Discorso di Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba e Presidente della Repubblica, in occasione della cerimonia principale del 69° anniversario dell’assalto alle Caserme Moncada e Carlos Manuel de Céspedes, a Cienfuegos, il 26 luglio 2022, “Anno 64 della Rivoluzione”.
Caro generale Raúl Castro Ruz, leader della rivoluzione cubana;
Moncadisti presenti;Amici del movimento di solidarietà con Cuba che siete con noi;
Caro, combattivo e rivoluzionario popolo di Cienfuegos (Applausi);
Compatrioti:
E’ già il 26! Siamo tornati a Cienfuegos e torniamo a un evento faccia a faccia dopo due anni di assenza di tali celebrazioni.
Questa possibilità è il frutto di un’impresa: il controllo della pandemia, nelle condizioni di una guerra economica lunga sei decenni, con i nostri sforzi e le nostre risorse.
Ed è anche un’opportunità: permette alla leadership del partito e del governo di riconoscere e mettere in luce i risultati di un territorio.
La tradizionale bellezza della Perla del Sud, che si è moltiplicata nelle opere in saluto al 26 luglio, ci mostra quanto impatto possano avere sui nostri territori e sulle nostre eterne celebrazioni coloro che sono associati a una giornata storica. Questo aggiunge un altro valore fondamentale.
L’anno prossimo ricorrerà il 70° anniversario di quegli assalti che hanno cambiato la storia di Cuba. I protagonisti viventi escono dai libri per spiegare agli studenti le ragioni che li hanno portati a sacrificare le loro giovani vite sull’altare della Patria, senza altra certezza che la fede nei loro ideali.
Ora sono qui ed è un grande onore per noi conoscere la testimonianza della loro vita rivoluzionaria, in cui hanno condiviso le battaglie e le notti insonni con Fidel, Raúl, Ramiro, Almeida, Abel, Haydeé e Melba, non solo durante quell’azione, ma nei sette decenni successivi. I loro preziosi ricordi fanno parte del nostro modo di comprendere e amare la Rivoluzione con la profonda convinzione di farne parte.
Ma questa esperienza ci pone anche una sfida nell’educazione delle nuove generazioni, che per motivi biologici non avranno più la possibilità di conoscere gli eroi di un capitolo fondamentale della nostra storia nazionale. Così fondamentale che è impossibile spiegare il socialismo cubano senza le ragioni che hanno portato Fidel e la Generazione del Centenario ad assaltare le caserme con semplici fucili e un arsenale di idee.
La logica imperialista, di cui abbiamo parlato in questi giorni, punta sull’amnesia e sulla paralisi sociale. Pretendono che, sotto la pressione dei bisogni materiali generati dal loro infame blocco di 63 anni, lo spirito di resistenza del popolo ceda e che anche l’ultima generazione dimentichi perché una rivoluzione socialista è stata fatta dagli umili, con gli umili e per gli umili, a 90 miglia dal sogno americano.
Scommette anche sull’alienazione, sul fatto che la storia è solo un passato di sacrifici da cui le nuove generazioni devono fuggire se vogliono avere un posto nella “fiera delle vanità”, nell’illusione forgiata dall’industria dell’intrattenimento universale, secondo cui una classe media bella e soddisfatta gode dei benefici della modernità, territorio esclusivo per i vincitori che saranno serviti da quelli esclusi dal sistema.
In questo mondo di oblio, la Storia mi assolverà non interesserebbe più i giovani, perché è di altri tempi ed è stata fatta per curare altri mali.
Nell’ipotesi negata che ciò accada, come dicono i fratelli venezuelani, sarebbe difficile per i cubani del futuro sapere che quando le imprese statunitensi erano praticamente proprietarie di Cuba, i loro grandi alleati erano l’esercito, la polizia, lo sgombero, il piano del machete, la tortura e la morte.
Ignorerebbero il fatto che la grande maggioranza non era proprietaria della terra che lavora, né delle case in cui viveva. Che, in generale, i poveri, i neri e i meticci potevano entrare solo dalla porta di servizio delle aziende e dei palazzi. Che le donne erano in totale svantaggio sociale rispetto agli uomini. Che l’immagine più ricorrente nei paesaggi urbani era quella dei bambini di strada: lustrascarpe, venditori di giornali, messaggeri per qualsiasi attività commerciale, senzatetto, malati e affamati. E la cosa più comune nei paesaggi rurali era un’infanzia con la pancia gonfia di parassiti.
