Yoselina Guevara: “La politica estera della Russia punta a creare un ordine internazionale multipolare”

Il mondo è entrato in una fase di cambiamenti che si susseguono sotto i nostri occhi e che spesso non riusciamo a cogliere nella loro interezza. Il dominio unipolare statunitense emerso dopo l’implosione dell’Unione Sovietica e del blocco socialista è ormai giunto agli sgoccioli. Il mondo si avvia verso un nuovo assetto multipolare dove emergono con forza le potenze eurasiatiche, con gli annessi cambiamenti geopolitici conseguenti. Un mondo dove potranno trovare nuovo protagonismo regioni come l’America Latina che hanno dovuto patire il dominio incontrastato della potenza imperialista statunitense.

Di questi cambiamenti, del conflitto in Ucraina e delle sue ricadute geopolitiche, del nuovo protagonismo di potenze emergenti come Russia e Cina e dei paesi dell’America Latina guidati alla riscossa dall’esempio del Venezuela, abbiamo discusso con la giornalista venezuelana Yoselina Guevara. Esperta e studiosa di Russia e mondo multipolare.

INTERVISTA

Lei è un’esperta e studiosa di Russia e mondo multipolare, ci può illustrare le sue ricerche?

Innanzitutto Vi ringrazio per l’opportunità concessami attraverso questa intervista. 
Mi lusinga la Vostra definizione di esperta in quanto reputo di avere ancora molta strada da fare e molto da imparare. Anche se le definizioni a volte limitano, sono d’accordo con lei nel definirmi studiosa perché lo studio riflessivo implica una curiosità, una ricerca di conoscenza, un interesse per ciò che ci circonda ed è un esercizio, un’attività che si esercita costantemente e che non si esaurisce solo con una laurea o un corso di studi. Noi comunicatori siamo caratterizzati da questo interesse, dalla curiosità, ma questa curiosità non può essere superficiale, deve essere arricchita giorno per giorno. 
Nel mio caso specifico, mi sto sforzando di conoscere e capire la Russia, ma oltre alla Russia e alla sua intricata complessità, anche la geopolitica mondiale, che implica una varietà di zone geografiche, che definite su una mappa significano solo coordinate, spazi territoriali. Queste zone, continenti, Paesi acquistano significato grazie alle persone, ai leader in cui i popoli che li abitano ripongono la loro fiducia; hanno significato grazie alla cultura, alla storia e, in generale, alla politica e all’azione politica e a coloro che la compiono, al modo e al motivo per cui la compiono, alle conseguenze di tali azioni, ecc. 
Per quanto riguarda la Russia, è ovviamente sotto i riflettori del mondo in questo momento a causa del conflitto Russia-Ucraina, ma non possiamo capire le azioni della Russia se ignoriamo l’Ucraina e tutto ciò che è accaduto in quel Paese negli ultimi anni, i gruppi neonazisti di ultradestra che si sono sviluppati, se non studiamo l’interferenza degli Stati Uniti e la loro partecipazione al conflitto, non da ora, ma nell’organizzazione delle rivoluzioni colorate, ecc. Questo ci porta inevitabilmente a studiare il ruolo dell’Europa, dell’Unione Europea; le azioni di Paesi come la Cina, l’Iran, l’India e il Medio Oriente; a fare un confronto con quanto sta accadendo in Palestina, Yemen, Afghanistan e le differenze radicali di questi conflitti, la scarsa copertura mediatica che viene data a loro. Ma anche le implicazioni che l’Africa ha in questo momento, non solo per la minaccia di carestie di grano, ma anche per le implicazioni energetiche. Questo significa anche che dobbiamo imparare a conoscere l’America Latina come area di influenza, la sua importanza, il ruolo che può svolgere e come può cambiare i destini che fino a pochi mesi fa sembravano già definiti e invece nel giro di pochi giorni sono cambiati completamente e radicalmente da un mondo in cui sembrava rimanere unipolare con poche potenze emergenti e pochi nuclei geopolitici a un mondo multipolare che sta definitivamente nascendo.  In altre parole, come si può vedere, non si tratta della limitazione alla Russia, ma delle implicazioni di un conflitto che ha ripercussioni globali. 
Per quanto riguarda il mio lavoro, lo svolgo quotidianamente, in modo disciplinato e quindi scrivo quotidianamente attraverso articoli pubblicati su diversi media su internet in cui ho documentato il contesto, il preambolo e come il conflitto Russia-Ucraina continua a svilupparsi. Oltre a ciò che ho menzionato sopra, le implicazioni e le conseguenze di questo conflitto hanno trascinato il conflitto a livello globale. Inoltre, data la velocità con cui gli eventi continuano a svolgersi, sto sperimentando altre piattaforme di comunicazione per tenerci informati a vicenda. 
In tutto ciò che faccio a livello di comunicazione, ho cercato modestamente di mettere in pratica una metodologia che abbiamo imparato dal comandante Chávez in Venezuela, che è la stessa metodologia utilizzata dal presidente Nicolás Maduro, ovvero spiegare con un linguaggio semplice questioni profonde e complesse come la geopolitica. In altre parole, in modo didattico, in modo che chiunque possa capire, essere informato, riflettere, discutere, ma anche se il linguaggio è semplice, non sacrificare l’analisi, non fare un’analisi vaga e superficiale. Questo sembra semplice ma non è così facile da fare, il Comandante Chávez non era solo un visionario, ma anche un innato comunicatore e ci è riuscito; ecco perché si può andare in Venezuela, non solo nella capitale Caracas, ma anche nelle province e chiunque, anche i giovani, conoscono ad esempio l’importanza della Russia, della Cina, dell’Iran, trattano concetti come Multipolarismo, Ordine Mondiale, anti-imperialismo, ecc. Perché fin dall’inizio del processo rivoluzionario venezuelano, uno degli obiettivi è stato l’educazione, che va oltre la semplice istruzione, ma implica lo sviluppo di un vero pensiero critico. Questo è stato uno dei tanti successi di Chávez, che ora viene portato avanti dal presidente Nicolás Maduro. 

