[Sinistrainrete] Leonardo Mazzei: Energia: dieci verità per fermare la catastrofe

11/09/2022

Leonardo Mazzei: Energia: dieci verità per fermare la catastrofe

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Energia: dieci verità per fermare la catastrofe

di Leonardo Mazzei

la guerra del gasBreve riassunto

Poiché ci è venuto fuori un pezzo un po’ lungo, iniziamo con un riassunto sintetico di quel che abbiamo scritto. In particolare, sulle conclusioni a cui siamo giunti.

Primo. La questione energetica, dunque quella del caro bollette, è oggi centrale. E lo sarà per un periodo non breve.

Secondo. Le misure del governo italiano, come quelle dell’Ue, sono del tutto inadeguate ad affrontare l’emergenza che loro stessi hanno creato.

Terzo. Nell’esplosione dei prezzi il ruolo della speculazione è importante, ma essa non avrebbe mai raggiunto questi livelli se non fossimo di fatto in guerra contro la Russia.

Quarto. Le politiche anti-russe ci stanno portando verso una carenza strutturale, e di lungo periodo, del gas. Al di là dei picchi attuali, l’aumento dei prezzi che si profila per il futuro è comunque insostenibile per l’economia italiana.

Quinto. Per venire fuori dall’attuale disastro bisogna innanzitutto revocare le sanzioni, portando l’Italia fuori dalla guerra e ristabilendo normali relazioni politiche e commerciali con Mosca.

Sesto. Si potrà porre fine alla speculazione solo con l’uscita da tutti i mercati borsistici dell’energia, quelli internazionali e quelli nazionali. Questi ultimi andranno semplicemente chiusi.

Settimo. E’ necessario nazionalizzare il sistema energetico, a partire da Eni ed Enel. Alla nuova Enel il compito di produrre e distribuire l’energia elettrica per l’intero Paese. All’Eni quello di garantire tutti gli approvvigionamenti con contratti di lungo periodo con i vari fornitori. Allo Stato il ruolo di programmazione e di fissazione di prezzi stabili amministrati.

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Paul Demarty: Gran Bretagna: gli scioperi contro l’inflazione non si fermano

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Gran Bretagna: gli scioperi contro l’inflazione non si fermano

di Paul Demarty

Fask0nDWIAEB4We 1024x682 1Dal giugno scorso la Gran Bretagna è scossa da un’ondata di scioperi che vedono come protagonisti i settori strategici della classe lavoratrice. Il principale bersaglio è l’impennata dell’inflazione e il muro contro muro opposto dal governo conservatore alle richieste dei sindacati. A luglio – anche a causa della sua incapacità di frenare il movimento rivendicativo – il premier Boris Johnson ha dovuto dimettersi, senza per questo che gli scioperi si siano arrestati. Anzi, proprio in questi giorni in cui un altro esponente dei Tory si appresta a installarsi a Downing street, la dinamica della lotta di classe continua la sua traiettoria ascendente coinvolgendo strati sempre più larghi di lavoratori.

In un contesto in cui il caro-vita erode il potere d’acquisto anche nel nostro paese – mentre la burocrazia CGIL riesce a rispondere solo sul piano verbale – è importante che l’esperienza del movimento operaio britannico venga discussa dai lavoratori italiani.

In quest’ottica, pubblichiamo la traduzione di un’analisi delle lotte in corso in Gran Bretagna, uscita la settimana scorsa sul sito dell’estrema sinistra britannica, Weekly Worker. Il pezzo è particolarmente interessante poiché non si limita all’elenco degli scioperi, ma li inserisce nel quadro della crisi politica che coinvolge il Regno Unito, mentre fornisce un giudizio critico sulle campagne di sostegno alla lotta contro il carovita portate avanti dalla sinistra del partito laburista vicina a Corbyn. Si tratta di campagne “liquide” rivolte a un pubblico generico, quindi strutturalmente incapaci di radicarsi nel movimento operaio (figuriamoci di proporre una direzione); un modus operandi che in Italia conosciamo bene.

* * * *

A nessun lettore di Weekly Worker può essere sfuggita l’enorme ondata di lotte industriali degli ultimi mesi. Si tratta di un fenomeno senza precedenti da quando chi scrive milita nella sinistra (ovvero dalla metà degli anni duemila).

