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Rassegna del 27/09/2022

Mikos Tarsis: In questa tornata elettorale

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In questa tornata elettorale

di Mikos Tarsis

Quali sono i voti che più stupiscono in negativo? Quelli dati a Calenda e Renzi: dato il livello politico dei due soggetti, sinceramente son troppi.

Quali sono i voti che più stupiscono in positivo? Quelli dati ai 5Stelle, perché gli italiani dimostrano di saper distinguere l’atteggiamento sbagliato nei confronti del conflitto ucraino (troppo favorevole al governo neonazista di Kiev) dagli obiettivi sociali e ambientali perseguiti dal movimento.

Quali sono i voti che più fanno rabbia? Quelli che, dati ai partiti antisistema, non han permesso a nessuno di loro di entrare in parlamento perché si sono presentati divisi.

Quali sono i voti che più preoccupano? Quelli dati a una destra simile a quella che nel passato era guidata da Berlusconi e che fu disastrosa per il nostro Paese.

Quali sono i voti che han dato maggiore soddisfazione? Quelli non dati a Di Maio e, più in generale, a un centrosinistra dichiaratamente atlantista e guerrafondaio.

Quali sono i non voti che avrebbero dovuto comportare un rinvio delle elezioni? Quelli che all’estero non hanno potuto dare ai partiti antisistema perché i loro simboli non erano presenti nelle schede elettorali.

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Piccole Note: Vince la Meloni, perde, ancora una volta, il draghismo

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Vince la Meloni, perde, ancora una volta, il draghismo

di Piccole Note

Per commentare le elezioni italiane usiamo una nota di Dagospia, che, a parte rari spazi di libertà, rappresenta la voce del padrone e ne è, a volte, l’espressione più Intelligente.

“La vittoria di Georgia Meloni è il successo del partito che era all’opposizione del governo Draghi. Il voto segnala il tramonto di Berlusconi, ormai votato alla sua ridotta di Fedayn, e la fine del progetto Lega nazionale (Salvini ne esce devastato). Il Pd è tramortito e rischia di scoppiare senza identità né veri alleati, ha consegnato la sinistra al camale-Conte versione Malenchon. I due ego-bulli Calenda e Renzi pompati dai giornali, non hanno sfondato. Ora la ducetta dovrà governare con due alleati imprevedibili (i cui voti sono indispensabili. La palla passa a Mattarella: sarà lui a decidere i ministri e a dover evitare guai all’Italia”.

 

La sconfitta di Draghi

Giudizio condivisibile in parte, in particolare laddove registra che queste elezioni rappresentano l’ennesima sconfitta di Draghi, dopo quella del Quirinale e di Palazzo Chigi.

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Luca Michelini: Il programma economico e sociale di Fratelli d’Italia

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Il programma economico e sociale di Fratelli d’Italia

di Luca Michelini

Neloniconfstampa 687693Non esiste un’ampia letteratura scientifica sul partito di Fratelli d’Italia. Fino agli inciampi politici della Lega, del resto, FdI sembrava essere un partito privo di alcuna centralità politica. Il governo Draghi, riunendo tutti gli altri partiti (esclusa SI, certo, tuttavia marginale sul piano parlamentare e tradizionalmente succube del Pd), ha fatto il gioco di chi stava all’opposizione. Manca, soprattutto, un’indagine sistematica sulla cultura e sul profilo sociale della classe politica di questo partito. Mi concentro, dunque, solo su alcune fonti di informazione: anzitutto sul programma, che è pubblicato sul sito del partito.

La prima cosa che si può evidenziare è una certa continuità storica con una parte della tradizione della destra italiana, che affonda le proprie radici nel Ventennio. Con questo non voglio rispolverare la questione della natura ancora fascista del partito, accodandomi al coro di chi, in vista delle elezioni, sventola il pericolo nero dopo aver fatto di tutto, sul piano politico e sociale, per alimentarlo. Mi limito, invece, a constatare linee di continuità, segnalando anche quelle di discontinuità. Il mio intento non è polemico, ma analitico. In ogni caso, nel simbolo del partito ancora campeggia la fiamma tricolore, segno di una ricercata e ostentata continuità.

