I media occidentali non ne parlano, ma il Libano sta affrontando una crisi economica ed umanitaria senza precedenti.
Il Libano è anche luogo di arrivo e permanenza di un gran numero di rifugiati e migranti, accoglie, infatti, circa 2,5 milioni fra migranti e rifugiati siriani e palestinesi[3]. La gravissima crisi economica del Libano è iniziata alla fine del 2019, e si è aggravata a causa dell’esplosione nell’Agosto 2020 che ha distrutto il porto di Beirut e i principali silos di grano del paese all’interno della struttura tentacolare[4].
Oggi in Libano tre quarti della sua popolazione vive in povertà, mentre la sterlina libanese ha perso oltre il 90% del suo valore. Il 26 maggio 2022, il valore di mercato del LBP ha superato i 34.000 dollari per 1 dollaro americano (USD), nonostante sia ancora ufficialmente fissato a 1.500 LBP per 1 USD e ciò ha influito negativamente sul potere di acquisto delle famiglie.
Recentemente, gli effetti della guerra in Ucraina, con le conseguenti interruzioni della catena di approvvigionamento hanno portato all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari a livello mondiale aggravando ulteriormente la situazione del Paese. I prezzi del carburante sono aumentati del 900% da aprile 2021 ad aprile 2022, cosi anche i prezzi dei generi alimentari con il prezzo del paniere alimentare minimo passato da 619.000 LBP a marzo a 700.000 LBP ad aprile.
I prezzi del paniere di generi di prima necessità supera, di fatto, il salario minimo mensile ufficiale che è in media di 675.000 LBP, ciò ha portato molte famiglie in uno stato di grave indigenza.
Nonostante siano gli stessi operatori umanitari delle organizzazioni non governative, finanziate da donatori occidentali, a evidenziare come il Libano viva una crisi economica senza precedenti e che la popolazione sia da mesi letteralmente a rischio sopravvivenza minima[5], qualche giorno fa si è giocato proprio al porto di Tripoli un braccio di ferro pesante per il trasporto di grano, una partita che ha visto il sequestro e il dissequestro di una nave e il ritardo nell’arrivo di un’altra nave, tutto questo mentre la popolazione locale attende da mesi che l’Occidente si ricordi che non esiste solo l’Ucraina, ma che anche il popolo libanese è vittima del più grave disastro portuale mai palesatosi.
Ovviamente tale disastro non trova ancora giustizia ed è ormai stato dimenticato dai media occidentali.
Il Libano importa circa il 60% del suo grano dall’Ucraina. Questo fino all’incidente della nave Lodicea.
Da metà Luglio l’Ucraina sostiene che la nave da carico Lodicea, battente bandiera siriana e dagli Stati Uniti nel 2015 perché accusata di essere affiliata al governo di Bashar al-Assad, trasportava orzo e farina che le sarebbero stati rubati. Quando la Lodicea ha attraccato in Libano, l’ ambasciatore ucraino ha immediatamente avvertito le autorità intimando di non acquistare quei beni “rubati” in quanto si sarebbe trattato di beni rubati all’Ucraina.
L’ambasciatore ucraino Ihor Ostash ha chiesto di incontrare il presidente libanese Michel Aoun il 28 luglio sulla nave da carico[6].
La nave Laodicea è arrivata in Libano il 27 luglio e due giorni dopo il Procuratore capo Ghassan Oueidat ha ordinato di sequestrare il mezzo e i beni per avviare le indagini di rito proprio a seguito della richiesta dell’ambasciata ucraina e di altre nazioni occidentali. L’Ucraina ha chiesto al Libano di cooperare su un’inchiesta penale sulla nave aperta da un giudice ucraino. Le autorità ucraine sostengono che la Laodicea si è recata in un porto nella Crimea occupata dalla Russia e che ha preso carico lì prima di salpare per il Libano.