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Donatella Di Cesare: I brutali sacrifici imposti ai cittadini per la guerra

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I brutali sacrifici imposti ai cittadini per la guerra

di Donatella Di Cesare*

Gira ormai perfino uno spot ministeriale in cui una voce dal tono mellifluo invita a modificare le abitudini per risparmiare energia. Spegnere, staccare, ridurre. Finché poi, di misura in misura, si era arrivati persino all’ipotesi di limitare l’orario scolastico depennando il sabato.

Tanto che male c’è? Meno scuola e più armi!

È impressionante la rapidità con cui, nell’arco di pochi mesi, non solo si è imposta come nulla fosse una guerra nel cuore dell’Europa, ma si è inculcata l’idea che per questo sia necessario accettare ogni sorta di sacrifici, anche quelli che minano dal fondo la vita di ciascuno, soprattutto dei più fragili ed esposti.

Questa nuova edizione dell’ideologia del sacrificio viene spacciata come mezzo indispensabile per affrontare il disastro imminente: inflazione, crisi energetica, deindustrializzazione, recessione… Il disastro si annunciava già durante la pandemia, da cui – secondo le promesse – saremmo tuttavia dovuti uscire.

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Nico Maccentelli: Vicolo… ceco

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Vicolo… ceco

di Nico Maccentelli

La manifestazione di Praga è simbolica, perché insieme a quelle britannica e francese, apre a un autunno caldo internazionale.

Essere pronti a questo non significa solo costruire un’organizzazione politica che vada oltre gli stereotipi di una sinistra ormai decotta, incapace di vedere il nuovo che avanza e i nuovi soggetti del conflitto, una sinistra di classe che legge la realtà con le lente dei pii desideri.

Essere pronti a questo significa capire ed essere nel “peronismo”, nel populismo che si va affermando come nuovi montoneros, come portatori di un nuovo anti-autoritarismo libertario, che comprende la disfatta dell’ideologia liberale massacrata dal liberismo selvaggio imposto sui ceti medi devastati.

I nemici anche da questa parte dell’oceano e di oggi sono sempre gli stessi, tra masse popolari e grande capitale e sue oligarchie. “capitalisti angli” diceva Lenin. E oggi ci martoria l’anglosfera e i suoi servi, i suoi Troudeau, i suoi Macron, i suoi Draghi, i suoi Scholtz.

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Francesco Bennardo: I partiti italiani: così diversi, così uguali

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I partiti italiani: così diversi, così uguali

di Francesco Bennardo

In una illuminante puntata della sitcom Camera Cafè, andata in onda dal 2003 al 2017 e ambientata nell’ufficio di un’innominata azienda multinazionale, il delegato sindacale comunista Luca Nervi e il direttore fascista Augusto De Marinis riescono a elaborare un accordo perfetto, un patto di corresponsabilità tra dirigenti e lavoratori in grado di prevenire ogni minimo contrasto tra capi e maestranze per i futuri decenni. Proprio quando si accingono a firmare il prezioso documento, i due vengono presi dal dubbio mucciniano: «Che ne sarà di noi?». Eh già, perché pur essendo come i ladri di Pisa – i quali notoriamente litigano di giorno per rubare insieme di notte – Luca e Augusto sono stati messi ai posti di comando proprio perché arcigni difensori senza sé e senza ma del loro ceto sociale. Nonostante la corruzione, l’incapacità e lo scarso livello culturale che manifestano, il loro potere è solido perché si basa sull’eterna conflittualità tra servi e padroni e da esso, solo ed esclusivamente da esso, trae legittimazione. Venuta meno questa conflittualità, concludono i due, il loro compito potrà dirsi esaurito, con le ovvie conseguenze del caso: il Presidente nominerà un nuovo e più morbido direttore, il sindacato farò altrettanto con il proprio delegato.

