[Sinistrainrete] Fabrizio Verde: Gli Usa tornano nel Mediterraneo

Rassegna del 18/01/2023

 

 

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Gli Usa tornano nel Mediterraneo

di Fabrizio Verde

720x410c5jnj5rf0Se durante le precedenti amministrazioni gli Stati Uniti si erano sostanzialmente disinteressati al Mediterraneo perché maggiormente presi dagli sviluppi geopolitici in differenti quadranti geografici, adesso sembrano essere tornati a voler occuparsi del Mare Nostrum, un medioceano come lo definisce la rivista di geopolitica Limes.

Principalmente perché il Mar Mediterraneo si inserisce così nella disputa globale per l’egemonia tra gli Stati Uniti e vassalli occidentali da una parte che rappresentano l’unipolarismo in decadenza, e le potenze multipolari in ascesa guidate da Cina e Russia. Senza dimenticare poi paesi come la Turchia, che seppur inserita nel sistema di alleanze occidentali, in primis la NATO, non rinuncia al conseguimento dei propri interessi strategici anche quando questi vanno a cozzare con quelli del blocco occidentale. Così Ankara da tempo fa sfoggio di equilibrismo strategico anche se negli ultimi tempi sembra propendere di più verso est.

In questa partita Washington vuole mantenere il controllo del Mediterraneo per non perdere la sua influenza sui paesi costieri e per avere agilità di movimento tra gli oceani. Il declino dell’influenza degli Stati Uniti in Europa aveva creato, in una certa misura, un vuoto strategico intorno alla regione mediterranea. Ma con l’operazione di sostegno al regime di Kiev in Ucraina gli Stati Uniti hanno di fatto preso il pieno controllo sull’Europa. Un’Europa immolata sull’altare degli interessi economici e strategici di Washington.

La strategia statunitense prevede ovviamente il coinvolgimento dell’Italia, in funzione degli interessi statunitensi, anche se in Italia qualcuno cera di occultare il vassallaggio di Roma provando a dipingerlo come un rilancio del ruolo dell’Italia nel Mediterraneo.

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Alessandro Barile: Un contadino nella metropoli degli anni ‘70

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Un contadino nella metropoli degli anni ‘70

di Alessandro Barile

Prospero Gallinari, Un contadino nella metropoli. Ricordi di un militante delle Brigate rosse, Pgreco 2023, pp. 352, € 20,00.

e777ea2cf7016a7d2228609e1e6d87b6La ripubblicazione di Un contadino nella metropoli a dieci anni dalla morte del suo autore, Prospero Gallinari (1951-2013), è opportuna almeno per due motivi. Il primo, rimettere in circolazione un libro stranamente introvabile, nonostante la prima edizione affidata a Bompiani, la notorietà della persona, l’attenzione (a volte genuina, più spesso morbosa) riguardo agli anni Settanta e alla lotta armata nel nostro paese. Vi è poi l’occasione di celebrarne il ricordo a dieci anni dal suo funerale-evento: al cimitero di Coviolo, Reggio Emilia, il 19 gennaio 2013 si convocarono spontaneamente un migliaio di persone, compagni di tutta Italia, reduci e giovani, brigatisti, non brigatisti, anti-brigatisti, chiunque si sentì toccato da una morte che sembrava trascinare con sé un’intera epoca. Una foto di gruppo, tra parenti spesso litigiosi, eppure accomunati, e non solo dal ricordo umano.

Ma la ripubblicazione di questo libro di «ricordi di un militante delle Brigate rosse» può servire anche ad altro, forse di più importante, o almeno di più utile. È un libro di memorie, e come tale è andato a suo tempo ad ampliare la già vasta produzione memorialistica sugli anni Settanta. Una memorialistica che, negli ultimi venti anni, ha dapprima lasciato spazio alla contro-memorialistica delle vittime (delle vittime reali ma, molto più di frequente, delle vittime indirette: familiari, amici, conoscenti); per poi cedere il passo a una storiografia che si è andata occupando molto di anni Settanta e del loro enigma indecifrato. La ricostruzione storica è rimasta però alquanto sterile. Nell’attuale, spasmodica, convalida di un suo statuto scientifico, la ricerca storica ha generato una tecnicizzazione degli eventi studiati. Siamo stati così invasi di libri sul lungo Sessantotto italiano, sulla lotta armata e sulla «strategia della tensione», sui profili umani e su quelli disumani.

