Enrico Vigna: “Cosa sta succedendo in Kosovo Metohija”

Le autorità dell’autoproclamato Kosovo, avevano comunicato che dal 1 agosto i documenti serbi cessavano di essere validi nel territorio sotto il suo controllo, in sostituzione dei quali verrebbe rilasciato un certificato provvisorio per l’ingresso nella regione, contestualmente, inizierà la re immatricolazione obbligatoria delle targhe auto con lettere serbe, sostituite con la sigla RKS “Repubblica del Kosovo“. Quando la notizia è divenuta ufficiale, nella stessa serata, nelle aree settentrionali del Kosovo abitate dai serbi, sono suonate le sirene d’allarme e le campane delle Chiese ortodosse, che dopo poche ore sono poi state zittite, nel contempo le forze speciali albanesi kosovare, sono state dispiegate vicino alla base della polizia di frontiera dell’autoproclamato Kosovo, al checkpoint di Jarinie, in giubbotto antiproiettile e con le mitragliatrici, hanno poi chiuso i checkpoint di Jarinie e Brnjak, ai confini amministrativi della Serbia. Un serbo è rimasto ferito ai barricamenti di Jarinie.

Le proteste sono avvenute nel nord del Kosovo, dove vive la maggioranza dei 130.000 serbi rimasti nella provincia. Prima della pulizia etnica del 1999-2004 c’erano circa 300.000 serbi. Alti funzionari della Serbia hanno denunciato che la situazione provocata da queste misure illegittime e illegali di Pristina, è la peggiore degli ultimi decenni, e che l’obiettivo è finalizzare la pulizia etnica di tutti i serbi e delle altre minoranze, ma la Serbia proteggerà i suoi cittadini dall’essere vittime di un altro pogrom come l’”Operazione Tempesta” in Croazia del 1995. La Serbia ha chiesto alle potenze occidentali di esercitare la loro influenza su Pristina per evitare il peggio. Già nel 2021 Pristina vietò l’ingresso di auto con targa serba e dispiegò forze speciali, mezzi blindati e cecchini ai checkpoint, i serbi in risposta bloccarono l’autostrada, nonostante l’uso di gas lacrimogeni e dispositivi speciali.

Occorre partire dal fatto che questa non è la prima grave escalation che si è verificata in Kosovo negli ultimi tempi. Il problema tra Pristina e Belgrado è, fondamentalmente, che una parte fa passi e scelte aggressivi e provocatori, mentre l’altra continua a cercare soluzioni negoziali e politiche.

Già nell’autunno del 2021, i serbi erano stati costretti ad attaccare adesivi con i simboli della Serbia sui numeri delle auto, poi qualche tempo fa Pristina ha introdotto il divieto di carte d’identità e targhe neutre per le auto serbe, questo ha causato una nuova fase di aggravamento. Oltre a questo, Pristina non consente ai serbi locali di tenere elezioni per organi di autogoverno con ampi poteri, cosa che le parti avevano concordato su indicazione dell’UE, e registrato negli accordi di Bruxelles. L’UE, che sembrava agire da arbitro tra le parti, ovviamente non sta affrontando la situazione e sta semplicemente cercando di tenere le parti agli angoli, quasi gestendo una situazione costantemente tesa e squilibrata. È scontato che i secessionisti albanesi hanno l’appoggio e la guida dalle potenze occidentali, in primis NATO, Stati Uniti e Gran Bretagna. Per più di vent’anni Washington e Londra hanno cercato di aggirare il Diritto internazionale e attuare il progetto di indipendenza del Kosovo. Le élite politiche che guidano il Kosovo provengono da strutture terroristiche e criminali, non sanno come risolvere i problemi in altro modo che con la violenza. Incoraggiati dal sostegno esterno, commettono continue violenze contro la popolazione serba in Kosovo, soprattutto nelle regioni settentrionali, più densamente popolate da serbi. D’altra parte, il governo serbo è continuamente ricattato e sottoposto a pressioni e minacce, cerca di difendere un minimo di indipendenza e autonomia nelle scelte geopolitiche, ma oltre non va perché la situazione sociale, economica e politica è estremamente difficile, continuando a sostenere la linea legata al quadro del diritto internazionale e della risoluzione 1244 dell’ONU. E’ evidente che questa provocazione è inserita dentro la strategia NATO/USA, legata alla crisi ucraina e mirata a costruire destabilizzazioni e aggravamenti di crisi locali, dalla Bosnia a Taiwan, dal Montenegro alla Striscia di Gaza,d all’Afghanistan alla Siria, dalla Libia alla Pridnestrovie, dal Karabakh al Kazakistan, all’Uzbekistan. Non casualmente, tutto in concomitanza con la crisi ucraina, che sta palesando sul campo, cocenti battute d’arresto dei programmi NATO/USA.