La destra fascista appare come il riferimento culturale e soprattutto programmatico del partito. Sì, perché il fascismo ha avuto una destra e una sinistra, che ha avuto un afflato sociale, come sappiamo. La destra fascista aveva come punto di riferimento una cultura economica saldamente ancorata alla tradizione liberale ed esaltava la cosiddetta libertà del lavoro. Negli anni venti questa libertà aveva un connotato esplicitamente e fondamentalmente antisocialista e antidemocratico, avversando qualsivoglia politica economica redistributiva.

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Alessandro Visalli: La Dichiarazione di Samarcanda

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La Dichiarazione di Samarcanda

di Alessandro Visalli

400px Dmitry Medvedev in Uzbekistan 11 June 2010 3Si è concluso il vertice dei paesi dello SCO (Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, fondata nel 1996) a Samarcanda, con la prima partecipazione in presenza del Presidente cinese XI Jimping dall’inizio della pandemia. Si tratta del 22° vertice del Consiglio dei Capi di Stato e si è concluso con una Dichiarazione e documenti su vari temi, come la salvaguardia della sicurezza alimentare, la sicurezza energetica globale, la lotta ai cambiamenti climatici e il mantenimento di una catena di approvvigionamento sicura, stabile e diversificata.

La Dichiarazione[1] sostiene che il mondo è oggi attraversato da cambiamenti globali in rapido sviluppo e grande trasformazione, e che è in corso di intensificazione la tendenza ad entrare in una era multipolare. Ciò mentre paesi sempre più interdipendenti vedono informatizzazione e digitalizzazione crescenti. Mentre ciò accade le sfide sono sempre maggiori e la situazione internazionale si sta deteriorando.

Gli stati membri (che comprendono Cina, Russia, India, Kazakistan, Kirgizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Pakistan, Iran, cui si aggiungono come “stati osservatori” Afghanistan, Bielorussia e Mongolia e come “partner di dialogo” stati importanti come l’Arabia Saudita, l’Egitto, la Turchia, il Quatar, il Nepal, la Cambogia, l’Armenia, lo Sri Lanka e l’Azerbaijan) hanno dichiarato di opporsi ad ogni approccio di parte per risolvere le questioni internazionali e preso l’impegno di coordinarsi di fronte alle minacce ed alle sfide alla sicurezza. La Dichiarazione afferma che è di grande importanza pratica lavorare insieme per costruire un nuovo tipo di relazioni internazionali caratterizzate da rispetto reciproco, equità e giustizia, nonché cooperazione vantaggiosa per tutti e per costruire una ‘comunità con un futuro condiviso per l’umanità’ (formula notoriamente cinese).

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Marco Veronese Passarella: Sequenza e classi: una risposta ai critici della teoria del circuito monetario

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Sequenza e classi: una risposta ai critici della teoria del circuito monetario

di Marco Veronese Passarella*

Ilustració 7 converted 1 2048x2048[M]entre la teoria del processo economico come insieme di scambi simultanei sembra fatta apposta per descrivere una società priva di classi, l’idea del processo economico come circuito conduce immediatamente ad individuare all’interno del processo economico la distinzione di classe.
Graziani 1977, p. 116
[L]a distinzione di classe si impone come dato primigenio del ragionamento: sono i capitalisti imprenditori, e soltanto loro, che possono dare avvio al ciclo impiegando capitale monetario per l’acquisto di forza lavoro, e questa possibilità li differenzia strutturalmente dai lavoratori, i quali altro non possono fare che vendere la propria forza lavoro.
Graziani 1977, p. 117

Descrizione

Quella descritta dallo schema del circuito monetario non è una mera scansione temporale di fatti stilizzati, ma la sequenza necessaria dei rapporti di produzione e di scambio tra classi sociali differenti e contrapposte nello spazio capitalistico.

