Rassegna Sinistra in Rete – 24/11/2022
Alberto Bradanini: Alcune riflessioni sulla Matrix della Grande Menzogna (sinistrainrete.info)
Alcune riflessioni sulla Matrix della Grande Menzogna
di Alberto Bradanini
Catlin Johnstone, una giornalista australiana eterodossa, in una sua angosciata analisi[1] afferma che la terza guerra mondiale è oggi una prospettiva che i media mainstream – e dunque i loro padroni su per li rami della piramide – ritengono possibile, come fosse un’opzione come un’altra. L’oligarchia occidentale e il suo megafono mediatico sono così usciti dal solco della logica e del buon senso, dando un lugubre contributo alla locomotiva che potrebbe condurre il mondo alla catastrofe.
Secondo un nugolo di cosiddetti esperti, alcuni qui di seguito menzionati, gli Stati Uniti devono aumentare subito e di molto le spese militari, perché occorre prepararsi a un inevitabile conflitto mondiale.
Questa patologica esegesi della scena internazionale viene presentata senza alcuna prova e con la veste di una necessità ontologica, come un incendio destinato a scoppiare per autocombustione. Il menu viene poi arricchito con l’elencazione dei nemici pronti a invadere l’Occidente, fortunatamente protetto dalla pacifica nazione americana, la sola in grado di difendere le nostre democratiche libertà.
Il funesto allargamento della guerra in Ucraina – che, coinvolgendo nazioni in possesso dell’arma nucleare, porterebbe allo sterminio della razza umana – sarebbe dunque l’esito di una congiunzione astrale come la gravitazione della luna sulle onde del mare. Essa non dipenderebbe – come invece pensano miliardi di persone al mondo, del tutto ignorate, ça va sans dire – dalla patologia di dominio e di estrazione di ricchezze altrui da parte di quella superpotenza che decide fatti e misfatti del governo ucraino e che dispone del potere di porre fine alle ostilità in qualsiasi momento, se solo rinunciasse alla sua irrealistica strategia di dominio unipolare del pianeta (una valutazione questa condivisa da numerose personalità e studiosi statunitensi, anch’essi ignorati).
Ai cosiddetti esperti e ai compilatori del pensiero imposto non passa per la mente che un cambio di postura da parte dell’unica nazione indispensabile al mondo (secondo il lessico malato di B. Clinton, 1999) metterebbe finalmente fine alle giustificate inquietudini del rischio atomico.
In un articolo dal titolo ‘L’America potrebbe vincere una nuova guerra mondiale? Di cosa abbiamo bisogno per sconfiggere Cina e Russia’ pubblicato su Foreign Affairs – rivista controllata dal Council on Foreign Relations, a sua volta megafono mediatico del Pentagono – si afferma che, ‘sebbene la prospettiva possa infastidire qualcuno, Stati Uniti e alleati devono seguire una strategia che conduca alla vittoria simultanea in Asia e in Europa, poiché’, continua l’autore, Thomas G Mahnken, ‘Stati Uniti e alleati dovrebbero sfruttare il loro attuale vantaggio strategico combattendo su entrambi i continenti’. Mahnken non è uno sprovveduto e si rende conto che una guerra simultanea contro Russia e Cina non sarebbe una passeggiata. Sorvolando su un mondo di dettagli, la sua riflessione si sofferma su un punto: ‘per vincere una guerra del genere gli Stati Uniti devono aumentare, subito e di molto, la spesa militare’, poi si vedrà. Ciò comporta, precisa Mahnken, la necessità di accrescere la produzione militare incrementando i turni di lavoro degli operai, espandendo le fabbriche e aprendo nuove linee produttive. Il Congresso deve stanziare maggiori risorse e al più presto, poiché la spesa attuale per la difesa è inadeguata! A costui importa un fico se nel solo 2021, il bilancio Usa della difesa aveva già superato i 722 miliardi di dollari (cresciuto ancora del 10% nel 2022) equivalenti alla somma dei budget delle dieci nazioni che seguono in graduatoria, Russia e Cina incluse[2]. Nella logica di codesto esperto, ‘per aumentare produzione militare e scorte di armamenti gli Stati Uniti devono anche mobilitare i paesi amici, poiché ‘se la Cina avviasse un’operazione militare su Taiwan, Stati Uniti e alleati sarebbero costretti a intervenire’. E quando menziona gli alleati, egli si riferisce beninteso alle colonie europee che la retorica chiama partner della Nato, un’organizzazione militare questa guidata da generali americani ora diventata globale senza che governi e parlamenti degli stati membri ne abbiamo mai discusso (basta scorrere i comunicati dei vertici di Bruxelles, giugno 2021, e Madrid, giugno 2022), ma solo perché la strategia e gli interessi imperiali lo esigono.