Sullo sfondo del conflitto ucraino, l’escalation in Kosovo sarà l’apertura incondizionata di un altro fronte di confronto/scontro tra occidente e logiche unipolari e i paesi che lavorano ad un progetto di mondo multipolare. Per l’Ucraina, tutti questi nuovi fronti, non produrranno scenari e prospettive migliori, perché porteranno solo a una distrazione dal caso ucraino: conflitti e crisi militari, guerre al centro dell’Europa. Infatti alcuni di questi contesti, come il Kosovo, la Bosnia, la Pridnestrovie, l’Artsakh essendo interni geopoliticamente all’Europa, porteranno ulteriori contrasti e crisi a domino. Per l’UE, questo porterà altre recessioni economiche, contraddizioni e fratture anche politiche al loro interno, che potrebbero portare, a profondi contraccolpi.

La dimostrazione fattuale, circa la crisi kosovara è la pronta, quasi simultanea ( già preparata?), presa di posizione della NATO e degli Stati Uniti.

Con questa ennesima forzatura si inasprisce il fronte tra Kosovo e Serbia. Il lavoro sporco fatto con la distruzione della Jugoslavia continua a produrre frutti avvelenati. Le misure contro i serbi kosovari prese dalle autorità di Pristina sono nella scia delle strategie della NATO che usa i nazionalismi sciovinisti in ogni area, per i propri scopi e interessi geopolitici.

Circa le tensioni pericolosissime, anche in prospettiva, nella provincia serba del Kosmet, il presidente serbo A. Vucic, è intervenuto con un discorso alla nazione: “La Serbia non è mai stata in una situazione così complessa e difficile: abbiamo avuto colloqui con rappresentanti dei serbi del Kosovo e Metohija e cercheremo di mantenere la pace. Ma chiedo agli albanesi di cambiare la loro posizione e ai serbi del Kosovo di non cedere alle provocazioni”.

È chiaro che americani e inglesi si stanno vendicando di Vucic e del governo serbo, per essersi rifiutati di aderire alle sanzioni anti-russe e di rifiutare scelte UNIPOLARI. Ma provocando un conflitto tra Kosovo e Serbia, Stati Uniti e Nato, provocheranno uno tsunami politico e militare proprio nel centro del nostro continente, perché sommandosi alla crisi ucraina e aree limitrofe, avrà ripercussioni e crisi di ogni aspetto su tutti i paesi europei, in particolare sul nostro paese, dal 1999 fortemente implicato e complice delle vicende della ex Jugoslavia.

La Nato pronta a intervenire.

Quasi contemporaneamente alle proteste della parte serba, la Nato ha prontamente dichiarato di essere pronta a intervenire nel nord del Kosovo con la sua missione Kosovo Force (KFOR) qualora la stabilità divenisse “a rischio”, questa la nota diffusa il 31 luglio dall’Alleanza Atlantica : “La situazione complessiva riguardante la sicurezza nei comuni del nord del Kosovo è tesa. La missione KFOR guidata dalla Nato, sta monitorando da vicino ed è pronta a intervenire se la stabilità è a repentaglio, in base al suo mandato, derivante dalla risoluzione 1244 delle Nazioni Unite”.