 

1. Introduzione

Un recente, pregevole, contributo di Sergio Cesaratto, Sei lezioni sulla moneta (Diarkos Editore, 2021), mi ha offerto l’opportunità di riflettere sul lascito teorico dell’approccio del circuito monetario di Augusto Graziani, sugli stimoli intellettuali che continua ad offrire e soprattutto sui numerosi fraintendimenti di cui è stato oggetto nel tempo. Benché, infatti, l’autore del libro riconosca i meriti della teoria del circuito, in quanto ha contribuito a disvelare la natura endogena della moneta in un’economia capitalistica di mercato, non mancano gli spunti critici nei confronti dell’impostazione di Graziani. In particolare, Cesaratto si spinge a definirla “un po’ complottista” (Cesaratto 2021, p. 297), dato che pretenderebbe di spiegare le relazioni tra banche ed imprese private come se ciascun settore costituisse un tutto omogeneo, dotato di una propria volontà trascendente quella dei singoli agenti individuali.

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Mikos Tarsis: Occidente e diritto internazionale

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Occidente e diritto internazionale

di Mikos Tarsis

 

Anzitutto e soprattutto autodeterminazione dei popoli

Nel 1992 fu elaborato un documento molto importante da parte della direzione del Centro dell’Università di Padova. Parlava di diritti umani e diritti dei popoli da intendersi come il nuovo diritto internazionale.

Diceva che la Carta delle Nazioni Unite stabilisce all’art. 1 che il rispetto dei diritti umani e dell’autodeterminazione dei popoli costituisce uno dei fini principali delle Nazioni Unite.

Diceva anche che le fonti di questo nuovo diritto van ricercate in altri documenti d’importanza capitale dopo quello dell’ONU: l’ultimo è l’Atto finale di Helsinki del 1975. Non stiamo quindi parlando di cose sconosciute o amene.

Eppure l’occidente sembra cadere dal susino, come al solito affetto da un morbo pestifero: quello dei due pesi e due misure.

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Enrico Cattaruzza: “Questo fiocco di neve è una valanga”

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“Questo fiocco di neve è una valanga”

Considerazioni generazionali alla vigilia del 25 settembre

di Enrico Cattaruzza

Questo fiocco di neve è una valanga
(Idles, “I’m scum”)

L’illusione più grande: essere soli. La menzogna: dover sempre pagare un prezzo. Il segno dei tempi: l’ansia, un borborigmo appena percepibile sotto la faglia, poi inarrestabile quando sfonda. Bisogna direzionarne il corso, perché non si può sopprimere. Tornando a respirare dopo un’apnea, forse, come suggerisce Sara Nocent nel suo contributo a questo dibattito. O ridendo in faccia a chi ha lucrato sulla nostra paura di sbagliare, offrendo cinquecento euro in cambio di quaranta ore di lavoro. Oppure addentrandoci nel momento e nel dolore, guardando in alto e fuori.

Dietro l’angolo, le elezioni politiche. Arrivano dopo un trentennio fatale, e la storia di due crisi ad accompagnare i nostri anni migliori, mentre attorno si smantellavano le certezze.

Settembre ’22, vigilia di un autunno, più che caldo, misero. La bestia è affamata, stramazza morente. Nemmeno l’acqua è in mano pubblica. Non si trovano gli infermieri, professione cruciale ma senza potere, scarseggiano i medici.

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Marco Cattaneo: Le spese del tubo e i greti dei torrenti

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Le spese del tubo e i greti dei torrenti

di Marco Cattaneo

Come sempre quando accadono catastrofi naturali ed eventi funesti che toccano il territorio e chi ci abita, la recente alluvione di Senigallia ha suscitato dibattiti e polemiche in merito a come poteva essere prevenuta.

Al di là delle mie perplessità, mi dichiaro incompetente a stabilire se questi fenomeni meteo stiano diventando più frequenti (o no) a causa del climate change.

Mi sembra però incontestabile che azioni preventive perfino banali, quali una migliore manutenzione degli argini e la ripulitura periodica dei greti dei torrenti, avrebbero quantomeno limitato i danni.