Ad avviso di codesto signore, occorrerebbe distruggere il mondo per difendere un’isola vicino alla terraferma cinese, chiamata Repubblica di Cina. Di grazia, con l’occasione costui potrebbe forse spiegarci il perché. È invero una benedizione che i governi di Taiwan e Pechino mantengono la testa sulle spalle, diversamente da qualcun’altro in Europa, per impedire che il sogno segreto statunitense diventi realtà, scatenando un conflitto devastante.
Non solo, l’articolo menzionato continua: ‘mentre gli Stati Uniti sono impantanati nel labirinto cinese, al governo di Mosca si presenterebbe una preziosa occasione per invadere l’Europa’, corroborando in tal modo il bizzarro paradosso propagandistico secondo il quale Putin starebbe perdendo la guerra in Ucraina, ma avrebbe tuttavia la capacità di invadere i paesi Nato!
In un altro scritto dal titolo ‘Gli scettici hanno torto: gli Stati Uniti possono affrontare sia la Cina che la Russia’, Josh Rogin, editorialista del pacifista Washington Post, punta il dito sia contro i democratici, perché si limitano a un conflitto indiretto contro la Russia, sia contro i repubblicani che invece punterebbero a farlo (anch’esso indiretto) contro la Cina, sostenendo: ‘perché no tutti e due’?
Robert Farley (19FortyFive) nel suo elaborato dal titolo ‘L’esercito americano potrebbe combattere la Russia e la Cina allo stesso tempo?’, scrive che ‘l’immensa potenza di fuoco delle forze armate statunitensi non avrebbe difficoltà a combattere con successo su entrambi i fronti’, concludendo che ‘gli Stati Uniti sono in grado di affrontare Russia e Cina contemporaneamente … di certo per un po’, e con l’aiuto di qualche alleato’, in verità senza troppo entrare nel merito.
A sua volta, Hal Brands (Bloomberg), in “Possono gli Stati Uniti affrontare Cina, Iran e Russia contemporaneamente?’, pur riconoscendo che tale ipotesi sarebbe oggettivamente difficile da governare, raccomanda di intensificare le attività in Ucraina e Taiwan (sempre sul suolo e col sangue altrui), con l’occasione vendendo a Israele armi ancor più sofisticate per fronteggiare l’Iran, e indirettamente Russia e Cina.
In ‘La teoria delle relazioni internazionali suggerisce che la guerra tra grandi potenze sta arrivando’, Matthew Kroenig (Consiglio Atlantico) scrive su Foreign Policy che sarebbe all’orizzonte una resa dei conti globale tra democrazie e autocrazie: ‘Stati Uniti e alleati Nato, più Giappone, Corea del Sud e Australia da un lato, e autocrazie revisioniste Cina, Russia e Iran dall’altro, e che gli esperti di politica estera dovrebbero adeguarsi di conseguenza’, senza precisare bene in cosa consisterebbe tale adeguamento, se non – e si tratterebbe di un buon consiglio – che il mondo è sempre più policentrico e multipolare, fortunatamente deve aggiungersi, e dunque l’Occidente si rassegni.
Alcuni di tali analisti indipendenti negano la tesi che la Terza Guerra Mondiale sia in arrivo, scoprendo d’altra parte l’acqua calda, vale a dire che un conflitto tra Grandi Potenze è già in atto – con specifiche caratteristiche, è ben chiaro (New Yorker di ottobre: ‘E se stessimo già combattendo la terza guerra mondiale con la Russia?’).
Le pontificazioni elencate costituiscono l’evidenza che l’esercito della Grande Menzogna è pericolosamente uscito di senno. Il suo verbo obbedisce alla narrativa degli strateghi occulti che valutano l’ipotesi di un conflitto globale non solo possibile, ma persino naturale, e che nessuno può evitare. Nell’era dell’arma nucleare dovrebbe invece prevalere il principio di massima cautela, moltiplicando gli sforzi a favore del dialogo e del compromesso, della de-escalation e della distensione.
I governi assennati dovrebbero mettere al bando anche solo l’idea che un conflitto nucleare si può vincere, ascoltando la saggia e inascoltata voce della maggioranza dei popoli, tutelando così davvero quella democrazia che pretendono di rappresentare. L’umanità non può rassegnarsi a un destino di distruzioni e violenza orchestrato da oligarchie senza scrupoli.
Coloro che sostengono dialogo e compromesso sono invece demonizzati come sostenitori del sopruso e della debolezza davanti al nemico.
Secondo il vangelo della patologia atlantista, le nazioni autocratiche (il Regno del Male) costituiscono una minaccia per le democrazie occidentali (il Regno del Bene). Sorge spontaneo chiedersi come sia possibile indulgere in tale aberrante distorsione della logica fattuale.
