È ormai chiaro che l’escalation odierna della Nuova Guerra Fredda è stata pianificata più di un anno fa. Il piano americano di bloccare il Nord Stream 2 era davvero parte della sua strategia per impedire all’Europa occidentale (“NATO”) di cercare prosperità attraverso scambi e investimenti reciproci con Cina e Russia.
Come annunciato dal presidente Biden e dai rapporti sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, la Cina era vista come il principale nemico. Ciò nonostante il ruolo utile della Cina nel consentire alle aziende americane di ridurre i salari del lavoro deindustrializzando l’economia statunitense a favore dell’industrializzazione cinese, la crescita della Cina è stata riconosciuta come l’ultimo terrore: la prosperità attraverso il socialismo. L’industrializzazione socialista è sempre stata percepita come il grande nemico dell’economia rentier che ha conquistato la maggior parte delle nazioni nel secolo successivo alla fine della prima guerra mondiale, e soprattutto dagli anni ’80. Il risultato oggi è uno scontro di sistemi economici: industrializzazione socialista contro capitalismo finanziario neoliberista.
Ciò rende la Nuova Guerra Fredda contro la Cina un atto di apertura implicito di quella che minaccia di essere una lunga terza guerra mondiale. La strategia degli Stati Uniti è quella di allontanare i più probabili alleati economici della Cina, in particolare Russia, Asia centrale, Asia meridionale e Asia orientale. La domanda era: da dove iniziare la spartizione e l’isolamento.
Maurizio Lazzarato: Schmitt e la guerra
Schmitt e la guerra
di Maurizio Lazzarato
Pubblichiamo l’intervento di Maurizio Lazzarato al convegno «Teologia politica 2022?», svoltosi all’Università Sapienza di Roma alla fine di giugno. Come negli altri articoli su Machina, l’autore approfondisce questioni decisive per analizzare il rapporto tra guerra e capitalismo, soffermandosi in particolare sul pensiero di Carl Schmitt. I temi qui affrontati sono ulteriormente sviluppati e articolati nel libro Guerra o rivoluzione. Perché la pace non è un’alternativa, di imminente pubblicazione nella collana Input di DeriveApprodi.
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Non c’era bisogno di essere Lenin per capire che la globalizzazione, i monopoli, gli oligopoli e l’egemonia del capitale finanziario ci avrebbero portato, ancora una volta, all’alternativa tra guerra o rivoluzione, socialismo o barbarie (la guerra è certa, mentre la rivoluzione, date le condizioni dei movimenti politici contemporanei, è altamente improbabile). La stessa situazione si era verificata un secolo fa. Sebbene in modo diverso, il collasso del capitale finanziario contemporaneo, salvato dall’intervento degli Stati, la frammentazione e la balcanizzazione della sua globalizzazione, l’ulteriore concentrazione del potere economico e politico per affrontare le difficoltà della finanza e del mercato globale, hanno prodotto dei risultati analoghi. La guerra rappresenta una «catastrofe» in termini tecnici, ossia un «cambiamento di stato». Non possiamo prevedere cosa accadrà, ma sicuramente il vecchio mondo, quello che abbiamo conosciuto negli ultimi cinquant’anni, sta crollando. In realtà, stava crollando già da diverso tempo.
La guerra in Ucraina affonda le sue radici e le sue ragioni in questi processi e non nell’autocrazia o nella follia di qualche individuo.
Paolo Bartolini: Bussola
Bussola
di Paolo Bartolini
Provo a mettere a fuoco – se proprio dobbiamo essere realisti senza rinunciare al seme dell’utopia – come pensare l’azione politica in Italia dall’ottobre 2022. Le elezioni, con grande probabilità, daranno vincente il centro-destra. Rischi di una manomissione della Costituzione ce ne sono, come anche di un aggravarsi delle condizioni di vita degli ultimi e penultimi. Sull’essenziale (guerra e posizioni filo-NATO, culto dei mercati capitalistici, gestione autoritaria delle emergenze, sostanziale indifferenza per i cambiamenti climatici, politiche contro i lavoratori, privatizzazioni selvagge) centro-sinistra e centro-destra concordano, quindi non c’è altro da dire o da fare. Nel nostro Paese serve un terzo polo esplicitamente antiliberista, capace di far fronte alle crisi sistemiche che ci precipiteranno in anni alquanto difficili. Chiunque abbia a cuore le sorti dei ceti medi e popolari, e sappia lasciare da parte narcisismi ed esitazioni, ha davanti a sé questi compiti (dentro e soprattutto fuori dal Parlamento):
Vincenzo Comito: Auto e componenti: la grande trasformazione
Auto e componenti: la grande trasformazione
di Vincenzo Comito
Sono pochi e quasi tutti cinesi i produttori d’auto in grado di rispondere alle sfide dell’auto elettrica e a guida autonoma. Un’auto-commodity, sempre più a noleggio, che interessa ora anche le società della Gigeconomy. In Italia gran parte della componentistica soffrirà particolarmente
Qualche settimana fa abbiamo pubblicato su questo stesso sito un articolo che metteva in rilievo alcune delle trasformazioni in atto nel settore dell’auto (il testo è del 6 luglio e porta il titolo “Auto ed emissioni nocive: una storia estiva”), sottolineando in tale quadro in particolare il tentativo, per fortuna fallito, da parte del governo italiano di frenare una nuova normativa dell’UE volta ad accelerare l’introduzione dei veicoli a propulsione elettrica. La normativa è stata poi approvata con largo margine.