Ed è anche difficile negare che esista un nesso tra la continua compressione degli investimenti pubblici (regalo dell’eurosistema e delle sue regole) e gli insufficienti livelli di manutenzione.

Di fronte a questa affermazione, mi sento spesso obiettare che certo, i greti dei torrenti si possono e si devono tenere più puliti, ma non è il caso – prima di dare più soldi agli enti pubblici territoriali – di tagliare spese per mostre, fiere, convegni del tutto discutibili – per non dire perfettamente inutili ? insomma, di evitare le “spese del tubo”?

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Stefano Alì: Armenia-Azerbaijan, la sfida che gli USA sembra siano vincendo

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Armenia-Azerbaijan, la sfida che gli USA sembra siano vincendo

di Stefano Alì

 

I nuovi campi di battaglia nella guerra fra gli Stati Uniti e la Russia: sfuttare il conflitto Armenia-Azerbaijan, Fornire armi letali all’Ucraina, riprendere il sostegno ai ribelli siriani, promuovere il cambiamento di regime in Bielorussia, sfruttare le tensioni Armenia-Azerbaijan, isolare la Transnistria. Queste le strategie della Rand Corporation messe in atto dagli Stati Uniti.

Non è complottismo, ma un documento strategico pubblico preparato dalla RAND Corporation, un istituto di ricerca statunitense fondato e finanziato dal Dipartimento della Difesa USA: Extending Russia – Competing from Advantageous Ground.

 

Il documento RAND Corporation

A pagina 96 si legge:

Il presente capitolo descrive sei possibili mosse degli Stati Uniti nell’attuale competizione geopolitica: fornire armi letali all’Ucraina, riprendere il sostegno ai ribelli siriani, promuovere un cambiamento di regime in Bielorussia, sfruttare le tensioni armene e azere, intensificare l’attenzione per l’Asia centrale e isolare la Transnistria.

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Salvatore D’Acunto: Bolle, ovvero l’eterno ritorno

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Bolle, ovvero l’eterno ritorno

di Salvatore D’Acunto

Una quarantina di anni fa, nelle “stanze dei bottoni” delle società occidentali si affermò l’idea che per sradicare l’inflazione e favorire la stabilità del Pil e dell’occupazione occorresse smantellare l’apparato di regolazione pubblica e lasciare gli aggiustamenti macroeconomici a mercati finanziari deregolamentati. Quest’idea era destinata ad avere ripercussioni profonde sul funzionamento delle nostre società. Per comprenderne il motivo occorre qualche informazione sulla natura e il funzionamento dei mercati finanziari. I mercati finanziari sono i luoghi dove si negoziano i diritti sui redditi derivanti dalla produzione di merci che non esistono ancora, e poiché non possono esserci informazioni attendibili su ciò che ancora non è, gli operatori tendono a surrogare l’informazione di cui non dispongono con l’osservazione dei comportamenti altrui. Come ebbe a scrivere Keynes in uno dei suoi brani più noti, «sapendo che il nostro giudizio individuale non vale nulla, cerchiamo di ricorrere al giudizio del resto del mondo, che (forse) è meglio informato. Cioè cerchiamo di conformarci al comportamento della maggioranza o della media».[1]


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Luca Busca: Draghistan: nessuno ha osato disturbare the sound of silence

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Draghistan: nessuno ha osato disturbare the sound of silence*

di Luca Busca

the sounds of silenceChe questa sarebbe stata una campagna elettorale anomala lo si era già capito quando, a luglio, Draghi e Mattarella di comune intesa realizzarono il golpe bianco indicendo elezioni a settembre. Normale, quindi, che tra un ombrellone e un trekking la campagna elettorale partisse al rallentatore, molto meno che lo rimanesse anche a settembre.