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Raffaele Gorpìa: Movimento comunista in Italia

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Movimento comunista in Italia

di Raffaele Gorpìa*

IMMAGINE ARTOCOLO DI GORPIADelle ragioni legate all’assenza nel nostro Paese di un partito comunista degno di tale nome, dopo il suicidio del PCI, si è lungamente (e improduttivamente) dibattuto senza tuttavia che vi sia stata una univocità sostanziale di vedute che potesse contribuire alla ricostruzione di un soggetto politico rivoluzionario. Il fallimento del Partito della Rifondazione Comunista (neppure percepito come tale dai suoi attuali residui militanti), ha ulteriormente complicato le cose nell’immaginario collettivo perché avvenuto solo dopo pochi anni dal crollo del Muro di Berlino; a tal proposito, giova ricordare che oggi siamo ben lungi dall’avere una uniformità di vedute non solo riguardo alle cause che hanno portato alla dissoluzione dell’Urss ma anche rispetto alle cause profonde che hanno condotto alla morte del PCI. Possiamo però, in riferimento all’ultimo trentennio, dopo la scomparsa del PCI, in mancanza di una ricostruzione storica sistematica, almeno ripartire da alcuni elementi storici recenti e da alcune dinamiche significative di vita politica del Partito della Rifondazione Comunista nonché delle sue schegge fuoriuscite nelle varie scissioni, per cercare di comprendere alcune delle cause della drammatica fase vissuta attualmente dai comunisti in Italia, dovendo, nel frattempo, constatare ancora una volta come la storia, come diceva Antonio Gramsci, è sì maestra di vita, ma (ancora oggi), non ha scolari.

Un periodo decisivo i quadri intermedi di maggioranza del PRC lo ebbero nel momento della votazione per la partecipazione o meno ai due governi Prodi, già predisposti come erano a sostenere e votare in maggioranza le direttive del gruppo dirigente; ai quadri intermedi carrieristi interessava entrare nel governo, anche in alleanza con forze politiche antagoniste, e non importava se ciò avvenisse tenendo il cappello in mano e senza alcun reale rapporto di forza.

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Piccole Note: Ucraina: lo scontro di Soledar e la richiesta di missili a lungo raggio

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Ucraina: lo scontro di Soledar e la richiesta di missili a lungo raggio

di Piccole Note

La battaglia di Soledar è ora il focus della guerra Ucraina. Evgenij Prigožin, che guida i mercenari del Wagner Group, l’aveva data per conquistata, ma è arrivata la smentita ucraina e quella, in parallelo, del ministero della Difesa russo, concordi sul fatto che si stava ancora combattendo.

 

Un bagno di sangue

Evgenij Prigožin, in realtà, aveva detto, come riporta la Cnn, che la città era presa d’assedio, con la zona centrale ridotta a un “calderone”, con le forze ucraine accerchiate, cosa che nei giorni successivi è stato detto un po’ da tutti.

C’è controversia sull’importanza di Soledar: evidentemente ai russi conquistarla appare importante, tanto da farne il punto di partenza della loro prima controffensiva dopo essersi ritirati da Kherson per attestarsi sulla riva sinistra del Dnepr.

Secondo la Cnn, che riprende un’analisi dell’Institute for the Study of War (di rito neocon), la sua conquista avrebbe solo un valore simbolico, dal momento che non ha alcuna importanza strategica. Servirebbe solo a dare ai russi una vittoria dopo una serie di umilianti sconfitte.

