Rassegna del 02/10/2022
Enrico Tomaselli: Rischio stallo
Rischio stallo
di Enrico Tomaselli
Anche se l’Europa, contro ogni logica, sembra indifferente ad una qualsiasi prospettiva di pace, la guerra ucraina rischia di scivolare lentamente verso una situazione di stallo, che è esattamente lo scenario peggiore per i paesi europei. Trovare una via d’uscita, che salvaguardi gli interessi europei, ma che al contempo possa risultare percorribile per i contendenti, è qualcosa che però richiede non soltanto abilità diplomatica, ma una visione anche militare del conflitto, in modo tale da poter operare affinché la situazione sul terreno non si cronicizzi – premessa indispensabile per qualsivoglia iniziativa di pace.
L’aggressore riluttante
Uno dei tanti paradossi di questa guerra è che, mentre la narrazione occidentale dipinge la Russia come un paese estremamente aggressivo, questa in realtà si rivela essere estremamente riluttante nell’uso della forza.
Se guardiamo alla storia complessiva del conflitto, dal 2014 ad oggi, possiamo rilevare che ogni passo compiuto da Mosca mostra una estrema riluttanza a spingersi oltre, sia sul piano politico-diplomatico che su quello militare. Quando, dopo il golpe di piazza Maidan e l’inizio delle violenze anti-russe nel Donbass, la Russia si attiva rispetto alla nascente guerra civile ucraina, lo fa sul piano diplomatico: gli accordi di Minsk – I e II – di cui continuerà per anni a chiedere l’applicazione, sono infatti il tentativo di risolvere la questione senza intervenire direttamente. Intervento che arriverà solo dopo otto anni di guerra civile, a fronte della crescente minaccia ucraina.
Salvatore Tinè: A proposito de Il Capitale. Il nuovo libro di Paolo Favilli
A proposito de Il Capitale. Il nuovo libro di Paolo Favilli
di Salvatore Tinè
Il libro di Paolo Favilli (A proposito de Il Capitale. Il lungo presente e i miei studenti. Corso di storia contemporanea, FrancoAngeli 2021) è un immaginario corso universitario di storia contemporanea su Il capitale di Marx, rivolto quindi a un pubblico non solo di studenti ma anche di lettori non specialisti. Come lo stesso titolo ci suggerisce, non è il capolavoro di Marx in quanto tale, come opera puramente teorica e scientifica, a costituire il suo tema specifico.
Tuttavia, è pur sempre “a proposito” de Il capitale, ovvero a partire da esso e sempre in strettissima relazione con la sua teoria economica e le sue categorie analitiche, che viene dipanandosi, nel libro di Favilli, una ricostruzione straordinariamente ricca e suggestiva della fortuna e dell’enorme influenza che la principale opera economica di Marx ha avuto sull’intera vicenda storica e politica della nostra contemporaneità, identificata dall’autore con il “lungo presente” della modernità capitalistica, dentro il quale siamo ancora immersi.
E’ dentro questa “lunga” continuità storica destinata ad giungere fino ai nostri giorni che Favilli inscrive la stessa eccezionale ed estrema vicenda del “secolo breve”, pure segnata da una straordinaria capacità di incidenza storica e di egemonia, nella cultura e nella scienza mondiali, sia della teoria marxista in quanto tale che del marxismo politico.
Alla tragica fine dell’Urss e al suo drammatico impatto negativo sulle forme teoriche del marxismo nonché su quelle politiche ed organizzative del suo tradizionale radicamento e della sua egemonia nel movimento operaio si è accompagnata infatti la fine di un lungo ciclo espansivo dell’accumulazione capitalistica e la conseguente imposizione per via legislativa e “giuridico-costituzionale” da parte delle classi dominanti di una politica economica di stampo neo-liberista particolarmente regressiva e sostanzialmente analoga a quella che aveva preceduto la grande crisi del 1929.
