[Sinistrainrete] Il Lato Cattivo: La Francia al bivio?

Rassegna del 29/03/2023

 

 

Il Lato Cattivo: La Francia al bivio?

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La Francia al bivio?

Considerazioni inattuali sulla riforma delle pensioni

di Il Lato Cattivo

06europa europa francia sciopero francia f afp vIn questo testo cercheremo di rispondere alla domanda: «dove va la Francia?», con particolare riferimento al progetto di riforma del sistema pensionistico (adottato lo scorso giovedì 16 marzo facendo ricorso all’articolo 49.3), e al movimento sociale che vi si oppone. Ci preme in particolare dire ciò che le analisi correnti che emanano direttamente dal movimento o dai suoi sostenitori non dicono, proponendo una visione a più ampio raggio. Per questo, prima di entrare nel merito, riteniamo opportuno fornire alcuni elementi di contesto generalmente poco conosciuti e poco discussi, che permettono a nostro avviso una migliore valutazione del significato e della posta in gioco nel conflitto, che vanno ben oltre la semplice questione dell’età pensionabile.

Partendo dalla grande crisi economica e finanziaria del 2008, e dal suo prolungamento europeo del 2010-2012, si suppone spesso che la risposta capitalistica nelle aree centrali dell’accumulazione sia stata ovunque più o meno la stessa. Restare a questo livello di generalità non conduce, nel migliore dei casi, che a enunciare mezze verità e luoghi comuni. In primo luogo, la considerazione che precede può valere al massimo per la politica economica praticata a livello statuale in seno all’eurozona, soprattutto a ridosso della cosiddetta crisi dei debiti sovrani (l’austerity etc.), e non senza importanti gradazioni a seconda dei paesi. In secondo luogo, non si può minimizzare l’importanza delle discontinuità introdotte su questo piano dal quantitative easing europeo nei suoi episodi principali (dalla presidenza Draghi alla BCE fino al Covid), che non ha evidentemente soppresso la coazione all’austerity ma l’ha innegabilmente alleggerita.

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Geert Lovink: La fine di internet

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La fine di internet

Il collasso sarà la nostra liberazione o la nostra rovina?

Alessandro Sbordoni intervista Geert Lovink

In questa intervista, ho parlato con Geert Lovink del suo ultimo saggio Extinction Internet, l’hauntologia di Mark Fisher, il ricordo di Bernard Stiegler, il movimento Extinction Rebellion e i fantasmi dell’accelerazionismo

LOVINK banner wordpressAlessandro Sbordoni: Oggi il realismo digitale ci fa sentire come se un altro Internet non fosse più possibile. In un tuo saggio intitolato Extinction Internet affermi che Internet sta volgendo al termine e che è tempo per teorici, artisti, attivisti, designer e sviluppatori di immaginare cosa resta dopo la fine di Internet per come l’abbiamo conosciuto. Che cosa possiamo fare come utenti di Internet?

Geert Lovink: In una situazione come la nostra, descritta da forme culturali ed economiche di stagnazione e recessione, la rivoluzione delle generazioni più giovani non è molto verosimile. Oggi, la sottocultura non può svilupparsi in opposizione alla cultura dominante. Questa è la ragione fondamentale per cui ci troviamo in questa situazione. Per quanto riguarda Internet, abbiamo visto la concentrazione del potere, la centralizzazione e la monopolizzazione che proviene sia dallo Stato che dalle aziende. Eppure, così come per il cambiamento climatico, tutti gli allarmi sono caduti nel vuoto. Internet è oggi caratterizzato da una strana sintesi di dipendenza digitale e sorveglianza statale. Tutto questo crea la sensazione che non ci sia via d’uscita; non sappiamo dove andare. Nel frattempo, siamo ancora impantanati nelle paludi della piattaforma.

 

La verità è che la capacità dell’individuo di impersonare il cambiamento è scomparsa. Mentre le forme avanzate della stagnazione si sono dimostrate molto pericolose.

 

AS: Mi ritorna alla mente ciò che diceva Mark Fisher riguardo la scomparsa di quei presupposti che hanno reso possibile il modernismo nel XX secolo.