Stiamo assistendo alla nascita di un mondo senza imperi egemonici, come ha dichiarato recentemente il presidente Maduro?


Sì. Questo commento è stato fatto dal Presidente Maduro durante il suo recente tour in Eurasia e Africa e sottoscrivo le sue parole. Ma guardate, nel settembre 2021, nell’ambito della 76ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Presidente Maduro nel suo discorso ha anche toccato la necessità di consolidare la costruzione di un nuovo ordine mondiale basato sulla pace, sulla cooperazione, sul dialogo, sulla diversità politica, religiosa e culturale, un nuovo ordine multilaterale e pluricentrico. In quel discorso alle nazioni del mondo, ha parlato della necessità di, secondo le sue stesse parole, “realizzare un mondo senza imperi egemonici, liberato dal dominio economico, finanziario, militare e geopolitico di qualsiasi impero, di quelli che per secoli hanno sfruttato il mondo con il vecchio colonialismo”. 

Ribadisco che condivido e sostengo le parole del Presidente Maduro, posso solo aggiungere qualche commento per illustrare ciò che dice il Presidente Maduro nel senso che questa è una nascita che come alcune nascite è dolorosa, è dolorosa perché sta producendo cambiamenti non solo circostanziali ma anche strutturali nel mondo ed è prodotta soprattutto come risultato di un conflitto militare, quello tra Russia e Ucraina, un conflitto che si sarebbe potuto evitare e in cui, come in tutti i conflitti armati, ci sono perdite di vite umane, vittime, civili e militari, famiglie che soffrono, famiglie separate, città distrutte, ecc. È qualcosa che davvero, dal punto di vista umano, non avremmo voluto accadesse e ci auguriamo che non si vada oltre, nel senso che vengono utilizzate armi nucleari altamente letali, soprattutto per il bene dell’umanità. 
Ma per tornare al punto della sua domanda, perché emerga “un mondo senza imperi egemonici”, perché questo accada l’egemone, ovvero gli Stati Uniti, deve scomparire, non come nazione, perché sarebbe un’aberrazione, un crimine, ma intendo dire che gli Stati Uniti devono abbandonare il loro carattere imperialista egemonico, che come sappiamo è praticamente diagrammato dalla fine della Seconda guerra mondiale, si costruisce e si consolida con un’espansione globale dagli anni Novanta in poi. 
Il problema è che solo l’emergere e il consolidarsi di potenze come la Russia e la Cina e la costruzione di un blocco alternativo possono smantellare l’egemonia statunitense, ovviamente no. Perché anche gli Stati Uniti e il loro intero apparato governativo non hanno intenzione di sedersi e aspettare di essere messi fuori gioco. Si tratta di processi, a volte lenti, ma con molte implicazioni, e infatti la storia ci dice che i conflitti bellici hanno sempre causato l’implosione degli imperi. 
All’esterno abbiamo visto come gli Stati Uniti stiano disperatamente cercando con ogni mezzo di riconquistare spazio, stanno costruendo coalizioni ed evidentemente stanno operando apertamente dietro il conflitto Russia-Ucraina, quello che vediamo è un confronto tra Stati Uniti e Russia, in quella che alcuni analisti hanno definito una “guerra per procura”. Abbiamo visto Washington intervenire sempre più direttamente con il sostegno internazionale, con aiuti economici e finanziari a Kiev, con l’addestramento militare, con le armi, con le sanzioni contro la Russia e così via. Ma sul