Mauro Casadio: E adesso tocca alla Meloni
E adesso tocca alla Meloni
di Mauro Casadio*
Oggi la Meloni arriva al 26% dei voti, ieri era toccato a Salvini cantare vittoria, prima era stato Grillo e prima ancora a Renzi, per non parlare di Berlusconi a suo tempo. Tutti questi “vittoriosi”, escludendo per ora solo l’ultima arrivata, sono inesorabilmente precipitati dalle stelle alla stalle.
Questo andamento ciclico del sistema politico italiano, resosi ormai palese, non è certo casuale ma rispecchia una difficoltà egemonica delle classi dominanti che ricorrono a strumenti che vanno dall’allarme politico – con il decisivo supporto del sistema informativo – all’esaltazione del salvatore della patria, da Monti a Draghi, pur di risollevare le sorti del “Made in Italy”; naturalmente facendole pagare alle classi subalterne e predisponendole ad una nuova svolta “populista”, “sovranista”, “filofascista” e chi più ne ha più ne metta.
Naturalmente questa situazione non è il prodotto di “complotti”. ma una sapiente modalità di gestione di contraddizioni politiche reali, una volta superato il “pericolo comunista”, volgendole a favore delle classi dominanti; una modalità che è stata costruita e sperimentata sul campo dagli anni ’90 dal “think tank” del gruppo editoriale de La Repubblica e del suo fondatore Eugenio Scalfari.
Emanuel Pietrobon: Il secolo del destino
Il secolo del destino
di Emanuel Pietrobon*
Mai secolo è stato più importante per la storia dell’umanità. Neanche il Novecento delle guerre mondiali e della battaglia tra democrazie e totalitarismi. Perché nel Duemila, secolo delle emergenze e della nuova guerra fredda, si scriverà il futuro dell’uomo – letteralmente.
Competizione tra grandi potenze. Guerra fredda 2.0. Nuova guerra fredda. Terza guerra mondiale a pezzi. Una questione di forma più che di sostanza. Perché il contenuto non cambia, è identico, ed è la grande battaglia tra il decadente ma tenace Momento unipolare e l’albeggiante e irrefrenabile Multipolarismo.
Le chiavi di lettura sono diverse e sono tutte giuste: alcune di più, altre di meno. È effettivamente in corso una battaglia tra globalismo e sovranismo – sebbene sia stata utilizzata per scopi propagandistici e finalità egemoniche dall’internazionale di destra con base a Washington. È effettivamente in atto una marxiana guerra tra grandi potentati economici che vorrebbero prolungare ad infinitum la fase suprema del capitalismo, l’imperialismo, e stati alla ricerca di emancipazione e vie alternative.
Manolo Monereo: Il progetto strategico della Nato
Il progetto strategico della Nato
di Manolo Monereo*
“Cumpanis” ringrazia il compagno Monereo per averci inviato questo articolo, che sarà anche pubblicato dalla prestigiosa rivista spagnola “El Viejo Topo”. Traduzione di Liliana Calabrese
L’ottavo Concetto strategico della NATO, approvato a Madrid nel giugno 2022, sostituisce il settimo (Lisbona 2010), chiaramente superato e incapace di raccogliere le sfide di un’Alleanza Atlantica in permanente ricostituzione. Questo documento riprende le raccomandazioni fondamentali del rapporto degli esperti (NATO 2030. Uniti per una nuova era) approvato al Vertice di Bruxelles del 2021 e una serie di iniziative che sono state prese a ritmo accelerato dopo l’intervento russo in Ucraina nel 2014. Come è noto, questo documento è stato approvato quattro mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina. È molto interessante.