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Seymour Hersh: Il cover-up

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Il “cover-up”

di Seymour Hersh

Seymour Hersh sostiene che l’amministrazione Biden continua a nascondere la sua reale responsabilità nel sabotaggio dei gasdotti Nordstream e che gli articoli del New York Times e Die Zeit (in cui si suggerisce il coinvolgimento di un non meglio identificato gruppo filo-ucraino) è solo un goffo tentativo di depistaggio ispirato dalla CIA. En passant, Hersh aggiunge che il governo Scholz ha contribuito alla copertura dell’operazione americana, anche se per il momento non fornisce ulteriori dettagli.

1d1054b2 52df 4764 8594 b39e950f4291 1322x876Sono passate sei settimane da quando ho pubblicato un articolo, basato su fonti anonime, che definisce il presidente Joe Biden come il funzionario che ha ordinato la misteriosa distruzione lo scorso settembre del Nord Stream 2, un nuovo gasdotto da 11 miliardi di dollari che avrebbe dovuto raddoppiare il volume di gas naturale consegnato dalla Russia alla Germania. La storia ha preso piede in Germania e nell’Europa occidentale, ma è stata soggetta a un quasi blackout dei media negli Stati Uniti. Due settimane fa, dopo una visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Washington, le agenzie di intelligence statunitensi e tedesche hanno tentato di aggravare il blackout fornendo al New York Times e al settimanale tedesco Die Zeit false storie di copertura per contrastare il rapporto secondo cui Biden e agenti statunitensi sarebbero responsabili della distruzione degli oleodotti.

Gli assistenti stampa della Casa Bianca e della Central Intelligence Agency hanno costantemente negato che l’America fosse responsabile dell’esplosione dei gasdotti e quelle smentite pro forma sono state più che sufficienti per il corpo della stampa della Casa Bianca. Non ci sono prove che un giornalista assegnato lì abbia ancora chiesto all’addetto stampa della Casa Bianca se Biden abbia fatto ciò che qualsiasi leader serio avrebbe fatto al suo posto: “incaricare” formalmente la comunità dell’intelligence americana di condurre un’indagine approfondita, con tutte le sue risorse, e scoprire solo chi aveva compiuto l’atto nel Mar Baltico.

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Piccole Note: Kishida a Kiev, i proiettili all’uranio impoverito: si gioca con la guerra globale

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Kishida a Kiev, i proiettili all’uranio impoverito: si gioca con la guerra globale

di Piccole Note

 

La Gran Bretagna ha portato il mondo sull’orlo della Terza guerra mondiale. Infatti, non poteva restare senza conseguenze l’annuncio che avrebbe inviato a Kiev proiettili all’uranio impoverito, intenzione espressa dal vice ministro della Difesa britannico Annabelle Goldie.

 

La visita di Xi in Russia e l’escalation

Putin ha dichiarato ufficialmente che “se ciò dovesse avverarsi, la Russia sarà costretta a reagire“. A declinare la possibile reazione, politici e analisti russi e filorussi, dal presidente bielorusso Lukaschenko, che ha parlato di una risposta che “servirà da lezione al mondo intero” alla più contenuta, ma non meno disastrosa, prospettiva immaginata dell’analista per la Difesa di Ria novosti, secondo il quale l’esercito russo potrebbe iniziare a usare le armi nucleari tattiche.

I proiettili all’uranio, atti a distruggere i carri armati, causano una contaminazione radioattiva che si propaga per decine di chilometri e che persiste per gli anni a venire.

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Giorgio Griziotti: Il basic income nel Paese delle meraviglie

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Il basic income nel Paese delle meraviglie

di Giorgio Griziotti

Pubblichiamo una recensione di Giorgio Griziotti al QR – QUADERNI PER IL REDDITO N°12: “Dialoghi sul reddito di base con un’intelligenza artificiale”, a cura di Giuseppe Allegri, Giuseppe Bronzini, Andrea Fumagalli, Giacomo, Sandro Gobetti e Rachele Serino. Il libro è scaricabile da qui: https://www.bin-italia.org/quaderni-per-il-reddito-n12-dialoghi-sul-reddito-di-base-con-unintelligenza-artificiale-a-cura-del-bin-italia/

Il libro verrà presentato giovedì 23 marzo a Piano Terra, Milano, Via Confalonieri 3, apericena a partire dalle 19.00 con discussione alle 20.30. Interveranno alcuni degli autori: Andrea Fumagalli, Sandro Gobetti e Rachele Serino. Qui maggiori info:

https://www.pianoterralab.org/events/logout-dialoghi-sul-reddito-di-base-con-unintelligenza-artificiale/

https://www.facebook.com/events/596352002121848/?active_tab=discussion

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Da ELIZA a ChatGPT

La lettura di questo sorprendente ed interessante esperimento di dialogo con l’AI ChatGPT condotto da Basic Income Network- Italia (BIN Italia) mi ha riportato alla mente Eliza, il primo mitico chatbot scritto nel 1966 da Joseph Weizenbaum, che faceva la parodia della conversazione di un utente-paziente con uno psicoterapeuta.

