Fabio Mini: “Guerra, tutti scelgono la catastrofe ma ecco come si può evitarla”

Fabio Mini – 25/02/2023

Guerra, tutti scelgono la catastrofe ma ecco come si può evitarla – Il Fatto Quotidiano

 

È stato un anno di commenti e analisi, confusioni, illusioni e delusioni e la guerra continua nel modo peggiore quasi a ribadire ciò che era chiaro fin dal primo giorno, con l’aggravante che si prepara un secondo anno ancor più violento e distruttivo. L’ucraina è in ginocchio e pretende armi per vincere; gli Usa alimentano la guerra e spingono la Nato a combatterla come se essi ne fossero estranei, in questo aiutati dalla Gran Bretagna, dalla Polonia, dalla Norvegia e dai paesi dell’ex-Urss, coccolati dagli americani e dalle burocrazie Nato e Ue, che la esasperano agendo dall’interno delle rispettive organizzazioni. Intanto, Stati Uniti, Nato e Russia si trovano nella morsa del “vorrei ma non posso”, vittime della loro stessa potenza e della deterrenza nucleare i cui sviluppi incombono sulle loro e nostre teste. Deterrenza simmetrica ma imperfetta, inefficace e disastrosa perché non ha evitato né l’espansione Nato in funzione antirussa, né l’invasione russa dell’ucraina. Ha compromesso la sicurezza in Europa riportandola al ruolo di teatro e vittima di guerra; non ha limitato la guerra, anzi ha indotto all’inasprimento e allargamento di quella convenzionale e ha illuso tutti sulla possibilità di una vittoria militare. E la vittoria e la sconfitta evocano il prossimo e ultimo fallimento della deterrenza: la guerra nucleare.

Come i lemmings verso il suicidio

In questo anno si sono anche delineate e paradossalmente confuse le posizioni dei vari attori e spettatori. Le tradizionali colombe europee e transatlantiche sembrano tornate al “meglio rossi che morti” e comunque “meglio neri che rossi o bianchi”. I falchi bellicisti annunciano imminente la vittoria e la devastazione dell’avversario mentre intruppati e incoscienti, come nella metafora dei lemmings, corrono verso il suicidio collettivo. I nordici salvatori dell’ambiente incitano alla guerra per accelerare la “transizione ecologica”. Vogliono la guerra in Europa e dell’Europa contro la Russia per affrancarsi dalle sue risorse ed esultano quando saltano i gasdotti europei. Per tagliare la “dipendenza” dalla Russia creano una vera dipendenza esistenziale da paesi prevaricatori o inaffidabili. L’Europa è in crisi e la locomotiva tedesca destinata a trainarla verso la transizione pulita sta andando a carbone, a petrolio e gas artico, d’oltre atlantico e mediorientale, e a fissione nucleare inquinando e pagando di più. È stato un anno di parole di fuoco, “abbaiate” e pronunciate da politici privi di scrupoli e di visione e da burocrati senza responsabilità oggettiva per gli atti che compiono e inducono a compiere. Un anno di errori e orrori commessi e taciuti ha messo a tacere la Ragione: le iniziative di pace non esistono e gli stessi appelli del Papa o le proposte cinesi sembrano non avere effetti concreti.

Una cosa è certa: tra incremento degli armamenti e minacce di ritorsione anche nucleari la soluzione militare non è realistica. Americani ed europei parlano sempre più spesso di vittoria dell’ucraina e della Nato sulla Russia, mentre i russi promettono il “raggiungimento degli obbiettivi”. La prima non assicura la cessazione del conflitto, anzi l’insuccesso dell’operazione “speciale” comporta il passaggio alla guerra dichiarata e aperta della Russia contro l’ucraina e con molta probabilità contro il resto d’Europa. E questa volta Kiev e le maggiori città ucraine ed europee non sarebbero risparmiate. Il secondo segnerebbe il successo russo nel Donbass ma porterebbe alla guerra a oltranza da parte dell’ucraina, sempre che l’occidente continui a sostenerla.

Prospettive

Durante questo anno di guerra si è insistito sul fatto che non esistano alternative alla guerra e al disastro. Invece le alternative ci sono ed è una vera follia che non si vogliano prendere in considerazione. Così come è follia guardare alla guerra solo col binocolo o il microscopio militare. E lo dico da militare che ha partecipato e assistito alle tragedie di tale approccio. Dalle esperienze passate e dalle osservazioni dei migliori analisti di geopolitica si può ricavare una delle possibili vie d’uscita adottando concezioni e azioni a livelli diversi ma connessi.