A seguito delle indagini il Procuratore capo del Libano ha poi revocato il suo ordine di sequestro sulla Lodicea, permettendole di salpare dopo aver dichiarato di non aver trovato “nessun reato commesso”.
Chiusa la vicenda l’Ucraina aveva promesso alle autorità libanesi di continuare ad esportare grano in Libano, ma quelle spedizioni sono state in realtà interrotte dall’invasione russa e dal blocco dei porti del Mar Nero.
Dal 28 luglio funzionari militari turchi, russi e ucraini e delle Nazioni Unite hanno stabilito un centro di coordinamento congiunto a Istanbul per iniziare a spedire grano[7]. A seguito di un accordo per creare corridoi di navigazione sicuri nel Mar Nero ed esportare i prodotti agricoli disperatamente necessari al Libano e a diversi Stati africani, la prima nave di grano a lasciare l’Ucraina e attraversare il Mar Nero è stata la Razoni[8], ma anche questa è rimasta bloccata. Come è stato osservato anche da Vera Songwe, segretario esecutivo della Commissione economica per l’Africa delle Nazioni Unite: “da quando è iniziata la guerra, abbiamo avuto un aumento del 28% dei prezzi alimentari in America Latina e nei Caraibi, un aumento del 23% in Asia e del 17% in Africa“[9].
Sebbene il segretario di Stato americano Antony Blinken abbia definito il viaggio di Razoni un “passo significativo”, nessun’altra nave è partita dall’Ucraina e i funzionari di tutte le parti non hanno fornito alcuna spiegazione per tale ritardo. Dalle Nazioni Unite giunge la rassicurazione che tre porti ucraini dovrebbero riprendere le esportazioni di milioni di tonnellate di grano, mais e altre colture. Il Joint Coordination Center starebbe “mettendo a punto le procedure”, ma ancora nulla si è concretizzato.
Il portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha detto che le Nazioni Unite si aspettano più “movimenti in uscita nei prossimi giorni”. “Siamo molto realistici, abbiamo bisogno di prendere le cose un giorno alla volta … ci sono più di 25 navi nei porti ucraini che devono uscire”, ha detto Stephane Dujarric ad Al Jazeera dal quartier generale delle Nazioni Unite a New York. “Ma le cose stanno funzionando e stanno funzionando bene oggi e possiamo solo essere commossi dalle immagini che abbiamo visto uscire da Istanbul oggi”[10]. Un alto funzionario turco è stato citato dall’agenzia di stampa Reuters dicendo che tre navi potrebbero lasciare i porti ucraini ogni giorno dopo la partenza del Razoni, mentre il ministro delle infrastrutture ucraino ha detto che altre navi sono state caricate con prodotti agricoli e stavano per partire, ma non si sa ancora quando potrebbero salpare[11].
Quanto avvenuto per il caso della nave Lodicea dovrebbe mettere in allerta tutti gli esperti di diritto internazionale ed umanitario, ci si dovrebbe infatti destare dal sonno atavico che impedisce di analizzare quanto sta accadendo alla luce di tutte le norme vincolanti a livello internazionale, dovrebbero essere accendersi i riflettori sulla situazione del blocco o del rallentamento del grano dall’Ucraina, soprattutto per le popolazioni che vertono già in gravi condizioni umanitarie.[12]. “dovrebbe” ma così non è!
La nave Razoni ad oggi non ha ancora attraccato in Libano e, alla luce della rotta che ha intrapreso che la sta conducendo al porto di Mersin, risulta difficile credere che realmente attraccherà in Libano nonostante le vane promesse delle autorità Ucraine e le dichiarazioni ufficiali di alcuni rappresentanti delle Nazioni Unite[13].
Come sarà dunque possibile per la popolazione libanese poter far fronte al fabbisogno alimentare di sussistenza nei prossimi mesi se da febbraio le vane promesse dell’arrivo di grano dall’Ucraina continuano ad essere disattese?
