[Sinistrainrete] Nico Maccentelli: Arcobalenite

Riguardo la dichiarazione di intenti che nella cordata Manifesta-De Magistris riunisce tutto il gotha della sinistra cd di classe, non posso non fare alcune osservazioni. Chi mi conosce sa che io provengo dall’area che ha in Potere al Popolo! l’ultima significativa espressione politica di un percorso iniziato anni fa e poi confluito in PaP insieme alla compenente napoletana che aveva dato vita dal CS Je so’ pazzo, a questa organizzazione. Se ben mi ricordo, prima con ROSS@, poi con Eurostop, l’elemento strategico della politica antagonista messa in campo era la rottura con l’UE e l’uscita dalla NATO, nell’ipotesi di costruire un’area Euromediterranea, la cd ALBA Euromediterranea.

Or bene, già nella dialettica interna alla nuova formazione la rottura con l’UE si era stemperata in una più blanda rottura con le politiche neoliberiste della medesima, a dire che tutto sommato poi questa architettura oligarchica ed élitaria si potesse riformare: un vecchio tormentone rifondarolo che ha condotto di sconfitta in sconfitta quegli spezzoni che si mettevano insieme elettoralmente sin dai tempi della lista Arcobaleno. L’ultimo scazzo è stato sul rapporto con la CGIL. Ma ritengo questo aspetto del tutto secondario e una conseguenza di scelte politiche fallimentari già a monte.

A monte poiché l’aver completamente ignorato le vaste lotte sociali contro le restrizioni pandemiche degli ultimi due anni e passa, costituisce un vulnus insormontabile. Diventa insormontabile l’autoreferenzialità di una politica circoscritta alle proprie aree di riferimento, mentre i “sovranisti”, persino componenti politiche già esistenti o createsi nel corso della lotta e derubricate dai nostri a “terrapiattisti”, “novax”, “fascisti” e chi più ne ha più ne metta, si muovevano come pesci nell’acqua in un vasto movimento di massa che raccoglieva ampi settori popolari a partire dal precariato che sia delle libere professioni o del lavoro subordinato.

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Mauro Armanino: Dissociazioni vaticane

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Dissociazioni vaticane

di Mauro Armanino

Dissociare: V. tr. [dal lat. dissociare, der. di socius «compagno», col pref. dis1] (io dissòcio, ecc.). – 1. Separare, scompagnare idee, cose, o anche persone, che stanno o si pensano comunemente insieme: d. il concetto di solidarietà da quello di patria; d. le forze; d. le proprie responsabilità, dichiarare di non condividere le opinioni e le azioni di qualcuno del proprio gruppo; nel rifl., staccarsi, dividersi da altri, soprattutto in questioni ideologiche: dissociarsi da un’organizzazione (di cui si faceva parte); dissociarsi dalle opinioni, o dalle proposte, della maggioranza; mi dissocio dalla tua iniziativa, non intendo farne più parte. (Dalla Treccani in linea)

Diab61. La moneta vaticana

La serie è composta da 8 monete, sul rovescio ci sono le caratteristiche tecniche uguali per tutti i paesi aderenti alla moneta unica europea. Sul dritto è raffigurato lo stemma di Papa Francesco, Sovrano dello Stato del Vaticano, la scritta “Città del Vaticano” e dodici stelle. La serie è disponibile in due versioni: la prima con la moneta da 20 euro in argento e la seconda con la moneta in oro da 50 euro. La moneta in argento da 20 euro, opera di Chiara Principe, è dedicata ad un argomento attuale che sta molto a cuore a papa Francesco: le cure per contrastare la pandemia e la necessità di vaccinarsi. Sulla moneta sono raffigurati un medico, un infermiere e un ragazzo che è pronto a farsi iniettare il vaccino. Il Santo Padre ha più volte sottolineato l’importanza della vaccinazione, ricordando che la cura della salute è “un obbligo morale” ed è importante “proseguire lo sforzo per immunizzare anche i popoli più poveri”… (https://www.ilsussidiario.net/news/nuova-moneta-da-20-euro-del-vaticano-medico-e-infermiere-iniettano-vaccino-covid/2361854/)

Ecco come è introdotta la moneta vaticana. L’immagine mi era stata segnalata da Martin Steffens, giovane filosofo francese, critico dell’attitudine ufficiale della gerarchia ecclesiastica sulle politiche riguardanti la gestione dell’epidemia Covid. (https://www.republicain-lorrain.fr/culture-loisirs/2021/07/06/martin-steffens-philosophe-alerte-sur-les-risques-d-une-societe-masquee).

