[Sinistrainrete] Roberto Buffagni: Un anno di guerra in Ucraina

Rassegna del 03/02/2023

 

Roberto Buffagni: Un anno di guerra in Ucraina

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Un anno di guerra in Ucraina

di Roberto Buffagni

Riepilogo ragionato del conflitto fino all’attuale quarta fase, trasformativa, della guerra

gettyimages 1238703340In questo scritto ripercorro, con la massima brevità e chiarezza, il percorso e le dinamiche strategiche che hanno condotto alla presente quarta fase della guerra in Ucraina, una fase che ritengo trasformativa. Non inserisco note tranne una, relativa a un significativo studio della RAND Corp., pubblicato mentre elaboravo questo testo, a fine gennaio 2023. Chi desidera informarsi sulle mie analisi precedenti, e trovare la documentazione dei fatti e delle interpretazioni a cui qui mi riferisco, può visitare i siti italiaeilmondo.com e l’antidiplomatico.it, inserendo nella funzione di ricerca il mio nome e la parola “Ucraina”, e/o le altre parole chiave presenti nel testo.

Ringrazio sentitamente il generale Marco Bertolini, lo storico Giacomo Gabellini, e il responsabile del sito italiaeilmondo.com Giuseppe Germinario, che mi hanno usato la bontà di leggere in bozza questo testo e consigliarmi. Ovviamente è solo mia la responsabilità dei difetti e dei limiti dell’articolo.

* * * *

Eziologia della guerra in Ucraina. Natura e scopi della guerra dai punti di vista russo e occidentale

Sull’eziologia della guerra in Ucraina condivido l’interpretazione storica del prof. John Mearsheimer. È la conseguenza dell’espansione a Est della NATO, e della volontà statunitense di creare un bastione militare occidentale alla frontiera russa, integrando l’Ucraina nella NATO: una strategia che la Federazione russa ha dichiarato assolutamente inaccettabile sin dal Summit NATO di Bucarest 2008 in cui venne annunciata l’intenzione di integrare nell’Alleanza Atlantica Georgia e Ucraina.

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Franco «Bifo» Berardi: Abbiamo perso?

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Abbiamo perso?

di Franco «Bifo» Berardi

Anche se gruppi di umani sopravviveranno, l’umanità non può sopravvivere. Una riflessione sulla sconfitta in compagnia di Amitav Ghosh, Swimmers e il documentario Rai su Lotta Continua

BIFO LC 1Nei giorni di Lutzerath, mentre qualche migliaia di ragazzine e ragazzini col cappuccio di lana calato sulle orecchie giocava a nascondino con la polizia dello Stato tedesco per impedire l’apertura di una miniera di carbone, ho visto Lotta Continua il documentario Rai di Tony Saccucci.

È pieno di immagini straordinarie sulle lotte Fiat, e offre prospettive diverse, anche contraddittorie, sulla storia di quella organizzazione e sul panorama sociale degli anni successivi al ’68.

Voglio precisare che non ho partecipato all’esperienza di Lotta Continua, perché dal 1967 mi riconoscevo nelle posizione di Potere Operaio, ma voglio anche precisare che fin da quegli anni mi sentivo spesso più vicino allo spontaneismo di Lotta Continua che al severo tardo-leninismo che dopo l’autunno del ‘69 prese il sopravvento in Potere Operaio.

Tra le tante cose interessanti mi ha colpito una frase di Vicky Franzinetti: “Noi abbiamo perso, e chi perde ha un debito immenso verso le generazioni successive.”

Mi ha fatto pensare, mi sta facendo pensare.

“Abbiamo perso.” Frase problematica. Avremmo potuto vincere? E come avremmo potuto vincere? Trasformandoci in forza politica parlamentare (tentativo peraltro compiuto e fallito) o prendendo le armi in centomila fino al bagno di sangue? O forse avviando un processo di secessione pacifica di un’intera generazione? Più o meno le abbiamo tentate tutte, queste strade, e nessuna era all’altezza del problema.