In verità, chiunque opponga resistenza alla pseudocultura della sottomissione imperiale è destinato ad essere aggredito politicamente, economicamente e se del caso anche militarmente (purché non possieda l’arma nucleare, beninteso, perché non si sa mai).
Lo storico Andrea Graziosi, riferendosi al cosiddetto dibattito italiano sull’Ucraina, ma non solo, rileva la risibile conoscenza di temi di politica estera che prevale nel nostro Paese. A suo giudizio, la cultura politica italiana è irrilevante e provinciale, concentrata su aspetti periferici in una logica capovolta rispetto alle priorità e agli stessi interessi dell’Italia, un paese desovranizzato, marginale e asservito agli interessi altrui. I media rifuggono dall’analisi e dal rigore del ragionamento, mentre i pochi intellettuali coraggiosi vengono sommersi dai cosiddetti esperti, sempre di altro, mai dei contesti di cui si parla (solitamente giornalisti o politici improvvisati).
A sua volta, in un pregevole volume (Il virus dell’idiozia) lo studioso di filosofia della scienza, Giovanni Boniolo, ricorda un concetto dato per scontato, secondo cui la libertà di espressione viene confusa con la libertà di ignoranza, rendendo superflui i dati di fatto e innecessaria la loro conoscenza.
La preferenza del criterio binario (bene/male, bianco/nero, giorno/notte), utile talora per semplificare il discorso, s’impone in forma inconscia e universale assumendo le sembianze dell’evidenza, distorcendo la realtà e impedendo l’analisi critica e la presa di distanza dalle menzogne. All’individuo non restano che due opzioni: rinunciare alla comprensione, che viene delegata ai falsi esperti, o appagarsi con un’umiliante alterazione della percezione del mondo.
L’uso acritico degli stereotipi genera un ragionare piatto, che conduce a un’unica conclusione ammissibile, quella digeribile dal sistema.
Un’esemplificazione eloquente è costituita dai tre stereotipi della demonizzazione atlantista della Repubblica Popolare, trasformati in dogmi di fede incontestabili: 1) la Cina punta a dominare il mondo; 2) la Cina è un regime totalitario; 3) la Cina è un paese comunista, dove lo Stato controlla ogni aspetto della società, dell’economia e della vita degli individui.
Il ragionare non binario – che aiuta a non confondere la libertà di parola con quella di dire sciocchezze – suggerisce invece che: 1) non vi sono prove che la Cina intenda dominare il mondo; come ogni altra nazione cerca solo il suo legittimo spazio; 2) la Repubblica Popolare è un paese (da tempo) non totalitario e la sua dirigenza, con tutti i suoi limiti, gode di ampio consenso (nel 2019, 150 milioni di cinesi si sono recati all’estero e nessuno di essi ha fatto domanda di asilo politico in uno dei paesi visitati); 3) la società cinese non è il paradiso in terra, ma come ovunque un mondo complesso e talora contraddittorio, dove i poveri e una crescente classe media convivono con i ricchi, forse troppi, ma in proporzione non più che in Occidente. Le praterie della riflessione sarebbero a questo punto infinite, ma reputo che il punto sia sufficientemente chiaro. Premeva ricordare che ‘la propaganda è un’arte che nulla ha a che vedere con la verità’ (Gianluca Magi: Goebbels, 11 tattiche di manipolazione oscura), che ogni giorno il potere fabbrica di sana pianta calunnie e mistificazioni e che occorre tenere gli occhi aperti. Il conformismo rassicura, l’obbedienza deresponsabilizza. Il risultato è la regressione a livelli minimi di alfabetizzazione valoriale, politica e sociale, che si vuole refrattaria all’analisi critica, ma partigiana di sentimenti primitivi e facilmente manipolabili.
Ma il nostro destino non deve essere la sottomissione, prima di tutto dell’intelletto. Contrariamente a quanto si possa pensare, la sociopatia al potere ha bisogno di consenso, o quanto meno di silenzio, che è poi lo stesso. Non dobbiamo camminare come sonnambuli in un pianeta immerso nella distopia, divenendo complici inconsapevoli. Noi siamo ben più numerosi, e più umani. Possiamo costruire un mondo diverso, occorre solo coraggio e pazienza.
Note
[1] http://www.informationclearinghouse.info/57311.htm
[2] https://www.wired.it/article/nato-spesa-militare-paesi-dati/#:~:text=Quest’anno%20Washington%20spender%C3%A0%20qualcosa,canto%20suo%2C%20spender%C3%A0%2029%20miliardi.