Il PDF (Partito Democratico Fascista) ha evitato in qualsiasi momento di esprimere contenuti politici puntando tutto sull’esigenza di fermare il fascismo insorgente con la vittoria della Meloni. Fascismo peraltro ampiamente confermato dal rifiuto opposto dalla Pausini alla richiesta di cantare Bella Ciao. La Meloni dal canto suo ha osservato un assoluto silenzio per evitare di passare da fascista, si è prostrata all’altare della Nato mantenendo un profilo basso. Solo due piccoli interventi, frutto dell’utilizzo di sostanze stupefacenti di pessima qualità, sul “diritto a non abortire” e sul lesbismo dilagante di Peppa Pig hanno mostrato la tempra di chi non molla. La Lega sottovoce ha ricordato che gli immigrati ci rubano il lavoro, la corrente elettrica e le barche a Lampedusa. Berlusconi ha solo ceduto i suoi pezzi migliori (Carfagna, Gelmini e Brunetta) al Grande Centro, per poter meglio “inciuciare” con l’Agenda Draghi al fine di continuare ad affossare l’Italia. Il M5S con toni sempre molto pacati ha ricordato al proprio elettorato tutte le stronzate fatte, negando le proprie posizioni in merito a pandemia e guerra. I “cocomeri” finita l’estate, come è normale che sia, sono scomparsi, contenti dell’elemosina di qualche seggio concessa dal PD.

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Raffaele Sciortino: Prove di internazionalizzazione del renminbi yuan e de-dollarizzazione

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Prove di internazionalizzazione del renminbi yuan e de-dollarizzazione

di Raffaele Sciortino

bruciatura dei cento dollari 127700281“Tutto ciò rimanda, giova ricordarlo, alla complessa strutturazione dell’imperialismo finanziario del dollaro, che ha preso forma all’indomani della crisi degli anni Settanta facendo da base per la cosiddetta globalizzazione (§ 1.1). Base su cui si è incardinato, negli ultimi tre decenni, il rapporto economico e geopolitico tra Stati Uniti e Cina, asimmetrico ma essenziale per entrambe le parti. Ora, sia le necessità oggettive dello sviluppo capitalistico cinese sia la strategia del partito-stato nell’ultimo decennio hanno iniziato a spingere per un percorso di autonomizzazione rispetto all’eccessiva dipendenza dalla finanza a stelle e strisce. Più di recente, il deteriorarsi delle relazioni con Washington nonchè l’uso del dollaro come arma nel conflitto ucraino hanno convinto i vertici cinesi del fatto che l’esposizione al sistema incentrato sul dollaro rappresenta oramai un rischio sempre meno controbilanciato dal vantaggio dell’accesso ai mercati di esportazione occidentali. La Cina, insomma, non può più giocare sempre e comunque alle regole della Federal Reserve. È qui che si inserisce, altro tassello del puzzle, la strategia comunemente definita di internazionalizzazione della moneta cinese, che nelle intenzioni di Pechino dovrebbe essere cauta e regolata ma sempre più pare rappresentare una scelta obbligata.”

Questo testo è parte di un volume più ampio con il titolo Cina e Usa allo scontro nella crisi globale. Il volume è in fase di preparazione e la sua uscita è prevista per il prossimo mese di Ottobre.

* * * *

Strategia interna della doppia circolazione e proiezione esterna, trasformazione del modello di sviluppo fin qui seguito e riconfigurazione della globalizzazione in forme più consone agli interessi cinesi: tutto ciò non può non investire il piano della moneta.

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Giuseppe D’Elia: Salario minimo, reddito minimo ed equo compenso

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Salario minimo, reddito minimo ed equo compenso

Come sanare la piaga del lavoro povero in tre mosse

di Giuseppe D’Elia

WhatsApp Image 2021 05 01 at 12.13.07Dopo la pandemia, la guerra. Dopo anni di inerzia politica, sulle strategie necessarie per mitigare gli effetti del cambiamento climatico in atto, la crisi energetica. Quest’ultima, innescata da meri fattori geopolitici, fin qui ha presentato tratti marcatamente speculativi piuttosto che una effettiva e irrimediabile scarsità delle fonti di approvvigionamento. Proprio per questo, le soluzioni proposte – sempre all’insegna dello scaricabarile colpevolizzante – sono davvero difficili da metabolizzare. Ancora una volta, insomma, ci troviamo ad affrontare sfide epocali, con la trita e ritrita retorica emergenziale che richiede ulteriori sacrifici ai comuni cittadini, con la sola prospettiva di un continuo peggioramento della qualità della vita delle masse, mentre le sacche minoritarie di privilegio consolidato continuano a sprecare l’equivalente dei consumi standard di migliaia di persone.