piano interno, questo conflitto Russia-Ucraina sta minando e portando in superficie un fenomeno che gli analisti di geopolitica chiamano “Fatiga imperiale”, che aveva già mostrato i primi segni con Donald Trump. Questa stanchezza imperiale si manifesta nelle popolazioni soprattutto perché sono stanche di vivere costantemente in guerra, di fare la guerra, e pure essendo una popolazione imperiali non avere nulla. In pratica essere un impero significa inevitabilmente vivere in guerra, combattere in pieno per difendere il proprio status, per impedire agli altri di sfidare la propria posizione, per respingere gli attacchi alla propria supremazia. Questo porta gli imperi a prendere decisioni sicuramente antieconomiche, sono due strade diverse il pensiero imperiale ed il pensiero económico, e queste strade a volte non vano della mano, sopratutto per i popoli. 
La popolazione nordamericana sta attualmente subendo le conseguenze della pandemia Covid-19 e della cattiva gestione di Biden, e ora le conseguenze del conflitto Russia-Ucraina.  Da un lato l’inflazione, che a giugno ha raggiunto un aumento del 9,1% su base annua dei prezzi al consumo, questo significa un aumento dei prezzi dei generi alimentari e dei beni di prima necessità, e il prezzo del carburante, che ha raggiunto addirittura i 5 dollari al litro, soprattutto a causa delle sanzioni degli Stati Uniti sul petrolio e sul gas ruso. E la reazione del governo statunitense è chiaramente imperiale, qui vediamo chiaramente il pensiero imperiale: continuare ad alimentare il conflitto con forza da Washington, che allo stesso tempo sta approvando l’invio di cannoni, elicotteri, autoblindo e altre armi pesanti che gli ucraini continuano a richiedere.  
Ma si noti che non è solo un prodotto del conflitto Russia-Ucraina, se non un processo graduale, che quasi 1,5 milioni di statunitensi sono caduti dalla classe media alla povertà. Grazie ai tagli fiscali che hanno arricchito i ricchi e impoverito i meno ricchi riducendo i servizi sociali, è quasi impossibile pagare l’assistenza sanitaria, l’istruzione e così via. Se guardiamo a questo aspetto da un punto di vista economico, per non parlare di quello dei valori e dei principi, vediamo una società nordamericana sempre più violenta e sanguinaria. A un certo punto la società dovrà implodere, l’attacco al Campidoglio nel 2021 ne è un esempio. 
Non credo che gli Stati Uniti scompariranno come potenza, ma possono scomparire come potenza egemone che decide, che cambia i governi, che opprime nazioni sovrane, che fomenta colpi di Stato, rivoluzioni colorate, ecc. In America Latina stiamo vivendo ancora di nuovo un risveglio dei popoli contro l’egemonia oppressiva degli Stati Uniti, è il riconoscimento della resistenza contro le aggressioni, le sanzioni unilaterali di Washington contro Cuba, contro il Venezuela, le continue interferenze nelle nazioni sovrane. Il fatto che la mappa dell’America Latina sia sempre più piena di governi sovrani e progressisti significa molto. Purtroppo, questo non è il caso dell’Europa, che continua a dimostrare che gli Stati Uniti hanno dominato questo continente praticamente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

La sua domanda apre una spirale verso un’altra domanda che anche i lettori di questa intervista potrebbero porsi: Russia e Cina sono potenze imperiali che possono diventare egemoniche? 