Giorgio Cesarale: Introduzione a “Storia e coscienza di classe”
Introduzione a “Storia e coscienza di classe”
di Giorgio Cesarale
Tratto da György Lukács, Storia e coscienza di classe, trad. di G. Piana, PGreco, Milano 2022
1. La preistoria di Storia e coscienza di classe
Una delle caratteristiche di Storia e coscienza di classe, l’opera filosofica più importante che sia sorta nel seno del marxismo del ’900, è la straordinaria tensione fra la brillantezza delle formulazioni e la complessa e magmatica materia storico-spirituale che vi è sottesa. Soprattutto oggi, a un secolo di distanza dalla pubblicazione dell’opera, si può cogliere in essa la freschezza e la potenza di quelle tesi che hanno dato vita a una intera tradizione filosofica e politica, il “marxismo occidentale”: il marxismo inteso come metodo di autonoma ricerca e nuova costruzione anziché come archivio di “citazioni” da applicare estrinsecamente alla materia storica o come semplice accertamento del fondamento “economico” di ogni azione umana; la coscienza di classe come “coscienza attribuita di diritto”, cioè come coscienza che, comprendendo la propria posizione nella totalità dei rapporti di produzione capitalistici, attinge la sua destinazione storico-politica; la conseguente critica alla separazione fra coscienza e realtà, di cui si scopre il fondamentale motivo generatore nella merce, che è la cellula germinale di quel capitalismo che ne ha cagionato la generalizzazione, sia intensive sia extensive; la diagnosi circa il carattere pervasivo della reificazione o alienazione degli uomini nella società moderna, in grado di investire una molteplicità di livelli costitutivi della loro vita, fino a quello politico, dove essa si esprime o come opportunistico accomodamento alle condizioni presenti, la socialdemocrazia, o come slancio volontaristico al di là di esse, l’utopismo, l’anarchismo, il blanquismo; il principio della prassi come cosciente modificazione della realtà, che ne dissolve la scorza apparentemente intangibile, la “seconda natura”, per ricondurla alla vivente interazione antagonistica fra le classi; la critica alle antinomie della filosofia moderna, p. cs. quelle fra immediatezza e mediazione, contenuto e forma, essere e pensiero, in quanto generate dal mancato attingimento di questo stesso principio della prassi; la ricostituzione delle categorie del marxismo attorno a una nozione di proletariato come “soggetto-oggetto identico” che, fornendo il contenuto materiale delle forme che costellano il processo di riproduzione capitalistico, scioglie le stesse antinomie del pensiero borghese, e impone così una ristrutturazione del significato della storia nel senso di una soggettività che ne costituisce sempre l’oggettività, anziché semplicemente rifletterla; la critica, su tale base, alla dialettica della natura configurata da Engels, per la quale ti soggetto coglie i nessi dialettici naturali in veste di osservatore, come se tosse uno spettatore che li contempla puramente dall’esterno; la riattivazione del nucleo antifeticistico della dialettica, intesa come esperienza del pensiero che, negando ogni determinazione rigidamente finita e unilaterale, arriva a incorporare la stessa genesi delle forme, a riconvertire le cose nei processi e questi ultimi di nuovo nelle cose1.
Michael Roberts: Procedere verso l’utopia o precipitare verso il disastro?
Procedere verso l’utopia o precipitare verso il disastro?
di Michael Roberts
Il peana al capitalismo di un grande economista sottace le gravi disuguaglianze, le guerre e la devastazione ecologica
Bradford DeLong è uno degli economisti keynesiani e storici dell’economia più importanti del mondo, professore di Economia all’Università della California, Berkeley. DeLong è stato vice segretario aggiunto del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti nell’amministrazione Clinton, sotto Lawrence Summers. È un tipico democratico liberale nella politica statunitense e un keynesiano classico in economia.
Recentemente ha pubblicato un libro intitolato Slouching Toward Utopia. An History of the Tweintieth Century. Si tratta di un lavoro ambizioso che mira ad analizzare e spiegare lo sviluppo dell’economia capitalistica in quello che considera il suo periodo di maggior successo, il XX secolo.
In particolare, DeLong afferma che il capitalismo come forza progressiva per lo sviluppo dei bisogni dell’umanità è decollato solo dal 1870 fino alla Grande Recessione del 2008-9, che ha completato quello che lui chiama il «lungo ventesimo secolo». Quali sono le ragioni che hanno consentito al capitalismo di garantire una crescita economica più rapida e un salto di qualità nel tenore di vita dal 1870 in poi? Secondo DeLong, la comparsa di tre fattori «la globalizzazione, il laboratorio di ricerca industriale e la moderna impresa». Questi fattori «hanno dato avvio a cambiamenti che hanno cominciato a trarre fuori il mondo dalla terribile povertà che era stata la sorte dell’umanità nei precedenti diecimila anni, sin dalla scoperta dell’agricoltura». La crescita si deve quindi all’espansione del capitale e delle economie di mercato dall’emisfero settentrionale al resto del mondo, all’introduzione di nuove tecnologie e scoperte scientifiche e alle moderne aziende che le hanno sviluppate per il mercato.