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Domenico De Simone: Il Price cap e le facce di tolla

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Il Price cap e le facce di tolla

di Domenico De Simone

Questa storia del “price cap” sul prezzo del petrolio e del gas è davvero surreale. Le continue menzogne sulla guerra in Ucraina hanno ampiamente dimostrato che i nostri governanti, sia in Italia che in Europa, hanno la faccia come il culo, ma le loro dichiarazioni e le cose che intendono fare per cercare di alleviare (almeno così dicono), il peso del costo dell’energia sulle popolazioni, sono davvero incredibili. Ovviamente per chi conosce un pochino come stanno le cose e di cosa stiamo parlando. Perché quelle facce da culo al governo e le loro immagini speculari sui media, raccontano tutta un’altra storia, del tutto falsa, evidentemente falsa, l’ennesima sfrontata e insopportabile bugia.

Ma cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando. Anzitutto. che diavolo è il TTF? Bene si tratta di un indice finanziario (più che un indice, è come il dito medio alzato sulla faccia della gente, e vedremo il perché), acronimo di “Title Transfer Facility“, ovvero [sistema] di facilitazione di trasferimento di titoli relativi all’energia che viene prodotta utilizzando il gas.

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Carlo Formenti: Cile, la sinistra che volta le spalle alle masse popolari viene sconfitta

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Cile, la sinistra che volta le spalle alle masse popolari viene sconfitta

di Carlo Formenti

Non mi piace esprimere giudizi su situazioni che non conoscono abbastanza (almeno sul piano della conoscenza indiretta se non su quello della conoscenza sul campo) e la situazione cilena, al contrario di quelle boliviana, venezuelana ed ecuadoriana sulle quali molto ho letto e ragionato (in Ecuador ho anche passato mezza estate nel 2013) è precisamente una di queste. Il poco che ne so viene infatti da articoli di giornale. Tuttavia, anche solo così devo confessare che le notizie raccolte nei mesi scorsi mi lasciavano un retrogusto di disagio, al punto che la sconfitta (pesante: più del 60% di no!) del referendum sulla nuova Costituzione non mi ha stupito più di tanto.

Mi azzardo quindi, non a emettere un giudizio, ma a esprimere una sensazione. Mi è parso che, ancor più delle costituzioni di Bolivia, Ecuador e Venezuela, che ho avuto modo di leggere attentamente, nel progetto cileno si sia ulteriormente impegnato nel tentativo di integrare principi e valori caratteristici delle sinistre e dei movimenti occidentali (che in America Latina sono ancora più associati a ideali, interessi e bisogni della piccola borghesia urbana di quanto non lo siano qui in Europa, per tacere degli Usa).

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Caterina Genna: Karl Marx: umanismo e materialismo

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Karl Marx: umanismo e materialismo

di Caterina Genna (Università di Palermo)

Mood 18Ad inizio del XXI secolo, consolidatasi la crisi delle ideologie, la memoria storica induce a ripensare alle opere di alcuni autori, che hanno caratterizzato il pensiero occidentale contemporaneo. Tra gli autori che di tanto in tanto tornano di moda, oppure sono ricordati con nostalgica memoria, trova posto Karl Marx, troppo spesso legato alle vicende storiche del XX secolo, dalla rivoluzione d’ottobre del 1917 al processo di destalinizzazione avviato in URSS con lo svolgimento del XX congresso del PCUS nel 1956; nonché dall’esplosione del movimento giovanile del 1968 alla caduta del muro di Berlino nel 1989. L’autore de Il capitale, nel corso della seconda metà del XX secolo, è stato oggetto di studio e di continue reinterpretazioni alla luce della riscoperta o della pubblicazione postuma di non poche opere giovanili1. Sempre nel corso della seconda metà del XX secolo, è stato oggetto di facili entusiasmi, sia in Europa orientale che in Europa occidentale; con la riscoperta di alcuni scritti giovanili, per un verso (in Europa occidentale), è stato osannato per avere posto al centro della sua produzione il cosiddetto problema della persona umana nell’ampio contesto della Sinistra hegeliana2; per un altro verso (in Europa orientale), è stato assunto a simbolo di un sistema politico che riteneva di potere cambiare il mondo3. Venuto meno il sistema politico del socialismo reale, l’opera di Karl Marx costituisce a pieno titolo una delle componenti più interessanti della storia della cultura contemporanea, se si presta la dovuta attenzione, oltre che agli scritti del Marx giovane, a quelli del Marx giovanissimo solitamente trascurati. Se ci si sofferma sui contenuti delle opere dedicate all’economia politica, si può riscontrare che il problema della persona umana continua a costituire il tema centrale del materialismo storico e dialettico, già posto ed elaborato nelle opere giovanili sul piano antropologico e sociologico.

