[Sinistrainrete] Alessandra Ciattini: Chi siamo e che vogliamo?

Rassegna del 31/03/2023

 

 

Alessandra Ciattini: Chi siamo e che vogliamo?

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Chi siamo e che vogliamo?

di Alessandra Ciattini

Prima di impegnarci in alleanze più elettorali che politiche, sarebbe opportuno chiederci chi siamo e che vogliamo

92ff0b25e5cff138aef8b781ca9ee984 XLSe siamo convinti che esiste un’unica strada per uscire dal capitalismo e dalla sua disumanità, dato che esso appare sempre più irriformabile e avvitato in una spirale devastante, dato che le terze vie sono tutte fallite, occorre riconquistare la nostra identità sbriciolatasi in numerose e debolissime varianti, che si fanno genericamente paladine del popolo, degli sfruttati, degli umili. Nonostante il marxismo abbia una storia complessa e contraddittoria, che bisognerebbe apprendere a fondo, il suo nucleo centrale sembra costituire ancora oggi, in un orizzonte alquanto diverso da quello ottocentesco, un’adeguata chiave interpretativa della società contemporanea: il concetto di classe e il suo derivato la lotta di classe. Basti un esempio. Numerosi marxisti hanno interpretato la fase neoliberale come il tentativo riuscito di una restaurazione di classe dinanzi alla crisi dell’accumulazione, che non poteva più tollerare il compromesso keynesiano tra capitale e lavoro del dopoguerra. E hanno anche collegato tale impresa socio-economica all’imposizione di ideologie elogiative dell’individualismo identitario, miranti alla frammentazione dei lavoratori, del resto già divisi e separati da barriere quali il sesso, l’appartenenza etnica, religiosa ecc. Ideologie che purtroppo hanno profondamente colonizzato la cosiddetta nuova sinistra, che le ha fatte proprie soprattutto dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e il ripudio dello stalinismo, facendosi affascinare dal culturalismo contrapposto in maniera binaria e semplicistica al volgare economicismo.

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Domenico Moro: La Cina e la formazione di un fronte del sud globale incrinano l’egemonia USA

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La Cina e la formazione di un fronte del sud globale incrinano l’egemonia USA

di Domenico Moro

Schermata del 2023 03 30 11 16 14La guerra in Ucraina, per quanto sia importante, è solo un aspetto del confronto a livello globale tra la Russia e l’Occidente, cioè gli Usa e i loro alleati più stretti dell’Europa occidentale e del Giappone. All’interno di questo confronto acquista, inoltre, un ruolo sempre più importante la Cina, che si sta ritagliando una posizione di mediatore internazionale. La competizione si gioca su diversi ambiti: la de-dollarizzazione, cioè la sostituzione del dollaro come moneta di scambio globale, la conquista delle materie prime, e, a livello geostrategico, la costruzione di un fronte del Sud globale, che si sta sottraendo all’influenza statunitense e occidentale e sta stabilendo rapporti sempre più stretti con Cina e Russia. Quest’ultimo aspetto è di primaria importanza, perché la costruzione di un unico fronte, il Sud globale, disallineato se non contrapposto all’Occidente, sancisce una modifica, epocale e dalle conseguenze inedite, dei rapporti di forza e degli equilibri mondiali. Ovviamente tutti i cambiamenti storici hanno una incubazione di lungo periodo, ma subiscono accelerazioni improvvise che li rendono evidenti. Così è stato per la guerra in Ucraina che sta diventando il banco di prova della costruzione di un fronte globale che può mettere in crisi l’egemonia mondiale statunitense, che dura ininterrottamente dalla fine della Seconda guerra mondiale.

La formazione di un fronte del Sud globale appare visibile in sede Onu in occasione delle votazioni sulle risoluzioni di condanna della Russia per quanto sta accadendo in Ucraina. Già il 2 marzo del 2022, poco dopo l’inizio delle ostilità, 35 paesi si erano astenuti.

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Giorgio Paolucci: La guerra in Ucraina, un anno dopo

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La guerra in Ucraina, un anno dopo

di Giorgio Paolucci

orrore guerraChé quer covo d’assassini
che c’insaguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quattrini
che prepara le risorse
pe’ li ladri de le borse
(Trilussa)[1]

È trascorso ormai più di un anno da quando è scoppiata la guerra fra la Russia e l’Ucraina e tutto lascia presagire che sia destinata a durare ancora per molto tempo.

