Paolo Selmi: “Polonia e Ucraina: il gas ormai passa da loro…”

Paolo Selmi – 03/10/2022

provvisorio 6 (sinistrainrete.info)

Quest’ultima, peraltro, sta divenendo sempre più CANE DA GUARDIA della DISTRIBUZIONE ENERGETICA. Per esempio la fornitura di gas alla Germania, messi fuori uso i due gasdotti (ma ora è arrivato BELOS sul luogo del delitto, “a yellow submarine”… con canzone annessa mentre si immerge a constatare il danno),
https://t.me/energytodaygroup/16555
passa per il Baltic Pipe che dalla Norvegia arriva in Polonia. E starà a lei e alla sua “magnanimità” vedere se darne ai tedeschi (a cui, tra l’altro, ha appena annunciato di chiedere 1.300 miliardi di euro di riparazione per i danni di guerra della seconda guerra mondiale…)
https://www.euronews.com/my-europe/2022/09/01/poland-to-demand-13-trillion-from-germany-in-wwii-reparations
“Sennò che fai? Mi cacci?”… “no Gianfranco… ti chiudo il rubinetto e pace e bene”. Stesso discorso per il tratto polacco delle condotte che fanno RUSSIA-BIELORUSSIA-POLONIA-GERMANIA. E che dire di quelle che passano per l’Ucraina e di cui abbiamo già parlato?

L’ultimo gasdotto che collega direttamente RUSSIA a BALCANI attraverso la TURCHIA, e quindi in qualche modo anche al resto d’Europa è il TURKSTREAM. Che porta TRE VOLTE TANTO quello “norvegese-baltico-polacco”, ma che è manutenuto da una ditta danese, di proprietà di Gazprom, colpita dalle sanzioni UE e impossibilitata a svolgere la propria attività commerciale necessaria alla manutenzione del gasdotto: acquisto di parti e componenti, servizi logistici, installazione, formazione addetti e personale tecnico, tutto proibito.
https://www.rt.com/news/563758-turkstream-pipeline-russian-gas-threat/

Chi si ricorda della storia della turbina canadese SIEMENS per il Nordstream, non farà fatica a capire che anche il Turkstream è destinato a seguire la stessa sorte degli altri due gasdotti. CINQUE (io ero rimasto fermo a quattro…) esplosioni, gasdotto fuori uso… e colpa dei russi, certo, è fuori discussione. I russi che si autodistruggono, e col sorriso a trentasei denti, per lasciare ai due Paesi vicini mani libere sull’unico rubinetto rimasto…

Ai russi non resta che potenziare il canale a EST, ovvero i gasdotti SILA SIBIRI e SILA SIBIRI-2, per compensare le perdite verso OVEST e i ricatti degli “intermediari”, con cui non vanno ultimamente molto d’accordo…
https://t.me/tekdela/888
Diversificare il portafoglio clienti è un imperativo di qualsiasi azienda capitalistica: dal panettiere dietro l’angolo al capitalismo monopolistico di Stato cinese. Quando ciò non è possibile, non è mai una bella cosa: anche se finisci tra le braccia del miglior cliente del mondo, che paga sempre, puntualmente e senza discutere. Per questo i russi stanno sviluppando progetti che vadano oltre ai cinesi, e che peraltro è da vent’anni che stanno cercando di prender piede, come il canale NORD-SUD che collega San Pietroburgo (RU) – Astrachan’ – Bandar-e Anzali (IR) – Bandar Abbas (IR) – Nhava Sheva (IN, che è il porto di MUMBAI).
https://rg.ru/2022/07/12/iz-mumbai-v-piter.html

Siamo d’accordo: tenere un piede in India e uno in Cina non è come tenere un piede in Europa e uno in Cina. Al momento (tra vent’anni ne parleremo…). Ma non è neppure l’isolamento a cui un Occidente sempre più minoritario a livello globale vorrebbe confinare i russi. Russi che fanno affari coi turchi a cui costruiscono centrali atomiche, russi che tornano in Africa, fra MALI e BURKINA FASO (notizia di ieri https://t.me/vityzeva/69622), russi che non sono mai andati via dall’America Latina, e non solo in Venezuela e a Cuba, russi che in Asia orientale non hanno bisogno di farsi presentare dai cinesi e che hanno una scuola diplomatica in grado di esprimere funzionari di altissimo livello in grado di intervenire con competenza e cognizione di causa in ciascun luogo di missione. Quando muovevo i primi passi fra le calli veneziane, in Dipartimento mi dicevano: “inglese si, francese bene, ma dovreste studiare anche il russo, perché specialmente in Asia centrale i migliori studi sono i loro…” e noi a dire “seeee”… ma era (ed è) la verità, e non solo per l’Asia Centrale.

Oggi questo discorso è fuori moda, ma non perché sia scaduta la qualità della loro ricerca scientifica: io grazie allo “Studio dei simboli e dei numeri nella filosofia classica cinese” (Учение о символах и числах в китайской классической философии, Moskva, Nauka, 1994) del sinologo e membro della RAN Artem KOBZEV avevo dato a suo tempo un taglio innovativo e del tutto inedito alla mia Tesi di Dottorato in ricerca: una cavalcata che partiva dall’analisi del substrato del MaoZedong-pensiero e risaliva al concetto di logica e protologica in Aristotele-Hegel e in Confucio e da lì, infine, esplorava nuovi percorsi di ricerca sulla traduzione e ricezione del marxismo-leninismo nella Cina rivoluzionaria. E tutto questo grazie a quel lavoro fondamentale, che mi aprì a suo tempo un mondo. E’ fuori moda perché non è questo che interessa.

E ci può stare. Un’università che formi, in un sistema capitalistico, persone in grado di aprire il quadro comandi, staccare la corrente, e cambiare schede, circuiti, cavi e pulsantiere mandando a carte e quarantotto il manovratore, è masochismo allo stato puro. Non meravigliamoci però se loro, nonostante i proclami dei nostri cinegiornali luce, tutt’altro che “isolati”, sviluppano contatti fattivi con tutto il resto del mondo, mentre noi invece siamo incapaci di uscire da secoli di dicotomia “O ci state a farvi sfruttare da noi o vi facciamo la guerra”. Senza accorgerci che il mondo, nel frattempo, cambia. E gli “isolati” restiamo noi.

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