Le autorità ucraine hanno dichiarato che sono state le autorità libanesi a rifiutare l’attracco del carico perché in ritardo di oltre cinque mesi, queste dichiarazioni non convincono neanche gli esperti di commercio marittimo in quanto le autorità ucraine avrebbero anche dichiarato che sono alla ricerca di un altro compratore[14].
Quello che sarebbe importante chiedersi è se nel corso di un conflitto sia possibile impedire che vengano garantiti approvvigionamenti di cibo alle popolazioni civili. Questo quesito è centrale anche per comprendere quale chiave di lettura deve essere data alle partenze “consentite”, “vietate” e/ o “rallentate” di cargo alimentari giustificandoli con un conflitto in atto. E’ necessario infatti interrogarsi su quanto sta accadendo anche alla luce degli obblighi del diritto internazionale umanitario. La domanda che infatti è necessario porsi è se nel diritto internazionale umanitario[15] e consuetudinario sia consentito che in nome di un conflitto internazionale sia possibile lasciare la popolazione civile privata dei generi alimentari, rallentarne l’approvvigionamento, ove pattuito e promesso, anche attraverso accordi e dichiarazioni formali.
Durante le situazioni di conflitto armato infatti sono molte di più le persone che muoiono direttamente a causa della mancanza di cibo e malattie rispetto alle dirette conseguenze di proiettili e bombe. Come noto in molti conflitti la fame è usata come arma politica, quando i raccolti vengono distrutti o avvelenati e le forniture di soccorso sono bloccate. Il diritto internazionale umanitario – fra tutte si ricordano le 4 Convenzioni di Ginevra – è nato proprio per proteggere le persone, le proprietà civili e limitare l’uso di determinati metodi e mezzi di guerra. Il suo obiettivo principale è proteggere le persone che non prendono parte alle ostilità, come la popolazione civile, i feriti, i prigionieri di guerra, i naufraghi, ecc. Donne e bambini sono automaticamente protetti come persone che non prendono parte alle ostilità (se non sono combattenti, ovviamente) e ricevono una protezione speciale secondo le convenzioni e i protocolli vincolanti, accettati dunque dagli Stati parte, fra questi ad oggi tutti gli Stati del mondo.
Nel contesto di un conflitto internazionale, l’articolo 54, paragrafo 1, del Protocollo Addizionale I afferma espressamente che: “La fame di civili come metodo di guerra è proibita”[16].
Come evidenziato dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), il divieto di morire di fame come metodo di guerra, non solo viene violato affamando direttamente la popolazione fino alla morte, ma viene anche violato quando una Parte in conflitto provoca deliberatamente la fame nella popolazione, in particolare privandola delle sue fonti di cibo o di rifornimenti.
Secondo lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, l’uso intenzionale della fame dei civili come metodo di guerra privandoli di oggetti indispensabili alla loro sopravvivenza è considerato un crimine di guerra nei conflitti armati internazionali[17].
Proprio alla luce della gravità dell’utilizzo dello strumento dell’affamare popolazioni civili, per favorire le sorti di una o dell’altra parte nel corso dei conflitti, nel maggio 2018, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato all’unanimità ha adottato la risoluzione 2417 in risposta alla sua profonda preoccupazione per il livello dei bisogni umanitari globali e per la minaccia di carestia che di carestia che incombono su milioni di persone nei conflitti armati e sul numero di persone sottonutrite nel mondo[18].
Il diritto internazionale umanitario convenzionale e consuetudinario considerando che il cibo può diventare un’arma, pone l’obbligo di fornire aiuti ai civili e consuetudinario infatti vietano espressamente :
- l’uso della carestia o della fame di civili come metodo di guerra;
- la distruzione di colture e beni essenziali per la sopravvivenza della popolazione;
- la requisizione di oggetti indispensabili per la sopravvivenza della popolazione civile.