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coniarerivolta: L’OCSE ci è arrivata, la Meloni no: l’austerità uccide la sanità pubblica

coniarerivolta

L’OCSE ci è arrivata, la Meloni no: l’austerità uccide la sanità pubblica

di coniarerivolta

Sono serviti quasi sette milioni di morti dovuti al Covid affinché l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) riconoscesse che i sistemi sanitari di tutti i Paesi membri – che sono sostanzialmente tutte le economie avanzate capitaliste del pianeta – si sono fatti trovare drammaticamente impreparati e sottofinanziati all’appuntamento con la pandemia. Dopo decenni passati a predicare l’austerità e la riduzione del ruolo dello Stato nell’amministrazione della cosa pubblica, l’OCSE è così costretta a mettere nero su bianco che lo Stato deve mettere soldi, tanti soldi, per evitare che la salute della popolazione si deteriori in maniera inesorabile nei prossimi anni. È quello che si può leggere in un recente rapporto, intitolato Ready for the Next Crisis? Investing in Health System Resilience. Le criticità individuate sono note a chiunque abbia avuto la sfortuna di avere bisogno di assistenza medica negli ultimi anni: personale gravemente sottodimensionato, investimenti in strutture e macchinari sempre più carenti, spese in prevenzione totalmente insufficienti e tutto il campionario degli orrori con cui si confronta chi entra oggi in un ospedale pubblico.

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Luca Grecchi: Premessa a Marx e i marxismi

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Premessa a Marx e i marxismi

di Luca Grecchi

AA. VV.: Marx e i marxismi. Le molte facce di una storia complicata, curatori Maurizio Migliori e Luca Grecchi, Petite Plaisance, 2023

Il fine di questo libro è offrire un contributo alla chiarificazione del pensiero di Marx e di alcuni autori marxisti. Questa proposta non costituisce, sicuramente, un unicum nell’attuale panorama culturale, perché Marx è, fortunatamente, un pensatore ancora piuttosto studiato, in quanto gigante in vari campi, dalla filosofia all’economia, dalla sociologia alla politica. Ciò nonostante, mantenere accesa la luce su questo autore, in un’epoca sempre più disabituata a rapportarsi alla realtà con le categorie interpretative marxiane (modo di produzione, sfruttamento, alienazione, classi sociali, merce, proprietà privata, comunismo, ecc.), risulta tuttora molto importante per mantenere un orizzonte di riferimento alternativo rispetto a quello del nostro tempo. Ecco, dunque, spiegato il fine primario di questo libro, che raggruppa, sul tema in esame, contributi di studiosi di indiscusso valore. La curatela di questo volume risulta, invece, anomala, per il fatto che sia io che Maurizio Migliori siamo due antichisti, o, meglio, due classicisti, studiosi soprattutto di Platone e Aristotele.

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Emanuele Dell’Atti: L’euroatlantismo meloniano e il vuoto di alternative

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L’euroatlantismo meloniano e il vuoto di alternative

di Emanuele Dell’Atti

Chi si aspettava una Meloni autarchica, patriota e tutrice degli interessi nazionali oggi è costretto a ricredersi. Tutti i provvedimenti che contano presi dall’esecutivo, infatti, vanno nella direzione opposta, seguendo il solco già tracciato negli ultimi decenni: vincolismo esterno, europeismo dogmatico, fanatismo atlantico.

Escluso qualche sussulto iniziale con cui ha provato a marcare una differenza col passato e qualche saltuaria uscita scomposta o decisamente grave dei suoi ministri, il nuovo governo non ha perso tempo nel rimettersi sulla “retta via”: seguendo alla lettera le indicazioni di Bruxelles in politica economica, eliminando – anziché migliorarla – l’unica misura espansiva degli ultimi trent’anni, rifinanziando la guerra, confermando senza batter ciglio e con rinnovato orgoglio la sudditanza all’imperialismo statunitense.