Pasquale Cicalese: Il “regalino” ai soliti noti del governo Draghi in pensione
Il “regalino” ai soliti noti del governo Draghi in pensione
di Pasquale Cicalese
Sono convinto che la manovra non sarà questa. Verso il 20 dicembre ci sarà un maxiemendemento con altre misure. Da dove mi viene questa convinzione? Novembre è il mese dei maxi incassi fiscali (Iva, Ires, Imu, Irap, Irpef ecc.). Le stime parlavano di entrate tributarie pari a 60 miliardi. Se saranno di più, cosa molto probabile, dato aumento prezzi (che gonfiano Iva) e aumento profitti, ci sarà un ulteriore maxi extra gettito fiscale che sarà utilizzato per altre misure. Il 30 novembre l’Istat pubblica il dato del Fatturato dei Servizi del Terzo Trimestre (periodo estivo), che comprende anche il turismo. Oltre a questo pubblica la revisione dei conti economici del Terzo Trimestre.
Qualora il fatturato dei servizi battesse le stime, l’asticella della crescita del terzo trimestre, nonostante la diminuzione dell’industria, andrebbe leggermente su, con un rapporto deficit/pil inferiore alle stime, che darebbe ulteriore respiro alle finanze pubbliche. Gli incassi di novembre sarebbero noti alla Tesoreria dello Stato intorno al 7 dicembre (non a noi, comunque). A quel punto preparerebbero un maxi emendamento.
Piccole Note: Iran, prove di regime-change in stile Siria
Iran, prove di regime-change in stile Siria
di Piccole Note
“L’attacco di mercoledì pomeriggio alla Pacific Zircon, una petroliera nel Golfo di Oman, di proprietà del miliardario israeliano Idan Ofer, arriva in un momento di crescenti tensioni nella regione, con Israele e Stati Uniti che hanno attribuito immediatamente la colpa all’Iran”. Inizia così un articolo di Gavin O’Reilly pubblicato sul sito del Ron Paul Institute.
O’Reilly spiega che l’attacco si è verificato mentre l’Iran è sconvolto dalle proteste contro le autorità suscitate dalla morte di Mahsa Amini, che vedono l’attivo supporto dell’influencer Masih Alinejad, esiliata iraniana che da anni lavora in questa direzione (come ha spiegato lei stessa) in convergenza con il Dipartimento di Stato e i tanti falchi Usa che spingono per un regime-change a Teheran, in continuità con la primavera araba che ha travolto Libia e Siria.
La necessità di un regime-change a Teheran è sostenuta apertamente da un esponente di spicco dei neocon, l’ex Consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, che recentemente ha rivelato che l’America sta consegnando armi “all’opposizione” tramite il kusdistan iraniano.
nlp: Aldo Moro, Bellocchio e noi
Aldo Moro, Bellocchio e noi
di nlp
La miniserie televisiva su sequestro e uccisione di Moro trasmessa dalla Rai e disponibile su Raiplay si presenta con una certa monumentalità: 330 minuti, lontana dalle dimensioni del documentario la Notte della Repubblica di Zavoli, ma comunque prodotto videonarrativo quantitativamente più corposo dedicato a quella vicenda.
Come molti prodotti che assumono dimensioni monumentali l’attesa che genera è quella di un’opera che potrebbe dire qualcosa di nuovo e definitivo sulla storia narrata, una delle più controverse della storia della repubblica. L’effetto è quello di una miniserie che non sposta niente delle posizioni storiografiche consolidate – istituzionali e non – che ha una sua forza estetica, della quale è giusto parlare, e che si risolve in un disordine narrativo finendo per disgregare dall’interno la monumentalità con la quale l’opera si presenta.
Fa bene qui ricordare gli ultimi minuti della serie: si riporta, con fotogrammi da documentario, che il funerale di Moro, nel maggio 1978, si svolse in forma privata e che il funerale di stato, per onorare lo statista democristiano, si svolse senza il feretro di Moro, senza i suoi familiari e nel pieno della sconfessione, da parte della famiglia del presidente ucciso, del comportamento tenuto dalle istituzioni durante i 55 giorni di prigionia dell’esponente democristiano.
Rete dei Comunisti: Rompere la gabbia euroatlantica
Rompere la gabbia euroatlantica
Per fermare la guerra interna e quella esterna
di Rete dei Comunisti
Mentre i suoi aguzzini lo condannavano nel tribunale speciale Antonio Gramsci dichiarò con coraggio e lungimiranza: “Il fascismo porterà il paese alla rovina, spetterà ai comunisti ricostruirlo”.