Al momento né la Russia né la Cina agiscono come potenze imperiali, non fanno parte del gruppo dei Paesi capitalisti che agiscono come potenze egemoniche. Nel caso specifico della Russia, come abbiamo visto, essa ha un peso nella fornitura di gas a due continenti, e sono ben noti gli investimenti commerciali sia della Russia che della Cina con diversi Paesi in vi di sviluppo. La Cina è un gigante commerciale, non c’è dubbio. Ma ciò che osserviamo nel suo comportamento non è una ricerca di ingerenza, di dominio, di imposizione, ma piuttosto relazioni basate sul rispetto, sulla sovranità e soprattutto su un aspetto molto importante “la cooperazione”. 
Per essere una potenza egemone, deve avere un comportamento imperialista e dominare, avere l’egemonia in almeno cinque aspetti:
1. a livello territoriale, ciò implica il dominio sui Paesi che diventano satelliti fornendo materie prime e risorse. Ma anche per controllare le infrastrutture aeroportuali, le rotte marittime e ferroviarie a livello globale. 
2. A livello monetario e finanziario, che si manifesta attraverso l’uso di una moneta, ovvero il fatto di effettuare transazioni economiche e finanziarie con una moneta di riferimento, ma anche il controllo e il dominio dei circuiti finanziari e delle banche a livello mondiale. 
3. A livello militare ciò ha a che fare non solo con la formazione di eserciti e la fornitura di armamenti, con il possesso di armi letali come quelle nucleari, ma anche con la capacità di provvedere a se stessi senza bisogno di altri Paesi. 
4. A livello culturale, l’imposizione di una cultura con la scomparsa della storia e la distruzione delle culture dei Paesi dominati, questo avviene in modi diversi.   
Per il momento, almeno nelle potenze emergenti, non vediamo questo carattere di dominio, di spazzata via, di imposizione. Questo non significa che possano emergere altre forme di dominio o che possano consolidarsi in futuro; solo il corso degli eventi ce lo dirà. 

Quale potrebbe essere il ruolo dell’America Latina nella configurazione multipolare del mondo?

