[Resistenza] Mobilitazione generale per l’aumento di salari, stipendi e pensioni. Se non ora quando?

Newsletter n° 3 – 2023

 

È uscito Resistenza n. 2/2023

Mobilitazione generale per l’aumento di salari, stipendi e pensioni.

Se non ora quando?

In Italia aumentano i poveri. Non parliamo di chi un lavoro non ce l’ha, ma di chi è povero perché lavora pochissimo e guadagna poco, di chi lavora tanto e guadagna poco, di chi lavora tantissimo – fino a spaccarsi la schiena – e riesce appena a mantenere la famiglia e, ancora, di chi deve sopravvivere con la pensione minima o il Reddito di Cittadinanza.

Vediamo alcuni dati.

– I salari sono bloccati da oltre 30 anni. Rispetto al 1990, l’Italia è l’unico paese Ue con salari addirittura in discesa (-2,9%) a fronte di incrementi corposi negli altri paesi (Francia + 31,1%; Germania + 33,7%; Grecia 30,5%; Spagna 6,2% – fonte Openpolis).

– La disoccupazione (non) diminuisce. Confrontando i dati di novembre 2021 con quelli dello stesso mese del 2022, il numero di occupati ha registrato una crescita di +1,2 punti percentuali. Ma c’è un trucco: risultano occupati anche i lavoratori a chiamata, quelli con contratto a tempo determinato, quelli che lavorano 3 ore al giorno, due giorni al mese, ecc. Insomma, non c’è nessuna relazione fra “l’essere occupati” e avere potere di acquisto.

– I prezzi sono aumentati. L’Istat comunica che l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati è aumentato dell’11,3% da dicembre 2021 a dicembre 2022 (+15,5% da dicembre 2020 a dicembre 2022).

– La povertà cresce. Secondo i dati del Censis (2021) le persone che vivono “in povertà assoluta” sono 5,6 milioni. Gli individui a “rischio di povertà o di esclusione sociale” (bassa intensità di lavoro o in condizioni di grave deprivazione), sono il 25,4% della popolazione, 15 milioni di persone).

– Pensioni basse. L’Osservatorio Inps sulle pensioni afferma che 10,6 milioni di pensionati (il 59% del totale delle pensioni erogate) ricevono un importo inferiore a 750 euro al mese (dati 2021).

Questi dati descrivono la situazione di tanti, ma non di tutti. Infatti, la ricchezza nelle mani del 5% più ricco degli italiani, alla fine del 2021 ammontava al 41,7% della ricchezza nazionale netta, ben superiore rispetto a quella disponibile per l’80% della parte più povera della popolazione (che ammontava al 31,4% della ricchezza nazionale netta) – dati Oxfam.

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L’anello debole

Editoriale

Lenin ha corretto alcuni errori di analisi che esistevano nel movimento comunista, ma ha anche dato risposte sia a vecchi problemi che all’epoca si presentavano in forme nuove (ad esempio la natura e il ruolo del partito comunista adeguato al compito di dirigere la rivoluzione socialista), sia a problemi che si ponevano per la prima volta al movimento comunista cosciente e organizzato (ad esempio la costruzione del socialismo dopo la conquista del potere).

Tuttavia, a 99 anni dalla morte di Lenin, avvenuta il 21 gennaio 1924, quelle due scoperte hanno un’importanza particolare per i comunisti italiani. Vediamo perché.

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•    Il nuovo potere, il potere degli organismi operai e popolari
Lettera del Direttore di Resistenza

Cane mangia cane. Botte da orbi in Vaticano

Crisi del sistema politico della Repubblica Pontificia significa anche che si acuisce la guerra per bande in ogni gruppo di potere che costituisce i vertici della Repubblica Pontificia. Ne è un esempio la faida che si sta consumando in Vaticano dopo la morte di Ratzinger, avvenuta il 31 dicembre 2022.

Dalle rituali celebrazioni di cordoglio alla rissa il passo è stato breve.

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VI Congresso Nazionale del Partito dei CARC

Con la messa a punto dei documenti congressuali e la definizione del programma dei Congressi di Sezione e federali, sono entrati nel vivo i lavori del VI Congresso Nazionale del P.CARC che si svolgerà a Roma l’1 (la parte pubblica) e il 2 aprile (la parte interna).

Come per i congressi precedenti anche in questo ci sono aspetti di continuità con la strada che il Partito ha percorso e alcune particolarità.