E ancora: sulla scuola procede spedita lungo il binario tracciato negli ultimi anni, cioè merito e formazione come propedeutica al mercato.

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Giacomo Croci: Democrazia rivoluzionaria

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Democrazia rivoluzionaria

di Giacomo Croci

Il pensiero di Cornelius Castoriadis e il rapporto tra individuo, società e storia

N05482 10 1440x708Non credo e non voglio che i giochi siano fatti.” Questa frase, che ritroviamo nel volume La rivoluzione democratica, racchiude il pensiero di Cornelius Castoriadis. Per giochi si intende l’attività politica, cioè l’attività collettiva e individuale di organizzazione e riorganizzazione della realtà sociale e materiale. Per Castoriadis, essere un individuo socializzato, cioè qualcuno che può agire in un mondo sociale e materiale, presuppone che questo mondo, per quanto regolato, possa sempre essere cambiato. Cioè: non posso che credere e volere che i giochi non siano fatti, altrimenti non c’è niente da credere e da volere.

C’è un profondo ottimismo in questo pensiero, quello che forse Ernst Bloch chiamerebbe “ottimismo militante.” Ottimismo che non riposa però sugli allori dell’ingenuità, ma su quello che, secondo Castoriadis, viene praticato dagli esseri umani sotto il nome di democrazia – pratica che sarebbe essenzialmente rivoluzionaria. Castoriadis sostiene che una pratica e un pensiero che si muovono al di qua o al di là della soglia rivoluzionaria non sono democratici, e che le istituzioni democratiche si lasciano valutare solo dal punto di vista della rivoluzione. La tesi è accattivante e controversa. Andiamo per gradi.

La carriera di Castoriadis è piuttosto eterodossa: non solo filosofo, ma anche economista per l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e psicoanalista, prima nella scuola fondata da Jacques Lacan e poi più critico rispetto all’impostazione lacaniana. I tre elementi ricorrono nei suoi scritti, come emerge chiaramente in La rivoluzione democratica.

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Leonardo Mazzei: Crisi energetica, facciamo il punto

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Crisi energetica, facciamo il punto

di Leonardo Mazzei

manca la russiaÈ bene fare il punto sui costi dell’energia, in particolare su quelli del gas e dell’elettricità. Sul tema circola infatti un’ingannevole narrazione, quella secondo cui tutto starebbe andando ormai per il meglio. Ma è davvero così? Assolutamente no.

Siamo in guerra, dunque la propaganda non deve stupirci, ma in questo campo (quello di chi la spara più grossa) l’Occidente batte la Russia dieci a uno. Moreno Pasquinelli si è già occupato del comico trionfalismo di un russofobo come Federico Rampini, che tre giorni prima dell’inizio di una grave crisi bancaria (vedi il crac di due banche americane e le enormi difficoltà di un colosso come Credit Suisse), scriveva che “l’apocalisse della crisi economica era un’allucinazione”. Un tempismo davvero fantastico! Cosa non farebbero certo scribacchini pur di dimostrare quanto sono servi!

Ma quello del bretellato Rampini è solo un caso tra tanti. Il succo del messaggio che si vorrebbe far passare è che tutto va bene, l’Occidente è forte e la guerra fa male solo all’economia russa. È all’interno di questo refrain che assume una grande importanza il discorso sull’energia. Sul tema, la propaganda dei media occidentali è martellante. I prezzi del gas stanno scendendo – essi dicono – dunque la strategia Ue-Nato sta funzionando, possiamo fare a meno della Russia e vivremo felici e contenti.

Ovviamente, la realtà è assai diversa. Vediamolo in tre punti, cercando di ristabilire altrettante verità.

 

  1. Il calo dei prezzi e il crollo dei consumi: è davvero una buona notizia?

La prima verità che va ristabilita è quella sul prezzo all’ingrosso del metano, da cui dipende in larga parte lo stesso costo dell’energia elettrica.

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Bender, Gebru, McMillan-Major, Shmitchell: Sui pericoli dei pappagalli stocastici: i modelli linguistici possono essere troppo grandi?