L’ambasciatore degli Stati Uniti a Pristina ha affermato che il governo degli Stati Uniti, stante la tensione creatasi, ha proposto che l’attuazione delle misure di Pristina dovrebbe essere posticipata di 30 giorni, ma aggiungendo, che ciò non significa che le misure dovranno essere abolite.

Conseguentemente la Russia ha ribadito fermamente la sua posizione. La portavoce del ministro degli Esteri russo Maria Zakharova, ha emesso un dichiarazione ufficiale: “Chiediamo a Pristina, agli Stati Uniti e all’UE, che sono dietro di essa di cessare le provocazioni e di rispettare i diritti dei serbi in Kosovo, quanto sta accadendo  è un ulteriore passo verso l’espulsione della popolazione serba dal Kosovo, l’espulsione di Istituzioni kosovare-serbe che garantiscono la protezione dei diritti dei residenti serbi dall’arbitrarietà dei radicali nazionalisti di Pristina. I leader dei kosovari sappiano che i serbi non rimarranno indifferenti quando si tratta di un attacco diretto alle loro libertà, e si prepareranno a uno scenario militare“.

Il 1 agosto, l’addetto stampa del presidente della Federazione Russa D. Peskov, ha dichiarato che:  “La Russia sostiene fermamente la posizione della Serbia nella situazione del Kosovo e considera le richieste del Kosovo assolutamente infondate e sostiene le politiche delle autorità serbe”.

L’ Ambasciatore russo a Belgrado, A. Botsan-Kharchenko ha dichiarato cheancora nessuna soluzione a lungo termine sul Kosovo è stata trovata. Intorno al Kosovo si è sviluppata una situazione estremamente difficile, si è evitato lo spargimento di sangue, ma non esiste ancora una soluzione a lungo termine. Le dichiarazioni del presidente serbo Vucic per una riduzione dell’escalation violenta, significano che per ora non ci sarà uno sviluppo estremo e un aggravamento del conflitto e spargimenti di sangue. Ma tali paure c’erano prima, ci sono ancora, per il presente ed il futuro.

La situazione è estremamente complicata e questa decisione potrebbe aver rimosso la tensione in questo momento, ma non apre la strada a una soluzione sostenibile a lungo termine. Come sempre c’è una valutazione deliberatamente distorta della situazione nel Kosovo da parte dei paesi occidentali. L’Occidente, come si suol dire, presenta volutamente un quadro superficiale e non vuole svelare i problemi di fondo che si sono creati per sua stessa colpa. L’Occidente, e, soprattutto, la NATO e l’Unione Europea, dovrebbero adempiere al loro compito, e assumersi la responsabilità di essere un mediatore efficiente e onesto, cosa che non fa. Tra l’altro, dovrebbero basarsi sulla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che non rispettano. L ‘aggravamento del conflitto tra Kosovo e Serbia è stato al momento evitato, ma questa questione è stata rinviata solo di un mese“, ha affermato l’ambasciatore russo in Serbia.

Il 1 agosto anche il vice capo del Comitato internazionale del Consiglio della Federazione Russa V. Dzhabarov, ha ribadito che la Russia “assisterà” la parte serba in caso di aggravamento della situazione o di un conflitto in Kosovo.

Secondo il senatore russo, l’aggravarsi del conflitto in Kosovo è molto pericoloso, poiché è nel centro dell’Europa e vi sono di stanza le forze Nato. Ha inoltre chiarito che, in caso di escalation, potrebbe sfociare in un conflitto militare, che coinvolgerebbe sia i paesi della NATO che gli alleati della Serbia. Allo stesso tempo, Dzhabarov ha specificato che in questo caso Mosca fornirebbe assistenza a Belgrado. “Noi non intendiamo entrare nel conflitto, penso. Ma, naturalmente, forniremo assistenza ai serbi se ce lo chiederanno. Abbiamo un trattato di amicizia“, ha spiegato il senatore russo.