Tutti gli eventi che dobbiamo ancora celebrare, e che vi garantisco celebreremo, non basterebbero a spiegare le ragioni per cui quei giovani, che oggi sono i venerabili nonni o bisnonni dei nuovi, rinunciarono ai loro sogni personali e vendettero quel poco che avevano per unirsi a un combattimento incerto.
I media che ci osteggiano diranno sicuramente domani che il presidente cubano ha accusato il capitalismo con “retorica del passato”.
La verità è esattamente il contrario. È nostro interesse evitare che il passato ritorni. Il futuro non può essere il passato! Perché la Cuba del giorno dopo, quella che sognano di mandarci con le cannoniere yankee e sul ponte gli infami deputati che lì votano a favore di tutte le leggi contro il loro stesso Paese d’origine, quella Cuba, sarebbe un ritorno al giorno dopo l’assalto alla Moncada: un bagno di sangue, una vendetta dell’odio e il ripristino di tutto ciò che gli assalitori intendevano cambiare e che solo la Rivoluzione ha trasformato per sempre.
Sebbene nel mezzo di un deplorevole e lungo blackout misto all’estate soffocante di questi giorni alcuni possano pensare che non ci sia nulla di peggio della serie di eventi negativi che abbiamo subito e cercare sollievo imprecando, nel profondo della loro anima tutti capiscono che, inefficienze a parte, il blocco è alla radice, nel tronco, nei rami e nei frutti delle nostre difficoltà economiche.
E, sebbene non lo ammetta pubblicamente, anche un annessionista sa che i problemi di Cuba non saranno risolti da coloro che li hanno creati e li mantengono nel più totale disprezzo della condanna mondiale di questo scandaloso abuso che dura da più di mezzo secolo.
Cuba non è sola, non è mai stata sola! Cuba non rappresenta solo l’alternativa all’ordine ingiusto ed escludente che prevale nel mondo. Siamo anche la possibilità per il mondo di dimostrare che c’è spazio per tutte le idee e i sistemi politici; che la democrazia, tanto proclamata e tanto violata, viene riconosciuta in tutta la sua diversità.
Non si può continuare a diffamare il socialismo in nome della libertà, mentre si chiudono le porte del commercio, della finanza e degli scambi ai Paesi che lo sperimentano.
Il blocco economico, finanziario e commerciale, la furiosa persecuzione nella quale si è convertita questa politica di un potente impero contro una piccola nazione è, in questo momento, la migliore prova che il socialismo funziona, perché anche sotto il fuoco del blocco, abbiamo costruito un’opera di giustizia sociale che ci pone al livello dei Paesi più avanzati in indicatori chiave di sviluppo umano come la mortalità infantile, l’aspettativa di vita alla nascita, l’accesso alla salute, all’istruzione, alla cultura e allo sport, e i livelli di sicurezza e protezione dei cittadini.
In mezzo alle profonde e prolungate carenze di tanti anni, sotto le pressioni soffocanti di un’economia di guerra – perché questa è un’economia sotto blocco – non abbiamo mai rinunciato all’aspirazione socialista di beneficiare tutti, offrendo loro molteplici possibilità di realizzazione umana.
Crediamo soprattutto nella felicità come risultato della realizzazione personale e collettiva, basata sulle reali possibilità di ogni individuo di accedere alla conoscenza e di partecipare attivamente alla società in cui vive.
Abbiamo ottenuto qualcosa in questa impresa. Lo si può vedere nei segni che distinguono gli emigranti cubani dalle decine di migliaia di loro coetanei nel resto del mondo. La maggior parte dei nostri emigranti ha fatto studi per i quali i parenti non hanno dovuto pagare, compresi gli studi specialistici di alto livello, che in altri Paesi indebitano il laureato per tutta la vita.
