione e gestione articolata a grana fine. Ne consegue un quadro generale di instabile transizione. Il macronismo ovvero l’idea di resettare il quadro politico diviso in fazioni partitiche tradizionali (novecentesche) con un nuovo blocco un po’ di destra, un po’ di sinistra, in definitiva essenzialmente liberale e soprattutto la sostituzione della forma tradizionale partito con quella del leader assoluto che trascina un indistinto gruppo di follower, sembra giunto al termine della sua limitata parabola. È recuperabile questo esito?

Forse lo sarebbe in teoria, ma nel realismo pratico del caso sembra molto improbabile per tre ragioni.

La prima ragione è l’effetto sangue sui pescecani. Sinistra, destra e centro-destra repubblicano (soprattutto) hanno tutti sofferto la prima stagione del fenomeno Macron. Si sono leccati le ferite, si sono variamente riorganizzati, ora vedono gli effetti di questa loro nuova capacità politica.

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Michael Hudson: Il programma di austerità della Fed per ridurre i salari

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Il programma di austerità della Fed per ridurre i salari

di Michael Hudson

Per Wall Street e i suoi sostenitori, la soluzione a qualsiasi inflazione dei prezzi è ridurre i salari e la spesa sociale pubblica. Il modo ortodosso per farlo è spingere l’economia in recessione al fine di ridurre le assunzioni. L’aumento della disoccupazione obbligherà i lavoratori a competere per lavori che pagano sempre meno man mano che l’economia rallenta.

Questa dottrina della guerra di classe è la prima direttiva dell’economia neoliberista. È la visione a tunnel dei manager aziendali e dell’One Percent. La Federal Reserve e il FMI sono i suoi lobbisti più prestigiosi. Insieme a Janet Yellen al Tesoro, la discussione pubblica sull’inflazione odierna è inquadrata in modo da evitare di incolpare l’aumento dell’8,2% dei prezzi al consumo alle sanzioni della Nuova Guerra Fredda dell’amministrazione Biden contro petrolio, gas e agricoltura russi, o sulle compagnie petrolifere e altri settori che usano queste sanzioni come pretesto per imporre prezzi di monopolio come se l’America non avesse continuato ad acquistare gasolio russo, come se il fracking fosse aumentato e il mais non fosse stato trasformato in biocarburante. Non ci sono state interruzioni nella fornitura.

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Miguel Martinez: Sessanta Hiroshima, ma non preoccupatevi per le radiazioni

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Sessanta Hiroshima, ma non preoccupatevi per le radiazioni

di Miguel Martinez

L’altro ieri, in piazza Santa Maria Novella, ho sentito Francesco Cappello raccontare la storia dei rigassificatori. Credendo che le sparasse un po’ troppo grosse, sono andato a controllare. No, le cose stanno proprio come dice lui.

Una mia premessa:

Nell'essenziale, gli europei sono ricchi, perché sono i migliori aggeggioni del mondo.

Ma non hanno risorse: quelle le devono prendere con le buone o le cattive, al resto del mondo, altrimenti collassano. 

L'impero olandese, quello britannico, quello francese, il fascismo, il nazismo e l'Unione Europea, a diversi gradi di gentilezza e diplomazia, hanno
tutti funzionato così.

Fino a pochi mesi fa, l'Europa alimentava la sua fiorente economia con il gas russo. Poi ha deciso di sanzionare la Russia, con
l'obiettivo di chiudere del tutto i rubinetti, azione in cui i russi stanno anticipando l'Europa, pare.

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Alfonso Gianni: Da Ovest ad Est. La transizione egemonica mondiale

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Da Ovest ad Est. La transizione egemonica mondiale

di Alfonso Gianni

Oggi e domani il presidente cinese Hi Jinping ospita un vertice, seppure in forma virtuale, dei Paesi Brics ( Brasile, Russia, India Cina e Sudafrica). La riunione verte sulla promozione della partenships per avviare una nuova era di sviluppo globale. Venerdì l’incontro sarà dedicato al progetto di costruire relazioni economiche sostenibili tra i Brics e altre economie emergenti. Partecipano, oltre al Presidente del paese ospitante, Vladimir Putin, Naredna Modi, Jair Bolsonaro e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. Almeno stando alle comunicazioni ufficiali. Ma non c’è dubbio che il tema di fondo sarà la guerra russo-ucraina e i cambiamenti che essa sta producendo a livello geopolitico e dell’economia mondiale. L’acronimo – divenuto Brics dopo il 2010 con l’inclusione del Sudafrica, venne creato una ventina di anni fa dall’economista britannico Jim O’Neil, allora presidente della Goldman Sachs Asset Management. Erano gli anni ruggenti della globalizzazione capitalistica e l’obiettivo era quello di estendere l’egemonia nordamericana sulle economie emergenti. Ora la situazione si è rovesciata. La riunione di Pechino avviene all’insegna di una sfida geopolitica alla decadente primazia mondiale statunitense.

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Tonino D’Orazio: Le sottigliezze della retorica di sinistra

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Le sottigliezze della retorica di sinistra

di Tonino D’Orazio

Il fatto sconcertante è che molti intellettuali di sinistra “rispettati” sono in realtà guardiani dell’impero. Opposizione controllata. Tra queste persone, l’anticomunismo e l’antisocialismo sono profondi e le mezze verità sono abilmente brandite per rivendicare un’elevata imparzialità.

Mentre i media cosiddetti liberali e conservatori – tutti al soldo delle agenzie di intelligence – riversano la propaganda più sfacciata su Russia e Ucraina, così evidente che diventerebbe comica se non fosse così pericolosa, gli autoproclamati intenditori ingeriscono anche messaggi più sottili, spesso da media alternativi.

Esiste un ottimo esempio di resoconto fuorviante, in cui la verità si mescola con le bugie per trasmettere una narrativa “liberale”, che sostiene fondamentalmente le élite al potere mentre sembra combatterle. Questa non è una novità, ovviamente, dal momento che questo è il modus operandi di tutti i media aziendali, ciascuno a suo modo ideologico e spesso disonesto, come The New York Times, CBS, The Washington Post, The New York Daily News, Fox News, CNN, NBC, ecc. da molto tempo. Anche quelli di stato come la Pravda.

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