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Sui pericoli dei pappagalli stocastici: i modelli linguistici possono essere troppo grandi?

di Bender, Gebru, McMillan-Major, Shmitchell*

L’intelligenza artificiale è intelligente? L’analisi tecnica del funzionamento dei modelli linguistici svela cosa abbiamo davanti: nulla più di pappagalli stocastici. Uno studio dall’interno della Silicon Valley

drew dizzy graham s4dfrh7hdDU unsplash 750x375Lanciato a novembre 2022, la chatbot ChatGPT ha acceso il dibattito sul­le capacità raggiunte dall’intelligenza artificiale e sulle relative implica­zioni sociali e politiche. ChatGPT è di fatto un modello linguistico (LM) di grandi dimensioni, addestrato su set di dati raccolti nel web. Un aspetto ormai noto è la dinamica con cui la IA riproduce pregiudizi, stereotipi e narrazioni dominanti, meno diffusa è la consapevolezza di che cosa sia­no i modelli linguistici e se, e con quale significato, possano dirsi ‘intelli­genti’. È una questione fondamentale per comprendere cosa abbiamo davanti.

Lo studio di cui pubblichiamo qui un estratto esce nel marzo 2021 a firma, tra le altre, di Melanie Mitchell – accademica, si occupa di sistemi complessi, intelligenza artificiale e scienze cognitive (qui con lo pseudo­nimo Shmargaret Shmitchell), ha guidato il team di Google sull’etica nella IA, e la pubblicazione di questo paper le è valso il licenziamento -; lo studio ricostruisce tecnicamente i meccanismi per cui un LM può produrre un testo apparentemente fluido e coerente, ma la macchina che lo genera non ha alcun grado di comprensione: “La nostra percezione del testo in lin­guaggio naturale, indipendentemente da come è stato generato, è me­diata dalla nostra competenza linguistica, e dalla nostra predisposizione a interpretare gli atti comunicativi come veicolanti un significato e un intento coerenti, indipendentemente dal fatto che tali atti lo abbiano. Il problema è che se un lato della comunicazione non ha significato, allora la comprensione del significato implicito è una illusione derivante dalla nostra singolare umana comprensione del linguaggio. Contrariamente a quanto può sembrare quando osserviamo il suo output, un modello linguistico è un sistema per riassemblare insieme in modo casuale sequenze di forme linguistiche che ha osservato nei suoi vasti dati di addestramento, in base a informa­zioni probabilistiche su come si combinano, ma sen­za alcun riferimento al significato: un pappagallo sto­castico”.

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Piccole Note: Il mandato di arresto contro Putin e i bambini ucraini

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Il mandato di arresto contro Putin e i bambini ucraini

di Piccole Note

Il mandato di arresto contro Putin della Corte dell’Aja presenta diverse criticità. Una di queste, poco indagata, riguarda l’estrema vulnerabilità dei bambini ucraini. I bambini del Donbass erano a rischio a causa delle bombe, ché tante ne cadono, lanciate dagli ucraini, nel territorio controllato dai russi (peraltro bombardato per anni anche prima dell’invasione; in tale temperie, come registrava l’Unicef, sono stati uccisi 152 bambini e 146 sono rimasti feriti, mentre 66.491 hanno “sofferto a causa della guerra”). Ma i bimbi ucraini risultano esposti anche ad altri pericoli, perché tanti sono i predatori che si aggirano per il Paese.

Riprendiamo dal Corriere della Sera del 20 maggio 2020: “l’Ucraina è diventata un negozio online internazionale per la vendita di neonati”. A denunciare tale situazione era stata Mykola Kuleba, difensore civico dei bambini del governo Zelensky.

Un grido di dolore lanciato dopo la tragica scoperta di un centinaio di bambini, nati attraverso la pratica dell’utero in affitto, stipati in una stanza d’albergo perché, a causa dei lockdown pandemici, i genitori a distanza non avevano potuto prelevarli.

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Dante Barontini: La democratura è qui

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La democratura è qui

di Dante Barontini

Da un po’ di tempo – e con molta più compattezza dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina – leader occidentali, media, “esperti” di stretta osservanza euro-atlantica ci bombardano con la dicotomia “democrazie contro autocrazie”.

Le prime sono ovviamente i “paesi liberi” dell’Occidente neoliberista, le seconde tutti gli altri nel mondo, indipendentemente dal tipo di regime politico vigente.

Sulla serietà di questa dicotomia è bene nutrire seri dubbi, perché quanto accade qui in Occidente difficilmente può essere classificato come pienamente “democratico”.

L’esempio più chiaro, in questi giorni, viene dalla Francia. Un governo privo di una maggioranza parlamentare, impone una riforma delle pensioni che, secondo tutti i sondaggi, vede contrari oltre i due terzi dei cittadini.