In generale, si distinguono per la conoscenza e la qualità della loro formazione professionale, oltre che per il diverso trattamento che ricevono per motivi politici. Anche se nessuno parla più della Legge di Aggiustamento Cubana, questo trattamento differenziato dei nostri cittadini per alimentare il discorso antisocialista dichiarando una persecuzione inesistente, fa parte dell’obiettivo centrale della guerra contro la Rivoluzione cubana: schiacciare l’alternativa, demonizzare il socialismo, impedire che altri popoli si ispirino a questa esperienza.
Non c’è altra spiegazione per la continuazione del blocco contro Cuba, così incompatibile con i discorsi di libertà, democrazia e diritti umani che i politici statunitensi amano tanto proclamare. Tutta la retorica contro il socialismo cubano si scontra e si smentisce di fronte a questa innegabile verità.
La nostra conclusione è che il blocco viene mantenuto perché senza di esso questo Paese sarebbe un modello di società umana troppo sovversivo per l’ordine mondiale. E coloro che la pensano diversamente dal “lato opposto della strada”, da coloro che impongono e mantengono il blocco contro ogni logica civile e umanista, dovrebbero revocarlo completamente e incondizionatamente ora! Toglieteci il pretesto! (Applausi).
Se togliete questo pretesto, il mondo vi rispetterà e giudicherà Cuba.
Compatrioti:
Nel periodo trascorso dall’ultima celebrazione del 26 luglio, abbiamo approvato una nuova Costituzione e norme giuridiche che pongono il Paese all’avanguardia nel garantire i diritti di tutti, come si è appena verificato nelle ultime sessioni dell’Assemblea Nazionale, approvando il monumentale Codice della Famiglia. Vi invito a sostenerlo nel referendum di settembre.
I dibattiti su questi temi delicati hanno risvegliato le coscienze e approfondito la conoscenza della variegata e plurale società cubana, che dal trionfo della Rivoluzione non ha smesso di scrollarsi di dosso fardelli, pregiudizi e freni.
Nello stesso periodo, la società americana è tornata indietro di quasi un secolo in termini di diritti delle donne, negando l’esistenza di un diritto costituzionale all’aborto. Ha inoltre suscitato la solidarietà di tutto il mondo di fronte all’epidemia di sparatorie e massacri nelle scuole e nei luoghi pubblici.
Raramente il contrasto tracciato da Martí è stato così chiaro nel descrivere le due metà del continente, le due Americhe che crescono al contrario: quella “che si salva con i suoi indios, e va da meno a più… [e quella] che affoga i suoi indios nel sangue, e va da più a meno”.
Quando valutiamo le dure circostanze che abbiamo attraversato nell’ultimo anno, a partire dalle complesse giornate del luglio 2021, è giusto sottolineare la solidarietà internazionale tra le forze su cui il nostro Paese ha contato per sostenere la sua impressionante resistenza.
Nel luglio dello scorso anno, a forza di forti pressioni, gli Stati Uniti sono riusciti a ottenere il pronunciamento di una manciata di Paesi, apparentemente preoccupati per quanto stava accadendo a Cuba, mentre ignoravano o chiudevano gli occhi sulle dure condizioni a cui milioni di persone erano sottoposte sotto l’impatto della COVID-19.
È ancora commovente ricordare le formidabili espressioni di sostegno da parte di governi, parlamentari, organizzazioni politiche, gruppi di amicizia, artisti, intellettuali, leader e gruppi religiosi, movimenti sindacali e sociali, nonché individui di tutto il mondo che simpatizzano per le cause giuste e si oppongono agli abusi. Tra queste, le numerose espressioni di solidarietà ed empatia da parte di persone di origine cubana che vivono in molti Paesi, compresi gli Stati Uniti.
Di fronte alle evidenti carenze di materiali subite nei momenti più critici della pandemia, Cuba ha ricevuto il sostegno solidale di diversi governi di Paesi amici, oltre che di gruppi e singoli individui. Questi aiuti non si sono limitati a importanti risorse materiali per sostenere gli sforzi del Sistema Sanitario Pubblico nell’affrontare la pandemia, ma hanno incluso anche cibo e altre forniture sensibili per il consumo della popolazione.
Per citare solo i più significativi, sono arrivate spedizioni di valore a diretto beneficio del nostro popolo da Venezuela, Bolivia, Messico, Vietnam, Nicaragua, Cina, Russia, Italia, Giappone, Saint Vincent e Grenadine e Repubblica Dominicana, tra gli altri.