Nel primo decennio degli anni 2000, l’America Latina ha vissuto un periodo di splendore in termini di creazione di spazi di integrazione: si sono formati Unasur, Celac, Alba TCP, Petrocaribe, ecc. Questo è avvenuto principalmente sotto la guida del Presidente Chávez, del Comandante Fidel Castro e di altri leader come Evo Morales, Lula Da Silva, Ernesto Kirchner, Rafael Correa, ecc. Ciò che è accaduto successivamente è stato lo smantellamento di questi meccanismi di integrazione da parte delle potenze egemoniche, approfittando della scomparsa fisica del presidente Chávez e del comandante Fidel Castro e dell’avvento di governi di destra in America Latina, attraverso elezioni, tradimenti, colpi di Stato, ecc.  Ad esempio, sappiamo che una delle prime cose che l’ex presidente dell’Ecuador Lenin Moreno ha fatto, insieme al cosiddetto Gruppo di Lima, è stata quella di congelare l’Unasur, e hanno cercato di fare lo stesso con altri meccanismi come Alba Tcp, ecc. 
Si è trattato cioè di una pratica abituale, una forma di manovra dell’imperialismo per dividere l’America Latina al fine di dominarla, come ha cercato di dividere l’Africa, come ha cercato di dividere i popoli del mondo al fine di dominarli, di sfruttarli. Perché la ragione intrinseca è dividere per trasformare questi Paesi in satelliti dell’impero, produttori di materie prime, di risorse. Come ho detto prima, il mondo sta effettivamente smettendo di essere unipolare e ci sono segni tangibili della marcia verso la formazione di almeno due o tre grandi poli di potere mondiale.  
Non prevedo ancora la strutturazione dell’America Latina come un unico blocco di potere indipendente. Ma se in futuro ci sarà la possibilità di costruire un tale blocco, l’America Latina potrà farlo e se le forze politiche continueranno a riorganizzarsi potrà diventare un blocco indipendente, ma questo dipenderà solo dalla volontà politica dei leader di queste nazioni e dei popoli e dalla loro volontà di essere liberi e sovrani. 
 Attualmente abbiamo i poli che non sono ancora strutturati in modo definitivo; da un lato gli Stati Uniti e i loro alleati, dall’altro la Russia con i propri alleati e la Cina, che al momento è un alleato della Russia, ma entrambi potrebbero strutturare un polo o poli indipendenti. Ma, come ho già sottolineato, il blocco che la Russia sta strutturando non è quello di asservire, rendere dipendenti i Paesi satelliti alleati, ricattare e sottomettere le nazioni indipendenti, impadronirsi di ricchezze e risorse. Finora nelle relazioni della Russia e della Cina con i Paesi dell’America Latina non abbiamo visto azioni di questo tipo.
A questo proposito, devo fare riferimento alla politica estera del governo Putin nei confronti dell’America Latina, che finora ha cercato fondamentalmente di diversificare le sue relazioni estere, di controbilanciare il potere degli Stati Uniti e di creare un ordine internazionale multipolare; in questo nuovo ordine, la Russia dovrebbe riconquistare il suo status di attore globale. Si noti che la Russia non ha recuperato le sue relazioni con l’America Latina facendo leva sull’ideologia, come durante la Guerra Fredda, ma piuttosto basandosi principalmente sulle relazioni commerciali, una visione molto più pragmatica. Questo non significa che la Russia stia abbandonando gli obiettivi geopolitici, che sono intrinseci, ma soprattutto ha utilizzato e utilizza strumenti economici e sta rafforzando le relazioni economiche bilaterali.
Ma non possiamo dimenticare le relazioni della regione con la Cina, l’India, l’Iran e la Turchia: una solida, forte integrazione con questi Paesi e con l’America Latina può costituire un nuovo polo di potere di enorme importanza nei nuovi scenari mondiali. Ora insisto su questo punto: c’è una transizione geopolitica dell’egemonia globale con uno spostamento del suo asse dall’Occidente all’Oriente, un evento senza precedenti nell’intera storia del sistema mondiale capitalista, ma in questa transizione ci sono segni di una perdita del carattere “egemonico”.  
L’America Latina si trova in quello che gli esperti di sviluppo delle rotte commerciali cinesi hanno definito “il filo di perle”, ovvero lo sviluppo della Via della Seta marittima, una rotta marittima che prevede l’installazione di porti commerciali negli oceani Indiano, Pacifico e Caraibi, che collegherebbe commercialmente America Latina, Asia, Africa e Medio Oriente. È chiaro che non si tratta di una cosa da poco: ci dà un’idea dell’importanza globale a lungo termine della regione. 
Ma al momento l’importanza immediata dell’America Latina risiede nella possibilità di fornire risorse energetiche, petrolio e gas, che scarseggiano soprattutto in Europa a causa delle sanzioni contro la Russia, e nella possibilità di sostituire le importazioni di cereali e fertilizzanti. In questo senso, il Venezuela in particolare, in quanto produttore di petrolio e gas, sta giocando un ruolo estremamente importante e complesso in questa partita a scacchi globale. In effetti, c’è una parziale revoca delle sanzioni da parte degli Stati Uniti per le esportazioni di gas, e c’è già un accordo con ENI Italia per il commercio di gas. 
In altre parole, siamo in una nuova fase di contesa geopolitica nella regione, ma tutto dipenderà dalla leadership latinoamericana e dalla sua capacità di superare le posizioni di dominio per rafforzare la nascita del multipolarismo.

Quali sono le principali ricadute della guerra in Ucraina e delle sanzioni alla Russia sull’economia globale e sull’attuale ordine mondiale?

