Rassegna del 4 Ottobre 2022
Il Lato Cattivo: La Russia, dall’Asia all’Europa (e ritorno?)
La Russia, dall’Asia all’Europa (e ritorno?)
di Il Lato Cattivo
Introduzione a David B. Rjazanov, Karl Marx e le origini del predominio della Russia in Europa (1909)1
Dallo scorso 24 febbraio, ovvero dal giorno in cui le forze militari russe hanno varcato i confini settentrionali e orientali dell’Ucraina, la retorica dell’Occidente democratico in lotta per la difesa dei propri valori contro la Russia autocratica e perfino «imperialista» (!) è stata promossa al rango di verità ufficiale, di sola ed unica verità ammissibile nella sfera del discorso pubblico – soprattutto nell’Unione Europea. Tacere questo fatto equivarrebbe a sminuire la straordinaria pervasività della guerra psicologica nell’epoca dei social media, e la nostra stessa esposizione ad essa. Triste ma vero, la propaganda e l’infowar fanno presa anche sulle menti meno propense a farne le spese, e ciò non tanto per il loro carattere ubiquo e martellante: «Il segreto che non ha mai smesso di avvolgere tutto ciò che riguarda la guerra sembra essere una condizione intrinseca e necessaria della società attuale. “Ignoriamo ogni cosa della guerra”, questo significa, fra l’altro, che non abbiamo alcun potere su ciò che ignoriamo.» (Karl Korsch, Guerra e rivoluzione)2. Finché si persiste a considerarla come una faccenda di esclusiva competenza dei militari, ciò che in una certa misura avviene sempre fintanto che la società si riproduce normalmente, la guerra – vicina o lontana – ci coglie inevitabilmente di sorpresa (perché non seguiamo con sufficiente attenzione l’insieme dei focolai di tensione suscettibili di esplodere) e ci fa inciampare nelle false evidenze (perché non padroneggiamo gli indicatori che permettono di comprendere l’evoluzione dei conflitti sul campo). L’antimilitarismo di principio non aiuta, se si riduce a tapparsi occhi e orecchie di fronte al fatto militare, o nascondersi dietro a qualche slogan buono per tutte le stagioni. Lo scopo di quest’introduzione, comunque sia, non è di ristabilire il vero, o meglio il verosimile sulla guerra in corso in Ucraina – ciò che viene e continuerà ad esser fatto da altri3 – ma di abbozzare una riflessione più generale sulla traiettoria del capitalismo russo.
Salvatore Bravo: Karl Korsch
Karl Korsch
di Salvatore Bravo
La filosofia è libertà, è capacità critica che coniuga la teoria con la prassi. La relazione teoria-prassi attraversa la storia della filosofia, essa è concretezza, in quanto la filosofia è implicata nella realtà storica, ma nel contempo la contempla per trasformarla. La pone tra parentesi per leggerla e decodificarla secondo categorie che consentono di coglierne le contraddizioni e le potenzialità del “non ancora”. Metafisica umanistica e relazione teoria-prassi sono un corpo unico e dinamico, poiché pongono al centro del movimento della storia l’essere umano, il quale non è un assoluto, pertanto può emanciparsi ma mai totalmente dalle forze e dalle strutture della reificazione, può pensarle per ridefinirle e può scegliere tra possibilità storicamente condizionate. Si pone in atto, quindi, l’ontologia dell’essere: il soggetto pensa dialetticamente la realtà storica con la mediazione del logos, in tal modo si rende “oggettiva”. Gradualmente pensiero e realtà si approssimano senza coincidere, se vi fosse coincidenza e perfetta corrispondenza il lavoro dello spirito-concetto terminerebbe.
La filosofia non vive all’ombra del potere, perché lo pensa per fluidificarlo e riportarlo alla sua condizione umana e storica. Dove vi è filosofia, non può che esservi uno “sbattere di sciabole” tra pensiero filosofico e potere.
Karl Korsch1 è stato un eretico del marxismo, non si è riscaldato alla corrente fredda del potere, ma ha criticato il marxismo e il suo strutturarsi in scuola di pensiero dogmaticamente ancorata a una lettura del pensiero di Marx organica al partito comunista. Filosofo dialettico ha conservato e innovato l’impianto filosofico marxiano difendendolo dallo scientismo marxista. Filosofi borghesi e marxisti raggiunto il potere hanno cercato di neutralizzare la dialettico con il pensiero adialettico e astratto.