La pace, per quanto tutti la invochino, in realtà non la vuole e non può permettersela nessuno.

Innanzitutto gli Stati Uniti. Per loro era particolarmente importante impedire che si consolidasse una area economico-finanziaria da consentire ai suoi membri di poter fare a meno dell’impiego del dollaro come valuta di riserva internazionale e mezzo di pagamento per regolare il loro interscambio commerciale. Vale a dire, da un punto di vista geopolitico: di impedire che l’asse Berlino (Ue)/Mosca/Pechino si consolidasse fino a divenire irreversibile. Cosa che sarebbe accaduta qualora fosse entrato in esercizio il North stream 2.

Però dopo un anno di guerra ed aver ottenuto:

  1. la messa fuori uso, attaccandoli militarmente – come ha denunciato il giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh 2]– sia del North Stream 1 che del 2.
  2. di costringere così la Germania e mezza Unione europea ad acquistare il loro gas benché di gran lunga più inquinante e più costoso di quello russo;

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Giuseppe Masala: La verità su Deutsche Bank (e sul sistema bancario italiano)

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La verità su Deutsche Bank (e sul sistema bancario italiano)

di Giuseppe Masala

A poche settimane dal clamoroso fallimento della banca americana Silicon Valley Bank e ad una settimana dall’altrettanto clamoroso salvataggio in extremis della banca svizzera Credit Suisse è partito il tam tam dei mass media tradizionali e dei siti internet sul prossimo fallimento del colosso bancario tedesco Deutsche Bank.

Ad innescare queste voci è stato lo spettacolare aumento del costo dei CDS (Credit Default Swap) che assicurano dal fallimento i creditori di Deutsche Bank. A sua volta l’aumento di questi particolari titoli derivati ha innescato il crollo di borsa delle quotazioni azionarie del colosso tedesco.

In tempi di isteria massmediatica questo è bastato per far vaticinare a molti un cataclisma bancario europeo con tutte le conseguenze immaginabili sul sistema finanziario mondiale.

È certamente vero; dopo il fallimento di Lehman Brothers tutto è possibile, anche l’impensabile. Però non bisogna mai dimenticarsi di analizzare i cosiddetti fondamentali relativi alla nazione dove l’azienda in questione è radicata prima di lasciarsi andare a vaticini quantomeno spericolati.

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ilsimplicissimus: La democrazia e il mistero francese

ilsimplicissimus

La democrazia e il mistero francese

di ilsimplicissimus

Nell’ultimo mese chi non guarda la televisione e non legge i giornali mainstream sa che in Francia è in atto una vera e propria rivolta contro la legge che alza l’età pensionabile e introduce molte discriminazioni tra categorie di lavoratori penalizzando quelli più poveri e con attività più usuranti. Una legge tra l’altro passata senza il voto del Parlamento, grazie a una bomba ad orologeria nascosta nella Costituzione francese (ricordiamo nata per propiziare l’arrivo al potere di De Gaulle) che permette questo obbrobrio proprio nel Paese di Montesquieu. Tuttavia Il problema, anzi il mistero francese che è anche quello delle democrazie marcite dell’occidente è come mai da cinque anni, contando anche il periodo dei gilet gialli interrotto dalla falsa pandemia, il Paese sia in rivolta, rifiuti per almeno i due terzi il macronismo nelle sue diverse manifestazioni e tuttavia per ben due volte ha finito per eleggerlo come Re Sole temporaneo. E non basta perché il verme nasce ancora prima: i francesi hanno successivamente eletto alla guida del Paese un agente americano, Nicolas Sarkozy, che ha distrutto l’indipendenza della Francia e violato l’esito del referendum sulla Costituzione europea adottando lo stesso testo per via parlamentare; in seguito hanno votato un piccolo borghese François Hollande, che ha tradito tutte le sue premesse elettorali e ha trasformato la presidenza della Repubblica in una sorta di vaudeville permanente e alla fine hanno eletto un banchiere d’affari che ha fatto dell’Eliseo la sala dei ricevimenti per i cocktail dei multimiliardari americani.

