[Sinistrainrete] Visconte Grisi: Come finirà la guerra in Ucraina?

Rassegna del 18/10/2022

 

 

Visconte Grisi: Come finirà la guerra in Ucraina?

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Come finirà la guerra in Ucraina?

di Visconte Grisi

Schermata del 2022 10 17 15 01 15Quando si cerca di riflettere sull’evoluzione che potrà avere la guerra in Ucraina una domanda sorge spontanea: la guerra e le distruzioni in Ucraina possono costituire i prodromi di una terza guerra mondiale? Certamente, anche se da diversi anni ormai si sente parlare di “terza guerra mondiale a pezzi”, di “guerra per procura” ecc., questa volta il ricorso a una terza guerra mondiale per risolvere la crisi è reso molto problematico dall’entità delle distruzioni che un tale evento comporterebbe.

Inoltre attualmente nessuna delle potenze in gioco sembra in grado di produrre questo immane sforzo: non gli Stati Uniti che rimangono comunque i più forti sul piano militare ma deboli sul piano industriale dopo decenni di delocalizzazioni, la cui egemonia mondiale si fonda ormai solo sul capitale finanziario; non l’Unione Europea, debole sul piano militare e in preda alle solite divisioni, con una industria tecnologicamente avanzata che ha bisogno dei mercati mondiali di gamma medio/alta; non la Russia che accoppia alla potenza militare ereditata dall’URSS una economia basata quasi esclusivamente sull’esportazione delle materie prime; non la Cina ancora indietro sul piano militare e tesa ad espandersi sul piano commerciale lungo le varie “vie della seta” e con problemi di sviluppo interno ancora non risolti.

L’andamento della guerra, dopo il primo azzardo di Putin in Ucraina, sembra confermare questa ipotesi con gli Stati Uniti aggressivi a parole ma cauti nei fatti, la Cina che attende sorniona l’evolversi degli avvenimenti e l’Unione Europea con smanie interventiste che servono per giustificare una politica di riarmo.

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Kohei Saito: Introduzione a “Karl Marx’s Ecosocialism”

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Introduzione a “Karl Marx’s Ecosocialism”

di Kohei Saito

Kohei Saito: Karl Marx’s Ecosocialism. Capital, Nature, and the Unfinished Critique of Political Economy, Monthly Review Press, 2017

768px Carl Blechen Walzwerk Neustadt Eberswalde Google Art ProjectPer molto tempo, l’espressione “ecologia di Marx” è stata considerata un ossimoro. Non solo i critici di Marx, ma anche molti autoproclamatisi marxisti ritenevano che Marx presupponesse come legge naturale della storia uno sviluppo economico e tecnologico illimitato e propagandasse l’assoluto dominio della natura, aspetti che contrastano entrambi con qualsiasi seria considerazione teorica e pratica di questioni ecologiche come la scarsità delle risorse naturali e il sovraccarico ai danni delle ecosfere. A partire dagli anni ’70, quando le gravi minacce ambientali alla civiltà umana sono diventate gradualmente, ma indiscutibilmente, più evidenti nelle società occidentali, Marx è stato ripetutamente criticato in recenti studi sull’ambiente come anche da parte dell’emergente movimento ambientalista per la sua ingenua accettazione della comune concezione ottocentesca che sosteneva il completo dominio umano sulla natura. Secondo i critici, tale convinzione inevitabilmente lo ha portato a trascurare il carattere distruttivo immanente all’industria moderna e alla tecnologia che caratterizza la produzione e il consumo di massa. In questo senso, John Passmore si è spinto fino ad affermare che «niente potrebbe essere più dannoso dal punto di vista ecologico della dottrina hegeliano-marxiana». [1]

Negli anni successivi, la critica contro il “prometeismo” o iperindustrialismo di Marx, in base al quale lo sviluppo tecnologico illimitato del capitalismo avrebbe permesso all’uomo di manipolare arbitrariamente la natura esterna, è diventato uno stereotipo popolare. [2] Di conseguenza, non era raro sentire riproporre lo stesso tipo di critica, secondo cui la teoria di Marx, specialmente nei suoi aspetti ecologici, era fatalmente errata dalla prospettiva odierna.