Michele Paris: Nord Stream, attacco a Berlino
Nord Stream, attacco a Berlino
di Michele Paris
Con il passare dei giorni, l’esplosione delle linee dei gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 nelle acque del Mar Baltico sta assumendo sempre più i contorni di un’operazione condotta dall’interno della NATO al preciso scopo di impedire una soluzione diplomatica della crisi ucraina e, in parallelo, di affondare definitivamente qualsiasi ipotesi futura di collaborazione in ambito energetico tra l’Europa e la Russia.
Gli ambienti politici e dei media più radicali in Occidente, assieme al regime ucraino, hanno invece accusato apertamente Mosca per il sabotaggio delle due infrastrutture. L’analisi dei fatti per ora noti e una semplice riflessione sulle ragioni dell’accaduto, così come i vantaggi e gli svantaggi che derivano per i vari attori coinvolti, dovrebbero convincere al contrario a scartare rapidamente questa ipotesi. La Russia non poteva avere nessuna motivazione valida per distruggere un’opera di sua proprietà e alla costruzione della quale ha dedicato molti anni, una quantità enorme di denaro e sopportato enormi pressioni politiche. La quantità di gas che è inoltre già andata in fumo in seguito alle perdite causate dalle esplosioni è di per sé ingente, pari forse a quasi un miliardo di dollari.
Fabrizio Poggi: Gas russo, soddisfazione yankee e precipizio “europeista”
Gas russo, soddisfazione yankee e precipizio “europeista”
di Fabrizio Poggi
Le esplosioni al Nord Stream possono portare a un conflitto fatale con l’Occidente, titolava due giorni fa Komsomol’skaja Pravda, specificando che nell’area degli scoppi che hanno reso inservibili i gasdotti, erano stati notati vascelli NATO.
Se verranno confermate le «supposizioni secondo cui dietro i sabotaggi ci sono servizi speciali americani e NATO, significa che l’Occidente è passato alle dirette azioni di guerra contro la Russia, a cui noi dovremo rispondere in maniera adeguata. Sembra che il conto delle ‘ore del Giudizio universale’, che segnano il tempo rimanente prima di un conflitto globale, stia già segnando i secondi».
La Russische Nachrichten riporta l’opinione secondo cui il sabotaggio di entrambe le linee del gasdotto è la reazione americana al referendum nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e nelle regioni di Kherson e Zaporož’e. In ogni caso, scrive la stessa fonte, con questo atto, la UE è diventata teatro di guerra.
Emanuele Dell’Atti: Finire il lavoro
Finire il lavoro
di Emanuele Dell’Atti
A “sinistra” ora si teme che venga manomessa la Costituzione. Ma sono trent’anni che la attaccano e la intaccano nella sua sostanza, celebrandola solo nei dì di festa e nelle campagne elettorali.
La Costituzione è stata già ampiamente manomessa precarizzando il lavoro, erodendo il sistema sanitario, privatizzando il privatizzabile, smantellando l’industria pubblica, modificando l’art. 81, distruggendo scuola e università. Nemmeno il ripudio della guerra si è ritenuto inviolabile.
Ecco, sono esattamente queste le cose che il Partito demofobico (PD) lascia in eredità al nuovo governo. Che adesso, semplicemente, finirà il lavoro.
Gli slogan sul patriottismo e sull’interesse nazionale, dunque, saranno ben presto spazzati via in nome della solita “responsabilità” e delle emergenze, degli indicatori economici e degli equilibri di bilancio, dei sacrifici e della revisione della spesa, del timore dei mercati e delle auto-mutilanti alleanze internazionali.
Insomma, le pur inadeguate istanze sociali della destra meloniana cederanno presto il posto – anzi lo hanno già fatto – all’armamentario neoliberista. Esattamente come ha insegnato la “sinistra” degli ultimi decenni. E ancora una volta i non tutelati vedranno tradite le loro speranze.
Marta Mancini: Elezioni 2022: fu vera vittoria?