La NATO è un’organizzazione che ha più di 70 anni e ha un proprio particolare linguaggio. I suoi documenti richiedono un’interpretazione specifica nella consapevolezza – ed è importante sottolinearlo – che si tratta di testi pubblici seguiti da testi più precisi e concreti, specificati. I concetti strategici sono le disposizioni più importanti dell’Alleanza dopo il Trattato istitutivo. Sono oggetto di numerose discussioni in cui si mescolano descrizioni geopolitiche, approcci politico-strategici più o meno elaborati e piani operativi e organizzativi strettamente militari, espressi in un linguaggio diplomatico, in questo caso, eccessivamente espressivo. Il suo scopo ultimo è quello di definire gli elementi peculiari dei rapporti di forza internazionali, le loro conseguenze politiche, economiche e strategiche e i piani operativi alternativi di cui la NATO si dota. Si tratta di un trattato con vocazione alla continuità, militarmente organizzato, che definisce un attore internazionale che non ha più limiti geografici e che – cosa fondamentale – tende a organizzare in un unico piano (strategico, operativo, organizzativo e tecnologico) tutte le forze armate di ciascuno dei Paesi considerati.
Alessandro Visalli: The United States Is Waging a New Cold War: A Socialist Perspective
The United States Is Waging a New Cold War: A Socialist Perspective
di Alessandro Visalli
Il Tricontinental Institute for a Social Research[1], insieme alla rivista Monthy Review[2] ed alla piattaforma No Cold War[3], hanno elaborato un importante rapporto dal titolo “The United States Is Waging a New Cold War: A Socialist Perspective”[4]. Il testo contiene un’introduzione di Vijay Prashad, quindi un articolo dal titolo “Che cosa spinge gli Stati Uniti a incrementare l’aggressione militare internazionale?” di John Ross, un altro di Deborah Veneziale dal titolo “Chi sta guidando gli Stati Uniti alla guerra?”, ed infine un articolo del caporedattore dei Monthly Review, John Bellamy Foster, “Note sull’esterminismo, per i movimenti per l’ecologia e la pace del XXI secolo”.
È piuttosto difficile riassumere brevemente i contenuti del testo; all’avvio Prashad ricorda come a maggio del ’22, a Davos, Kissinger ha invitato ad un accordo pace che soddisfi i russi, invece di scivolare in una guerra con loro. Più significativamente ricorda una conversazione del 2003 con un importante esponente del Dipartimento di Stato che candidamente ammetteva che gli Usa fondamentalmente sono disponibili a far sopportare al mondo (ed ai propri lavoratori) un “dolore a breve termine”, se questo ha possibilità di portare ad un “guadagno a lungo termine” (per sé). Tale guadagno si riduce in sostanza a mantenere quel primato che hanno avuto dalla fine della Seconda guerra mondiale. In altre parole, essi cercano di impedire con ogni mezzo una tendenza storica, quella alla integrazione euroasiatica, che minaccia in modo esistenziale il predominio atlantico. Secondo quanto scrive “Le strategie per indebolire Russia e Cina includono un tentativo di isolare questi paesi attraverso l’escalation della guerra ibrida imposta dagli Stati Uniti (come le sanzioni e la guerra dell’informazione) e il desiderio di smembrare questi paesi e poi dominarli in perpetuo”.