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Ascanio Bernardeschi: L’economia politica fra scienza e ideologia. Terza parte

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L’economia politica fra scienza e ideologia. Terza parte

di Ascanio Bernardeschi

1159f95dad2c700aebdcc3993541e6d0 XL1. La critica radicale di Sraffa al marginalismo

La funzione di produzione Q=f(L,K>) implica la conoscenza delle quantità di L, K e Q (lavoro, “capitale” e prodotto). Se si può supporre che tutti i lavori siano riducibili a lavoro generico e misurabili in tempo di lavoro e che sia possibile una misurazione in termini fisici del prodotto (ove si escluda la produzione congiunta) sorge il problema di misurare il capitale, che è composto da merci eterogenee. Ciò nonostante questa fun­zione fa ancora da padrona nell’accademia, ove si sorvola anche sulla cir­costanza che il problema di una misurazione rigorosa del capitale era già stato affrontato da Ricardo, sia pure in modo insoddisfacente, attraverso la finzione della produzione di grano a mezzo di grano. Lo stesso pro­blema, come abbiamo fuggevolmente riferito nel nostro precedente arti­colo1, era stato segnalato da Keynes, per quanto quest’ultimo non ne ab­bia tratto la conclusione di una rottura con il paradigma marginalista. L’argomento diventerà invece cruciale nel contributo di Piero Sraffa.

Italiano e antifascista, dopo avere svolto l’incarico di direttore dell’Uf­ficio del lavoro di Milano, vinse nel 1926 il concorso come professore ordinario presso l’Università di Cagliari. Tuttavia, l’anno seguente, dopo la carcerazione di Gramsci e dopo le minacce di cui fu oggetto egli stesso, dovette recarsi in Inghilterra, a Cambridge, chiamato proprio da Keynes, che lo aveva conosciuto in un precedente soggiorno dell’economista ita­liano in Inghilterra e che gli trovò l’occupazione come bibliotecario della Marshall library. Lì rimase fino al 1983, anno della sua morte. A Cam­bridge accettò, su invito di Keynes, di tenere dei corsi all’Università sulla teoria del valore e sui sistemi finanziari italiano e tedesco.

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Fabio Mini: L’illusione che 300 tank cambino la guerra

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L’illusione che 300 tank cambino la guerra

di Fabio Mini

Ucraina Non basta spedire i carri armati: bisogna considerare i tempi di consegna, il terreno e le capacità di manovra con fanteria e aviazione

Se il cancelliere Scholz credeva di poter continuare a traccheggiare sulla questione dell’invio di carri armati Leopard all’ucraina, condizionandolo all’invio americano dei propri carri Abrams, si è sbagliato. Il presidente Biden ha raccolto l’implicita sfida non solo promettendo altri miliardi di dollari, ma autorizzando l’invio di 20-50 carri Abrams e chiedendo agli alleati europei di fare la loro parte. L’apparente convinzione generale negli Usa e nella Nato è che una massa consistente di almeno 300 carri occidentali, come richiesto da Kiev, consentirebbe di riconquistare i territori occupati e annessi dalla Russia. La valutazione non è sbagliata, ma la realizzazione dipende molto da quanti mezzi verranno effettivamente consegnati, dai tempi di consegna, dalla capacità di usarli non solo come mezzi singoli ma come elementi di forze corazzate e meccanizzate tra loro cooperanti, dalle condizioni del terreno, dalla copertura aerea, dalla disponibilità di artiglierie di sostegno, dal rifornimento di carburanti e munizioni e, non ultimo, dalla disponibilità di fanterie in grado di mantenere le posizioni riconquistate.

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Thomas Fazi e Toby Green: Perché le morti in eccesso sono ancora così elevate?

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Perché le morti in eccesso sono ancora così elevate?

di Thomas Fazi e Toby Green

Non possiamo semplicemente incolpare un sistema sanitario nazionale in fallimento. Il numero dei morti è così alto e anomalo in così tanti paesi da rendere obbligatorie le domande scomode sulle cause

Intorno alla metà dello scorso anno, i ricercatori di diversi paesi hanno iniziato a notare qualcosa di inquietante: nonostante ci fosse ovunque il calo dei decessi per Covid, i decessi in eccesso (rispetto alla media quinquennale pre-pandemia) erano in realtà in aumento. Cosa ancora più preoccupante, un numero sproporzionato di questi decessi in eccesso si verificava tra i giovani. Questo era l’opposto di quel che ti aspetteresti nella fase di recessione di una pandemia, un tipo di pandemia che dapprima aveva ampiamente risparmiato i giovani.