Con queste note riprendiamo l’argomento dei grandi mutamenti in atto nei settore dei veicoli in termini più complessivi, essendo tra l’altro il tema molto importante per il futuro di una buona fetta dell’industria europea.
Sandrine Aumercier: Fermare il carnevale
Fermare il carnevale
di Sandrine Aumercier
L’attualità continua, senza posa, a fornirci prove del fatto che ci troviamo sempre più collettivamente impantanati nei vicoli ciechi di un modo di produzione nel quale, tuttavia, le connessioni sistemiche relative ai diversi fattori continuano a essere viste come isolate l’una dall’altra; come se rappresentassero tanti problemi separati, quasi fossero dei “dossier” da affrontare caso per caso. E questo basta a far sì che tutti gli attori del sistema perdano la bussola, fino a spingersi a estremi talvolta grotteschi.
Per esempio: benché Joe Biden sia stato eletto a partire dal suo impegno contro il cambiamento climatico e per la sua promessa di una politica migratoria «equa e umana» egli ha già concesso più permessi di trivellazione petrolifera di quanti ne avesse firmati il suo predecessore che è contrario al clima; e il numero di arresti di migranti illegali non è mai stato così alto nella storia di quel Paese, come nel 2021 [*1].
Mauro Armanino: Diario del ritorno al paese natale
Diario del ritorno al paese natale
di Mauro Armanino
Niamey, 24 luglio 2022. Dal luglio del 2019 a quello del 2022 fanno tre anni rotondi di assenza. Questo è il tempo passato, anch’esso di sabbia, dall’ultimo mio soggiorno in Italia, madre e patria secondo le migliori tradizioni di una volta. Eppure, in questa porzione di vita, di cose ne sono accadute e altre avrebbero potuto accadere a seconda degli avvenimenti. Tra questi c’è anzitutto da notare, dopo oltre due anni di cattività nel deserto del Sahara, la liberazione dell’amico e compagno di viaggio Pierluigi Maccalli. Parlavo di lui ancora assente, nell’ultima permanenza nel Paese, come di un albero che, piantato e radicato nella savana, coi suoi rami contorti, tiene il cielo e la terra attaccati l’uno all’altro. Dell’avventurosa prigionia si è portato dietro tre segni: un pezzo di catene, due legni a forma di crocifisso e i grani di stoffa di un rosario che tace raccontando le sue lacrime. Era il mese di ottobre quando la notizia filtrò a Niamey durante un incontro di persone che mai avevano smesso di pregare perché le catene coniugassero il verbo più bello di tutti.
Salvatore Bravo: Cittadino-consumatore
Cittadino-consumatore
di Salvatore Bravo
La vera urgenza della contemporaneità è la scomparsa della democrazia reale, al suo posta vi è la democrazia giuridica e formale. La più grande conquista culturale e politica dell’Occidente scompare ed agonizza sotto i colpi delle oligarchie e del loro immenso patrimonio che si traduce in controllo e sfruttamento. Il binomio controllo-sfruttamento non è da relegare nelle aziende ed ovunque vi sia lavoro, ma è la normale condizione quotidiana del cittadino-consumatore. Il tempo in cui non si è al lavoro è all’ombra dei media che orientano non solo l’opinione pubblica, ma anche i gusti e le attività. L’Occidente è un immenso campo per la produzione di plusvalore e guadagno: il tempo libero è organico a tale produzione. Si tratta di un’immensa macchina, i cittadini sono solo parte degli ingranaggi immediatamente sostituibile. Il sistema macchinale non deve mai fermarsi, è preda di un automatismo produttivo che cela tra i suoi ingranaggi il terrore panico del tempo vuoto e sottratto alla quantificazione. Con le attività libere i media producono le opinioni con la massiccia e invisibile manipolazione dei dati, e specialmente, con la capacità di oscurare e deprezzare pubblicamente informazioni, concetti e modelli sociali non organici agli interessi del sistema.