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Michele Paris: Washington e il fronte cinese

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Washington e il fronte cinese

di Michele Paris

Gli eventi di questi ultimi mesi in Europa orientale sembrano rappresentare sempre più una specie di campo di prova di quanto potrebbe accadere a breve in Asia orientale, dove il confronto tra Cina e Stati Uniti rischia di sfociare in un conflitto ancora più caldo e distruttivo di quello in corso tra Washington e Mosca. A tracciare un collegamento tra i due casi è frequentemente lo stesso governo americano, i cui piani in primo luogo di carattere militare per “contenere” la Cina avanzano ormai alla luce del giorno. In un’intervista di questa settimana al Financial Times, un altissimo ufficiale dei Marines ha ammesso in maniera insolitamente esplicita i preparativi degli USA e dei loro alleati regionali per una guerra contro Pechino in un futuro probabilmente non molto lontano.

Il generale James Bierman comanda un contingente di stanza in Giappone che, in caso di guerra contro la Cina, svolgerebbe un ruolo di fondamentale importanza per le forze americane. Bierman ha spiegato che “il livello di successo” ottenuto dal suo paese contro la Russia in Ucraina è dovuto ai preparativi e a una pianificazione in atto da ben prima dell’inizio delle ostilità.

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Alba Vastano: Autonomia differenziata. Lo sfascismo dei secessionisti

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Autonomia differenziata. Lo sfascismo dei secessionisti

di Alba Vastano

Fermiamo la secessione dei ricchi. Con l’attuazione del ddl proposto dal ministro per gli Affari regionali Calderoli, ddl già entrato nella legge di Bilancio del 2023 (comma 791-805), sono già previsti i fondi per avviare il percorso che in pochi mesi (21?) può diventare legge. Si attuerebbe quello che Gianfranco Viesti, professore di economia applicata presso l’università di Bari, ha definito in un suo saggio ‘La secessione dei ricchi’, ovvero creare cittadini con diritti di cittadinanza di serie A o B a seconda delle regioni in cui vivono.

* * * *

Art. 5. ‘ La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento’.

Vi sono espressi valori fondamentali che occorre saper bene interpretare, poiché possono sembrare contrastanti. In realtà esprimono il più alto senso della democrazia, infatti promuovono la libertà operativa degli Enti locali, ma nel rispetto di un contesto statale unitario ed indivisibile.

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Dante Barontini: Se il nemico è la Cina, la propaganda si vede meglio

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Se il nemico è la Cina, la propaganda si vede meglio

di Dante Barontini

Prendersela con i media italiani è come sparare sui pupazzetti al luna park. Immobili, ripetitivi, tutti uguali e tutti i giorni.

La tendenza al lecchinaggio servile, già connaturata nella struttura proprietaria delle testate (tutte di grandi gruppi che fanno i soldi in altri campi), è aggravata dall’evidente “ordine di scuderia” di creare un clima di guerra permanente verso “nemici esterni”.

Tra questi, oltre alla “cattiva Russia” – che almeno ha almeno attaccato un altro paese, dopo aver a lungo cercato una mediazione – c’è ovviamente la Cina. Con la quale “noi” (i paesi europei) non abbiamo alcun contenzioso in sospeso e intratteniamo solidi rapporti economici, un interscambio molto profittevole.

E’ insomma economicamente da dementi prendersela con Pechino senza una ragione, eppure si fa. Proponiamo all’attenzione, solo come esempio tra i tanti, questo titolo di Repubblica, che giubila in questo modo per la scoperta di un giacimento di terre rare… in Svezia.