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Bollettino Culturale: Interrogarsi sulla natura del sistema politico-economico cinese

bollettinoculturale

Interrogarsi sulla natura del sistema politico-economico cinese

di Bollettino Culturale

Schermata 2018 12 30 alle 13.52.18Rémy Herrera, economista e ricercatore al Centro di Economia della Sorbona (CNRS), e Zhiming Long, economista e professore all’Università Tshinghua di Pechino, sono autori di un testo molto interessante sul socialismo con caratteristiche cinesi: “La Cina è capitalista?”.

Questo libro, pubblicato in Italia da Marx21, affronta questioni contemporanee cruciali, come la rinascita della Cina come una delle principali potenze del sistema internazionale, le cause della sua rinascita e dove si sta dirigendo. È un libro olistico e una lettura consigliata a chiunque sia interessato a questi problemi. La principale questione sollevata dagli autori, che mette in discussione le teorie prevalenti in questo ambito, è che, nel contesto della crescita economica cinese, non va trascurato il ruolo della Cina maoista nel periodo 1949-1978. Gli autori sono innovativi nel modo in cui rompono con le correnti dominanti e nelle informazioni che aggiungono, avendo creato serie temporali di grafici per giustificare le proprie tesi.

Va ricordato che per quanto riguarda i dati statistici sulla Cina popolare non c’è nessun consenso o dato ufficiale sul periodo storico analizzato.

Il lavoro si articola in tre capitoli: in un primo capitolo, intitolato “Caratteristiche generali, elementi storici e confronti internazionali”, gli autori intendono familiarizzare i lettori con alcuni dati, informazioni e contestualizzazioni riguardanti la Cina contemporanea. In quanto tali, menzionano il fatto che la Cina è un paese geograficamente esteso, che ospita la più grande popolazione del mondo.

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Tomasz Konicz: Montagne di debiti in movimento

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Montagne di debiti in movimento

di Tomasz Konicz

Il prodigioso mondo dei mercati obbligazionari – attualmente molto più eccitante di quanto vorrebbero molti quadri dell’economia statale e finanziaria

200309 stock exchange trader cs 1054aTediosi, monotoni, mortalmente noiosi:così sono di solito i mercati dei titoli obbligazionari dei centri del sistema mondiale. Quando il capitale necessita di essere parcheggiato in maniera sicura, quando i fondi pensione hanno bisogno di garantire una rendita sicura, per quanto bassa, quando le compagnie di assicurazione desiderano depositare il loro denaro, ecco che allora i soldi cominciano a fluire in direzione dei titoli di Stato statunitensi o tedeschi, i quali vengono considerati come la base stabile del sistema finanziario mondiale, la spina dorsale della finanziarizzazione neoliberista del capitalismo in questi ultimi decenni. Per poter quantificare tutto questo cemento sul cui è stato costruito il castello di carte della finanza neoliberista degli ultimi decenni, l’unità di misura appropriata, è il trilione [in italiano, mille miliardi!]: alla fine del 2020, con un volume di oltre 22mila miliardi di dollari, il mercato delle obbligazioni sovrane degli Stati Uniti aveva il volume più grande al mondo, seguito dalla Cina (20mila milioni di dollari) e dal Giappone (12mila milioni di dollari) [*1]. A livello globale, nel periodo in questione sono stati scambiati 128,3mila miliardi di dollari di obbligazioni, di cui il 68% era costituito dal debito del settore pubblico, e il 32% da debito societario.

Di solito è più emozionante stare a guardare l’erba crescere, piuttosto che osservare i mercati dei titoli del Tesoro statunitense. Normalmente. Il fatto che la sfera finanziaria sia al centro di quella che è – a dir poco – una crisi insolita che sta erodendo le sue stesse basi, possiamo misurarlo proprio dal movimento dei mercati obbligazionari negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, come in un giro sulle montagne russe che fa saltare i nervi sia ai grandi che ai piccoli investitori.