Elezioni 2022: fu vera vittoria?
di Marta Mancini
Grecia 2015. Una data da tenere a mente per leggere, con lenti diverse da quelle dei commentatori e degli analisti nostrani, l’esito delle elezioni politiche dello scorso 25 settembre. In quell’anno il terzetto apocalittico-finanziario meglio noto come Troika – formato allora (non sembri pedanteria ricordarlo) dalla BCE di Mario Draghi, dal Fondo Monetario Internazionale di Christine Lagarde e dalla Commissione Europea di Jean-Claude Juncker – impose alla Grecia una serie di riforme di annientamento dello stato sociale in cambio dello sblocco di una tranche di aiuti finanziari. Ciò che ne seguì fu il profondo stato di indigenza di un’intera nazione tanto che, tre anni più tardi, lo stesso Juncker riconobbe, con tardivo e inutile rammarico, di aver calpestato con quelle misure la dignità del popolo greco. Nel frattempo, uscito di scena Tsipras, si era insediato un governo obbediente ai diktat delle tecnocrazie europee. Ma da lì in poi, in altri contesti, le strategie per ottenere obbedienza dagli stati “sovrani” si sono, per così dire, raffinate con il ricorso a soluzioni emergenziali al limite della regolarità. Un modus operandi che Luciano Canfora ha descritto con lucidità e autorevolezza, “resilienti” perfino ai media mainstream.
Pierluigi Fagan: Che fare nel caso di “sonno della ragione”?
Che fare nel caso di “sonno della ragione”?
di Pierluigi Fagan
Nel suo “Sulla vocazione politica della filosofia” (Bollati Boringhieri, 2018), Donatella Di Cesare riprende una vecchia questione agitata a suo tempo anche dall’ultima opera del filosofo Costanzo Preve ovvero il fatto che il secondo libro di Metafisica in cui Aristotele compendiava la filosofia c.d. pre-socratica, ha condizionato la nostra interpretazione e tutta la successiva catena di trasmissione del sapere e dei suoi significati di quell’inizio del “pensiero che pensa se stesso”.
Nella filosofia pre-socratica c’era dell’interrogazione fisica (quasi tutte le opere dei pensatori del tempo a noi per altro non pervenute pare s’intitolassero “Sulla Natura” ed i primi filosofi di Mileto erano detti “fisici”) e sulla logica ed il linguaggio. Ma seguendo quanto sosteneva lo stoico Diodoto a proposito di Eraclito, molto altro invece riguardava faccende politiche.
Per altro, capire la logica della natura, la logica dello strumento con cui gli umani hanno interazioni (pensiero, logica e linguaggio) e la logica della forma di vita associata (polis), sono cose chiaramente intrecciate assieme. Le poleis erano fatte di uomini che dialogavano su come ordinare la città-Stato nel contesto più generale dell’ordine del mondo.
Monica Quirico: Democrazia sotto assedio
Democrazia sotto assedio
Recensione di Monica Quirico
Emiliano Brancaccio, Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico. 50 brevi lezioni, Piemme, Milano, 2022, pp. 287, Isbn 978-88-566-8378-3
Oltre a insegnare Politica economica presso l’Università degli studi del Sannio (Benevento), Emiliano Brancaccio svolge un’intensa attività di divulgatore e opinionista. Viene spesso presentato come un economista eretico, al quale tuttavia i colleghi mainstream prestano ascolto, dandogli talvolta perfino ragione. Nel suo ultimo libro, l’autore parte dalle ricerche empiriche condotte da lui e da altri studiosi per offrire anche a un pubblico non specialistico una chiave interpretativa del rapporto tra capitalismo e democrazia. L’alternarsi di pagine più per addetti ai lavori (come quelle sulla “Modern Monetary Theory”), riferimenti all’attualità politica e proposte di un’alternativa per il medio-lungo termine suscita a tratti un’impressione di scarsa omogeneità, anche se il filo conduttore è chiaramente individuabile: la riscoperta del Marx “scientifico”.
Nell’Introduzione, Brancaccio sfida la narrazione trionfalistica degli ordinamenti democratici occidentali. Innanzitutto, essi hanno smesso di perseguire una qualche forma di redistribuzione della ricchezza, favorendo anzi l’aumento delle diseguaglianze con ripetuti attacchi ai diritti del lavoro; una situazione che spinge moltə ad allontanarsi dalla politica. In secondo luogo, le democrazie capitaliste non garantiscono più neanche la tutela dei principi liberali; emblematica in tal senso è la normalizzazione della metafora bellica (e ora, potremmo aggiungere, della guerra nella sua drammatica concretezza, purché al di fuori dei confini occidentali). Nell’indagare i processi sottostanti a tale involuzione, Brancaccio, rifiutando teoremi complottisti, guarda, richiamandosi alla tesi althusseriana della storia come processo senza soggetto, alle marxiane “leggi di movimento” del capitalismo.