Questa ennesima emergenza, in realtà, si innesta sullo sfondo di una stagnazione salariale che, nel nostro Paese, si stratifica da decenni per precise scelte ideologiche. La precarizzazione dei rapporti di lavoro, esplosa a inizio millennio, ha amplificato una tendenza che era già in atto da diversi anni. Attualmente, in Italia il rapporto a tempo indeterminato rappresenta meno di un quinto (18,8%) delle nuove assunzioni. Correlativamente, è il contratto a termine la nuova forma di lavoro dominante: circa due nuovi posti di lavoro su tre sono a tempo determinato (64,8%). In ogni caso, se per ogni 100 nuove assunzioni, ben 81 di queste corrispondono a forme contrattuali che non sono minimamente stabili, è del tutto evidente che siamo in presenza di un altro enorme problema, accanto a quello storico dello squilibrio tra occasioni di lavoro effettivamente disponibili e reale consistenza numerica delle persone che hanno bisogno di lavorare per vivere.

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Dante Barontini: Usa e UE prima del voto: “in Italia comandiamo noi” e “Meloni non ci fa paura”

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Usa e UE prima del voto: “in Italia comandiamo noi” e “Meloni non ci fa paura”

di Dante Barontini

Quanto è libero un paese dell’Europa occidentale che aderisce alla Nato ed è membro dell’Unione Europea?

I nostri lettori conoscono la nostra risposta: zero.

Sappiamo che molti compagni di strada coltivano ancora l’illusione secondo cui una diversa maggioranza di governo potrebbe, sfruttando il peso economico e politico dell’Italia, spuntare una riforma dei trattati europei tale da interrompere la spirale austerità-recessione-aumento del debito-nuova austerità-nuova recessione, con tutte le conseguenze ben note sulle condizioni di vita dei lavoratori e delle masse popolari in genere.

Secondo quella visione speranzosa, nella UE gli Stati avrebbero un peso ancora predominante (manterrebbero insomma un elevato grado di “sovranità”) e solo al termine di grandi dibattiti si arriverebbe ad una conclusione unitaria. Reazionaria, perché questa è l’attuale maggioranza sia nell’Unione Europea sia nel parlamento italiano, ma se dovesse essercene un’altra le cose potrebbero forse andare diversamente.

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Mikos Tarsis:L’occidente non riconoscerà alcun referendum in Ucraina

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L’occidente non riconoscerà alcun referendum in Ucraina

di Mikos Tarsis

Le Repubbliche popolari di Luhansk e di Donetsk, e le regioni di Kherson e Zaporizhia terranno un referendum sull’adesione alla Federazione Russa dal 23 al 27 settembre. Lo chiedono proprio perché le condizioni di sicurezza ideali non esistono. Sono convinti che quanto prima apparterranno alla Russia, tanto prima avranno la pace.

Infatti quando questi territori faranno parte della Russia e continueranno a essere bombardati dai missili della NATO sparati dai nazisti ucraini, non si potrà più parlare di “operazione speciale” ma si dovrà per forza usare la parola “guerra”. A quanto pare la Russia ci tiene alle questioni giuridiche. Non si muove militarmente se prima non si sente autorizzata dal diritto. È quindi pronta a introdurre in queste regioni un esercito permanente e a utilizzare le armi più opportune, se l’esito dei referendum sarà favorevole e se si sentirà gravemente minacciata.