Ci hanno aiutato circa 170 aziende e imprenditori di 29 Paesi e 171 associazioni di amicizia, solidarietà e cubani all’estero di 43 Paesi.
Dagli Stati Uniti, in particolare nell’ultimo anno, abbiamo avuto ripetute espressioni di amicizia e di impegno da parte di organizzazioni come Pastors for Peace, Venceremos Brigade, Code Pink, Puentes de Amor, Answer Coalition, The People’s Forum, Wyckoff Medical Centre, Alianza Martiana, solo per citarne alcune (Applausi).
Anche il sostegno della Brigata portoricana Juan Rius Rivera e dei giovani del Partito per il Socialismo e la Liberazione degli Stati Uniti, che sono qui presenti (Applausi).
Queste si aggiungono a molte altre espressioni di organizzazioni dell’America Latina e dei Caraibi, dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente, con una lunga storia e tradizione di sostegno alla Rivoluzione cubana e di opposizione all’aggressione statunitense.
Allo stesso tempo, abbiamo ricevuto forti espressioni politiche di sostegno e solidarietà.
In primo luogo, vorrei sottolineare le belle parole su Cuba pronunciate dal Presidente degli Stati Uniti Messicani, Andrés Manuel López Obrador, in occasione della commemorazione del 238° anniversario della nascita del Libertador Simón Bolívar.
Questo accorato messaggio dell’amato popolo messicano al popolo cubano, in riconoscimento della nostra dignitosa resistenza al criminale blocco degli Stati Uniti, è stato ribadito più volte ne Las Mañaneras de AMLO con la forza sconvolgente della coerenza e della verità.
La pubblicazione su un’intera pagina dell’autorevole quotidiano The New York Times di un forte appello affinché Cuba possa vivere, e la successiva proiezione di tale appello su una facciata di Union Square a New York, sono state potenti espressioni di solidarietà in un momento in cui stavamo attraversando le fasi più difficili della pandemia, gli effetti dell’intensificazione dell’ostilità imperialista e della feroce campagna di calunnia e discredito contro Cuba.
Queste sono solo le espressioni più visibili di una solidarietà attiva e immutabile, che non è stata oscurata o distrutta dalle campagne di boicottaggio e di menzogna contro la Rivoluzione. Un esercizio storico di affetto tra nazioni, che non è scritto nelle leggi ma è stato iscritto con inchiostro indelebile nel DNA del popolo cubano.
Solidarietà e internazionalismo hanno guidato la politica estera di Cuba fin dal trionfo rivoluzionario del 1959. Nel corso degli anni abbiamo saputo condividere e abbracciare le giuste cause di altri popoli, quasi sempre sulla base di un sacrificio condiviso.
Fin dall’inizio abbiamo ritenuto di avere un debito di gratitudine nei confronti della solidarietà internazionale. Ecco perché chi ritiene possibile isolare Cuba si sbaglierà sempre. Abbiamo relazioni ampie e attive con quasi tutta la comunità internazionale. Ogni anno gli Stati membri delle Nazioni Unite votano quasi all’unanimità contro il blocco economico degli Stati Uniti e il nostro Paese gode di riconoscimento, prestigio e autorità per il suo contributo alla cooperazione internazionale e per la sua partecipazione attiva e costruttiva ai forum internazionali.
Compatrioti:
Nelle sessioni dell’Assemblea Nazionale appena concluse, sono state annunciate misure che mirano a mobilitare, nel più breve tempo possibile, le forniture e le risorse finanziarie che oggi ci mancano. I dettagli della loro implementazione saranno annunciati nelle prossime settimane. Se vogliamo ottenere risultati positivi in poco tempo, è essenziale agire in modo responsabile, serio e disciplinato.
Molti amici e ammiratori del nostro processo continuano a chiederci cosa sia oggi la Rivoluzione. Non nel concetto, che Fidel ci ha già dato, ma nel modo in cui viene messo in pratica.
Questa risposta sarà lasciata agli scienziati sociali, agli studiosi dei processi rivoluzionari, che sapranno meglio di noi cosa stiamo facendo. Tuttavia, ho ben chiari alcuni termini: democrazia e partecipazione popolare, umanesimo, volontà di trasformazione, creatività, innovazione, impegno, ideali e passione rivoluzionaria (Applausi).