Nel momento peggiore, uno dei più lucidi dirigenti comunisti non lanciava solo la sfida ai suoi nemici che in quel momento disponevano delle chiavi della sua cella, ma indicava il ruolo generale dei comunisti nella ricostruzione di un paese e della sua società in rottura e alternativa al quadro esistente. Il ruolo dei comunisti nella Resistenza, nella ricostruzione del dopoguerra e nella stagione dell’antagonismo di classe degli anni Settanta li hanno visti all’altezza della situazione.
Le conseguenze della restaurazione capitalista a livello mondiale, la controrivoluzione globale, la dissoluzione delle esperienze statuali socialiste, venti anni dell’egemonia globale del capitalismo, hanno riportato all’indietro la ruota della storia, fino a quando la storia si è rimessa in marcia riproponendo e accentuando tutte le contraddizioni irrisolte e i limiti del Modo di Produzione Capitalista.
Norberto Fragiacomo: La difesa è sempre legittima?
La difesa è sempre legittima?
di Norberto Fragiacomo
La sentenza, mediaticamente inappellabile, per cui “l’Ucraina ha il diritto di difendersi” si rivela, ad un’ analisi spassionata (da arbitro, cioè, e non da ultras), apodittica e del tutto simile all’immancabile premessa “C’è un aggressore e un aggredito” (di cui, a mio parere, anche il meritevole professor Orsini ha abusato).
Quand’è che una difesa é “legittima”? Secondo il nostro codice penale quando un soggetto reagisce (proporzionalmente) a un’offesa ingiusta arrecata a sè o ad altri (=l.d. altruistica). Ingiusta significa essenzialmente non provocata, gratuita: se Tizio insulta o minaccia Caio e incorre nella sua reazione violenta non potrà giustificare una propria eventuale controreazione alla luce dell’art. 52 c.p. – a sua volta la condotta di Caio risulterà lecita solo in presenza di determinate e stringenti condizioni.
L’esperienza insegna che di rado la ragione sta tutta da una parte, e il diritto ne prende doveroso atto. Esaminiamo il comportamento dei governi succedutisi in Ucraina dal golpe del 2014 (fatto inoppugnabile) all’invasione russa del 24 febbraio scorso (idem).
Fabio Ciabatti: Immaginare la fine del capitalismo con Fredric Jameson
Immaginare la fine del capitalismo con Fredric Jameson
di Fabio Ciabatti
Marco Gatto, Fredric Jameson, Futura Editrice, Roma 2022, pp. 192, € 14,25
Recentemente Fredric Jameson ha fatto una interessante puntualizzazione su quella che è probabilmente la più citata delle sue affermazioni: “quando ho detto che è più difficile immaginare la fine del capitalismo che la fine del mondo, non volevo certo intendere che fosse impossibile”. Questa presa di posizione può essere letta come una precisazione relativa ai possibili esiti della sua celebre analisi sul postmodernismo che sembrerebbe depotenziare le istanze critiche presenti nei suoi precedenti lavori incentrati sulla produzione culturale moderna e modernista. La citazione conclude la prefazione, firmata dallo stesso critico americano, al testo di Marco Gatto, intitolato Fredric Jameson.1 Il libro ripercorre sinteticamente le fasi più rilevanti dell’avventura intellettuale di un autore capace di produrre testi fondamentali, in ambito marxista e non solo, come Marxismo e forma, L’inconscio politico e Postmodernismo. Opere in cui si sostanzia “l’esperimento materialista di Jameson” che, sintetizza Gatto, consiste nello “sforzo di capire il presente attraverso le forme e le rappresentazioni dell’immaginario”.2
Il senso ultimo di una lettura dialettica dei fenomeni culturali consiste, secondo Jameson, nel mettere in luce la relazione profonda che essi intrattengono con una storia che li contiene e surclassa. Cosa accade a questo approccio, quando, con l’avvento del postmodernismo, possiamo sostenere, utilizzando la formula suggerita da Marco Gatto, che la spazialità sostituisce la temporalità? In questo articolo si cercherà di ritagliare un percorso di lettura attraverso il testo di Gatto per abbozzare una risposta a questa domanda, cercando di non fare torto alla densità concettuale della sua ricostruzione di un percorso intellettuale quanto mai complesso.