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Antonio Minaldi: Neoliberismo e anarcocapitalismo

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Neoliberismo e anarcocapitalismo

di Antonio Minaldi

Il valore e i prezzi, una disputa tra classici e neo classici. Dall’homo oeconomicus all’homo naturalis. Le aporie del sistema e le soluzioni immaginate (ed immaginarie)

murale napoli 1 355x480Il tema della libertà è l’orgoglio e la croce dell’Occidente. Ideale motore propulsivo di rivoluzioni e grandi conquiste popolari lungo una storia ormai ultrasecolare, ma anche madre di tutti gli inganni imperiali e imperialisti del capitalismo ultraliberista che in nome suo, e di sua sorella la democrazia, non si fa problema di portare rapina, guerra e distruzione in giro per il mondo. Questo ingannevole e improprio sposalizio tra libertà e capitalismo trova oggi una sua, poco nota ma fortemente significativa manifestazione nelle ideologie libertarian statunitensi e specificatamente nell’anarco capitalismo. Un movimento composito e complesso, che al di là di differenze e diatribe interne, si costituisce, nella generalità delle sue manifestazioni, intorno alla centralità che assume, per i suoi teorici, l’idea della assoluta libertà che gli individui godono (o dovrebbero godere) nel mercato, e che, come sappiamo, viene presupposta come portatrice di benessere e progresso, grazie alle capacità auto regolative dello stesso mercato, secondo la famosa ipotesi della “mano invisibile” di Smith.

Ebbene secondo libertariani e anarco capitalisti, questo miracoloso percorso capace di produrre il bene comune partendo dall’individualismo egoistico, non deve essere relegato al solo scambio mercantile, ma deve essere posto alla base di qualunque tipo di relazione umana e sociale. La conseguenza sarà l’estinguersi dello Stato e di qualunque forma di potere pubblico, in una società che si autoregola attraverso la proprietà privata di ogni tipo di bene immaginabile, e dunque sul libero gioco competitivo di cittadini portatori di interessi proprietari, personali e particolari.

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Andrea Zhok: Oltre il giardino

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Oltre il giardino

di Andrea Zhok

Ieri il responsabile della politica estera dell’Unione Europea Joesp Borrell ha spiegato in un’intervista come in Europa vi sia “la migliore combinazione di libertà politica, prosperità economica e coesione sociale che l’umanità è stata in grado di costruire: tutte e tre le cose insieme”, e prosegue paragonando l’Europa a “un giardino” e il resto del mondo ad una “giungla che potrebbe invadere il giardino”. È per questa ragione che gli europei devono “andare nella giungla”, devono “essere molto più coinvolti nel resto del mondo. Altrimenti, il resto del mondo ci invaderà”.

Questo discorso nella sua schiettezza ideologica rivela molte più cose delle circostanze in cui ci troviamo di qualunque sottile analisi geopolitica. Certo, vi saranno strateghi che operano dietro le quinte ed esaminano la realtà con freddo realismo in termini di mero potere, economico e militare, ma ogni epoca, ogni civiltà poggia sempre su una qualche visione fondamentale, cui aderiscono i più, che operano al di fuori della “stanza dei bottoni”.

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Pierluigi Fagan: La mediazione multipolare

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La mediazione multipolare

di Pierluigi Fagan

Così pare che Erdogan presenterà ad Astana a Putin una ipotesi di mediazione attiva che ha tutta l’aria di esser già stata presentata in vie ufficiose e considerata accettabile base per iniziare a discutere. La questione ha una sua banalità che s’è persa volutamente in questi mesi di guerra delle analisi e dei giudizi per conquistare cuori e menti occidentali, noi ne parlammo giusto nella prima settimana del conflitto, inutilmente. Bastava che Biden alzasse il telefono e chiamasse il Cremlino per arrestare immediatamente la mattanza che andava profilandosi. Ma a Biden, quella telefonata non conveniva.

La questione banale e davvero semplice è considerare che il format che deve discutere i vari problemi connessi alla guerra in Ucraina è fatto ovviamente da russi ed ucraini, ma anche da europei e soprattutto dagli americani. S’è voluto occultare che il problema di fondo dei russi fosse con gli americani, non con gli ucraini, se era per il semplice Donbass, così come la Russia non ha invaso l’Ucraina per otto anni dal 2014, avrebbe potuto continuare per altri otto o più.