Alcuni ricercatori avevano lanciato l’allarme, ma sono stati estesamente ignorati dai governi, dalle autorità sanitarie pubbliche e dai media mainstream. È stata una risposta curiosa di chi nei due anni e mezzo precedenti aveva giustificato il completo capovolgimento delle società umane sulla base prioritaria del “preservare la vita”.

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Piccole Note: La costante escalation della Nato verso la guerra globale

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La costante escalation della Nato verso la guerra globale

di Piccole Note

“L’idea che invieremo dell’equipaggiamento offensivo e faremo arrivare aerei, carri armati e treni con piloti americani ed equipaggi americani, capisci… si chiama Terza Guerra Mondiale, ok? Andiamo, dai, ragazzi […] non combatteremo la terza guerra mondiale in Ucraina”. Così Biden, lo scorso marzo, rispondendo alla sollecitazione di un cronista.

I carri armati sono arrivati e ora, come riferisce Politico, è iniziato il prossimo step, cioè si inizia a parlare di inviare jet. L’Olanda ha già dato la sua disponibilità a inviare degli F-16, i velivoli richiesti da Kiev, ma soprattutto ad annunciare di essere pronta a fornire tali jet è la casa produttrice, la Lokheed Martin (Financial Times).

Sia i carri armati che i velivoli da combattimento necessitano di personale specializzato e le dichiarazioni sull’addestramento di personale ucraino suonano alquanto bizzarre. Davvero qualcuno può credere che in quattro-sei mesi si può fare di un maestro di scuola, di un avvocato o di un contadino un pilota di un carro armato moderno o di un F-16?

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Fabio Massimo Parenti: La Cina ed un multilateralismo senza egemoni

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La Cina ed un multilateralismo senza egemoni

di Fabio Massimo Parenti

2018: un editoriale del Financial Times, dal titolo “Multilateralismo senza leadership americana”, offriva un’interessante valutazione sui cambiamenti dell’ordine mondiale alla luce del declino relativo degli Usa.

In verità, l’idea dell’emergere di un sistema multilaterale senza egemonia americana era già stata avanzata da Giovanni Arrighi, che, nel 2005 (quasi 20 anni fa), riferendosi alle nuove campagne militari statunitensi in Medioriente, parlava di “dominio senza egemonia”. Accelerazioni in questa direzione si sono poi verificate con la crisi finanziaria del 2007-2008 e la pandemia del 2020, mostrando a tutto il mondo i limiti strutturali del cosiddetto “neoliberalismo” a guida statunitense.

L’inadeguatezza e l’insostenibilità di una governance globale centrata su un solo paese è stata sempre ricondotta ad una effettiva sotto-rappresentazione istituzionale dell’ordine mondiale tripolare post-Seconda guerra mondiale – formato da Occidente capitalistico, Unione Sovietica e paesi non allineati.

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Riccardo Manzotti: L’IA pensa. E noi?

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L’IA pensa. E noi?

di Riccardo Manzotti

Non è l’intelligenza artificiale che ha imparato a pensare come noi, siamo noi che abbiamo smesso di pensare come persone e la colpa maggiore, mi dispiace dirlo, l’abbiamo noi filosofi e, in qualche misura, scienziati e psicologi. Mi spiego. Per chi non sia stato chiuso in un rifugio antiatomico durante gli ultimi 6 mesi, una serie di nuovi algoritmi generativi, addestrati su enormi quantità di dati provenienti dagli esseri umani, ha sviluppato la capacità di produrre testi, suoni e immagini. Chiunque li abbia testati (fatelo, è gratis, provate) è rimasto sorpreso e meravigliato: l’impressione è che questi algoritmi siano in grado di cogliere la struttura del pensiero degli esseri umani e di declinarla in nuove combinazioni. ChatGPT, forse il più famoso, è in grado di scrivere poesie, rispondere a domande su qualsiasi argomento, scrivere testi e relazioni. Sembra proprio che ChatGPT sia come noi.