“Qualsiasi falso referendum russo in Ucraina sarebbe illegittimo, perché violerebbe la sovranità e l’integrità territoriale che sono alla base della Carta dell’ONU”. Così invece scrive in un tweet il segretario di Stato americano, Blinken.

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Mauro Baldrati: Crimes of the future, di David Cronenberg

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Crimes of the future, di David Cronenberg

di Mauro Baldrati

A settantanove anni il vecchio maestro ha ideato, scritto e diretto un altro film durissimo, estremo, inquietante. L’estetica radicale non fa sconti, non si piega alle esigenze dello spettatore. L’ha detto lui stesso, in un’intervista relativa a Crash, il film del 1996 tratto dal romanzo di Ballard: «Se ci si preoccupasse delle reazioni del pubblico si sarebbe completamente paralizzati, perché si sa che qualunque sia la direzione presa si verrà criticati e che alcuni saranno delusi. Se si pensasse allo spettatore-tipo e alle sue attese sarebbe la morte di ogni creatività.» Era controcorrente, e lo è ancora, coraggioso e solitario. In effetti oggi il concetto da lui aborrito sembra diventato legge. Tutti corrono dietro ai cosiddetti gusti dello spettatore-tipo. La politica soprattutto, ha sepolto per sempre ogni ideale di guida per compiacere la pancia “bassa” degli elettori. Ma Cronemberg rimane sé stesso, uno dei sopravvissuti nella Zona Morta (1983, tratto da Stephen King). Questo film, che come al solito ha causato reazioni opposte a Venezia, dove una parte del pubblico è uscito disgustato dalla sala, mentre l’altra ha applaudito al capolavoro, sembra quasi un testamento.

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Fabrizio Casari: Samarcanda, al centro del mondo

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Samarcanda, al centro del mondo

di Fabrizio Casari

Le crisi internazionali, l’impasse del sistema economico occidentale, l’acutizzarsi dei problemi di riassetto internazionale dell’economia a seguito della pandemia e in conseguenza dei diversi conflitti che minacciano la pace nel mondo, sono stati i temi sui quali si è sviluppata la discussione ed il confronto tra i paesi aderenti alla SCO. Nata ufficialmente nel Giugno del 2001, la SCO è l’alleanza regionale guidata da Cina e Russia, di cui fanno parte Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, India e Pakistan, ai quali si aggiunge ora l’Iran. Gli stati osservatori sono Afghanistan, Bielorussia e Mongolia, mentre i partner del dialogo sono Azerbaigian, Armenia, Cambogia, Nepal, Turchia e Sri Lanka. E’ un meccanismo di cooperazione attivo da dieci anni in Asia centrale e la cui rilevanza, specie dal punto di vista geopolitico, è in continua crescita.

Nato per favorire la risoluzione di dispute territoriali tra i sei paesi aderenti – Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan – l’organizzazione è andata progressivamente istituzionalizzandosi, intensificando la cooperazione tra i suoi membri tanto su questioni di sicurezza quanto in ambiti come quello economico, energetico e culturale.

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Salvatore Bravo: Elezioni

sinistra

Elezioni

di Salvatore Bravo

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

L’articolo I della Costituzione è chiaro nel suo intento politico l’Italia è una Repubblica, l’autorità la esercito il popolo mediante le elezioni.

Ieri sera a Carta bianca dalla Berlinguer un Massimo Cacciari stizzito discuteva di elezioni e riforme. Il tono del filosofo era sempre alterato, investiva con le sue critiche Mieli e i presenti, i quali erano preoccupati dell’incompetenza della destra che si approssima al potere. Cacciari accusava di incompetenza tutti i governi a prescindere dal presunto e dichiarato orientamento politico. Nessuno è stato capace di portare a termine le riforme di cui la nazione necessita. Le riforme sarebbero le controriforme liberiste nobilitate col termine “riforma”, senza di esse l’applicazione del PNRR non risulta possibile. L’ottica del simposio era dunque limitata, nessun progetto politico e nessuna autonomia ma applicazione del PNRR, i partiti devono svolgere solo tale ardita operazione.

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