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Mauro Bottarelli: Per salvare l’Europa servirà una crisi in Italia

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Per salvare l’Europa servirà una crisi in Italia

di Mauro Bottarelli

Quanto avvenuto domenica scorsa segnala la morte ufficiale dell’Ue. Per salvare il carrozzone oggi serve il sacrifico dell’Italia

È inutile che ci prendiamo per i fondelli: l’Europa è morta. Ufficialmente. Dopo una lunga agonia e un pietoso periodo di accanimento terapeutico, ora c’è anche la data del decesso: 9 ottobre 2022. Inutile disporre l’autopsia: si seppellisca il cadavere, prima che appesti l’aria. E ognuno per sé. Perché quanto mostrato da questa immagine appare fin troppo chiaro: persino i tedeschi sono diventati un popolo comprabile politicamente con i sussidi. E, soprattutto, la Germania non è più la locomotiva ma un carro bestiame economico.

Nel tardo pomeriggio del 9 ottobre, questi erano i risultati pressoché certi del voto in Bassa Sassonia: vittoria per la Spd del Cancelliere, un tonfo al minimo da 60 anni per la Cdu, un ottimo risultato per i Verdi, ma, soprattutto, un balzo in doppia cifra della destra nazionalista ed euroscettica di Alternative fur Deutschland.

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Marco Cosentino: Sulla vicenda di Asia Benetti  morta a 14 anni

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Sulla vicenda di Asia Benetti  morta a 14 anni

di Marco Cosentino

Il caso della quattordicenne Asia Benetti, morta a Brindisi di miocardite fulminante, riporta all’attenzione il problema di come vengono valutate le reazioni avverse da vaccino e del perché il nesso causale finisce per essere quasi sempre escluso

Evito di regola di commentare singoli casi di cronaca, tanto più se recenti e tragici come questo, di fronte al quale cordoglio e silenzio sono d’obbligo sul piano umano. Le circostanze, tuttavia, impongono un breve commento dal momento che la vicenda è esemplificativa dell’impossibilità, stante l’attuale situazione, di condurre valutazioni obiettive sulla sicurezza dei vaccini covid.

I fatti in sintesi: Asia muore per una miocardite fulminante mentre pare sia positiva al covid e dopo aver ricevuto tre dosi di vaccino covid. Il medico curante dichiara che il vaccino non c’entra e che si tratta di capire se sia stato il covid o qualcos’altro.

È un ragionamento corretto? Formalmente sì, dal momento che i vaccini covid vengono definiti “vaccini” e, di conseguenza, si applica nella valutazione del nesso causale eventuale l’algoritmo WHO AEFI.

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David Bidussa: Destra e sinistra: politiche senza il futuro

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Destra e sinistra: politiche senza il futuro

di David Bidussa

Nella discussione che si è aperta su ciò che prefigura la nuova geografia politica all’indomani dell’esito elettorale del 25 settembre si sta assistendo a uno scenario curioso.

Da un lato sta una parte di opinione pubblica e di forze politiche che intravede un percorso di ripresentazione di un’esperienza politica che ha nel suo deposito nodi non risolti di fascismo e dunque si prefigura un’Italia in grigio scuro (riprendo l’espressione da Claudio Vercelli) che non mancherà, soprattutto sul piano dei diritti civili e dei diritti della persona – di riproporre contenuti che appartengono alla famiglia culturale dei fascismi.

Dall’altro, ovvero da parte di chi ha vinto il confronto elettorale, sta la dichiarazione di non sopportabilità di questo timore; dice di aver già fatto i conti col passato; di essersene completamente liberata e soprattutto di testimoniare che la scelta a suo favore dimostra che non ha esami da superare ma che il consenso ricevuto gli dà mandato di non porsi il problema o più semplicemente di fare spallucce e rimandare al mittente quella questione.