Questa è una domanda la cui risposta dovrebbe essere molto ampia a causa di tutte le aree che copre quindi cercherò di essere il più specifica possibile. Alla fine di febbraio 2022 il mondo stava appena iniziando a uscire dalle gravi conseguenze di quasi due anni di pandemia, che non è ancora terminata, ma che ha causato gravi danni a livello economico. A livello globale eravamo già in un processo di rallentamento, di recessione economica generale. Il conflitto tra Russia e Ucraina ha accelerato il processo di bassa crescita economica, alta inflazione e, naturalmente, la possibilità che alcuni Paesi entrino in recessione economica. Lo dico sulla base dei dati che si possono trovare sui siti della Banca Mondiale e di altri esperti economici.
Vediamo ora le conseguenze delle sanzioni contro la Russia, che cominciano a farsi sentire soprattutto in Europa, ma in generale in tutto il mondo, con l’aumento dei prezzi di carburanti, gas, prodotti alimentari, eccetera, come abbiamo già detto. La recente caduta dell’euro rispetto al dollaro indica che nel breve termine l’Unione Europea potrebbe andare dritta verso la stagnazione economica e un processo di inflazione eccessiva nei prezzi delle materie prime e, naturalmente, nell’intera catena economica. Chi è davvero colpito dalle sanzioni contro la Russia? Più che la Russia io penso che Èuropa e più colpita. Ad esempio, la Francia si è già dichiarata in un periodo di economia di guerra senza essere formalmente in guerra.  La Germania sta attuando misure di riduzione dell’energia al massimo, in Italia conosciamo la situazione con l’aumento delle bollette dell’energia e del carburante. Ma queste sono conseguenze globali che stanno portando a proteste sociali, alle dimissioni dei governi, in altre parole, stanno causando uno scenario di crisi generalizzata.
Per quanto riguarda la Russia, le diverse analisi indicano che la Federazione Russa si stava preparando a questo momento a livello economico non solo da qualche mese, ma da molto tempo. Il governo russo non solo dispone di una delle forze militari più forti al mondo, ma anche di uno scudo contro le sanzioni occidentali. L’economia russa è attualmente in grado di resistere alle misure economiche che gli Stati Uniti e i loro alleati stanno mettendo in atto, compreso il famoso settimo pacchetto che l’Unione Europea sta preparando, per diverse ragioni, di cui ne indicherò cinque:
1. Da un lato le sue riserve: dal 2014 la Russia ha diversificato, riducendo le sue disponibilità di titoli del Tesoro americano e di dollari. L’euro e l’oro rappresentano una quota maggiore delle riserve russe rispetto ai dollari. Inoltre, ha aumentato in modo significativo le proprie riserve fino a raggiungere un livello record, superando i 630 miliardi di dollari entro la fine di gennaio 2022. Si tratta della quarta più alta quantità di riserve al mondo.
2. Basso debito: il Cremlino ha attualmente un basso rapporto debito/PIL, pari a circa il 18% nel 2021. Ha tagliato le dimensioni del suo bilancio, dando priorità alla stabilità rispetto alla crescita, proiettandolo con un barile di greggio a 44 dollari, attualmente ben al di sopra. Ma ha anche circa 53 miliardi di dollari di fondi di bilancio non vincolati, che rappresentano risorse sufficienti per garantire la stabilità macroeconomica e permetteranno di sostenere le aziende colpite dalle sanzioni.
3. De-dollarizzazione: Mosca sta portando avanti un piano per liberarsi gradualmente dal dollaro, in particolare attraverso accordi con la Cina. Entrambi i Paesi regolano i loro scambi bilaterali nelle rispettive valute nazionali e sappiamo già che attraverso il corridoio internazionale Nord-Sud, inaugurato di recente, si faciliteranno gli scambi tra Russia e India, anch’essi in valuta nazionale. È interessante notare che la Banca centrale russa aveva già completamente rivisto il suo portafoglio di riserve valutarie prima dell’inizio del conflitto, abbandonando il dollaro a favore dello yuan, dell’euro e dell’oro.
4. Commercio: la Russia ha riorientato il suo commercio ed è stata costretta a sostituire le importazioni occidentali, il che le ha permesso di eludere le precedenti sanzioni, il che è già un’esperienza acquisita per le nuove imposizioni. Mosca ha anche ridotto la sua dipendenza dai prestiti e dagli investimenti esteri e ha cercato attivamente nuove opportunità commerciali al di fuori dei mercati occidentali, puntando sul continente asiatico.
5. Indipendenza tecnologica: la Russia ha creato, in conformità con le disposizioni della legge “Internet sovrano”, una propria rete nazionale nota come “Runet”, che funziona come sistema Internet alternativo senza la necessità di essere bloccata da server stranieri. Questo include un sistema di nomi di dominio Internet che consente alla rete russa di funzionare anche quando è scollegata dal resto del mondo. Oltre alla piattaforma Swift, la Russia sta rispondendo con un’alternativa nazionale nota come SPFS, acronimo russo per “Financial Message Transfer System” (sistema di trasferimento di messaggi finanziari), che svolge le stesse funzioni di Swift con le istituzioni economiche e finanziarie non solo in Russia, ma anche in Cina.
Evidentemente tutto ciò indica la formazione di un polo economico che fa da contrappeso all’Occidente, un Occidente sempre più martoriato e colpito.

Non crede che la politica di sanzioni imposta dagli Stati Uniti finirà per creare nuove alleanze in Asia? Ad esempio, l’Iran, la Russia e la Cina si stanno muovendo verso una partnership più stretta.