Alessandro Visalli: Enzo Traverso, “Rivoluzione”
Enzo Traverso, “Rivoluzione”
di Alessandro Visalli
Il libro[1] del 2021 di Enzo Traverso reca come sottotitolo “1789-1989: un’altra storia”, ed è un’ampia ed interessante ricostruzione della logica e della pratica storica dell’età rivoluzionaria nel ciclo aperto dalla Rivoluzione francese e concluso (in occidente) con il crollo dell’Urss. La rivoluzione viene vista come improvvisa interruzione del continuum storico, secondo una nota formula di Walter Benjamin, ed inseguita sia nelle sue determinazioni teoriche, sia nella pratica vicenda e nei protagonisti.
Rivoluzione e leggi storiche
Contrariamente a molte interpretazioni il testo valorizza quell’interpretazione della rivoluzione non determinista che si può ritrovare anche in Marx, nel quale, secondo Traverso se ne trovano anzi due, a combattere una silenziosa battaglia: una determinista ed una non determinista.
La prima è esemplificata nel notissimo passo di “Per la critica dell’economia politica”:
“a un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura”[2].
Mauro Bottarelli: Così gli Usa spingono l’Ue alla guerra contro la Russia
Così gli Usa spingono l’Ue alla guerra contro la Russia
di Mauro Bottarelli
Di misterioso nella vicenda di Nord Stream non c’è proprio nulla. E gli Stati Uniti prendono sempre più il controllo dell’economia europea
Di misterioso nella vicenda di Nord Stream non c’è proprio nulla. Se non l’inspiegabile volontà di continuare a perseguire una suicida agenda di vassallaggio della politica statunitense. Era il 7 febbraio scorso, a Washington faceva freddo. Dopo settimane di trattative post-elettorali, Olaf Scholz era divenuto cancelliere tedesco e, come da prassi, il primo viaggio diplomatico era l’accreditamento ufficiale alla Casa Bianca. Dopo l’incontro bilaterale con Joe Biden, i due scesero in sala stampa per l’incontro congiunto con i giornalisti. I venti di guerra in Ucraina già spiravano, debitamente alimentati proprio da Oltreoceano. E alla domanda sulle conseguenze di un eventuale attacco russo, Joe Biden rispose – per una volta – senza esitazione o balbettii: Se la Russia invaderà l’Ucraina, abbatteremo Nord Stream e faremo in modo che non esista più. Il volto di Olaf Scholz divenne di pietra. E infatti, il medesimo giornalista fece notare al presidente Usa come la giurisdizione di quella infrastruttura fosse tedesca. Joe Biden non ebbe esitazioni: Glielo prometto. Saremo in grado di farlo.
Antonio Castronovi: Dopo le elezioni. Il nostro compito
Dopo le elezioni. Il nostro compito
di Antonio Castronovi
Poco meno di un anno fa in due articoli, scritti con Sandro De Toni su “Il Manifesto”https://ilmanifesto.it/un-polo-alternativo-che-dialoghi-con-il-m5s e su “Terzogiornale”https://www.terzogiornale.it/author/antonio-castronovi-e-sandro-de-toni/, auspicavo la sopravvivenza del Movimento 5S sotto la guida di Conte insieme alla necessità di un Polo di sinistra di ispirazione socialista che lo sostenesse contro il tentativo di distruggerlo da parte dell’Establishment draghiano. Un’alleanza che si cimentasse nelle lotte politiche, sociali ed anche elettorali comuni e con un proprio autonomo profilo politico-culturale.
Il rapporto doveva avere un carattere dialettico ma leale, unito da una comune battaglia contro la normalizzazione del quadro politico italiano ispirato dai circoli atlantici e che aveva portato alla crisi e alla caduta dei due governi Conte. Governi che avevano avuto “l’ambizione” e “l’impertinenza” di riproporre un ruolo dell’Italia autonomo nel contesto internazionale ed europeo non prono agli interessi geopolitici degli USA che ridava dignità al nostro paese nei rapporti con USA, Francia e Germania.