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Leonardo Masella: Gorbaciov e il mondo di oggi

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Gorbaciov e il mondo di oggi

di Leonardo Masella

È morto Gorbaciov. Io non condivido per niente le manifestazioni di apprezzamento per l’azione di Gorbaciov che, anche alla luce di ciò che successo dopo, aiutarono alla fine del l’Urss e del patto di Varsavia.

La controrivoluzione imperialista vinse provocando la cancellazione di tutte le conquiste sociali della Rivoluzione d’Ottobre, anni di privatizzazioni, di disoccupazione e di povertà di massa, il crollo dell’età media di vita, un milione di morti solo all’est, senza calcolare quelli all’ovest e nel terzo mondo, cinque guerre imperialiste (la prima guerra del Golfo, la guerra contro la ex-Yugoslavia, la guerra in Afghanistan, la guerra all’Iraq e quella alla Libia), oltre all’aggressione ai palestinesi, alla Siria e allo Yemen.

La fine del l’Urss indebolì anche il movimento operaio dei paesi capitalisti europei, contribuendo a portare alla fine di tante conquiste ottenute anche per la presenza stessa dell’Urss.

D’altra parte non condivido i festeggiamenti di alcuni esponenti comunisti per la morte di Gorbaciov.

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Michele Paris: Europa, il gelo della politica

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Europa, il gelo della politica

di Michele Paris

Se l’Europa continua a descrivere Putin come l’unico colpevole dei contraccolpi economici, finanziari ed energetici del conflitto in Ucraina, dopo oltre sei mesi dall’inizio delle operazioni militari russe la vera realtà del suicidio di fatto del vecchio continente è ormai sotto gli occhi di tutti. Scriteriate politiche di liberalizzazione e sottomissione degli interessi nazionali a quelli degli Stati Uniti fanno dell’imbarazzante classe dirigente europea la sola responsabile della corsa verso il baratro in nome della difesa della (nazi-)democrazia ucraina.

L’inarrestabile rialzo del prezzo del gas prospetta un inverno estremamente complicato per i popoli europei. La propaganda ufficiale invita ormai a confidare nella clemenza meteorologica per contenere i consumi, sperando in temperature non troppo rigide, magari favorite dall’abbandono forzato delle politiche di “transizione energetica”, vedi il ripristino di centrali a carbone, ovviamente sempre a causa del ricatto dell’inquilino del Cremlino.

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Guglielmo Forges Davanzati: Perché la riduzione del cuneo fiscale non è un vantaggio per i lavoratori

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Perché la riduzione del cuneo fiscale non è un vantaggio per i lavoratori

di Guglielmo Forges Davanzati*

Vi è un diffuso consenso fra i partiti politici sulla necessità di ridurre il cuneo fiscale per rilanciare la crescita economica in Italia. La proposta è stata lanciata qualche mese fa da Confindustria e gode di un ampio credito, da Fratelli d’Italia al PD. Vediamo di cosa si tratta.

Il cuneo fiscale è la differenza fra il salario lordo pagato dal datore di lavoro e il salario netto percepito dal lavoratore. Secondo gli ultimi dati OCSE (si vedano i rapporti periodici Taxing wages), in Italia, il peso della tassazione sul lavoro è notevolmente elevato, pari a circa il 47.9% dello stipendio.

Il cuneo fiscale è la somma di due componenti principali: l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e i contributi previdenziali.

Il dipendente paga l’imposta e parte dei contributi, il datore di lavoro si fa carico della restante parte dei contributi previdenziali. La parte quantitativamente più consistente della differenza fra salario lordo e salario netto riguarda le aliquote INPS.

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Giorgio Agamben: La terza guerra mondiale non è ancora finita

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La terza guerra mondiale non è ancora finita

di Giorgio Agamben

«Viviamo in una crisi epocale. Io credo che non siamo ancora al fondo, neppure alla metà di questa crisi. Sempre più ci sto pensando. Sono convinto che lo scenario culturale, intellettuale, politico non ha ancora esplicitato tutte le sue potenzialità. Dobbiamo considerarci alla fine della terza guerra mondiale». La guerra di cui Dossetti parlava in questa intervista del 1993 è stata più devastante o altrettanto devastante delle altre due, perché è stata combattuta solo dal male in nome del male, fra potenze ugualmente malvage, anche se in apparenza con meno spargimento di sangue. Ma questa guerra secondo ogni evidenza non è ancora finita, ha preso altre forme e noi ci siamo dentro senza riuscire a vederne la fine. Siamo dentro la guerra planetaria contro il virus, parte in causa nelle mille guerre civili che dividono i popoli dall’interno e coinvolti nostro malgrado nella guerra in Ucraina come occasione di una guerra mondiale bianca, che viene cioè condotta innanzitutto nel linguaggio e nelle menti degli uomini.