Più esplicite ancora sono le piazze, dove la rabbia popolare viene affrontata sempre più duramente da una polizia esplicitamente ridotta a cane da guardia del potere e “dei ricchi” (Macron è il loro presidente, dicono tutti).

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Fabrizio Marchi: L’Occidente prigioniero di se stesso

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L’Occidente prigioniero di se stesso

di Fabrizio Marchi

L’ideologia neoliberale dominante è di fatto una sorta di religione, sia pur secolarizzata, che si fonda sul postulato, pur non scritto, della superiorità del mondo occidentale su tutto il resto del pianeta che si troverebbe fondamentalmente in una condizione di barbarie. Il compito cui è chiamato l’Occidente è quello di civilizzare tutto il resto del mondo, con le buone o con le cattive. Una visione sostanzialmente messianica, religiosa, in palese contraddizione con quegli stessi principi di laicità e di tolleranza che pure dovrebbero costituire le fondamenta del pensiero liberale. Può piacere o meno ai suoi cantori ma non c’è dubbio che l’ideologia liberale si è storicamente e concretamente determinata nel modo testé descritto.

In fondo è stato così fin dalla scoperta dell’America che coincide, non a caso, con l’inizio del dominio occidentale su tutto il mondo e viene fatta coincidere con l’inizio dell’era moderna. Cambia, soltanto parzialmente, la coperta ideologica con cui questo postulato viene posto in essere.

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Michael Roberts: Azzardo morale o distruzione creativa?

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Azzardo morale o distruzione creativa?

di Michael Roberts

Mentre scrivo, i prezzi delle azioni e delle obbligazioni delle banche regionali statunitensi stanno precipitando, in picchiata. E una grande banca internazionale svizzera, “Credit Suisse“, va verso il fallimento. Quella che sembra profilarsi all’orizzonte, è una crisi finanziaria che non si vedeva dal crollo finanziario globale del 2008. Quale sarà la risposta che verrà data dalle autorità monetarie e finanziarie? Nel 1928, quello che era l’allora segretario al Tesoro, il banchiere statunitense Andrew Mellon spinse per un aumento dei tassi di interesse, al fine di poter controllare l’inflazione, e frenare la speculazione del mercato azionario, allora alimentata dal credito. Su sua richiesta, il Federal Reserve Board cominciò ad alzare i tassi di interesse, fino a che, nell’agosto 1929, la Fed portò i tassi a raggiungere un nuovo massimo. Solo due mesi dopo, nell’ottobre del 1929, il “New York Stock Exchange” [La Borsa di New York], durante il “martedì nero“, subì quello che è stato il peggior crollo di tutta la sua vita. La storia si ripete. Mellon, nel 1929, non si fece scoraggiare. Consigliò all’allora presidente Hoover di «liquidare il lavoro, liquidare le azioni, liquidare gli agricoltori, liquidare le proprietà immobiliari… questo eliminerà il marcio dal sistema.

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Alberto Giovanni Biuso: Sul Metaverso

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Sul Metaverso

di Alberto Giovanni Biuso

«Il dossier digitale è sul tavolo del futuro. È inutile, e irresponsabile, rifiutarsi di sfogliarlo» (p. 141). Anche per questo Eugenio Mazzarella formula un’analisi del digitale all’altezza della sua complessità, dei suoi sogni, della sua effettività (Contro Metaverso. Salvare la presenza, Mimesis, Milano-Udine 2022, pp. 142)

A guardare bene, i fenomeni più ‘all’avanguardia’ della nostra ipermodernità, le tecnologie più avanzate e innovative, conservano, presentano e manifestano in realtà dei tratti arcaici. Il progetto del Metaverso intende trasformare Facebook in ciò che esso è stata sin dai suoi inizi. Non una piattaforma di incontri e interazioni; non un immenso database di parole, nomi, immagini, suoni; non un’impresa commerciale ma il tentativo di creare una nuova realtà, il sogno di essere dio. Il fondamento di Facebook e Metaverso è «un animismo digitale» (102) di forte impronta numerica (‘digitale’ appunto) e dunque galileiana e platonica che disprezza la realtà dei corpi, della materia e della presenza per sostituirla con una «dimensione vitale, relazionale, sociale e comunicativa, lavorativa ed economica vista, agita e proposta come frutto di una continua interazione tra la realtà materiale e analogica e la realtà virtuale e interattiva.

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