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Ernesto Screpanti: Ucraina: la guerra di Putin, la guerra di Biden

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Ucraina: la guerra di Putin, la guerra di Biden

di Ernesto Screpanti*

Biden e PutinLa guerra d’Ucraina può essere spiegata a tre livelli di profondità. È una guerra d’aggressione all’Ucraina da parte della Russia, una guerra inter-imperiale per interposta nazione tra NATO e Russia, una guerra degli USA contro la Germaneu, l’Europa a trazione tedesca. Tutte e tre le spiegazioni sono valide. Qui mi concentro sulla terza. Preliminarmente però devo fornire due chiarimenti teorici.

Il primo riguarda la definizione di “sistema imperiale”. Un mondo dominato dagli imperi non è un caotico complesso di contrasti inter-imperiali. Normalmente funziona come un sistema abbastanza ordinato di relazioni internazionali, cosa che è resa possibile dal fatto che è regolato da una struttura di potere al vertice della quale c’è una potenza egemone.

Questa potenza assolve quattro funzioni fondamentali di governance globale, ponendosi come motore dell’accumulazione, banchiere, sceriffo e avanguardia culturale (Screpanti, 2014). Funziona come motore dell’accumulazione in quanto ha un grosso apparato industriale, un grosso Pil e un’elevata propensione alle importazioni, cosicché la sua crescita produttiva traina la crescita degli altri paesi. Se mantiene un consistente deficit commerciale e/o un consistente deficit del conto finanziario esporta moneta.

In tal modo fornisce al resto del mondo uno strumento di riserva e di pagamento internazionale, e questa è la funzione di banchiere globale. Inoltre, l’impero egemone può essere uno sceriffo globale in quanto possiede le più potenti forze armate del mondo, così da poter disciplinare i paesi canaglia, cioè quelli che non rispettano le regole del gioco.

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Jessy Simonini: Un Nobel oltrecanone

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Un Nobel oltrecanone

di Jessy Simonini

Nella scrittura sovversiva di Annie Ernaux soggetto politico è prima di tutto il corpo nella sua vita materiale, nella densità e intensità dei suoi momenti d’essere

Ernaux jacobin italia 1320x481Oltre un anno fa, nello scrivere un lungo testo in occasione dell’uscita in Italia de La donna gelata, mi interrogavo su come la scrittura di Annie Ernaux ci imponesse di ripensare in profondità il rapporto fra politica e letteratura, generando uno spazio altro in cui il libro diventa «strumento di lotta» (Gli anni) e, allo stesso tempo, «ultima risorsa» di fronte al tradimento, in particolare quello del «transfuga di classe» che deve fare i conti con il proprio irreparabile mutamento (ne Il posto, citando una frase di Genet: «Azzardo una spiegazione: scrivere è l’ultima risorsa quando abbiamo tradito»). E giungevo a una strana conclusione, riprendendo un’idea di Anna Maria Ortese, quella della letteratura come reato, «reato di nitida e feroce opposizione al potere e ai suoi rappresentanti, alla società nella sua attuale configurazione, alla dominazione maschile e del capitale, al classismo costitutivo del pacifico mondo occidentale». Mi sembrava che quel «reato» simbolico racchiudesse il cuore di un progetto in cui vita e scrittura diventano la stessa cosa, fino a non essere più distinguibili.

Il 6 ottobre, Annie Ernaux ha vinto il Premio Nobel per la letteratura. Sui giornali e sulle riviste si sono susseguite moltissime riflessioni (talora acute, talora molto meno) che hanno messo in luce il rapporto di Ernaux col femminismo (anche in seguito all’uscita del film tratto da L’evento) e i grandi temi che attraversano la sua scrittura: la memoria (nella sua dimensione concreta, materiale), i legami familiari da intendersi in una prospettiva transclasse, la sessualità, la maternità, il rapporto fra letteratura e analisi sociologica. Si sono citati i libri considerati come suoi «capolavori», fra cui Il posto e Gli anni.