Un amico di Winston Smith: Nelle braccia del Leviatano
Nelle braccia del Leviatano
Note contro lo Stato
di Un amico di Winston Smith
Dalla rivista anarchica “i giorni e le notti”, numero 14, luglio 2022
La “volontà di potenza” è stata finora uno dei motori più forti nello sviluppo delle forme della società umana. L’idea che tutti gli eventi politici e sociali siano soltanto il risultato di determinate condizioni economiche non resiste ad un’attenta considerazione. Rudolf Rocker
[Il Capitale di Marx è] l’unico grande testo di demonologia che l’età borghese ha prodotto. Roberto Calasso
Mi rifiuto di accettare il declino del nostro ordine mondiale. John McCain (noto “falco” neocon statunitense, alla conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2017)
Contro l’eterno presente
Se c’è una questione che la dichiarata pandemia ha rimesso all’ordine del giorno, questa è senz’altro la questione dello Stato. Non potrebbe essere diversamente. Dopo anni in cui, da destra a manca, si è vaneggiato sul suo decadimento o addirittura della sua progressiva scomparsa, lo Stato si è infatti ripresentato nella sua interezza. Se nessuno, di fronte alla sua pretesa di interferire e regolare, autorizzare o negare anche i comportamenti più minuti, ha potuto ignorare il suo carattere sfacciatamente poliziesco (con tanto di tremori e timori di rinascita dello Stato etico che, da sinistra a destra, hanno assalito anche gli statalisti più convinti), stavolta lo Stato non ha fatto sentire la sua mancanza neppure dal lato economico, tra interventi straordinari di riconversione produttiva (come per le fabbriche messe da un giorno all’altro a produrre mascherine) e santificazione del «debito buono», funzionale prima all’affrontamento della Grande Emergenza e poi a una «ripartenza dell’economia» ancora tutta da vedere. Se ai piani alti della società il ritorno dello Stato è stato salutato in pompa magna (con un investimento propagandistico che dovrebbe già bastare a intendere le reali intenzioni della classe dominante), ai piani bassi non ha fatto che dare la stura alle ipotesi più strampalate, soprattutto per quanto riguarda le diverse aree militanti che si richiamano, con varietà di accenti, al pensiero marxista.
Pierluigi Fagan: Sociologia del voto
Sociologia del voto
di Pierluigi Fagan
I.
Faremo una breve considerazione a grana grossa su dati quasi completi della Camera per il proporzionale.
Tra coloro che hanno votato, si stagliano due gruppi. Quello che si nomina ed è di fatto il CDX somma, al momento, circa 11 milioni di voti. L’altro gruppo non ha nome e non è tale neanche di fatto, ma ha certi suoi gradi di omogeneità pur molto relativa. Parliamo qui in termini di sociologia politica, classificazione per condivisioni di impostazioni politiche ideali molto a gran grossa, nulla con cui poi si fanno governi o leggi specifiche semmai frutto di mediazioni e compromessi. Composto dal CSX propriamente detto ed il M5S, peserebbe sempre 11 milioni di voti, qualche centinaia di migliaia di voti meno dell’altro. Di questo secondo gruppo non fa parte Azione-Italia Viva.
Merito del meccanismo che trasforma questo relativo equilibrio dei due gruppi socio-politici in una disfatta epocale, visto da una parte – dall’altra è un trionfo epocale, è di un certo Rosato, oggi proprio in Italia Viva, un ragioniere democristiano ai tempi parte del PD.
Mario Lombardo: Nord Stream 2: sabotaggio targato Washington
Nord Stream 2: sabotaggio targato Washington
di Mario Lombardo
Un gravissimo atto di sabotaggio è avvenuto nei giorni scorsi contro il gasdotto Nord Stream 2 che, prima del boicottaggio orchestrato dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto raddoppiare le forniture di gas naturale russo alla Germania. Le autorità svedesi hanno emesso un’allerta nella giornata di martedì in seguito al rilevamento di alcune perdite di gas nelle acque dello stesso paese scandinavo e in quelle della vicina Danimarca. Le cause sono da attribuire appunto a danni molto gravi subiti sia dal Nord Stream 2 sia dal Nord Stream 1, dovuti, secondo lo stesso governo tedesco, a eventi tutt’altro che accidentali.
Il gasdotto Nord Stream 2 è stato dunque oggetto con ogni probabilità di un “attacco mirato” e “senza precedenti”. Nelle ultime settimane, l’infrastruttura che avrebbe potuto garantire l’indipendenza della Germania dai gasdotti che transitano dall’Europa continentale era stata al centro delle richieste sempre più insistenti di imprese e normali cittadini tedeschi, decisi a chiederne l’apertura immediata per dare respiro a un’economia in rapido declino.
Mikos Tarsis: Quali rischi militari stiamo correndo?