Il presidente della Cecenia, Ramzan Kadyrov, ha affermato che non c’è dubbio che la NATO sta spingendo la Serbia e il Kosovo al conflitto militare. Secondo la sua convinzione, l’alleanza occidentale si è resa conto che sta fallendo con i suoi piani in Ucraina, quindi ha deciso di “scegliere la guarigione delle sue ferite nei Balcani. La ragione ufficiale dello scoppio del conflitto è così ridicola e banale che non c’è dubbio che gli istigatori siano fuori. Questa è una situazione molto difficile in cui c’è una terza parte di istigatori: la NATO. Mentre i popoli dei Balcani combatteranno tra di loro, l’Occidente darà proiettili, ma vivrà in pace”, ha sottolineato Kadyrov, osservando che stava seguendo attentamente gli eventi in Serbia e Kosovo.

Il presidente del Forum Belgrado ed ex ambasciatore della RFJ, Zivadin Jovanovic, in una corrispondenza ha scritto: “ La mia opinione è che gli Stati Uniti sostengono le misure di Pristina, semplicemente perché sono i padroni dell’aggressione della NATO del 1999, della secessione illegale proclamata nel 2008 e dei successivi riconoscimenti da parte dei paesi membri dell’UE e della NATO, nonché da alcuni governi clienti. Quello che sta succedendo ora, è solo una parte delle pressioni concertate di USA/NATO/UE contro la Serbia per attuare sanzioni contro la Russia, tagliare il partenariato strategico con Russia e Cina, riconoscere la secessione illegale e criminale della provincia del Kosovo e Metohija e accettare l’adesione alla NATO.

Tutto questo fa parte dell’espansione USA/NATO a est e dell’escalation contro Russia e Cina. La resistenza della Serbia a unirsi a strategie antirusse. Gli ultimi successi diplomatici della Russia, in particolare nelle regioni arabe e africane, l’ulteriore miglioramento della cooperazione con la Cina, potrebbe aver giocato un ruolo nel rafforzamento delle pressioni USA/NATO/UE e nel ricatto della Serbia. La Serbia deve continuare a difendere la sovranità, l’integrità territoriale, la neutralità militare e la politica estera indipendente. Lo status della provincia del Kosovo e della Metohija può essere risolto solo nell’ambito della legge internazionale e della risoluzione 1244 del Consiglio di amministrazione delle Nazioni Unite. La Serbia non si arrende o si sottomette alla geopolitica di coloro che stanno cercando di compensare le perdite in Ucraina, o di rafforzare posizioni negoziali, prima degli inevitabili negoziati globali sul nuovo ordine mondiale europeo e mondiale post Ucraina”.

“Gli Stati Uniti hanno spostato il centro degli interessi mondiali a Taiwan e al Kosovo. Tuttavia, la Serbia sarà in grado di denazificare i Balcani”. Questa è l’opinione espressa da Anton Bredikhin, direttore scientifico del Center for Ethnic and International Studies di Mosca, in un’intervista. “La situazione in Kosovo è innanzitutto il riavvio da parte dell’Occidente del cosiddetto caso balcanico per trasferire il centro degli interessi internazionali nei Balcani…Cioè gli Stati Uniti hanno scosso la situazione in questa direzione, ora l’Occidente massimizzerà la possibilità di passare all’esercito, operazioni in ogni parte del globo, sfruttando il conflitto congelato in Kosovo”, ritiene l’esperto. “La Serbia era consapevole che poteva crearsi una situazione del genere, così come il suo principale alleato, la Russia, sapendo che questa la supporterà in qualsiasi scelta di autodifesa  e di ulteriori passi. La situazione della denazificazione nei Balcani da parte della Serbia è abbastanza realistica. Se l’aggravamento della situazione in Kosovo raggiunge il culmine, tutti gli Stati vicini saranno coinvolti nel conflitto”, ha affermato Bredikhin.

Enrico Vigna (Portavoce Forum Belgrado Italia)

04 agosto 2022

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