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Roberto Romano: La guerra capitalista

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La guerra capitalista

di Roberto Romano

Emiliano Brancaccio, Raffaele Giammetti e Stefano Lucarelli: La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista, Mimesis, 2022

39b177c3 2091 477f 9e26 124fac1992b6 xlLa guerra capitalista di Emiliano Brancaccio, Raffaele Giammetti e Stefano Lucarelli, arricchita dalla postfazione di Roberto Scazzieri, riprende e attualizza una delle più importanti tesi di Marx: la tendenza verso la centralizzazione del capitale, “una tendenza verso la centralizzazione del capitale in sempre meno mani, che disgrega l’ordine liberaldemocratico e alimenta la guerra militare tra nazioni”. Come sottolineano gli autori nella introduzione, all’interno del libro viene spiegato e approfondito “il legame tra centralizzazione capitalistica e assedio alla democrazia” (p. 9). L’intuizione di Marx relativa al processo di centralizzazione dei capitali viene pertanto trattata e approfondita alla luce delle recenti dinamiche economiche internazionali. La forza della legge relativa alla centralizzazione del capitale viene aggiornata e sistematizzata grazie alla network analysis. Gli autori calcolano un nuovo indice di network control che misura la percentuale degli azionisti detentori dei pacchetti di controllo della parte preponderante del capitale azionario quotato nelle borse (p. 99-137). In tal modo è possibile pervenire al “valore intrinseco del capitale controllato seguendo tutti i percorsi diretti e indiretti delle partecipazioni azionarie” (p. 107) .

Attraverso l’impiego di un modello vettoriale autoregressivo bayesiano (che viene ben spiegato in modo molto chiaro nella appendice a cura di Milena Lopreite e Michelangelo Puliga) Brancaccio, Giammetti e Lucarelli possono mettere in relazione la politica monetaria delle Banche Centrali con gli indici di centralizzazione precedentemente ricavati: una politica monetaria restrittiva, cioè un aumento dei tassi di interesse, “conduce a una riduzione del net control, ovvero alla riduzione della frazione di azionisti di controllo del capitale” (p. 124).

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Enzo Traverso: Relazioni pericolose

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Relazioni pericolose

di Enzo Traverso

Da Dialettica dell’irrazionalismo. Lukács tra nazismo e stalinismo, Ombre Corte, Verona 2022

Bruno Ritter I rematori 2014Queste considerazioni sull’esistenzialismo giovanile di Lukács potrebbero essere estese a molte altre correnti di pensiero esaminate ne La distruzione della ragione. Valgono ad esempio per la critica di Weber alla razionalità occidentale, che Lukács stesso aveva incorporato nel proprio concetto di reificazione in Storia e coscienza di classe, un testo fondamentale del marxismo occidentale1. Valgono anche per Nietzsche, la cui appropriazione da parte dell’ideologia nazista non impedì a diversi studiosi marxisti o anarchici di considerarlo un pensatore stimolante. Sia Ernst Bloch che Herbert Marcuse accolsero le potenzialità emancipatrici di una rivolta dionisiaca contro la civiltà repressiva. Il pensiero di Nietzsche, ha sottolineato Marcuse, conteneva ben più di un rifiuto aristocratico della modernità e di una nefasta apologia della schiavitù; portava con sé anche “l’aria liberatrice” di una filosofia che tracciava la propria strada attaccando “la Legge e l’Ordine”2. Adorno e Horkheimer non ignoravano le ambiguità ­del nichilismo di Nietzsche, che già conteneva alcune premesse di un’ideologia “prefascista”, ma lo consideravano uno dei pochi, dopo Hegel, ad aver riconosciuto la dialettica dell’illuminismo3. E considerazioni analoghe valgono anche per Heidegger, il cui convinto sostegno al regime nazista non invalidava le molteplici direzioni del suo pensiero ontologico, in cui pensatori marxisti come Marcuse e Günther Anders hanno trovato preziose munizioni per la loro critica radicale della tecnologia e dell’alienazione capitalista. Adorno, che non esprimeva alcun compiacimento verso Heidegger nel suo Il gergo dell’autenticità (1964), non poteva accettare la tendenza di Lukács ad assimilare al fascismo tutte le forme di irrazionalismo che, in tempi diversi, erano affiorate in seno alla filosofia tedesca.