Alastair Crooke: Cina, India e Iran si schierano con la Russia
Cina, India e Iran si schierano con la Russia
di Alastair Crooke*
La Russia e la Cina hanno avvertito l’Occidente che l’Iran non sarà più trattato come uno Stato paria
La geografia spaziale del mondo è cambiata. La sua capitale si è spostata da Washington e la scorsa settimana si è stabilita con successo – anche se temporaneamente – a Samarcanda. La “NATO-sfera” occidentale, in fase di contrazione, si sta rivolgendo verso l’interno, concentrandosi sul “nemico interno.”
L’Occidente cerca di irregimentare la propria popolazione in una politica di conformità alla “guerra” con la Russia e la Cina, mentre usa palesemente il nemico interno come “pretesto” per “chiudere i boccaporti” in vista di un’imminente tempesta di inquietudine interna in Europa e negli Stati Uniti provocata dal disagio economico.
Nel suo discorso sullo stato dell’Unione al Parlamento Europeo, la Von der Leyen è stata esplicita: “Non permetteremo a nessun cavallo di Troia [menzogna] dell’autocrazia di attaccare dall’interno le nostre democrazie.” Il discorso fa eco a quello dello stesso Biden sulla lotta alle minacce interne negli Stati Uniti.
Mikos Tarsis: Cosa vuol dire militarizzare l’economia?
Cosa vuol dire militarizzare l’economia?
di Mikos Tarsis
Forse a qualcuno non è ancora ben chiaro che l’apparato bellico americano è di tipo industriale-militare, cioè non è semplicemente una spesa (per la difesa nazionale e per il controllo del dissenso), ma fa anche parte del PIL (per l’export delle armi e l’egemonia unipolare mondiale). È nell’interesse degli USA che nel mondo vi siano tensioni e conflitti senza soluzione di continuità.
Già da tempo si sa che l’industria bellica non rappresenta solamente una crescita del carattere aggressivo-repressivo del capitalismo in generale, ma anche una necessità per il funzionamento del capitalismo in sé. Per es. l’invasione dell’Iraq da parte degli USA aveva l’obiettivo di controllare il petrolio del Medio Oriente.
Sin dalla fine della II guerra mondiale era emerso quello che viene comunemente definito coi termini di “keynesismo militare” o “economia di guerra” o “economia del Pentagono”. Cioè l’apparato industriale-militare non aveva più negli USA un carattere congiunturale, imposto da crisi politico-militari momentanee, ma si era convertito in un fenomeno strutturale del meccanismo generale di funzionamento della riproduzione capitalista, anche grazie al clima della guerra fredda.
Marco Pondrelli: Il voto del 25 settembre. Analisi e prospettive
Il voto del 25 settembre. Analisi e prospettive
di Marco Pondrelli
Questo contributo vorrebbe aprire un confronto a sinistra e fra i comunisti dopo il voto. Pensiamo che il dialogo e il confronto, anche fra chi alle ultime elezioni era diversamente collocato, sia lo strumento migliore che oggi ci può aiutare a guardare in avanti.
In attesa di analizzare i dati disaggregati del voto si possono già azzardare alcune considerazioni.
1. La prima è l’altissimo livello di astensionismo, non è un dato da trascurare perché va letto con le lenti di classe. Il modello americano che tanto piace ai nostri politici ha espulso dalla politica un pezzo di società e questo pezzo non è certo quello dei super ricchi ma quello delle classi sociali sfruttate. Guardando al passato occorre ricordarsi come gli anni 1992-93 furono quelli degli accordi di luglio con l’abolizione della scala mobile e del referendum Segni-Occhetto-Confindustria per il passaggio al maggioritario. Si colpì il mondo del lavoro prima direttamente, poi limitandone la rappresentanza politica. L’astensionismo crescente è funzionale ad un sistema in cui la politica non ha la capacità di modificare gli equilibri sociali ed economici, i politici continuano a litigare tutti i giorni ma allo stesso tempo convergono sulle grandi questioni di fondo (guerra, Unione europea tanto per dirne due), perché sanno che su quello non hanno autonomia.