Daniele Lo Vetere: “Liberare l’insegnamento dall’apprendimento”
“Liberare l’insegnamento dall’apprendimento”
Rifessioni politiche e pedagogiche intorno a un libro importante
di Daniele Lo Vetere
Gert J. J. Biesta è un importante filosofo dell’educazione, prima d’oggi mai tradotto nel nostro paese.[i] La pubblicazione di Riscoprire l’insegnamento (Raffaello Cortina Editore, 2022, pp. 153), per la cura di Francesco Cappa e Paolo Landri, mette a disposizione dei lettori italiani un pensiero pedagogico di grande interesse e sicura attualità, che merita ben più di una semplice recensione: direi l’avvio di una riflessione collettiva. È Biesta stesso che ci invita a una ricezione operosa: «Quelle esposte in questo libro non sono solo idee su cui riflettere […] ma forse, prima di tutto, idee con cui pensare» (pp. 4-5, corsivi originali). L’obiettivo del filosofo è rivalutare l’insegnamento e gli insegnanti, per una decisa correzione di quella che chiama «learnification dell’istruzione».
La «learnification dell’istruzione»
La critica di Biesta alla learnification è condotta ad un livello di rigorosa pertinenza pedagogica e didattica, ma è ricca di implicazioni politiche.
Nella letteratura scientifica «la diade teaching and learning è così onnipresente che spesso sembra essere condensata in un’unica parola – teachingandlearning». Biesta suggerisce che si possa sviluppare un discorso sull’educazione nel quale quella diade venga spezzata. Come nella vita si danno moltissimi casi di apprendimento senza bisogno di insegnamento, così l’insegnamento potrebbe essere un’attività (relativamente) indipendente dall’apprendimento: «l’insegnamento non deve necessariamente mirare all’apprendimento» (p. 33). Se quest’idea appare paradossale, ciò dipende proprio dal fatto che la «svolta verso l’apprendimento a scapito dell’educazione» è ormai diventata senso comune.[ii]
Tomasz Konicz: La politica del debito estremo e l’adattamento ai cambiamenti climatici nel Sud globale
La politica del debito estremo e l’adattamento ai cambiamenti climatici nel Sud globale
di Tomasz Konicz
Il debito estremo sta cominciando a sfuggire di mano, soprattutto in Africa e nel Sud globale, dove le crisi economiche e climatiche in generale si intrecciano, alimentandosi a vicenda e rendendo evidente che i limiti interni ed esterni del capitale sono stati raggiunti, come sostiene Tomasz Konicz nel suo contributo alla serie di testi sulla “Berliner Gazette” (BG), “After Extractivism”
Il tardo capitalismo non può più permettersi politiche climatiche costose. Soprattutto non può proprio laddove è più urgente: nel Sud globale. All’inizio del mese di giugno, la Banca Mondiale ha annunciato una grave crisi del debito nei Paesi a «basso e medio reddito», come conseguenza dell’elevato debito pubblico globale, salito alle stelle durante la risposta alla pandemia e del tutto simile all’ondata di fallimenti sovrani e crolli economici che negli anni Ottanta hanno devastato molti Paesi in via di sviluppo. Nel rapporto viene detto che, rispetto al 2019, ci saranno altri 75 milioni di persone alla periferia del sistema globale che – a causa del forte indebitamento, dell’inflazione e del rapido aumento dei tassi di interesse che porteranno a una situazione economica «simile a quella degli anni ’70» – rischiano di cadere in «estrema povertà». Dei 305mila miliardi di dollari a cui ammonta oggi la montagna di debito globale, le economie emergenti, compresa la Cina, totalizzano circa 100mila miliardi di dollari. Nel 2019, alla vigilia della pandemia, il debito globale totale era pari a circa il 320% della produzione economica mondiale. Oggi si attesta al 350%, dopo aver raggiunto, nel 2020, un picco del 360%. Tuttavia, gran parte della crescita del debito – resa possibile principalmente dalle banche centrali che stampano denaro – è avvenuta proprio nella semiperiferia. Più dell’80% del debito che si è accumulato lo scorso anno, è stato generato di recente nei mercati emergenti.
Paolo Ferrero: Ora il M5s deve scegliere
Ora il M5s deve scegliere
Il mio invito a costruire un’alternativa vera e di sinistra anti ‘Natoliberisti’
di Paolo Ferrero
La crisi di governo ha mostrato l’arroganza di Draghi e, nel contempo, la forza della sua proposta politica: i due schieramenti principali che si candidano alle elezioni, che litigheranno ogni giorno con toni apocalittici, sono infatti – al di là dei distinguo – totalmente interni al pensiero unico impersonato da Draghi.