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Giacomo Turci: La via governista al potere: perché il neoriformismo non può vincere

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La via governista al potere: perché il neoriformismo non può vincere

di Giacomo Turci

La crisi storica delle vecchie correnti riformiste europee ha agevolato l’emersione di un nuovo tipo di strategia politica a sinistra, il neoriformismo. Un’opzione che, nella sua logica di fondo e nelle sue esperienze più mature, non costituisce un’alternativa valida per il rilancio della lotta di classe e di quella per la rivoluzione e il socialismo

Tsipras Iglesias 1152x759Il problema del soggetto politico mancante e la risposta neoriformista

La questione dell’evoluzione in soggetto politico dei dominati nella società capitalista, a partire dalle loro attività e lotte sociali, è tanto antica quanto di imperiosa attualità. Antica, perché si riconnette alla storia millenaria dell’azione e della soggettivazione politica degli sfruttati lungo la storia della società divisa in classi: per fare un solo esempio, Gramsci nei Quaderni (1975: 2284) nota come i coinvolgimenti crescenti dei ceti bassi nei conflitti tra i Comuni “davano la coscienza della loro forza ai popolani e nello stesso tempo ne rinsaldavano le file (cioè funzionarono da eccitanti alla formazione compatta e solidale di gruppo e di partito)”. In questo senso, si può notare con Lenin (1967: 70) che la guerra, se la intendiamo come parte e prosecuzione della politica con altri mezzi, è “espressione concentrata dell’economia”, dunque per nulla estranea alla vita e alla lotta economico-sociale dei salariati, e svariate volte ha giocato un ruolo di radicalizzazione e, appunto, soggettivazione dei subordinati; una dinamica che si potrebbe ripetere ‘in grande stile’ in questo tempo che assomiglia sempre più a quello di crisi, guerre e rivoluzioni (cfr. Albamonte 2021) che sconvolse il mondo un secolo fa. Dunque, dicevamo, una questione antica ma anche attuale, in modo particolare nel nostro paese: mentre i cicli storici passati di evoluzione e trasformazione della classe lavoratrice hanno finito per trovare ciascuno le sue forme di identità e organizzazione politica (nel senso ampio del termine), più o meno antagoniste rispetto alla classe dominante, quello posteriore alla crisi mondiale del 2008 ha sì visto un’evoluzione complessiva della classe lavoratrice in Italia, attraverso una serie di fenomeni (come la sua femminilizzazione, la precarizzazione sistematica delle nuove generazioni, la concentrazione di forza-lavoro immigrata in alcuni settori, eccetera), ma a quest’evoluzione non è corrisposta una nuova espressione politica sistematica; anzi, vi è tuttora una crisi, o quanto meno una stagnazione, delle correnti e delle organizzazioni politiche già esistenti prima di questo ciclo, e che ancora costituiscono la direzione delle istituzioni della classe lavoratrice.

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Raoul Vaneigem: Un saluto ai Gilet gialli

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Un saluto ai Gilet gialli

di Raoul Vaneigem

È stato questo l’emergere dei Gilet Gialli in Francia: un tuono nel cielo della mediocrità. La loro presenza ha catalizzato segretamente una forza insurrezionale che si stava risvegliando in tutto il mondo. L’ironia della storia ha voluto che siano apparsi in un paese dove l’abiezione e la stupidità avevano oscurato i Lumi di una volta.

La paradossale alleanza tra una volontà pacifica e una risolutezza incrollabile ha piombato nella confusione e nello smarrimento un governo che sonnecchiava assopito confidando nello scombussolamento mercantile delle masse. La mediocrità dei capi di Stato, dei notabili, delle élite era a questo punto talmente esemplare che bastava che il carro dello Stato dovesse solo “navigare su un vulcano“; citando la scherzosa espressione di Prudhomme.

Da destra a sinistra, un disprezzo unanime ha accolto i Gilet Gialli. Chi erano questi intrusi che improvvisamente riscoprivano l’ispirazione della Comune di Parigi, la gioia del maggio 1968, la tranquilla sicurezza degli zapatisti, quando molti di loro ne avevano solo una conoscenza rudimentale?