Cinque principi e dieci piani d’azione (per dirla alla “cinese”) potrebbero aiutare a riflettere e attivare la speranza.

L’iniziativa di soluzione deve partire da un accordo tra le parti di fatto in guerra: Stati Uniti e Russia in maniera bilaterale o nell’ambito del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Senza il loro accordo su alcuni principi ogni altra iniziativa sarebbe inutile: 1. Riaffermare i diritti dei popoli all’autodeterminazione, al rispetto delle loro identità, libertà, idee, fedi e proprietà. 2. L’ucraina ha diritto al ripristino della propria sovranità territoriale nel pieno rispetto della volontà dei propri cittadini inclusi quelli delle entità che reclamano l’indipendenza o l’autonomia nonché la salvaguardia dei diritti delle minoranze di qualsiasi genere. 3. La soluzione del conflitto deve permettere d’instaurare un nuovo assetto della sicurezza in Europa che non poggi esclusivamente sulle minacce armate e che tenda alla rimozione di tutte le cause e i pretesti di conflitti territoriali. 4. Le istituzioni plurinazionali e le alleanze presenti in Europa devono rispettare e ribadire i propri impegni e standard riguardanti l’estensione geografica e le modalità di azione. 5. Necessità di un fondo internazionale di ricostruzione delle aree interessate dai conflitti in Europa che non curi soltanto gli interessi dei “donatori” ma anche quelli degli assistiti.

Per la discussione e l’approvazione di tali principi il cessate il fuoco in Ucraina è auspicabile ma non vincolante così come non lo sono i guadagni o le perdite territoriali avvenute durante il conflitto.

Dall’accordo su tali principi devono invece scaturire azioni concrete e vincolanti: 1. La cessazione di tutti gli aiuti militari e finanziari occidentali all’ucraina e quelli russi alle repubbliche annesse. 2. La sospensione di tutte le azioni militari sul territorio ucraino e il ritiro delle truppe russe e ucraine da una fascia di sicurezza smilitarizzata a cavaliere del fiume Dniepr di ampiezza da concordare tra le parti sotto il controllo dell’Osce (responsabile della sicurezza e cooperazione in Europa). 3. Sotto il controllo internazionale (con eventuale missione militare di garanzia Onu oppure Osce) si deve stabilire con referendum popolare lo status delle autoproclamate/annesse repubbliche di Donetsk, Luhansk, Zaporizha, Kherson e Crimea. Le opzioni da sottoporre alla consultazione sono: Indipendenza, Regione autonoma dell’ucraina o Repubblica della federazione russa. 4. Accordare lo Status di Neutralità (eventualmente armata per l’autodifesa) all’ucraina e alle regioni sottoposte a referendum, a prescindere dall’esito, sotto la garanzia congiunta di Stati Uniti e Russia. 5. Possibilità di altri Stati europei di accedere alla Neutralità garantita (p.es. Bielorussia, Moldavia, Georgia, ecc.) 6. Accordo Russia-ucraina per le basi militari nel Mar Nero e accordo Russia-usa-nato per quelle nel Baltico. 7. Esclusione dall’accesso alla Nato di stati ostili fra loro o verso la Russia o la Nato stessa, fino alla cessazione di tale atteggiamento. 8. Facoltà di accesso all’unione Europea degli stati neutrali mantenendone lo status. 9. Ripresa degli accordi di limitazione delle armi strategiche, tattiche e convenzionali in Europa e delle misure di fiducia reciproche fra Usa e Russia. 10. Eliminazione delle sanzioni economiche e finanziarie emesse dagli Usa, dalla Ue, dalla Nato e dalla Russia a partire dal 2004.

Si tratta di un processo apparentemente complesso, ma non impossibile da attuare che consente un’ampia gamma di modulazioni e che comunque può portare ad una configurazione più serena e duratura della sicurezza europea. Ha con sé un motivo di rammarico e uno di scetticismo: le misure indicate, in toto o in parte potevano essere attuate ben prima di un anno fa evitando morti e distruzioni; oggi, dopo il primo anno, i politici e i burocrati europei e “atlantici” sembra non abbiano intenzione di prendere in considerazione nemmeno una delle misure indicate. Forse aspettano il secondo, il terzo…

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