Sono stati scritti fiumi di parole sulle loro potenzialità e rischi – dal problema del diritto di autore fino agli effetti sul sistema scolastico. Non c’è dubbio che abbiano capacità finora impensate e che il loro impatto sarà profondo e irreversibile, ma la domanda è un’altra: siamo sicuri che il pensiero sia semplicemente la manipolazione di simboli e la produzione di contenuti?

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Alberto Bradanini: Emmanuel Todd, John Mearsheimer e i profili strategici della guerra in Ucraina

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Emmanuel Todd, John Mearsheimer e i profili strategici della guerra in Ucraina

di Alberto Bradanini

720x410c505tghnmIn un acuto articolo reperibile sulla rete[1], l’antropologo francese Emmanuel Todd ha sviluppato alcune riflessioni sugli accadimenti ucraini che andrebbero valutate da chi dispone del potere di evitare che questa guerra ci conduca nel baratro.

Di seguito i punti cruciali delle riflessioni di Todd, con commenti a margine di chi scrive, quando non diversamente indicato, tenendo a mente che le rappresentazioni della narrazione dominante non sorgono da quel ramo del Lago di Como come i monti manzoniani, essendo fabbricate a tavolino da coloro che muovono i fili della manipolazione, per interesse o sudditanza[2].

L’antropologo citato rileva che all’avvio del conflitto due erano i postulati che gli eventi successivi hanno poi smentito: a) l’Ucraina non resisterà alla pressione militare russa; b) la Russia verrà schiacciata dalle sanzioni occidentali e il suo sistema produttivo, commerciale e finanziario sarà messo in ginocchio.

Inizialmente il conflitto aveva una dimensione territoriale, con un rischio espansivo limitato, sebbene i propositi di Nato-Usa erano stati prefabbricati e avessero obiettivi più estesi. Col passare dei mesi, l’obiettivo dell’Occidente è emerso nella sua evidenza, il dissanguamento della Russia e a caduta l’indebolimento della Cina. In parallelo, da una dimensione circoscritta la guerra è diventata mondiale, seppure con proprie caratteristiche e una bassa intensità militare rispetto a quelle precedenti.

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Alberto Gabriele: Note critiche sulla guerra, la competizione, la centralizzazione, e il nuovo conflitto imperialista

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Note critiche sulla guerra, la competizione, la centralizzazione, e il nuovo conflitto imperialista

di Alberto Gabriele

libri cultura Sara Bertrand Territorio di fuga Edicola Edizioni 510x2651. Il libro di Brancaccio, Giammetti e Lucarelli La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista (Brancaccio et al. 2022 e’ probabilmente il lavoro di ispirazione marxista più diffuso e apprezzato oggi in Italia ( vedi Cremaschi 2022, Schettino 2023, Zolea 2023, Ciccarelli 2023; per una valutazione più critica, vedi Bargigli 2023). Il fatto stesso che uno studio come questo abbia raggiunto un certo grado di popolarità e di diffusione e’ certamente un fatto positivo. Queste brevi note, dando quasi per scontata la correttezza della principale tesi di fondo che gli autori corroborano con nuovi risultati statistici ed econometrici di grande valore, si focalizzano su quella che io ritengo essere una debolezza di fondo della loro analisi, che può purtroppo indurre i lettori a una grande confusione su un punto cruciale: which side are you on1? (da che parte stai?).

 

2. Brancaccio et al. criticano giustamente la timidezza degli scienziati sociali gli studiosi contemporanei appaiono in larghissima parte timorati dinanzi a qualsiasi tentativo di generalizzazione del corso degli eventi storici. 2 Al punto che la negazione di ogni “legge” generale di tendenza potrebbe esser considerata la base metodologica comune dell’economia, della sociologia, della storiografia, e di tutto il complesso delle scienze sociali del nostro tempo. ”3 (p.8). Al contrario, gli autori rivendicano la legittimità e la necessità di identificare, analizzare e dimostrare empiricamente le leggi di movimento del capitalismo. Una tra le più importanti e’ la legge della centralizzazione (LC), che afferma che in regime capitalista la proprietà e il controllo del capitale- già di per sé diseguale, per definizione, in questo modo di produzione – tendono a concentrarsi sempre di più in poche mani.4

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Eugenio Pavarani:Nel meraviglioso mondo di Giorgia Meloni “lo Stato non genera lavoro”