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Guido Salerno Aletta: Europei, Americanizzatevi!

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Europei, Americanizzatevi!

di Guido Salerno Aletta

Crisi energetica: deindustrializzazione e fine dello Stato sociale

Deindustrializzare l’Europa serve ad americanizzarla.

La prossima crisi energetica, per via delle sanzioni alla Russia che metterà in crisi la gran parte delle grandi imprese manifatturiere forzandole alla sospensione della produzione per spostarla altrove nel mondo, concluderà anche nel Vecchio Continente il processo di smantellamento del sistema di produzione capitalistica fondata sul salariato di massa che aveva sopito il conflitto di classe con la creazione dello Stato sociale.

Sin dalla metà degli Anni Trenta cominciando dall’Inghilterra, e poi in modo generalizzato in tutta l’Europa dopo la seconda guerra mondiale, l’esperimento socialdemocratico aveva portato alla organizzazione da parte dello Stato di una serie di servizi pubblici a fruizione universale cui corrispondevano altrettanti diritti sociali. Quattro erano i pilastri: Istruzione, Sanità, Casa, Assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro, la disoccupazione e la vecchiaia.

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Coordinamenta femminista e lesbica: Non votare

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Non votare

di Coordinamenta femminista e lesbica

io non voto def 2<Hanno detto – non prendertela… Hanno detto – stai calma… Hanno detto – smettila di parlare… Hanno detto – stai zitta… Hanno detto – stai seduta… Hanno detto – abbassa la testa… Hanno detto – continua a piangere, lascia scorrere le lacrime… Come dovresti reagire? Dovresti alzarti ora dovresti stare in piedi tenere le spalle dritte tenere alta la testa… dovresti parlare dire cosa pensi dirlo forte urlare! Dovresti urlare così forte da farli correre a nascondersi. Diranno – “Sei una svergognata!” Quando lo senti, ridi… Diranno – “Hai un carattere dissoluto!” Quando lo senti, ridi più forte… Diranno – “Sei corrotta!” E tu ridi, ridi ancora più forte… Sentendoti ridere, grideranno, “Sei una puttana!” Quando dicono così, tu mettiti le mani sui fianchi, stai ferma e dì, “Sì, sì, sono una puttana!” Resteranno scioccati. Ti fisseranno increduli. Aspetteranno che tu dica di più, molto di più… Gli uomini fra loro arrossiranno e suderanno. Le donne tra loro sogneranno di essere una puttana come te. > TASLIMA NASRIN < Vai ragazza!>

Che il neoliberismo sia una vera e propria ideologia e che le sue linee di tendenza siano molto chiare ce lo dice, se mai ce ne fosse bisogno, la parabola politicoeconomica che l’Italia ha percorso in tutti questi anni.

Il PD è stato il motore trainante delle scelte che hanno portato alla privatizzazione di importanti strutture pubbliche, alla svendita di interi settori produttivi alle multinazionali, alla aziendalizzazione della sanità, della scuola e degli altri servizi sociali, alla trasformazione del mercato del lavoro, nel senso di una precarizzazione selvaggia, alla distruzione dei ceti medi e delle piccole strutture economiche, alla elaborazione di una vera e propria ideologia della “sicurezza” e “legalità”, apparato teorico giustificativo di una serie di stravolgimenti dello stesso diritto borghese, primo fra tutti la creazione di quelle infami istituzioni totali chiamate oggi Cpr e del principio della detenzione amministrativa e delle sanzioni amministrative. Riforme che hanno avuto un forte impatto sul tessuto sociale e culturale del Paese, determinando alcuni spostamenti del comune sentire, progressivamente sempre più assuefatto all’utilizzo di strumenti di controllo generalizzato, capillare, diffuso e parossistico di ogni azione personale e collettiva.

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