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Vittorio Morfino: Intersoggettività o transindividualità

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Intersoggettività o transindividualità

Materiali per un’alternativa

di Vittorio Morfino

Claire Fontaine Untitled Thank you 2004 800x750Arriva in questi giorni in libreria, per manifestolibri, il saggio di Vittorio Morfino, Intersoggettività o transindividulità, un libro che ripercorre alcuni momenti chiave del pensiero filosofico moderno e contemporaneo leggendoli alla luce dell’alternativa tra le categorie di intersoggettività e transindividualità, tra una filosofia che pone lo spazio di interiorità dell’ego come un prius logico e ontologico e una che pensa in modo radicale la costitutività delle relazioni. Si tratta di un libro importante nel panorama del pensiero politico contemporaneo: una critica puntuale della categoria di intersoggettività letta come espressione di una filosofia dell’individualismo possessivo. Ne anticipiamo qui alcuni passi tratti dall’Introduzione, avvertendo il lettore che rispetto all’originale è stato alleggerito l’apparato di note per rendere più agevole la lettura online. Ringraziamo l’autore e l’editore per la disponibilità.

* * * *

I termini “intersoggettività” e “transindividualità” sembrano ricoprire uno spazio semantico simile: il primo indica, attraverso il prefisso “inter”, la relazione che intercorre tra i soggetti, il secondo attraverso il prefisso “trans” designa questa stessa relazione, ma facendo riferimento all’individuo. Certo, si potrebbe marcare la differenza sottolineando che la preposizione “trans” indica non solo uno spazio “tra”, ma anche un attraversamento e un andare oltre. Resta il fatto che la differenza tra i due termini nel loro significato comune è assai labile e difficilmente percepibile. Questo potrebbe portare il lettore a pensare che l’“o” del titolo sia da pensare nel senso del “vel” latino. In realtà, l’intento di questo libro è precisamente quello di porre, nel modo più netto e radicale possibile, un’alternativa: aut intersoggettività, aut transindividualità.

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Roberto Buffagni: Strategia Usa in Ucraina: i 2 fatti (madornali) necessari per creare una vera opposizione in Italia

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Strategia Usa in Ucraina: i 2 fatti (madornali) necessari per creare una vera opposizione in Italia

di Roberto Buffagni

In Italia, quando ci sarà (se ci sarà) un minimo sindacale di opposizione politica alla strategia USA in Ucraina? Conte, incoraggiato dal Vaticano, ha provato ad aprire timidamente bocca, è stato attenzionato e castigato (scissione Di Maio, sconfessione di Grillo). Ha dunque ritenuto che conviene fare (e perdere) lotta dura senza paura sul 110%, chi tocca l’Ucraina tocca i fili dell’alta tensione e se non muore stava sicuramente meglio prima.

Previsione: in Italia (forse, speriamo, in Europa) ci sarà un minimo sindacale di opposizione politica alla strategia USA in Ucraina quando si saranno verificati due fatti madornali, impossibili da nascondere con il maquillage retorico e forse anche con la chirurgia plastica. (Si parva licet: gli italiani si opposero in massa alla nostra partecipazione alla IIGM quando gli cominciarono a piovere in testa le bombe Alleate, non prima).

I due fatti madornali sono:

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nlp: Governi deboli e permanenza della guerra. Quale autunno?

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Governi deboli e permanenza della guerra. Quale autunno?

di nlp

Come intuibile, la storia è piena di congiure di palazzo mentre fuori dalle stanze del potere infuria la guerra. Si tratta di vicende nelle quali il corto respiro degli interessi, e la grande vanità di chi scontra per il potere, sono in contrasto con il dramma della guerra, della distruzione materiale e umana, che si svolge ai confini di un paese, di un impero.

Intendiamoci, la lotta per il potere non finisce mai e non si esaurisce con una guerra, piuttosto cambia di natura. Ma in tutto questo c’è un punto di non ritorno: quello nel quale la lotta per in potere è una delle cause della sconfitta in guerra, perché alimenta la mancanza di coesione di uno schieramento, necessaria a passare i momenti difficili di un conflitto.

Si tratti di pensieri che emergono nel momento in cui, per motivi e in modi molto diversi tra loro, i governi di Francia, Gran Bretagna e Italia si trovano in difficoltà evidenti, il governo britannico è già saltato, su tre piani molto materiali: la difficoltà ad attivare politiche di superamento della crisi economica, quella a rappresentare con coerenza interessi concreti in un momento difficile e, appunto, la lotta per la supremazia a corte tradotta nel linguaggio delle democrazie postmoderne.