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Francesco Bugli: La natura come categoria sociale e la società come categoria naturale

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La natura come categoria sociale e la società come categoria naturale

Note su Marx e Darwin

di Francesco Bugli

Schermata 2022 09 26 alle 16.02.17 1140x641Questo testo tiene al centro il problema del rapporto tra Charles Darwin e Karl Marx in relazione alla tecnologia e al rapporto tra l’elaborazione delle categorie di natura, storia e società. Prenderemo in considerazione la valutazione Marxiana della tecnologia e il ponte da lui tracciato con il darwinismo, analizzando alcune lettere del carteggio con Friedrich Engels. Considereremo le differenze tra Darwin e Marx nella valutazione della continuità e discontinuità tra natura e società, per meglio comprendere la dialettica tra queste due sfere, di fronte alle sfide che il presente ci pone con la crisi ecologica. Elemento centrale sarà la valutazione, nei due pensatori, della tecnologia sociale e “naturale”.

 

1. Marx e Darwin: tecnologia naturale e organi sociali

Per Marx il mezzo di lavoro è ciò che il lavoratore inserisce tra sé e l’oggetto di lavoro, nel suo processo lavorativo. Questo mezzo di lavoro, che è un elemento naturale mediato dal lavoro umano, diviene «organo della sua attività, un organo che egli aggiunge ai propri organi fisiologici allungando, a dispetto della Bibbia, la sua statura naturale»[1]. Dai primi strumenti tecnologici, cioè i primi mezzi di lavoro, l’uomo scopre i differenti valori d’uso delle cose nel corso della storia. L’elaborazione sempre più complessa del dato naturale porta a sempre nuove scoperte e al perfezionamento di questo organo artificiale che per Marx è lo strumento tecnologico[2]. Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, Marx aveva già parlato della natura come «corpo inorganico dell’uomo cioè la natura in quanto non è essa stessa corpo umano […]; la natura è il suo corpo, con cui deve stare in un rapporto costante per non morire»[3].

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Nicoletta Forcheri: Belgio vs Italia. I due pesi e le due misure UE. Il Belgio può. L’Italia cosa aspetta?

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Belgio vs Italia. I due pesi e le due misure UE. Il Belgio può. L’Italia cosa aspetta?

di Nicoletta Forcheri

Il Belgio ha una sua holding pubblica sovrana che svolge una duplice funzione: da un lato, come società di investimento PUBBLICA e, dall’altro, come holding pubblica. Gli investimenti vengono concordati con le autorità pubbliche.

In qualità di holding pubblica la SFPI assume partecipazioni in società con INTERESSE PUBBLICO, dalla definizione molto labile e molto variabile secondo le latitudini del paese.

In qualità di società di investimento investe CON I SOLDI PUBBLICI E PER OPERAZIONI ANCHE NON REDDITIZIE in progetti a cui “attribuisce grande importanza” “di valore sociale”.

I suoi settori DI RILEVANZA SOCIALE sono Aviazione e aeroporti, Immobili, Reti, Investimenti internazionali, Iinnovazione, Sviluppo sostenibile e anche nel settore delle infrastrutture e degli operatori di rete, “il cui ruolo economico è fondamentale per le famiglie e le imprese belghe”.

In quanto holding, SFPI detiene partecipazioni in società con cui lo Stato ha un rapporto speciale, che sono di interesse strategico o che coinvolgono società pubbliche privatizzate: l’aeroporto di Bruxelles, la posta belga, la lotteria nazionale belga, il palazzo dei congressi belga, la compagnia nazionale Brussels Airlines, la Casa della Radio Flagey e il FONDO DI INVESTIMENTO AZIONARIO DIRETTO CINA BELGIO (grande RILEVANZA SOCIALE!!).

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Mario Lombardo: Gli USA e il saccheggio della Siria

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Gli USA e il saccheggio della Siria

di Mario Lombardo

Nel suo intervento alla recente sessione annuale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Joe Biden ha fatto riferimento, tra le altre cose, alla violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina da parte della Russia. Al Palazzo di Vetro, il presidente americano ha denunciato in maniera decisa il comportamento presumibilmente contrario al diritto internazionale del Cremlino. In Siria, tuttavia, gli Stati Uniti continuano anch’essi a occupare senza nessun fondamento legale, e nel disinteresse dei media ufficiali, una parte importante di territorio che conserva la maggior parte delle risorse alimentari ed energetiche del paese mediorientale. Nuovi elementi di prova sulle attività americane, condotte in quest’area in collaborazione con i curdi iracheni e siriani, sono state oggetto di una recente esclusiva della testata on-line indipendente The Cradle.