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Alberto Fazolo: MIG29. Armi a Kiev e le ragioni dietro il “cambio di strategia” Nato

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MIG29. Armi a Kiev e le ragioni dietro il “cambio di strategia” Nato

di Alberto Fazolo

La Slovacchia – che è un membro della NATO – sta fornendo all’Ucraina degli aerei da combattimento MIG29, velivoli sovietici teoricamente ancora validi, ma di cui non è dato sapere lo stato di usura.

L’invio di aerei da caccia è un salto di qualità non indifferente, che si inserisce con coerenza nelle strategie NATO ma che potrebbe determinare un’accelerazione del conflitto.

Mandare in Ucraina armi di produzione sovietica piuttosto che armi occidentali è una cosa che ha senso dal punto di vista tecnico e che al contempo nasconde precisi interessi economici.

Prendiamo il caso dei carri armati: sono stati inviati in Ucraina i Leopard di produzione tedesca. Per addestrare adeguatamente gli equipaggi e i meccanici ucraini all’uso di quei veicoli potranno servire mesi e in una situazione emergenziale come quella attuale non è facile togliere uomini dal campo di battaglia per mandarli all’estero ad esercitarsi.

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Claudio Conti: Crisi bancaria. Più “ci lavorano”, più si aggrava…

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Crisi bancaria. Più “ci lavorano”, più si aggrava…

di Claudio Conti

Sono poche le certezze per chi ancora ha fede nelle chiacchiere liberiste. Tanto che i più ironici ormai pubblicano meme del tipo “faremo fallire la Russia facendola entrare nel nostro sistema bancario”.

Divertente di sicuro, ma anche piuttosto acuta, come osservazione. Perché contiene parecchi degli elementi determinanti dell’attuale crisi nervosa che percorre “i mercati finanziari” euro-atlantici.

C’entrano infatti la guerra in Ucraina, le sanzioni suicide, l’esplosione dei prezzi dell’energia (ridimensionati, ma con strascichi di lungo periodo), la conseguente inflazione (preparata da un decennio di quantitative easing da parte delle banche centrali), le abitudini delle banche e l’improvvida abolizione della distinzione tra “banche di investimento” e “banche commerciali” (dal 1999, quando Clinton abolì il Glass-Steagal Act risalente non a caso al 1933). Ed anche qualche altro squilibrio sistemico per ora non centrale…

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Salvatore Bravo: La guerra dei contadini in Germania

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La guerra dei contadini in Germania

di Salvatore Bravo

Il testo di Engels La guerra dei contadini in Germania non è una semplice opera storica ma un manifesto del materialismo dialettico. La rivolta dei contadini in Germania capeggiata da Münzer1 è la chiara dimostrazione che la storia è lotta di classe. La guerra dei contadini terminata con la loro sconfitta a Frankenhausen nel 1525 vuole essere per Engel la dimostrazione che la dialettica della storia ha le sue ferree leggi, ogni anticipazione come ogni tardo agganciarsi alle circostanze storiche favorevoli alla rivoluzione non può che essere fallimentare per la lotta di classe. La dialettica della storia, dunque, è speculare alla dialettica della natura con le sue leggi rigorose. La libertà consiste nella capacità di agire in modo consapevole nel rispetto delle leggi dialettiche. La guerra dei contadini è un episodio della lotta di classe tragicamente terminata, in quanto vi è stata una discrasia tra l’azione e le condizioni storiche. La contraddizione tra la consapevolezza dell’ingiustizia e le condizioni storiche non ancora mature per la prassi rivoluzionaria ha comportato la sconfitta.

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Sandro Moiso: Fare come in Francia?

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Fare come in Francia?

di Sandro Moiso

Francia 1Ai confini orientali la guerra in Ucraina, con i suoi possibili sbocchi mondiali che già spaventano alcune élite europee e le spingono a correre a Pechino a chiedere che il presidente Xi Jinping si affretti a impostare una reale proposta di tregua (in barba al diniego esibito nei confronti di tale ipotesi dal presidente Biden e dagli imperialisti pezzenti del Regno Unito).