Per quanto riguarda il gruppo di Paesi che comprende la Repubblica Popolare Cinese, la Federazione Russa e la Repubblica Islamica dell’Iran, si tratta di un blocco che si configura saldamente come un blocco che prevede la possibilità di rompere con l’unipolarismo. Mi soffermerò a illustrare le caratteristiche di questo blocco emergente. Da un lato, è gigantesco in termini demografici, con una popolazione complessiva di 1,5 miliardi di persone. Geograficamente è enorme ed economicamente rappresenta il 22% del PIL mondiale. Inoltre, due dei suoi membri, Cina e Russia, possiedono armi nucleari e sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con potere di veto.
A livello economico commerciale, l’interesse della Cina non si limita solo alle questioni commerciali, ma anche all’idea di avere un accesso al Mediterraneo e un accesso più diretto al mercato, che vuole rivitalizzare pienamente in termini di tutti gli accordi e i progetti che si stanno finalizzando sotto questa idea: progetti ferroviari, portuali, stradali, fluviali ed energetici, tra gli altri, in cui la Russia e l’Iran giocano un ruolo cruciale. Ci sono altre ragioni legate alla sicurezza che richiederebbero più tempo per essere spiegate, ma non c’è dubbio che il conflitto Russia-Ucraina e le sanzioni imposte alla Russia dagli Stati Uniti e dai suoi alleati hanno portato al rafforzamento dell’asse Russia-Cina-Iran, che copre un’ampia gamma di accordi politici, energetici, economici, finanziari e militari.

Nuovi Paesi storicamente neutrali come Finlandia e Svezia stanno per entrare nella NATO. Si aspetta che questa espansione porti a un confronto più serrato tra la Russia e l’Occidente?

Spero sinceramente, per il bene dell’umanità, che l’ingresso della Finlandia e della Svezia nella NATO non porti a un conflitto di grandi proporzioni, anche se i protocolli di adesione devono essere completati in tempi non proprio brevi. Il problema è che, secondo l’articolo 5 del Patto Atlantico, un attacco a un Paese della NATO equivale a un attacco all’intera NATO, il che significa che tutti i membri della NATO, che attualmente sono 30, devono rispondere congiuntamente all’aggressione. Questo è, da un lato, un fattore di deterrenza disuazione decisivo; vuol dire che un attacco a un membro della NATO potrebbe davvero dare inizio alla Terza Guerra Mondiale.
Da un lato, l’ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO offre all’Alleanza Atlantica una serie di vantaggi. Entrambi i Paesi dispongono di valide forze militari, in particolare di forze speciali. Inoltre, con l’ingresso della Finlandia e della Svezia, il Mar Baltico diventa virtualmente “un mare della NATO”, come dicono alcuni analisti militari.
Ma poi c’è la Russia: cosa perde la Russia, anche se non lo dice apertamente? Da un lato, i confini con i Paesi della NATO sono raddoppiati dal confine russo-finlandese di 1.300 chilometri. In un certo senso Mosca, e lo diciamo con obiettività, ha iniziato l’operazione militare speciale in Ucraina per impedire a Kiev di entrare nella NATO e ora si scopre che due Paesi stanno entrando nell’Alleanza Atlantica, inevitabilmente rafforzandola.  Ma ci sono ancora vantaggi per la Russia, anche se la Finlandia e la Svezia entrano nella NATO, a causa della vastità del territorio russo solo il 6% del confine russo confinerà con la NATO.
La Russia ha dichiarato apertamente di non avere problemi con la Svezia e la Finlandia, quindi l’adesione di questi due Paesi alla NATO non creerebbe un pericolo immediato per la Russia. Ciò che potrebbe scatenare una contromisura da parte di Mosca, tuttavia, è un’espansione dell’infrastruttura militare della NATO in questi Stati baltici che minacci la sicurezza della Russia.
La linea rossa per il Cremlino non è l’adesione alla NATO, ma l’assegnazione di basi, truppe e armamenti alleati nei due Paesi nordici. Inizialmente, le dichiarazioni di deterrenza e le esercitazioni militari russe erano destinate a influenzare il processo decisionale a Stoccolma e Helsinki. Non avendo sortito alcun effetto, è inutile che Mosca mostri le sue carte e faccia sapere al suo avversario come, quando e con che cosa risponderà a questa estensione dell’Organizzazione atlantica. Quel che è certo è che la Russia sta già prendendo decisioni su come riconfigurare il suo schieramento militare sul fianco orientale dei suoi confini. Come sia la presenza degli Stati Uniti o della NATO in questi Paesi si sarà permanente resta da vedere, anche se il recente documento emesso dal Vertice NATO di Madrid fornisce alcuni indizi, ma la configurazione effettiva non è ancora sotto gli occhi di tutti – ciò avverrà quando sarà completata l’adesione di Svezia e Finlandia.