Guido Ortona: Ucraina, dollari e yuan
Ucraina, dollari e yuan
di Guido Ortona
1. Guerra ed economia. I commentatori italiani, e non solo, hanno perlopiù ignorato i dati macroeconomici di fondo che stanno alla base della guerra d’Ucraina. Eppure non dovrebbero essere trascurati, perché senza prenderli in considerazione non è possibile capire perché sia la Russia che gli USA abbiano preferito la guerra a un’intesa diplomatica. Come è (o dovrebbe essere) noto, la causa prossima della guerra è stata il patto americano-ucraino del novembre 2021 (il testo è facilmente reperibile su internet), che sanciva l’impegno USA ad aiutare l’Ucraina nella riconquista di Crimea e Donbass e il rapido ingresso dell’Ucraina nella NATO (patto a cui la Russia rispose con un documento inviato agli USA in dicembre, in cui si chiedeva la neutralità dell’Ucraina e la sua esclusione dalla NATO e che non venne preso in considerazione). La Russia preferiva, e ha preferito, la guerra e l’intervento della NATO piuttosto che consentire che ciò avvenisse; e gli USA hanno preferito la guerra piuttosto che rinunciare a tale ingresso. Fin qui i fatti. Fare una guerra contro un nemico forte non è un’impresa da poco, occorre chiedersi perché entrambi i contendenti abbiano scelto di farla, o almeno di correre molto seriamente il rischio che scoppiasse. Non ho elementi per valutare appieno le ragioni della Russia, per capire cioè se accettare la massiccia subordinazione dell’Ucraina da parte degli USA prevista dal trattato non potesse andare a vantaggio anche del popolo russo; e se avesse a disposizione alternative meno sanguinarie o strategie geopolitiche più collaborative per impedirlo. In questo articolo mi occuperò solo delle ragioni degli USA.
Vincenzo Comito: L’inflazione e i tassi di interesse: un’impasse che riguarda tutti
L’inflazione e i tassi di interesse: un’impasse che riguarda tutti
di Vincenzo Comito
Più volte le banche centrali hanno sbagliato previsioni circa il tasso di inflazione e le politiche adottate per abbatterlo non stanno funzionando. Ma davvero, per farlo, bisogna passare per una recessione?
Nel testo che segue affrontiamo soltanto alcuni aspetti di un tema molto complesso, quello dell’aumento recente dei tassi di inflazione in Occidente e delle politiche portate avanti dalle banche centrali, in primis dalla Bce, nonché dai vari governi, per combattere il fenomeno. Molti gli interrogativi che restano senza risposte adeguate.
Gli errori di valutazione delle banche centrali
Sul fronte dei prezzi i dati recenti non spingono certo all’entusiasmo: nel settembre del 2022 nell’area euro il tasso di inflazione su base annua ha raggiunto il 9,9%, in rialzo rispetto al 9,1% di agosto e al 3,4% del settembre 2021; nell’ottobre poi esso è salito al 10,7% contro il 4,1% dell’ottobre 2021. Come è noto, era da diverse decine di anni che non si registravano cifre simili. Al momento, si prevede che l’aumento dei prezzi al consumo rimarrà al di sopra del target della Bce del 2,0% fino al 2024; per tale anno le previsioni dell’Unione Europea stimano comunque, secondo noi molto ottimisticamente, un tasso di inflazione al 2,6%.
Negli Stati Uniti, intanto, il dato del settembre 2022 è ancora all’8,2%, di nuovo fissando il record degli ultimi quaranta anni, anche se i dati di ottobre sembrano permettere qualche sospiro di lieve sollievo, con la registrazione di un valore del 7,7%.
Ricordiamo comunque, incidentalmente, che c’è un’area del mondo, la Cina, dove miracolosamente il tasso di inflazione si colloca attualmente al 2,1%, dato su base annua dell’ottobre 2022.
Fabrizio Casari: Ucraina, il complotto criminale
Ucraina, il complotto criminale
di Fabrizio Casari
Una operazione di false flag, di “disinformazione attiva” come sarebbe giusto chiamarla. Questa è la genesi e la storia della provocazione messa in opera da Kiev con il missile in territorio polacco. Contando sulla complicità polacca (venuta meno su ordine USA) è stata un’operazione grossolana di un governo che sa di poter spacciare la sua propaganda come verità assoluta, approfittando della censura ai media russi e dell’accondiscendenza dell’Occidente, che ha completamente rovesciato la verità storica, militare e politica che fa da sfondo all’operazione russa in Ucraina.
I rilievi satellitari statunitensi e russi sono stati subito in grado di rilevare la falsità affermate da Kiev e Zelensky ha tentato una penosa marcia indietro parlando di “tragico incidente”, ma non c’è stato nessun errore: gli ucraini hanno lanciato un missile in Polonia tentando di innescare i meccanismi previsti dall’articolo 4 e 5 del Trattato Atlantico, che prevedono rispettivamente la convocazione del Consiglio Atlantico su richiesta di uno stato membro (art. 4) e l’immediata risposta militare da parte di tutti a sostegno del membro dell’Alleanza sotto attacco (art.5).
Superbonus e Moneta FiscaleMarco Cattaneo:
Superbonus e Moneta Fiscale
di Marco Cattaneo
Leggo sempre con interesse i commenti economici di Giuseppe Liturri e in genere mi trovo largamente in sintonia con le sue analisi. Nel caso di questo articolo sul tema superbonus 110%, però, un po’ meno del solito.