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Nel meraviglioso mondo di Giorgia Meloni “lo Stato non genera lavoro”

di Eugenio Pavarani

meloni lavoroL’abilità dei politici sta spesso nella capacità di non dire, dando tuttavia l’impressione di aver detto. L’importante è ammiccare al proprio elettorato senza tuttavia cadere, nel contempo, nell’errore di provocare inutili reazioni in campi avversi e, soprattutto, senza scoprire il fianco con affermazioni troppo marcate o addirittura infondate che possano fornire all’opposizione argomenti utili a costruire analisi critiche, polemiche, attacchi politici. Il “dire non dicendo” è un esercizio molto difficile che richiede anni di gavetta e di formazione nella scuola della politica, come avveniva in passato con modalità ben organizzate all’interno del Partito Comunista e all’interno della Democrazia Cristiana. I parvenus della politica cadono molto facilmente nell’errore e le loro dichiarazioni, non adeguatamente auto-controllate, li trasformano spesso in facili bersagli per l’opposizione.

“Dire e non dire” rende più difficile per l’ascoltatore l’interpretazione del reale pensiero, dell’ideologia che sta a monte degli orientamenti che danno impronta alle scelte politiche e rende più difficile il lavoro dell’opposizione. Ha scritto Keynes nella Teoria Generale che “le idee degli economisti e dei filosofi politici, così quelle giuste come quelle sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si ritenga. In realtà il mondo è governato da poche cose all’infuori di quelle. Gli uomini pratici, che si ritengono completamente liberi da ogni influenza intellettuale, sono generalmente schiavi di qualche economista defunto”.

Spesso tale influenza viene oscurata per ragioni contingenti di convenienza politica ed è compito del lavoro critico, intellettuale, togliere il velo, metterla in luce, fare i conti con essa, responsabilizzare nei suoi confronti.

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S.C.: Gerusalemme. Ritorsione palestinese. Sette israeliani uccisi. La Palestina sta esplodendo

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Gerusalemme. Ritorsione palestinese. Sette israeliani uccisi. La Palestina sta esplodendo

di S.C.

Ieri sera a Gerusalemme un giovane palestinese ha fatto fuoco fuori da una sinagoga nel quartiere di Neve Ya’akov, a Gerusalemme, provocando la morte di sette israeliani, cinque uomini e due donne, e alcuni feriti. Si tratta di Alqam Khayri, un palestinese di 21 anni residente a Gerusalemme est. Khayri è fuggito dalla scena dell’attacco in macchina e aprendo il fuoco contro gli agenti della polizia. Dopo un breve inseguimento, è stato ucciso. La polizia ritiene che Khayri abbia agito da solo.

L’attentato è avvenuto per ritorsione al sanguinoso raid israeliano a Jenin dove nove palestinesi, otto uomini e una donna, erano stati uccisi dalle forze speciali israeliane. Ieri sera in diverse città palestinesi l’azione a Gerusalemme è salutata come una “giusta vendetta” per i morti di Jenin.

Anche oggi a Gerusalemme, un ragazzino palestinese di 13 anni ha aperto il fuoco con una pistola a Ma’alot Street contro un gruppo di coloni israeliani colpendone due – padre e figlio – ma è stato ferito da altri due coloni armati. Il giovane, gravemente ferito, è un palestinese residente a Gerusalemme est.

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Domenico Gallo: La guerra e il difetto di pensare

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La guerra e il difetto di pensare

di Domenico Gallo

l 20 gennaio a Ramstein è stato compiuto un nuovo passo avanti nell’escalation del conflitto dalla Santa Alleanza a guida USA, che ha deciso di elevare ancora di più il livello degli armamenti da fornire a Kiev per consentirgli di “vincere” la guerra. L’unica nota stonata è stata la resistenza della Germania, che non ha acconsentito alla fornitura all’Ucraina dei carri armati Leopard 2, malgrado le insistenze di Gran Bretagna, Polonia e Paesi baltici e le raccomandazioni di Stoltenberg/Stranamore. Una resistenza, peraltro, destinata a durare solo quattro giorni e a venir meno a fronte dell’annuncio di Biden che gli USA si apprestano a inviare i loro Abrams.