Possiamo aggiungere altre esperienze di sviluppo della leadership del Paese a diretto contatto con la gente. Sotto pressione, i bisogni – che sono cresciuti e si sono approfonditi in tutta Cuba con il flagello del blocco rafforzato, la pandemia e l’impatto di tutte le crisi che il pianeta sta subendo – risvegliano in alcuni egoismi, ambizioni e atteggiamenti dannosi come la corruzione, che minano anche i maggiori sforzi dello Stato per attenuare le disuguaglianze e affrontare le vulnerabilità.
Gli anni del dannoso egualitarismo sono passati, ma la giustizia sociale rimane la nostra guida. È alla base dell’equilibrio di una società come la nostra; non possiamo lasciarla al discorso.
È un dato di fatto che quando i governi locali trascurano il controllo essenziale e sottovalutano la capacità dei leader naturali e delle organizzazioni di quartiere, la criminalità mina il lavoro sociale.
Lo sappiamo. Il popolo lo denuncia. La corruzione è un cancro che consuma, irrita, smobilita e va contro l’ideale socialista. Non lasceremo che ci invada, la combattiamo e continueremo a farlo senza sosta.
Compagni:
Considerando le condizioni drammatiche in cui si muove oggi l’intero pianeta, assediato dalle molteplici crisi generate dai cambiamenti climatici, dalle guerre, dalle pandemie, dalla corruzione, dal crimine organizzato e da altri mali, abbiamo alcuni vantaggi per affrontarle: l’esperienza accumulata nel grado di resistenza creativa – come mi piace chiamarla – obiettivi e priorità chiare e l’unità, la costosa e preziosa unità conquistata in anni di lotta, dopo molte battute d’arresto e come premio dopo successive vittorie dell’ideologia martiana e fidelista della Rivoluzione.
All’inizio della cerimonia di questa mattina abbiamo ascoltato le parole pronunciate da Fidel in una delle prime celebrazioni del 26 luglio negli anni Sessanta.
Vorrei ribadirle ora come espressione dei legami della storia che spiegano l’enigma di una Rivoluzione vittoriosa:
“Se ci fossimo arresi dopo Moncada, o se ci fossimo arresi dopo Granma, o quando siamo rimasti con pochissimi uomini, quando ci siamo riuniti con sette uomini con i fucili, se avessimo accettato l’idea della sconfitta, saremmo stati sconfitti. Non siamo stati sconfitti semplicemente perché non abbiamo mai adottato l’idea della sconfitta.
“E questo deve essere sempre il nostro atteggiamento, e questa deve essere la grande lezione della nostra storia (…).
“Si può dire che l’assalto alla Moncada costituì il primo assalto a una delle tante fortezze che sarebbero state conquistate in seguito. Rimanevano molte Moncada da prendere. Rimaneva, tra l’altro, la Moncada dell’analfabetismo, e il nostro popolo non ha esitato ad attaccare quella fortezza, l’ha attaccata e l’ha presa; la Moncada dell’ignoranza; la Moncada dell’inesperienza; la Moncada del sottosviluppo; la Moncada della mancanza di tecnici, della mancanza di risorse in tutti i settori. E la nostra gente non ha esitato a lanciare un assalto anche a queste fortezze…”. Fine della citazione, che è molto appropriata per il momento attuale.
Spetta alla nostra generazione prendere d’assalto le fortezze dell’inefficienza economica, della burocrazia, dell’insensibilità, dell’odio. Sui loro resti costruiremo la prosperità possibile. Continuando a chiedere ¡Abajo el bloqueo! (esclamazioni di: ¡Abajo!).
Creiamo un paese migliore per noi stessi (esclamazioni di: ¡Vamos!).
La storia ci dà forza, ci ispira, ci guida e ci incoraggia: se l’hanno fatto loro, possiamo farlo anche noi!
Gloria eterna agli eroi e ai martiri del 26 luglio (esclamazioni di: Gloria!).
¡Hasta la Victoria, Siempre!
¡Socialismo o Muerte!
¡Patria o Muerte!
¡Venceremos!
(Esclamazioni: Viva Raul, Viva Fidel!).
(Ovazione)
(Traduzione de l’AntiDiplomatico)