Nel cuore del continente la crisi bancaria, che è sbarcata dagli Stati Uniti coinvolgendo due delle più importanti banche europee, Credit Suisse, morta in un battibaleno e sostanzialmente assorbita da UBS per un valore impensabile fino a qualche settimana fa, e Deutsche Bank che, ancora una volta, traballa sulla sua “pancia” piena di titoli spazzatura, subprime e derivati, ma “povera” di liquidità.

Nella parte occidentale e atlantica la rivolta sociale francese che si allarga sempre più, di cui la riforma autoritaria delle pensioni è stato soltanto il fattore scatenante di una crisi economica e sociale che covava sotto le ceneri, imposte dai due anni di provvedimenti liberticidi sventolati come necessari per la salvaguardia della salute pubblica, fin dai tempi dei gilets jaunes e, ancor prima, delle rivolte delle banlieue.

Un’autentica tempesta perfetta che testimonia come lo stato di salute del capitalismo occidentale e del suo modus vivendi sia tutt’altro che buono, così come quello dell’ambiente che ha colonizzato senza pietà e senza riguardo per il futuro della specie, proprio a partire del continente europeo.

Come i quattro cavalieri dell’Apocalisse, la crisi economica, la guerra, la crisi ambientale e l’impoverimento di ampi settori sociali, un tempo magari rientranti nelle fila della classe media, indicano che il modo di produzione basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e del capitale sull’ambiente sta volgendo al termine nel più drammatico dei modi.

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Francesco Santoianni: Litvinenko, Skripal e tutti i buchi nell’acqua nel criminalizzare Putin

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Litvinenko, Skripal e tutti i buchi nell’acqua nel criminalizzare Putin

di Francesco Santoianni

720x410c50mt5rsdyuUno stinco di santo certamente non è visto che per anni ha diretto l’efferato FSB (ex KGB). Ma da questo ad inventarsi una serie pressoché infinita di fake news contro di lui ce ne corre. Ci riferiamo a Vladimir Putin in questi giorni incriminato come criminale di guerra dopo una “inchiesta” che non si regge in piedi (nonostante il vergognoso articolo de “il manifesto”) ma che, come tante altre contro di lui, servirà a cementare nell’opinione pubblica la leggenda di un mostro del quale sbarazzarsi al più presto.

Come l’essere il mandante dell’omicidio (7 ottobre 2006) di Anna Politkovskaja, una tra i tanti giornalisti uccisi in Russia in quegli anni, autrice di innumerevoli denunce, soprattutto contro gli oligarchi imperanti in Russia, ma che, solo per aver scritto qualche articolo anche sulla guerra in Cecenia, oggi viene universalmente ricordata come una “vittima di Putin.” Ma su cosa si basano le tante accuse contro Putin? Per quanto riguarda la Politkovskaja molte inchieste giornalistiche condotte in questi anni e lo stesso processo contro i suoi presunti killer non sono approdati a nulla. Certo. Le indagini giudiziarie sono state svolte dall’apparato investigativo della Federazione Russa; ma quali prove sarebbero emerse per altri crimini addebitati a Putin verificatisi in Occidente? Limitiamoci ad esaminarne due: il presunto avvelenamento, tramite Polonio, del “dissidente russo” Litvinenko e quello degli Skripal, avvenuto tramite il fantomatico Novichock.

Il 23 novembre 2006 muore in una clinica di Londra Aleksandr Litvinenko, ufficialmente per aver ingerito Polonio 210; la stessa sostanza che sarebbe stata usata per l’omicidio del leader palestinese Yasser Arafat.

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Gaetano Colonna: Sulla guerra in Ucraina

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Sulla guerra in Ucraina

Giulietta Iannone intervista Gaetano Colonna

Gaetano Colonna: Ucraina tra Russia e Occidente. Un’identità contesa, Unilibri, 2022

tartaria e1679497113511Come indispensabile terapia per disintossicarsi dalla martellante propaganda occidentale sulla guerra in Ucraina, proponiamo ai nostri lettori l’intervista, curata da Giulietta Iannone, rilasciata ieri da Gaetano Colonna al blog Liberi di Scrivere.

Più che un aggiornamento sull’andamento del conflitto, oggi sostanzialmente in una fase di stallo, nonostante i cospicui supporti militari e di intelligence forniti a Zelensky dagli stati occidentali, Colonna preferisce proporre una riflessione più ampia, in prospettiva storica, sul significato di questo conflitto, anche in relazione all’aspetto sicuramente più grave della guerra, le sue conseguenze per l’Europa.