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Pierluigi Fagan: Cosa pensare della questione climatica?

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Cosa pensare della questione climatica?

di Pierluigi Fagan

Come ogni estate a seguito di temperature molto alte e qualche disastro ambientale, si ripresenta il dibattito sulla questione climatica. Vorrei condividere quello che so in base alla lettura e studio di diversi libri sull’argomento (qualche decina, di varie fonti, inquadramenti disciplinari, metodo e forme ideologiche), magari ha una sua utilità per coloro che hanno sensibilità e dubbi sull’argomento. E’ un povero contributo non al cosa pensare, ma al come.

1. L’argomento è parte di una disciplina scientifica molto recente, l’ecologia. La disciplina ha solo sessanta anni ed il tempo ristretto ne limita la portata di metodo e conoscenze.

2. La disciplina è prototipica del problema della complessità. La complessità è data dal numero di variabili (ed in ecologia ve ne sono “n”) e loro interrelazioni (ed in ecologia ve ne sono “n3”), molte non lineari, che formano un sistema (il sistema ecologico che è la Terra), ambientato in un contesto (sistema solare e di sfondo l’Universo), durante tempi (storia del sistema). Va ricordato che la nostra immagine di mondo è storicamente refrattaria al concetto di complessità.

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Antiper: Il mondo cambia e si prepara la guerra

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Il mondo cambia e si prepara la guerra

di Antiper

La crescita del PIL [1] ovvero della ricchezza prodotta da un paese (o da un gruppo di paesi) non è certo un indicatore della “felicità” delle persone dal momento che tale ricchezza può essere (e in effetti è) redistribuita in modo fortemente diseguale. Per fare un esempio del livello di disuguaglianza del reddito che riguarda le due principali economie mondiali – USA e Cina – possiamo prendere a riferimento il relativo coefficiente di Gini [2].

Si vede subito che negli Stati Uniti la disuguaglianza nella redistribuzione del reddito è aumentata – lentamente, ma in modo abbastanza sistematico – fin dalla metà degli anni ‘70.

Confronto indici di Gini USA e Cina (Fonte: Banca Mondiale) https://data.worldbank.org/indicator/SI.POV.GINI?end=2019&locations=CN-US&start=1974&view=chart


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Emiliano Brancaccio: Crisi, catastrofe, rivoluzione

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Crisi, catastrofe, rivoluzione

Una conversazione con Emiliano Brancaccio

di la redazione del Tascabile

img brancaccioContinuano le conversazioni della redazione con intellettuali capaci di aiutarci a leggere la guerra in corso, alla ricerca di uno scambio con punti di vista che possano restituire la complessità e la portata di quanto sta accadendo. L’intervista di oggi è con l’economista Emiliano Brancaccio, Professore di politica economica presso l’Università degli Studi del Sannio, a Benevento, tra i principali esponenti delle scuole di pensiero economico critico. Seguiamo Brancaccio da quando siamo venuti a conoscenza dei suoi lavori più recenti: Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico (Piemme, 2022) e Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione (Meltemi, 2020), due saggi capaci di individuare le tendenze generali della fase storica che stiamo attraversando: su scala globale, una centralizzazione del potere in sempre meno mani che conduce inevitabilmente a una contrazione dello spazio democratico.

Ci interessava in particolare la sua capacità di portare un punto di vista radicale in sedi istituzionali che, da profani, immaginiamo restie alla critica che invece Brancaccio sa esercitare. Siamo partiti allora dalla guerra in Ucraina, come abbiamo già fatto con Marco D’Eramo, Alfonso Desiderio e Maria Chiara Franceschelli, ma siamo arrivati a toccare un’ampia rete di aspetti macroeconomici e politici della contemporaneità, e ne abbiamo approfittato per farci chiarire alcuni punti delle sue analisi. Il risultato è una conversazione ambiziosa, dallo sguardo ampio, ma che speriamo possa servire a orientarci, in modo molto pragmatico, a capire se e come possiamo sperare di avere voce in capitolo sul nostro futuro.