Quali rischi militari stiamo correndo?
di Mikos Tarsis
Se l’Unione Europa fosse priva di pregiudizi antirussi, se non fosse dominata dalla propaganda guerrafondaia degli americani (che devono per forza crearsi dei nemici da combattere), se accettasse definitivamente l’idea di un mondo multipolare, avrebbe potuto giudicare la cosiddetta “operazione speciale militare” voluta da Putin sulla base di criteri diversi da quelli che sta usando.
Al momento quell’intervento viene risolutamente condannato sulla base di due criteri: violazione della sovranità politica di uno Stato indipendente e dell’integrità nazionale del suo territorio. È un modo schematico di dire: la Russia è un Paese aggressore, quindi ha torto; l’Ucraina è un Paese aggredito, quindi ha ragione. E in questa maniera vengono giustificati il golpe neonazista del 2014 e la guerra civile del governo di Kiev contro le due repubbliche autonome del Donbass condotta per 8 anni, che ha comportato 14.000 morti e milioni di profughi.
In realtà c’era un altro criterio per giudicare la Russia, anch’esso previsto dalla Carta dell’ONU: Putin e i suoi generali stanno conducendo l’operazione militare in maniera tale che l’aiuto offerto alle due repubbliche del Donbass è o non è superiore all’offesa ch’esse hanno subìto? Cioè stanno rispettando il criterio della proporzionalità oppure no?
Il Rovescio: Strade comode
Strade comode
di Il Rovescio
«Negli animi come nei paesi/ dov’erano sentieri scoscesi/ hanno fatto strade comode».
Più la macchina tecnologica cancella gli attriti – le resistenze degli sfruttati e degli umani, gli ostacoli materiali costituiti da valli, boschi, montagne –, più la vita sociale rinchiusa diventa oggetto di sperimentazione. Più il laboratorio tende a confondersi con il mondo, più lo spazio aperto da un esperimento si allarga subito ad un altro (inizialmente non previsto, perché non ancora tecnicamente sfruttabile).
Il massimo grado di malleabilità della vita sociale lo si raggiunge in guerra. Di conseguenza, ogni fuga in avanti tecnologica è preparata e accompagnata, anche in tempo di “pace”, da metafore, codici linguistici e mobilitazione psicologica di tipo bellico. Il che non comporta soltanto un sovrappiù di brutalità mediatica e repressiva, ma anche e soprattutto un sistema di trincee psico-morali finalizzate a tenere i contestatori alla larga e far così passare più agevolmente armi e bagagli del dominio. A un passo dal burrone a cui le nuove strade comode conducono – e a cui i vecchi sentieri scoscesi rendevano come minimo più tortuoso l’accesso –, sembra ormai troppo tardi per cambiare direzione; mentre è perfettamente maturo il tempo per gli esperti di burroni.
Sergio Leoni: “Il colore del vuoto”
“Il colore del vuoto”
di Sergio Leoni
Il colore del vuoto, di Alberto Sgalla, già autore di diversi saggi di filosofia della politica, come recita la copertina del volume, è il suo primo romanzo, o comunque il romanzo di esordio (2020) per le edizioni di Transeuropa, una casa editrice che ha avuto l’indubbio merito di proporre tutta una serie di scrittori, giovani o alla loro prima prova. L’ambientazione del romanzo, anche se non detto esplicitamente, è quella della città (Ancona) e dei suoi dintorni dove vive Alberto Sgalla e che sono riconoscibilissimi per chi, come chi scrive, ci vive da sempre.
Il periodo in cui poi si colloca la vicenda umana narrata in queste pagine, è quella degli anni immediatamente a ridosso di quello che è ormai comunemente definito come il “riflusso”, periodo che si colloca, per grandi linee, sul finire degli anni ‘70 e gli inizi degli ‘80. Periodo certamente di grandi delusioni per una generazione che si era proposta di cambiare il mondo, che quel mondo, almeno su un piano culturale molto generico, in parte l’aveva davvero cambiato, e che ora si ritrovava a vedere riaffiorare e riprendere forza tutta quella visione della società che aveva combattuto per anni.