* * * *

Dopo la lettura del suo interessante libro Ucraina tra Russia e Occidente – Un’identità contesa (seconda edizione), che mi riprometto di analizzare a breve su queste pagine, vorrei farle alcune domande partendo se vogliamo dalle sue conclusioni: dunque secondo le sue impressioni parte tutto dallo “spirito di Versailles” quel germe che ha minato le basi del nascente spirito comunitario che avrebbe dovuto affratellare i popoli europei e occidentali in un’ottica di pacifica convivenza. Può esplicitarci meglio questo concetto?

Con l’espressione “spirito di Versailles” intendo semplicemente la singolare combinazione ideologica che le potenze anglosassoni vincitrici alla fine della Prima Guerra Mondiale hanno saputo imporre all’Europa: da una parte, l’attribuzione della “colpa della guerra”, e da allora di tutte le guerre, ad un solo attore (la Germania, in quel caso); dall’altra, l’utilizzo della nazionalità come principio in base al quale frammentare i grandi imperi ottocenteschi, creando ovunque mosaici di nazioni i cui confini sono stati astrattamente definiti in maniera da includere e/o escludere minoranze etnico-religiose: in tal modo creano strutture politiche fragili e facilmente controllabili, innescando così anche una serie di conflitti dei quali quello russo-ucraino non è che l’ultima derivazione.

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Pierluigi Fagan: Pace multipolare

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Pace multipolare

di Pierluigi Fagan

Dopo quaranta anni di frizioni e conflitti per procura, Iran ed Arabia Saudita firmano un accordo per aprire una nuova stagione di rispettose e reciproche relazioni, si riapriranno le rispettive sedi diplomatiche, si firmerà un nuovo accordo di sicurezza, dalla pulsione di prevalenza si passerà all’equilibrio di convivenza. Difficile sottovalutare l’evento, è l’intero Middle East, inferno permanente di guerre tragiche, che passa ad una modalità potenzialmente pacifica.

L’accordo è stato firmato, non a caso, a Beijing ed è stato sicuramente benedetto dalla Russia, ma farà piacere anche all’India e non dispiacerà anche a Turchia ed Egitto. Pare piaccia addirittura a gli Houthi yemeniti ed in Libano, molto meno ad Israele. Va però aggiunto che sono almeno tre anni che si svolgono appartati colloqui diretti tra i due attori regionali, mediati anche da Iraq ed Oman, iniziativa condotta per altro parallelamente al cauto riavvicinamento del Qatar, che ha più che buone relazioni con l’Iran, all’Arabia Saudita. Da quelle parti le questioni sono sempre molto complicate, ci sarebbe da scrivere per ore raccontando chi è contro chi e perché, ma dopo decenni sembra che questa trama conflittuale possa transitare ad un nuovo esito. Come mai?

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Alberto Ziparo: Il ponte di Messina: una balla ad alto impatto mediatico

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Il ponte di Messina: una balla ad alto impatto mediatico

di Alberto Ziparo

Parte dell’opinione pubblica scambia l’uso esasperato di annunci sulla “balla ad alto impatto mediatico” di Matteo Salvini sul Ponte sullo Stretto per novità di chissà quale rilievo, politico e programmatico. In realtà visto che la cosa mediaticamente paga, il neo ministro delle infrastrutture ha intensificato frequenza e quantità di annunci, anche perché aumenta la quota di inadempienze e incapacità che l’agitare della figurina del ponte deve coprire. Se all’inizio era solo l’ignoranza e il vuoto di conoscenza e azione rispetto ai problemi e alle necessità del Sud (nonché di Calabria e Sicilia), da occultare sventolando il Ponte, poi si sono aggiunte le due autentiche catastrofi sociali per i territori meridionali, significati dalla cancellazione del reddito di cittadinanza e dalla avanzata dell’autonomia differenziata. Negli ultimi giorni, poi, ci sono da coprire anche le liti interne alla maggioranza di governo, non solo per la cascata di nomine in arrivo; anche inventandosi riunioni appunto sul Ponte, che permettono di evitare quelle scomode di governo.