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Fabio Mini: La “mobilitazione” per lo scontro diretto con Mosca, dopo l’Ucraina

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La “mobilitazione” per lo scontro diretto con Mosca, dopo l’Ucraina

di Fabio Mini

ucraina nucleareIl generale sir Patrick Sanders, nuovo capo di Stato maggiore dell’esercito britannico (CGS) ha preceduto i grandi della Nato nella cosa più ostica per quasi tutti i suoi membri: la dichiarazione di guerra. Sebbene la dichiarazione formale non sia più necessaria, quella de facto si è sempre affiancata a essa e in molti casi l’ha sostituita. Il Giappone dichiarò guerra agli Usa con l’attacco di Pearl Harbour minuti dopo (o prima) della dichiarazione formale. Inoltre la guerra può iniziare non solo con i primi colpi di cannone o le scaramucce di frontiera, ma con la stessa preparazione della guerra. La Prima guerra mondiale fu innescata, pretesti a parte, dalle mobilitazioni specie se irreversibili, come dissero i generali allo zar titubante. La mobilitazione era già allora una dichiarazione di guerra de facto. Perciò, per garantire la sorpresa veniva fatta nel segreto o simulata, o veniva sbandierata con la propaganda per aumentare la deterrenza o accendere gli animi o nascondere la propria debolezza. Bene, Sanders, al prestigioso think tank Rusi (Royal United Services Institute), chiama Gran Bretagna e Nato alla mobilitazione contro la Russia. In pratica confida nella mobilitazione – la più grande ed esplicita dichiarazione di guerra – per la dissuasione di Putin che, a suo dire, si è già dimostrato refrattario alla deterrenza militare e perfino economica. Ovviamente a fin di bene, per evitare la guerra, prevenirla e non farla. Chiede di “mobilitare l’esercito per far fronte alla nuova minaccia: un pericolo chiaro e presente che si è concretizzato il 24 febbraio quando la Russia ha usato la forza per impadronirsi del territorio dell’ucraina, un Paese amico del Regno Unito”.

La guerra a cui si riferisce non è quella in atto tra Russia e Ucraina, ma quella tra Nato e Russia. La prima è forse già perduta:

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Francesco Piccioni: L’ultima spiaggia dell’Occidente neoliberista

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L’ultima spiaggia dell’Occidente neoliberista

di Francesco Piccioni

ultima spiaggia occidente neoliberistaUno spettro si aggira per le capitali dell’Occidente: la crisi del potere politico. Ci perdonerete il “furto” dell’incipit più famoso della letteratura rivoluzionaria, ma in effetti ci troviamo in difficoltà nel dover sintetizzare quanto sta avvenendo nelle principali cancellerie dell’Occidente neoliberista.

Sarà bene andare con ordine, ossia per singolo paese, e poi vedere se c’è un trait d’union tra le diverse crisi.

 

Gran Bretagna

E’ il primo “caduto” ai vertici della Nato, e uno dei guerrafondai più estremisti. Boris Johnson, come sapete, è stato alla fine costretto alle dimissioni. Anzi, all’annuncio delle dimissioni.

Sfiduciato dai suoi stessi ministri e sottosegretari (oltre 50) e dal partito che guidava – i conservatori – alla fine si è deciso ad uscire dal portone di Downing Street per recitare la parte che ormai tutto il paese gli chiedeva.

L’ha fatto a suo modo, insultando chi lo ha costretto a (quasi) scendere dal piedistallo: “la forza del gregge a Westminster è potente: quando il gregge si muove, tutti si muovono”. Che un leader politico – anche se clownesco, Johnson lo è stato – consideri poco più che “pecore” la classe politica che ha diretto fino ad un minuto prima è forse l’ammissione più “autorevole” sull’autonomia e la “statura” di un’intera generazione di parlamentari.

Johnson, peraltro, nel rinviare l’uscita effettiva soltanto ad ottobre – ha lasciato la carica di presidente dei conservatori, ma mantiene quella di primo ministro fin quando i conservatori non avranno eletto un nuovo “capo politico” – fa capire di voler condizionare al massimo le future scelte del “gregge”, contando su sempre possibili capriole della maggioranza interna.

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Piccole Note: Ucraina: i magici HIMARS sono stati già distrutti?

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Ucraina: i magici HIMARS sono stati già distrutti?

di Piccole Note

Aleggia un certo mistero sui due sistemi lanciamissili HIMARS che il ministero della Difesa russo ha annunciato di aver distrutto con un comunicato pubblicato su Telegram il 6 luglio alle 11.11.

Riportiamo il rilancio relativo della Reuters delle ore 17.44: “Il ministero della Difesa russo ha dichiarato mercoledì che le sue forze armate hanno distrutto due avanzati sistemi missilistici HIMARS di fabbricazione statunitense e i loro depositi di munizioni nell’Ucraina orientale, un’affermazione respinta da Kiev”.

Quindi, dopo aver riferito l’altra comunicazione russa relativa alla distruzione di due depositi di munizioni degli HIMARS stessi, avvenuta altrove, prosegue: “Il ministero [russo] ha reso pubblico un filmato che secondo loro mostrava l’attacco. La Reuters non è riuscita a verificare in modo indipendente la veridicità del raid”.