Per la protezione effettiva della popolazione le norme del diritto internazionale ed umanitario impongono dunque:
- il libero passaggio di beni di prima necessità nelle zone assediate, in particolare per le donne, i bambini e gli anziani;
- il libero passaggio di cibo quando la popolazione soffre di eccessive carenze o privazioni, nonché il controllo della distribuzione da parte di organizzazioni umanitarie imparziali in modo da garantire che il cibo non sia deviato da una delle parti in conflitto o da altri gruppi;
- l’obbligo di fornire adeguate scorte alimentari alle persone internate o detenute.
Nel diritto internazionale umanitario non si esplicita direttamente il “diritto al cibo” o alla “sicurezza alimentare”, in quanto tale, ma diverse disposizioni hanno lo scopo di garantire che alle persone non sia negato l’accesso al cibo durante il conflitto armato[19].
Non dobbiamo dimenticare, come abbiamo detto prima, che questi principi sono integrati e rafforzati da un principio più generale, il principio della distinzione tra oggetti civili e obiettivi militari. Secondo questo principio di diritto consuetudinario, solo gli obiettivi militari possono essere attaccati[20].
Il Protocollo addizionale I nel suo articolo 54 paragrafo 2 vieta di privare i civili dei loro beni necessari per la loro sopravvivenza nel contesto di un conflitto armato internazionale. In questo senso, afferma che: “È vietato attaccare, distruggere, rimuovere o rendere inutili oggetti indispensabili per la sopravvivenza della popolazione civile, come le derrate alimentari, le aree agricole per la produzione di derrate alimentari, le colture, il bestiame, gli impianti e le forniture di acqua potabile e le opere di irrigazione, allo scopo specifico di negarli per il loro valore di sostentamento alla popolazione civile o alla Parte avversa, qualunque sia il motivo, sia per far morire di fame i civili, per farli allontanare, sia per qualsiasi altro motivo”.
Questa disposizione sviluppa il divieto formulato nell’articolo 54.1 del Protocollo I, in relazione all’uso della fame dei civili come metodo di guerra.
Va notato che l’espressione utilizzata (“come…”) nell’articolo 54.2 del protocollo addizionale I, mostra che l’elenco delle merci protette è meramente illustrativo. Un elenco esaustivo avrebbe potuto portare a omissioni o a una selezione arbitraria. Come rivela il testo dell’articolo, si fa riferimento a oggetti e beni indispensabili per la sopravvivenza della popolazione civile.
Il divieto di cui all’articolo 54, paragrafo 2, del protocollo addizionale I prevede una serie di eccezioni: sarebbe infatti lecito che le forniture alimentari destinate all’uso esclusivo delle forze armate potessero essere attaccate e distrutte, anche se riteniamo che le aree agricole o gli impianti di acqua potabile difficilmente verrebbero utilizzati esclusivamente a beneficio delle forze armate. quando gli oggetti sono utilizzati per scopi diversi dalla sussistenza di membri delle forze armate e il loro uso è a diretto sostegno dell’azione militare, gli attacchi a tali oggetti, da parte della Parte Avversa, sarebbero leciti a meno che tali azioni non abbiano gravi effetti sulle forniture alla popolazione civile che provocano fame o sfollamento forzato.
Quanto sta accadendo nel Mar Nero porta ad interrogarsi su come si pretenda di declamare come impegno internazionale il supporto alla popolazione vittima di un conflitto, per poi dimenticare quali sono i limiti di azione di uno Stato o di un ente non statale nel contesto di un conflitto: i limiti espliciti del diritto internazionale umanitario non possono e non devono essere violati non solo all’interno delle aree caratterizzate direttamente dal conflitto, ma anche nei confronti delle popolazioni civili di paesi coinvolti.
C’è da chiedersi come possa essere ancora tollerato in futuro un eventuale blocco o rallentamento delle partenze delle navi dai porti ucraini senza che questo non debba essere valutato anche dalla prospettiva del diritto internazionale umanitario come una violazione degli obblighi che riguardano anche le autorità ucraine non solo quelle degli altri stati del mondo.