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comidad: La chiamano autonomia differenziata ma è feudalizzazione indiscriminata

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La chiamano autonomia differenziata ma è feudalizzazione indiscriminata

di comidad

La Corte dei Conti ha scoperto che la normativa sulla rotazione obbligatoria dei dirigenti scolastici dopo due incarichi triennali, risulta largamente disapplicata. Si stima che circa un sesto dei dirigenti dovrebbe essere trasferito in altra sede (una valutazione che è probabilmente per difetto); ma si sa che il Ministero dell’Istruzione è abituato ad infischiarsene delle leggi. La stessa figura del dirigente scolastico (quello che una volta si chiamava il preside) si è espansa a dismisura proprio in questo quadro di incertezza normativa. Negli istituti scolastici le leggi ed i regolamenti sono stati soppiantati dal Führerprinzip, il “principio del capo”, per cui è la bizzosa e mutevole volontà del dirigente a fare legge momento per momento. Il dispotismo del preside non trova alcun contrappeso e l’unico elemento di garanzia contro tale strapotere avrebbe dovuto appunto essere la rotazione; salvo accorgersi che il ministero non trasferisce i figli ma solo i figliastri.

L’autonomia scolastica e la cosiddetta “aziendalizzazione” sono state quindi gli slogan pubblicitari, le cortine fumogene, per attuare una feudalizzazione della Scuola, col dirigente a svolgere la funzione di un barone/signorotto che può abusare di tutto e tutti per il proprio tornaconto e di quello dei suoi protettori.

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Damiano Mazzotti: Irriducibili. Viaggio all’interno della fisica e della mente

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Irriducibili. Viaggio all’interno della fisica e della mente

di Damiano Mazzotti

Federico Faggin ha pubblicato un altro libro molto accurato sulla scienza e sulla vita umana, valutati anche secondo il punto di vista della fisica. Il titolo è il seguente: “Irriducibile. La coscienza, la vita, i computer e la nostra natura” (Mondadori, 2022, euro 22)

Colgo l’occasione di iniziare questo 2023 molto denso a livello geopolitico, con la recensione di un libro molto scorrevole e pieno di citazioni. Semplificando in modo inevitabile la questione principale, si potrebbe dire che “la coscienza è la capacità attraverso un’esperienza fatta di qualia, cioè mediante le sensazioni e i sentimenti che portano con sé il significato di ciò che si conosce. La capacità di conoscere deve quindi esistere prima della conoscenza, e la conoscenza porta a esistenza ciò che si conosce la prima volta. Conoscere diventa quindi sinonimo di esistere” (p. 14).

Come affermato da Faggin, la vita è una questione molto delicata e “noi sappiamo perfettamente che la nostra esperienza è un tutt’uno privato e in continua evoluzione, impossibile da descrivere completamente con i simboli classici (le nostre parole), perché essa va oltre qualsiasi descrizione” (p. 14).

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Paul Schreyer: Il governo disaccoppiato

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Il governo tedesco disaccoppiato*

di Paul Schreyer

Analizzando l´emergenza democratica dalla quale non sembriamo uscire, Schreyer arriva dritto al tema della complicitá senza responsabili, preannunciando il soggetto caro a Giorgio Agamben e oggetto di uno dei suoi ultimi interventi

Sempre più cittadini e ora anche politici locali chiedono in questi giorni l’apertura del Nord Stream 2 per evitare la prevedibile catastrofe nell’approvvigionamento energetico. Ma lo stop al gasdotto completato è irrevocabile per il governo Scholz. Sembra che si sia dimenticato che questo stop è stato deciso in un’azione notturna e senza alcuna procedura democratica, due giorni prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Un breve esame basato su tre rapporti di agenzia del 22 febbraio 2022 chiarisce le circostanze di questa decisione:

22 febbraio, 10:44: Putin si impegna a continuare tutte le forniture di gas – Nonostante l’escalation della crisi ucraina, il presidente russo Vladimir Putin si è impegnato a continuare le forniture di gas ai mercati mondiali senza interruzioni, secondo l’agenzia di stampa Tass.

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