A parere di Giuseppe, l’ostilità, più che evidente, della UE nei confronti del superbonus deriva principalmente da due fattori.
Il primo è il livello degli incentivi: il 110% è addirittura superiore al costo dei lavori da effettuarsi. Il che fa venir meno l’interesse al contenimento del valore monetario degli investimenti: se ho a disposizione una quantità di incentivi più alta dell’esborso, non sono spinto a negoziare con chi effettuerà i lavori per contenere l’esborso medesimo. Anzi, committente e aziende appaltatrice avrebbero addirittura interesse a gonfiare le cifre.
Il secondo è la cedibilità illimitata: incentivi fiscali non cedibili finiranno per non essere tutti utilizzati per intero, perché alcuni beneficiari in pratica non avranno la necessaria capienza fiscale, cioè non avranno sufficiente materiale imponibile.
Marco Pondrelli: Attacco all’Europa. L’altra faccia della guerra in Ucraina
Attacco all’Europa. L’altra faccia della guerra in Ucraina
di Marco Pondrelli
Marco Pizzuti: Attacco all’Europa. L’altra faccia della guerra in Ucraina, Edizioni Il Punto d’Incontro, 2022
Dal 24 febbraio sono molti i libri, alcuni dei quali interessanti, che si occupano del conflitto ucraino. Il testo di Marco Pizzuti ha un approccio originale e già nel titolo non parla di attacco all’Ucraina o di Putin nuovo Hitler ma di un attacco all’Europa, che però, a differenza di quanto pensano molti opinionisti italiani, non viene portato dalla Russia ma dagli Stati Uniti.
Prima di analizzare le radici dell’attuale conflitto l’Autore ricostruisce la storia degli USA che hanno costruito la loro politica imperialista sotto il manto dell’esportazione della democrazia. Dalla dottrina Monroe per arrivare ai più recenti interventi in Kosovo e Iraq nulla viene tralasciato nel testo, dove a chiosa della politica statunitense può essere scelta una frase di John M. Maury capo stazione della CIA ad Atene durante il colpo di Stato dei colonnelli, Maury di fronte alle perplessità dell’ambasciatore Phillips Talbot che definì quello che stava succedendo ‘uno stupro della democrazia’ rispose ‘come puoi stuprare una puttana?’ [pag. 29].
coniarerivolta: Creare miseria con la scusa dell’inflazione: il piano della BCE
Creare miseria con la scusa dell’inflazione: il piano della BCE
di coniarerivolta
Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea (BCE), ossia l’istituzione europea responsabile della politica monetaria dell’area euro, ha recentemente rilasciato una dichiarazione che potrebbe apparire paradossale. Le sue parole sono state: “Potrebbe accadere, anche se non è ancora nel nostro scenario base, che tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 ci sia una leggera recessione, ma non crediamo che sarebbe sufficiente a domare l’inflazione e quindi non possiamo semplicemente lasciare che le cose si sistemino da sole. Dobbiamo trovare il tasso di interesse che ci aiuti a raggiungere il nostro target e lo faremo, usando tutti gli strumenti disponibili nella nostra cassetta degli attrezzi e abbiamo dimostrato di poter essere creativi”.
Sono dichiarazioni che potrebbero sembrare frutto di un errore di traduzione: il capo della BCE che sembra augurarsi una recessione più profonda di quella già attualmente prevista? Non sono sufficienti i licenziamenti e l’aumento del ricorso alla cassa integrazione a causa dei costi energetici e le bollette impazzite che distruggono il potere d’acquisto delle famiglie? La caduta verticale dei salari reali di questi ultimi due anni non è sufficiente?
lorenzo merlo: Bomba atomica ottimista
Bomba atomica ottimista
di lorenzo merlo
Non so se sia una visione, un miraggio o un chiaro filo rosso. In ogni caso, ci sono motivi e illazioni che lasciano credere che l’apertura al negoziato di pace tra Russia e Ucraina, da pochi giorni affermata da Biden, veda nel rischio di un’autarchia americana il suo primo e più profondo movente. Un fatto storicamente unico e socialmente imperdonabile, ad eventuale carico dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Per scongiurarlo ci voleva un’idea. Eccola in forma di passaggi.
Questioni interne
Constatato l’elevato rischio di dover cedere il passo a Trump o ai Repubblicani, Biden ascolta la protesta di suoi connazionali e di 30 deputati Democratici, che manifestano contro l’assistenza in armamenti, intelligence, addestramenti e denaro agli ucraini. Il fine è quello di recuperare consensi in occasione delle imminenti elezioni di medio mandato.
Da qui, l’apertura americana al tavolo della pace con Putin.