Già prima di Ramstein il New York Times aveva fatto filtrare la notizia che gli USA stavano valutando di fornire a Kiev le armi necessarie per riconquistare la penisola di Crimea (che attualmente è una Repubblica autonoma inserita nella Federazione Russa), obiettivo che Zelensky ha rivendicato più volte a voce alta. In questo scenario la fornitura di uno squadrone di centinaia di panzer tedeschi (forniti dalla Germania e da altri paesi), appare un tassello indispensabile per la programmata controffensiva verso la Crimea.

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Zombie Buster: Un distraente rumore di fondo

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Un distraente rumore di fondo

di Zombie Buster

Siamo distratti, tutti, costantemente. Supponendo che sia possibile avere una chiara visione dell’orizzonte, il Sistema utilizza il suo potere ed il suo megafono (i media) per farci perdere la bussola e mandarci fuori strada. Abbiamo molti problemi oggettivi nel quotidiano ed altri che, nonostante non ci tocchino direttamente, condizionano il mondo intorno a noi. La gamma di argomenti di cui discutere è molto ampia e noi siamo abitualmente portati a seguire l’onda mediatica, che lo vogliamo oppure no. Inutile buttare la TV quando poi ci troviamo a commentare su Twitter uno spezzone di “Che tempo che fa” o un articolo di Repubblica. Ma è giusto allora rigettare a prescindere l’idea di una discussione su un tema attuale solo perché è stato il Sistema a renderlo tale? Io credo di no. Penso invece che l’approccio critico che abbiamo coltivato debba essere sfruttato a maggior ragione in questi casi e ci possa aiutare a scegliere quali siano per il Sistema stesso gli argomenti indigesti e, soprattutto, il metodo con cui trattarli.

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Noi non abbiamo patria: The Crumbling United States of America

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The Crumbling United States of America

E l’assassinio razzista di Tyre Nichols

di Noi non abbiamo patria

Tyre Nichols è stato assassinato da 5 poliziotti a seguito di un controllo di polizia nel traffico. I poliziotti erano tutti neri e qualcuno dirà cosa ci azzecca il razzismo?

Per mettere a fuoco la questione dovremmo riferirci ad alcune osservazioni di Malcom X.

Malcom X scriveva:

<<Per capire bisogna tornare alle definizioni… sui due tipi di negro che c’erano durante la schiavitù: il negro da cortile (house Negro) e il negro dei campi (field Negro). Il negro da cortile viveva insieme al padrone, lo vestivano bene e gli davano da mangiare cibo buono, quello che restava nel piatto del padrone. Dormiva in soffitta o in cantina, ma era sempre vicino al padrone e lo amava molto di più di quanto il padrone amasse se stesso. Si identificava col padrone più di quanto questi non s’identificasse con se stesso… abbiamo ancora fra i piedi parecchi di questi nigger da cortile. La versione moderna di questo servo ama il suo padrone e vuole vivere vicino a lui. Pur di fare ciò è disposto a pagare affitti tre volte superiori per poi andare in giro a vantarsi: “Sono l’unico negro qui!”, “Sono l’unico negro in questa scuola!…

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Pierluigi Fagan: Tramonti e tramontane

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Tramonti e tramontane

di Pierluigi Fagan

Lo storico delle potenze britannico Paul Kennedy, pubblicava nel 1987 “Ascesa e declino delle grandi potenze” in cui, tra l’altro, sosteneva che: “Il compito che dovranno affrontare gli statisti americani nei prossimi decenni, quindi, è riconoscere che sono in atto tendenze generali e che è necessario “gestire” gli affari in modo che la relativa erosione della posizione degli Stati Uniti avvenga lentamente e senza intoppi”.

Questo nella migliore delle versioni possibili ovvero lo sguardo distaccato di uno studioso. Se si è al vertice del sistema dominante è facile che l’idea di “gestire il declino” non vada per la maggiore e ci si convinca di evitarlo del tutto. Da allora si sono dipartite due linee, quella della riflessione sul futuro degli Stati Uniti d’America e poi dell’Occidente che ha sviluppato ampia letteratura ormai assunta a genere, il “declinismo” e quella pratica di ciò che i vertici della potenza dominante hanno fattivamente messo in atto per rallentare o forse evitare del tutto tale destino.

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