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Solidarietà ad Alfredo Cospito. Cresce il fronte del no al 41 bis

Dal 20 ottobre Alfredo Cospito è in sciopero della fame contro il 41 bis, il regime carcerario di massimo isolamento che, pensato per i boss mafiosi (questo il mantra che ripetono per giustificarlo), è stato esteso ai rivoluzionari prigionieri (si trovano in 41 bis, da oltre 17 anni, i militanti delle Br-Pcc Nadia Lioce, Marco Mezzasalma e Roberto Morandi).

Il tribunale ammette candidamente che nel caso di Cospito l’obiettivo era impedire che continuasse a scrivere lettere e articoli, cioè che continuasse a contribuire alla lotta di classe benché detenuto.

Quello che il tribunale non aveva messo in conto è che Alfredo trasformasse la carcerazione al 41 bis in uno strumento per far montare la mobilitazione, fuori e dentro le carceri.

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A proposito di informazione

Chi legge abitualmente i quotidiani si è sicuramente imbattuto in articoli che raccontano della bidella di Napoli che lavora a Milano e fa la pendolare (!) per risparmiare sull’affitto o le dichiarazioni del rider veronese che ha percorso 50 chilometri per consegnare un panino e si preoccupa di far sapere che la sua storia non deve prestarsi a “strumentalizzazioni sullo sfruttamento”.

Fra tanta spazzatura, gli articoli più frequenti e diffusi (non ne è immune nessun giornale) sono quelli che raccontano la storia di donne che lasciano il lavoro da dipendente per “creare contenuti” per un noto sito per adulti: “guadagnavo 1.000 euro e non ce la facevo a tirare avanti, adesso ne guadagno 5.000” è la testimonianza di tutte loro.

I nomi e i luoghi cambiano, ma il maldestro tentativo di manipolare l’opinione pubblica è costante. “Se non guadagni abbastanza, devi ingegnarti! Se ti ingegni e ancora non guadagni abbastanza, allora il problema è tuo, non sei capace. E se non sei capace, la colpa è tua, quindi non ti lamentare!”.

La propaganda di regime racconta una montagna di frottole alle masse popolari per convincerle che non c’è niente da fare se i lavoratori sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi.

Noi abbiamo rinunciato coscientemente al lusso “dello svago”, della notizia curiosa e della frottola spacciata per “buona novella”. Abbiamo coscientemente deciso di combattere la diversione dalla realtà.

Resistenza parla di quello che è necessario e possibile fare per avanzare nel movimento pratico che cambia le cose, per portare le classi oppresse a diventare classe dirigente; parla dei passi da fare per costituire un governo di emergenza delle masse popolari organizzate e avanzare, per questa strada, nella rivoluzione socialista nel nostro paese.

È abbastanza normale che ciò che viene pubblicato su Resistenza si possa leggere solo su Resistenza.

È quindi del tutto normale che per sviluppare il nostro lavoro chiediamo ai lettori affezionati e anche a quelli occasionali di sostenerci con una sottoscrizione economica, con un abbonamento, diventando diffusori del giornale nella propria zona. Cambiare il mondo passa attraverso il contributo che ognuno decide coscientemente di dare.

Corrispondenze operaie

•    Sardegna. Una corrispondenza dalla Portovesme

•    Firenze. Aggiornamenti dalla Gkn

•    Milano. Sciopero del trasporto pubblico contro l’aumento del biglietto

•    Corrispondenze Operaie in onda su Radio Grad

Perù in rivolta contro il golpe

Le masse popolari peruviane, in particolare indios, campesinos e minatori, continuano da più di un mese la mobilitazione contro la destituzione del Presidente Pedro Castillo, arrestato con l’accusa di ribellione e sovversione e sostituito con la sua ex vice, Dina Boluarte, oggi a capo di un governo di destra.

La protesta ha il suo epicentro nelle regioni meridionali e nelle aree rurali più povere ed emarginate del paese, ma coinvolge tutte le principali città ed esige la liberazione immediata di Pedro Castillo, le dimissioni di Dina Boluarte, nuove elezioni politiche e, soprattutto, una nuova Costituzione. Alle rivendicazioni politiche si somma la rabbia contro la violenta repressione dell’esercito e della polizia, che ha già fatto (secondo i dati forniti dal governo, ma è impossibile escludere numeri maggiori) più di 50 vittime e diverse centinaia di feriti.

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Brasile, un altro punto di vista

Sui disordini che i sostenitori di Bolsonaro hanno scatenato nei palazzi “della democrazia” brasiliana l’8 gennaio scorso è stato detto e scritto di tutto. Se si usano le lenti della lotta di classe, anziché quelle della “difesa della democrazia”, emerge però che le cose veramente importanti sono ancora tutte da raccontare.

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