Ufficialmente, i circa 900 militari USA stanziati nel nord-est della Siria, nel quadro della cosiddetta “coalizione internazionale”, difendono un’area ricca soprattutto di petrolio dalla minaccia di ciò che resta dello Stato Islamico (ISIS).

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Francesco Galofaro: I flussi elettorali e l’interpretazione del voto

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I flussi elettorali e l’interpretazione del voto

di Francesco Galofaro – Università di Torino

Pubblichiamo come contributo al dibattito

Intervengo nel dibattito che si è aperto su Marx21 in seguito alle elezioni perché, negli ultimi giorni, sono circolati diversi studi sui flussi elettorali e sulla composizione del voto (Istituto Cattaneo; SWG; Cluster17). Mi sembra importante fondare la discussione su questi dati, sia perché ne emerge una geografia politica del Paese molto cambiata, sia per formulare qualche ipotesi sui possibili scenari. Stando agli studi:

FdI è il primo o il secondo partito in quasi tutte le fasce di reddito: un risultato normale per il partito vincente. FdI non va confuso, da un punto di vista geografico, con la vecchia AN: il suo radicamento storico è in Lazio, ma ha visto una grande avanzata nel nord, rubando voti alla Lega.

Salvini è il vero sconfitto delle elezioni. La formula della Lega nazionale è tramontata definitivamente. Il suo elettorato è andato a FdI e, per quasi un terzo, all’astensione. La Lega paga la partecipazione al governo, che ha conferito scarsa credibilità ai toni “di lotta” del suo portavoce.

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Sergio Cararo: La pace in piazza

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La pace in piazza

di Sergio Cararo

Una manifestazione per la pace e per fermare l’escalation di guerra in Ucraina sarebbe il minimo sindacale per il nostro paese, eppure si sta trasformando in una sorta di giaculatoria. Viene evocata da molti, osteggiata da tanti, preparata concretamente da pochi.

Ci sembra di capire che la “paura” delle parole e degli obiettivi della manifestazione prevalga ancora sulla paura della guerra e della sua possibile declinazione nucleare.

Assistiamo dunque a evocazioni, a qualche personalissima fuga in avanti (vedi il governatore De Luca in Campania), ad aggiustamenti e sovrapposizioni su iniziative già convocate (la manifestazione del Terzo Settore del 5 novembre), ma ancora niente che chiami la gente in piazza su un’agenda sintetica ma chiara di opposizione alla guerra, soprattutto contro il coinvolgimento e alla complicità dell’Italia nella guerra.

Il nodo in fondo è proprio questo.

Chiunque, anche chi sta facendo la guerra, si dichiara “per la pace”, ma è il come si scardina il meccanismo bellicista che mette in crisi le ambiguità.

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Caitlin Johnstone: La narrativa secondo cui questa guerra è stata “non provocata” impedisce la pace

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La narrativa secondo cui questa guerra è stata “non provocata” impedisce la pace

di Caitlin Johnstone

2 ottobre 2022 – Vladimir Putin ha approvato l’annessione di quattro territori nell’Ucraina orientale, la cui aggiunta alla Federazione Russa attende ora l’autorizzazione degli altri rami del governo russo.

Il governo Zelensky ha risposto alla mossa facendo domanda di adesione alla NATO, solo per essere immediatamente respinto dai funzionari degli Stati Uniti e della NATO. Dopotutto, non si possono avere pedine sacrificali che cercano di elevarsi al di sopra della loro posizione sulla grande scacchiera.

Ma la guerra per procura dell’impero contro la Russia continua, e il governo ucraino ha annunciato le sue intenzioni di cacciare la Russia da tutti i territori ucraini che ha rivendicato come propri.

“Per i nostri piani, [l’annessione della Russia] non ha importanza”, ha dichiarato a Politico il consigliere di Zelensky Mykhailo Podolyak, aggiungendo che l’Ucraina “proteggerà la nostra terra usando tutte le nostre forze” e “dovrebbe liberare tutti i suoi territori”.

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