Allarme di “Nature” sui coaguli di sangue in Long-Covid, ma ignora le reazioni avverse

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio – 28/08/2022 – GospaNews

ALLARME DI “NATURE” SUI COAGULI DI SANGUE IN LONG-COVID. Ma Ignora Studio sulle Correlazioni Letali coi Vaccini (gospanews.net)

«Al momento non ci sono prove dirette che implichino le spike dei vaccini nella formazione di coaguli, ma Pretorius e Kell hanno ricevuto una sovvenzione dal South African Medical Research Council per studiare il problema. (Si ritiene che i rari eventi di coagulazione associati al vaccino Oxford-AstraZeneca avvengano attraverso un meccanismo diverso)».

E’ quanto ha scritto Nature, una delle più importanti riviste scientifiche del mondo, in un articolo in cui «alcuni scienziati, e un numero crescente di persone che ne sono affette, sono orientati sull’ipotesi – non ancora provata – che minuscoli coaguli persistenti potrebbero restringere il flusso sanguigno agli organi vitali, provocando la bizzarra costellazione di sintomi che le persone sperimentano».

I fautori dell’idea sono: Etheresia Pretorius, fisiologa della Stellenbosch University in Sud Africa, e Douglas Kell, biologo dei sistemi dell’Università di Liverpool, Regno Unito, che ha guidato la prima squadra per visualizzare i microcoaguli nel sangue di persone con COVID lungo. Gli scienziati riferiscono che le prove che implicano i microcoaguli siano innegabili.

Purtroppo entrambi gli scienziati, per essere conformi al mainstream che non ama analizzare gli effetti indesiderati dei vaccini, si sono orientati sullo studio del Long Covid palesando una beata ignoranza sul fatto che l’Istituto Nazionale per la Salute americano (NIH) sta già approfondendo le analogie tra i casi sviluppati dagli infettati in modo patologico dal SARS-Cov-2 e i vaccinati con i sieri genici antiCovid, ancora sperimentali nell’Unione Europea (ma non più negli USA dopo un’aspra polemica scientifica sugli scarsi dati clinici).

Non solo. Le ricercatrici che si ergono tardivamente a salvatrici della scienza sembrano ignorare una ricerca pubblicata dall’Università di Palermo in cui l’associazione tra i vaccini e i coaguli di sangue letali è stata ampiamente confermata.

«Finora, Pretorius, Kell e i loro colleghi sono l’unico gruppo che ha pubblicato risultati sui microcoaguli nelle persone con COVID lungo. Ma in un lavoro inedito, Caroline Dalton, neuroscienziata presso il Centro di ricerca sulle scienze biomolecolari della Sheffield Hallam University, nel Regno Unito, ha replicato i risultati» riporta Nature.

«Lei e i suoi colleghi hanno utilizzato un metodo leggermente diverso, che prevedeva uno scanner di immagini al microscopio automatizzato, per contare il numero di coaguli nel sangue. Il team ha confrontato 3 gruppi di circa 25 individui: persone che non avevano mai avuto consapevolmente COVID-19, quelli che avevano avuto COVID-19 e si erano ripresi e persone con COVID-19 da tempo. Tutti e tre i gruppi avevano microcoaguli, ma quelli che non avevano mai avuto il COVID-19 tendevano ad avere meno coaguli più piccoli e le persone con COVID lungo avevano un numero maggiore di coaguli più grandi. Il gruppo precedentemente infetto era nel mezzo. L’ipotesi del team è che l’infezione da SARS-CoV-2 crei un’esplosione di microcoaguli che scompaiono nel tempo» aggiunge la rivista scientifica.

«Negli individui con COVID lungo, tuttavia, Dalton ha scoperto che i punteggi di affaticamento sembrano essere correlati alla conta dei microcoaguli, almeno in alcune persone. Questo, dice Dalton, “aumenta la fiducia nel fatto che stiamo misurando qualcosa che è meccanicamente legato alla condizione”» spiega ancora Nature.

Ma alcuni ricercatori di vari Dipartimenti medici-scientifici dell’Università di Palermo hanno evidenziato due analisi inquietanti in uno studio che «mirava ad analizzare i casi pubblicati di trombosi dopo le vaccinazioni COVID-19 per identificare le caratteristiche dei pazienti, i potenziali meccanismi fisiopatologici, i tempi di comparsa degli eventi avversi e altri problemi critici».

Risultati: «Negli articoli sui vaccini Pfizer e Moderna, il campione era composto da tre pazienti maschi con eterogeneità di età. Il tempo dalla vaccinazione al ricovero è stato in tutti i casi ≤3 giorni; tutti i pazienti presentavano segni di petecchie/porpora al ricovero, con una bassa conta piastrinica».

«Negli studi sul vaccino AstraZeneca, il campione era composto da 58 individui con un’elevata eterogeneità di età e un’elevata prevalenza femminile. I sintomi sono comparsi intorno al nono giorno e il mal di testa era il sintomo più comune. La conta piastrinica era al di sotto del limite inferiore del range di normalità. Tutti i pazienti tranne uno erano positivi agli anticorpi PF4. Il seno venoso cerebrale è stato il sito più colpito. La morte è stata l’esito più diffuso in tutti gli studi, ad eccezione di uno studio in cui la maggior parte dei pazienti è rimasta in vita» hanno scritto i ricercatori siciliani.

Perché Gospa News è a conoscenza di ricerche specifiche sui coaguli di sangue letali causati dai vaccini che la famosa rivista scientifica Nature sembra ignorare?

«Da dove provengano questi micro-coaguli non è del tutto chiaro. Ma Pretorius e Kell pensano che la proteina spike, che SARS-CoV-2 usa per entrare nelle cellule, potrebbe essere l’innesco nelle persone con COVID lungo. Quando hanno aggiunto la proteina spike al plasma di volontari sani in laboratorio, questo da solo è stato sufficiente per indurre la formazione di questi coaguli anormali» aggiunge Nature che poi chiosa con una postilla PRO-VAX.

«Sollevare problemi di sicurezza sui vaccini può essere scomodo, afferma Per Hammarström, chimico proteico dell’Università di Linköping e coautore di Nyström. “Non vogliamo essere troppo allarmisti, ma allo stesso tempo, se questo è un problema medico, almeno in alcune persone, dobbiamo affrontarlo“».

Gregory Poland, direttore del gruppo di ricerca sui vaccini della Mayo Clinic a Rochester, Minnesota, concorda sul fatto che si tratti di una discussione importante. “La mia ipotesi è che la spike e il virus, riveleranno avere un elenco piuttosto impressionante di patofisiologie”, dice. “Quanto di tutto questo possa avere a che fare o meno con il vaccino, non lo so“.

A distanza di oltre due anni dalla diffusione di un virus SARS-Cov-2 di ormai conclamata origine da laboratorio è davvero troppo poco sia per questi scienziati che per Nature.

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