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Leonardo Sinigaglia: Relazioni sino-russe: dalle rigidità dell’epoca sovietica ai “massimi storici” di oggi

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Relazioni sino-russe: dalle rigidità dell’epoca sovietica ai “massimi storici” di oggi

di Leonardo Sinigaglia

“E, a dirla tutta, vi invidiamo un po’”: con queste parole il presidente Putin ha commentato i risultati ottenuti dalla Repubblica Popolare Cinese negli ultimi anni durante la recente visita a Mosca di Xi Jinping. Lo sviluppo economico e il rafforzamento statale operati dalla Cina sono oggetto di studio in tutto il Mondo e, afferma Putin, si sono rivelati ben più efficienti dei modelli applicati in altri paesi.

Ciò che la Cina ha compiuto negli ultimi decenni non può che essere d’estremo interesse per la Federazione Russa e il suo presidente, che ha vissuto in prima persona la catastrofe della dissoluzione dell’Unione Sovietica e il pietoso stato in cui versava la Russia degli anni ‘90. Il pragmatismo, componente essenziale dell’ideologia di Putin, lo porta a guardare non verso Occidente, dove si assiste ad un declino sociale ed economico degno delle più crude visioni apocalittiche, ma verso Oriente, dove un paese che fino a un secolo fa aveva “ottime” possibilità di venire cancellato dalle cartine geografiche, un paese ottenebrato dall’oppio e diviso dalle varie potenze imperialiste, ora è saldamente ai vertici di ogni classifica tecnologica, sociale ed economica.

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Sergio Cararo: Guerra o pace? Delle due l’una

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Guerra o pace? Delle due l’una

di Sergio Cararo

In mezzo al frastuono guerrafondaio che impazza nelle capitali europee e negli Usa, a livello mondiale finora si sono levate solo due voci ufficiali nel sostenere che, al contrario dell’escalation militare in Ucraina, va ricercata ad ogni costo la strada del negoziato e il raggiungimento della pace attraverso un cessate il fuoco e le necessarie mediazioni: il Pontefice e il governo cinese.

Sul fronte occidentale invece assistiamo solo a invocazioni all’escalation militare.

In una intervista al The Guardian, il segretario della Nato Stoltenberg (mai cognome fu più coerente con il personaggio, n.d.r.) ha ribadito il sostegno militare a oltranza a Kiev “La necessità continuerà ad esserci, perché questa è una guerra di logoramento”, aggiungendo che durante il prossimo vertice della Nato a Vilnius, chiederà che i Paesi membri spendano almeno il 2 per cento del loro Pil per la difesa. L’obiettivo, ha sottolineato Stoltenberg, è “consentire agli ucraini di lanciare un’offensiva e riconquistare il territorio”.

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Il pungolo rosso: Contro la pratica crudele e neo-colonialista dell’utero in affitto, e contro l’oscena demagogia delle destre a riguardo

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Contro la pratica crudele e neo-colonialista dell’utero in affitto, e contro l’oscena demagogia delle destre a riguardo

di Il pungolo rosso

In questi giorni si è fatto un baccano osceno, da entrambi i lati del mondo parlamentare, le destre e le cosiddette sinistre, intorno all’”utero in affitto”. Per noi, ferma restando la necessità di tutelare l’esistenza e i diritti dei figli di coppie omogenitoriali; ferma restando l’opposizione alle discriminazioni che una certa destra vorrebbe introdurre ai loro danni (simili a quelle che un tempo colpivano i “figli naturali”, nati fuori dal matrimonio) – un’opposizione che per noi ha un carattere di principio; fermo restando tutto ciò, resta altrettanto fermo che la pratica dell’utero in affitto è una pratica da criticare e respingere senza se e senza ma in quanto, oltre ad esprimere una visione distorta della genitorialità, ha un carattere mercantile e colonialista.

Lo spiegano bene le pagine che qui riproduciamo (24-27) dell’opuscolo “La posta in gioco” (a cura di Paola Tonello), che inquadrano questo fenomeno in espansione nella più vasta casistica delle diverse forme di messa sul mercato e di “appropriazione sociale del corpo delle donne” in fatto di riproduzione, forme che di sociale non hanno nulla, e nel contesto della crisi della riproduzione della vita che caratterizza un po’ tutti i paesi europei, l’Italia tra i primi.

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