Meloni e Letta sono completamente concordi sul coinvolgimento dell’Italia nella guerra in corso, sulla scelta di continuare a fornire armi e di far entrare l’Ucraina nella Nato, dimostrandosi così guerrafondai subalterni agli Usa.
Letta e Meloni sono completamente concordi sulle politiche liberiste di pareggio di bilancio – che hanno tutti e due voluto in Costituzione – e che dal prossimo anno porterà l’Italia a nuove manovre lacrime e sangue.
Meloni e Letta si sono opposti strenuamente al reddito di cittadinanza che è l’unica cosa buona fatta in questi anni sotto la spinta del Movimento 5 stelle.
Andrea Zhok: Siamo in una di quelle fasi storiche che precedono una catastrofe
Siamo in una di quelle fasi storiche che precedono una catastrofe
di Andrea Zhok
Per quel che conta, a titolo strettamente personale, avverto un’estrema difficoltà in questo momento a frequentare i media o social media senza sofferenza.
La mia percezione – ovviamente fallibile, mi auguro erronea – è che siamo in una di quelle fasi storiche che precedono una catastrofe.
Queste fasi storiche – la più studiata è la fase immediatamente precedente alla Prima Guerra Mondiale – sono caratterizzate (lo vediamo bene a posteriori) da una sorta di accecamento collettivo, un’incapacità di uscire dai vecchi schemi, da stantii riflessi condizionati, mentre la storia ci sta portando su scogli che abbiamo visti affiorare da tempo.
La percezione è quella di uno scollamento totale, irredimibile, tra le coscienze di chi verrà chiamato a giocare le prossime partite (elettorato e classi dirigenti) e la durezza di una realtà che ci ha già detto in faccia a muso duro che stiamo per venire travolti.
Il Pungolo Rosso: Dopo Draghi: molte incognite, due sole certezze
Dopo Draghi: molte incognite, due sole certezze
di Il Pungolo Rosso
E dunque il nuovo uomo della provvidenza, acclamato dalle élite occidentali, da sindaci, da rettori, da Confindustria, dalla ‘grande’ stampa e pregato di restare al suo posto di comando anche da Landini, neanche lui ce l’ha fatta. Le conflittuali, incontrollabili pulsioni di sopravvivenza (o di volontà di riscossa) di quel pulviscolo di aggregati di interessi privati cui si sono ridotti i partiti parlamentari hanno fatto cadere il “governo di unità nazionale” capitanato da Draghi e fortemente voluto da Mattarella e dai grandi potentati nazionali e occidentali.
Ridurre la crisi di governo ai rigurgiti di un “ceto politico” italiano impazzito sarebbe, però, fuorviante. Come per la nascita e la morte del Conte-1 e del Conte-bis, infatti, la determinante fondamentale è internazionale. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha teso allo spasimo le relazioni tra lo storico blocco occidentale in declino e il nascente blocco Cina-Russia in ascesa. Ed il forsennato avventurismo con cui gli Usa si sono precipitati a rendere la guerra il più lunga e letale possibile per la Russia e per l’UE ha moltiplicato le difficoltà dell’economia italiana proprio nel momento in cui il governo Draghi faceva sognare qualcuno e prometteva di prolungare il rimbalzo dell’economia del 2021.
Gaetano Colonna: Il futuro della Nato: scienza, business e alta finanza
Il futuro della Nato: scienza, business e alta finanza
di Gaetano Colonna
A partire dal giugno 2020, con l’approvazione della “Nato 2030 Initiative” e la pubblicazione del documento ufficiale “Nato 2030: United for a New Era”, l’organizzazione politico-militare atlantica ha dedicato una specifica attenzione alle c.d. EDT (Emerging & Disruptive Technologies): big data, intelligenza artificiale, autonomia, tecnologie quantistiche, tecnologie spaziali, biotecnologie e human enhancement, tecnologie ipersoniche.
Facendo seguito a questa iniziativa, nel luglio del 2020, il segretario generale della Nato, Jan Stoltenberg, ha deciso di istituire un Advisory Group on Emerging and Disruptive Technologies: esso è composto da 12 esperti altamente selezionati, provenienti dal settore privato (vi figurano ad esempio IBM, Microsoft e Digitaleurope, associazione che raccoglie 36mila aziende informatiche europee), da quello universitario (da università francesi, statunitensi, britanniche, spagnole, polacche, dal CNR italiano) e dalle grandi agenzie governative di intelligence, cibersecurity e dello spazio (NSA, ESA, ENISA).