I BRICS sono in espansione, importanti Paesi come Iran e Argentina hanno ufficialmente richiesto di aderirvi. Può essere questa la base di partenza, insieme alle istituzioni alternative e realmente multipolari come l’AIIB, la Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS e il Consorzio Interbancario della SCO, per una reale alternativa al morente ordine unipolare statunitense?

La richiesta dell’Iran e dell’Argentina di entrare a far parte dei BRICS indica che il posizionamento dei BRICS sulla scena mondiale è cresciuto, e questo va di pari passo con l’aumento, nell’ultimo decennio, della cooperazione Sud-Sud, degli investimenti della Cina e della Russia  nei Paesi in via di sviluppo, della crescita dell’India, cioè, in termini generali, di uno spostamento di ricchezza dal Nord Atlantico all’Asia-Pacifico.
Lo spirito dei BRICS è totalmente diverso dalle forme di integrazione occidentali e va al di là dell’aspetto puramente economico: i BRICS non cercano di creare monopoli, blocchi e barriere, ad esempio nel campo della scienza e della tecnologia, per ostacolare l’innovazione e lo sviluppo di altri Paesi e aggrapparsi alla loro posizione dominante. Al contrario, promuovono il miglioramento della governance scientifica e tecnologica globale e cercano di consentire a un maggior numero di persone di accedere e beneficiare delle conquiste scientifiche e tecnologiche. Infatti, i BRICS stanno creando diversi meccanismi come il Partenariato BRICS per la Nuova Rivoluzione Industriale, il Partenariato per l’Istruzione Professionale, il Partenariato per l’Economia Digitale e l’Iniziativa Cooperativa per la Digitalizzazione dell’Industria Manifatturiera, tra gli altri, con i quali stanno aprendo nuovi canali per promuovere l’articolazione delle politiche industriali tra i cinque Paesi BRICS.
La Nuova Banca di Sviluppo di cui lei parla, creata dai BRICS, è un modo importante in cui essi potranno cambiare la governance e lo sviluppo globale. La Banca è stata istituzionalizzata nel luglio 2014, con un capitale autorizzato iniziale di 100 miliardi di dollari, e l’accordo della Banca stabilisce che i suoi fondi saranno utilizzati per infrastrutture e piani di sviluppo sostenibile nelle economie emergenti e in via di sviluppo, sostenendo progetti privati e pubblici e fornendo assistenza tecnica. In altre parole, si tratta di un potente strumento finanziario che ha il rating AAA più alto al mondo e che sta rinnovando le prospettive di cambiamento nei Paesi membri dei BRICS.
Non dimentichiamo che i BRICS sono delle potenze emergenti, che cercano di approfondire l’integrazione all’interno del sistema globale, e torniamo a quanto ho detto in una delle risposte precedenti, è la ricerca dell’integrazione e della cooperazione, perché “da soli”, “divisi”, si ha poco o nessun impatto su scala globale.
L’altro punto è che l’attuale struttura di governance globale è stata fondamentalmente creata e guidata dalle tradizionali potenze occidentali; i Paesi emergenti devono usare la loro influenza collettiva per rimodellare il sistema, ma non si tratta solo di essere ascoltati o presi in considerazione, l’obiettivo intrinseco dovrebbe essere quello di sostituire questa struttura vecchia e superata. Quest’ultimo sarebbe un passo decisivo perché finora i BRICS non si sono proposti di contrastare i grandi Paesi occidentali, ma di interagire con loro in modo più efficace ed egualitario, al fine di costruire un ordine mondiale più equo per l’umanità. Ma a mio avviso è difficile che le due strutture possano coesistere su un piano di parità, perché servono ai interessi diversi. Questa è la lotta, il dilemma in cui si trovano, sapendo che al momento i BRICS non possono ancora assumere un ruolo più proattivo nella governance globale, dato che hanno ancora enormi sfide di sviluppo locale da superare e che ci sono grandi differenze con le potenze occidentali in termini di mezzi e risorse per affrontare i problemi internazionali. Ma mentre continuano a costruire una forte alleanza, stanno minando le fondamenta delle vecchie strutture, su questo non c’è dubbio.

Fabrizio Verde (direttore L’AntiDiplomatico)

20/07/2022

«La politica estera della Russia punta a creare un ordine internazionale multipolare». Intervista a Yoselina Guevara – L’Intervista de l’AntiDiplomatico – L’Antidiplomatico (lantidiplomatico.it)

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