Claudia Pretto[1] e Gandolfo Dominici[2]
[1] PhD in Istituzioni e Politiche Comparate, già funzionaria agenzie delle Nazioni Unite e Internazionali, Ricercatrice indipendente in diritto internazionale e strumenti di tutela e monitoraggio dei diritti umani.
[2] Professore Associato di Business Systems e Marketing – Università di Palermo – esperto di Cibernetica Sociale – Editor in Chief della rivista scientifica Kybernetes – CV: https://gandolfodominici.it/
[3] UNHCR – UN High Commissioner for Refugees: 2022 1st Quarter Sector Dashboard; Livelihoods, 30 May 2022 , https://www.ecoi.net/en/file/local/2073746/Livelihoods+Sector+-+Q1+Dashboard+-+V2.pdf , data ultima verifica 7 agosto 2022
[4] Lebanon’s economic and humanitarian disasters leave citizens to fend for themselves, Jun 7, 2022 6:40 PM EDT https://www.pbs.org/newshour/show/lebanons-economic-and-humanitarian-disasters-leave-citizens-to-fend-for-themselves , data ultima verifica 7 agosto 2022
[5] USAID – US Agency for International Development (Author), published by ReliefWeb: Lebanon: Complex Emergency Fact Sheet #2 Fiscal Year (FY) 2022, 1 June 2022 https://reliefweb.int/attachments/665719b8-d748-4441-a3f9-892b3e7c386c/2022_06_01%20USG%20Lebanon%20Complex%20Emergency%20Fact%20Sheet%20%232.pdf data ultima verifica 7 agosto 2022.
[6] Per monitorare costantemente il traffico della nave Lodicea si rimanda a :
https://www.marinetraffic.com/en/ais/details/ships/shipid:679716/mmsi:468393000/imo:9274343/vessel:LAODICEA , data ultima verifica 7 agosto 2022. Attraverso marine traffic è possibile avere accesso agli spostamenti delle imbarcazioni commerciali regolarmene registrate.
[7] https://www.politico.eu/article/russia-and-ukraine-to-sign-grain-deal-friday-turkey-says/ , data ultima verifica 7 agosto 2022.
[8] Rispetto agli spostamenti della nave Razoni si rimanda a: https://www.marinetraffic.com/en/ais/home/shipid:467899/zoom:14
[9]Insurance and security crucial as Black Sea grain corridor opens, https://www.ics-shipping.org/news-item/insurance-and-security-crucial-as-black-sea-grain-corridor-opens/ , data ultima verifica 7 agosto 2022
[10] https://www.aljazeera.com/news/2022/8/3/first-ukraine-grain-ship-passes-bosphorus-en-route-to-lebanon , data ultima verifica 7 agosto 2022
[11] Sedici navi cariche di grano pronte a lasciare l’Odessa in Ucraina | Guerra Russia-Ucraina Notizie | Al Jazeera, data ultima verifica 7 agosto 2022
[12] Monitoring centre for Ukrainian grain exports to open in Istanbul, 26.07.2022 , https://www.reuters.com/world/middle-east/monitoring-centre-ukrainian-grain-exports-open-istanbul-wednesday-turkey-2022-07-26/ , data ultima verifica 7 agosto 2022
[13] La nave Razoni al 10 agosto 2022 risulta essere quasi arrivata nei pressi del porto turco di Mersin, https://www.marinetraffic.com/en/ais/home/centerx:34.637/centery:36.731/zoom:14 , data ultima verifica 10 agosto 2022 .