Questa la notizia riferita poi da alcuni media media occidentali, i quali per lo più rilanciavano la Reuters. Ma molti di essi l’hanno semplicemente ignorata, come non avesse alcuna importanza.

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comidad: I sovrumani sforzi mentali dei troll russi

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I sovrumani sforzi mentali dei troll russi

di comidad

Qual è la differenza tra l’autocrazia russa e la nostra democrazia occidentale? La differenza è che in Russia chi parla male di Putin rischia la galera, mentre da noi, in democrazia, si può parlar male di Putin senza correre rischi, anzi, del tutto liberamente. Chi voglia abusare delle libertà democratiche per estendere la critica anche altrove, viene opportunamente monitorato e tenuto nel mirino, come ad avvisare: per ora ti lasciamo ancora parlare, ma non si sa mai quello che potrebbe capitarti. Sul Corriere della Sera del 4 luglio, si scomoda addirittura la sacerdotessa del politicamente corretto, Milena Gabanelli, che, insieme con la sua chierichetta Simona Ravizza, dedica un ampio articolo/inchiesta all’influenza della propaganda russa sui siti web di informazione alternativa.

Senza l’attività velenosa dei troll russi certe teorie spericolate ed eccentriche non sarebbero mai venute in mente a noi comuni cittadini del Sacro Occidente. Gabanelli e Ravizza denunciano infatti che proprio da una di queste centrali putiniane di disinformazione, proviene la tesi secondo cui gli USA vorrebbero prolungare la guerra per aumentare i profitti per la vendita di armi.

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Anis Chowdhury e Jomo Kwame Sundaram: Armare gli accordi di libero scambio

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Armare gli accordi di libero scambio

di Anis Chowdhury e Jomo Kwame Sundaram

I lettori intelligenti e di mente sana sanno che gli accordi di libero scambio sono veicoli per subordinare la protezione nazionale del lavoro e dell’ambiente agli interessi neoliberisti/multinazionali. Ora sembra che siano destinati a diventare strumenti nella nuova Guerra Fredda, con gli Stati Uniti e l’Occidente (più i suoi protettorati militari asiatici/australiani) contro Cina, Russia, India e il Sud del mondo

Pivot per l’Asia, contenente la Cina

Considerati a lungo come mezzi per cercare vantaggi con il pretesto di fornire vantaggi reciproci, gli accordi di libero scambio possono essere sempre più utilizzati come armi economiche nella nuova guerra fredda emergente.

Nel novembre 2009, il presidente Obama ha osservato che, “in un mondo interconnesso, il potere non ha bisogno di essere un gioco a somma zero… gli Stati Uniti non cercano di contenere la Cina”.

Ma Obama ha presto cambiato rotta con il suo ” perno verso l’Asia “, annunciato per la prima volta nel novembre 2011. Dopo la sua rielezione nel 2012, la Trans-Pacific Partnership (TPP) è diventata il fulcro economico della nuova strategia statunitense per frenare la crescita e il progresso tecnologico della Cina.

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Redazione: Con il rigassificatore la follia della guerra sbarca a Piombino

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Con il rigassificatore la follia della guerra sbarca a Piombino

di Redazione

Il 3 luglio a Piombino si è tenuta una importante manifestazione in occasione del Consiglio comunale aperto in cui si discuteva del rigassificatore che il governo, d’accordo con la Regione Toscana, vorrebbe piazzare nel porto della città. La decisione di piazzare una nave di 300 metri (capacità di 170.000 m3 di metano liquefatto, corrispondenti a 100 milioni di m3 di gas) davanti ad una città viene dal governo in carica, in prima fila il Ministro della Transizione Cingolani con le modalità autoritarie tipiche del capo di governo Mario Draghi. Il potenziale distruttivo di una tale quantità di GNL corrisponde alla potenza di circa 50 bombe atomiche come quella di Hiroshima. Una struttura del genere a 500 metri dall’abitato.

A Livorno un altro contestato rigassificatore galleggiante è ormeggiato al largo della costa con una zona di interdizione a diversi livelli per 8 miglia marine, più di 14 km; per un raggio di 2 miglia c’è l’interdizione totale alla navigazione e a qualunque altra attività. Ora a Piombino si mette una struttura del genere davanti alla città, in mezzo ad un porto assai trafficato, dove c’è un continuo andare e venire di traghetti dalle isole dell’Arcipelago Toscano.

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