[14] Ukraine: the Cargo Razoni neither seen in Lebanon nor seen in Africa, 9 agosto 2022 https://www.kapitalafrik.com/2022/08/09/ukraine-the-cargo-razoni-neither-seen-in-lebanon-nor-seen-in-africa/ , data ultima verifica 10 agosto 2022
[15] Fra le fonti del diritto internazionale umanitario si rimanda a: Le quattro Convenzioni di Ginevra e i loro Protocolli aggiuntivi tutelano le persone che non partecipano o non partecipano più alle ostilità: civili internati, prigionieri di guerra e altre persone vulnerabili non devono subire maltrattamenti, i feriti devono essere portati in salvo e curati; al primo Protocollo aggiuntivo del 1977; alla Convenzione dell’Aia del 1907, alla Convenzione sul divieto o la limitazione dell’impiego di talune armi classiche del 1980 e i relativi Protocolli delimitano le modalità e i mezzi della guerra, nonché agli obblighi relativi alla conduzione della guerra hanno carattere consuetudinario.
[16] Art. 54 del PROTOCOLLO AGGIUNTIVO ALLE CONVENZIONI DI GINEVRA DEL 12 AGOSTO 1949 RELATIVO ALLA PROTEZIONE DELLE VITTIME DEI CONFLITTI ARMATI INTERNAZIONALI, Protezione dei beni indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile 1. 1. È vietato, come metodo di guerra, far soffrire la fame alle persone civili. 2. 2. È vietato attaccare, distruggere, asportare o mettere fuori uso beni indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile, quali le derrate alimentari e le zone agricole che le producono, i raccolti, il bestiame, le installazioni e riserve di acqua potabile e le opere di irrigazione, con la deliberata intenzione di privarne, in ragione del loro valore di sussistenza, la popolazione civile o la Parte avversaria, quale che sia lo scopo perseguito, si tratti di far soffrire la fame alle persone civili, di provocare il loro spostamento o di qualsiasi altro scopo. 3. 3. I divieti previsti nel paragrafo 2 non si applicheranno se i beni sono utilizzati dalla Parte avversaria: a) per la sussistenza dei soli membri delle proprie forze armate; b) per fini diversi da detta sussistenza, come appoggio diretto ad una azione militare, a condizione, tuttavia, di non intraprendere in nessun caso, contro detti beni, azioni da cui ci si potrebbe attendere che lascino alla popolazione civile alimenti e acqua in misura talmente scarsa che essa sarebbe ridotta alla fame o costretta a spostarsi. 1. 5. Tali beni non dovranno essere oggetto di rappresaglie. 2. 6. Tenuto conto delle esigenze vitali di ciascuna Parte in conflitto per la difesa del proprio territorio contro l’invasione, deroghe ai divieti previsti dal paragrafo 2 saranno permesse a una Parte in conflitto su detto territorio che si trovi sotto il suo controllo se lo esigono necessità militari imperiose
[17] La fame intenzionale di civili dovrebbe essere considerata un crimine di guerra in tutto il mondo: il Consiglio federale sostiene la Corte penale internazionale – | mondiale ReliefWeb; WHY AND HOW THE ICC SHOULD PROSECUTE STARVATION AS A WAR CRIME? 24 APRIL 2020 BY ASYMMETRICAL HAIRCUTS, https://www.justiceinfo.net/en/44181-why-and-how-the-icc-should-prosecute-starvation-as-a-war-crime.html
[18] Si rimanda a : UN security council, Resolution 2417 (2018) Adopted by the Security Council at its 8267th meeting, on 24 May 2018 https://www.globalr2p.org/resources/resolution-2417-protection-of-civilians-s-res-2417/#:~:text=On%2024%20May%202018%20the,accountability%20for%20mass%20atrocity%20crimes.
[19] Si rimanda a : A. Fillol Mazo, The Protection of Access to Food for Civilians under International Humanitarian Law: Acts Constituting War Crimes | The Age of Human Rights Journal (ujaen.es) , June 2020 in The Age of Human Rights Journal, data ultima verifica 7 agosto 2022
[20] Si rimanda a: https://www.ohchr.org/en/special-procedures/sr-food/international-standards
L’AntiDiplomatico
17/08/2022