[Sinistrainrete] Domenico De Simone: Biden d’Arabia e la fine del mondo unipolare

Rassegna del 02/04/2023

 

 

Domenico De Simone: Biden d’Arabia e la fine del mondo unipolare

domenico de simone

Biden d’Arabia e la fine del mondo unipolare

di Domenico De Simone

biden in arabiaLa straordinaria giornalista Laura Ruggeri segnala e trasmette su Telegram uno spezzone di questo programma televisivo, una serie di gag sullo stato di salute mentale del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden che da mesi impazza sulla televisione di Stato Saudita. Una esterrefatta imitatrice di Kamala Harris cerca di accompagnare e supportare il Presidente ma non riesce ad evitarne le figuracce da rincretinito totale che ormai dispensa urbi et orbi sin dal tempo della sua rielezione. Naturalmente questa trasmissione è stata realizzata e mandata in onda con il pieno consenso del principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa’ud, capo del governo ed erede designato del trono saudita, ed è particolarmente indicativa dell’orientamento dei Sauditi nei confronti del grande alleato americano, con cui re Faysal aveva stretto un patto ferreo preferendoli agli inglesi sia per la ricerca e l’estrazione del petrolio sia per la protezione militare.

Questa alleanza, molto stretta e forte nonostante i numerosi contrasti, dichiarati e non, sia rispetto ad Israele che sul prezzo del petrolio, ha comunque retto fino a qualche anno fa, quando i rapporti si incrinarono decisamente per la conclusione dell’indagine della CIA che accusava il principe Mohammad di essere il mandante dell’assassinio del giornalista saudita dissidente Khashoggi, entrato nel Consolato saudita a Istanbul e lì scomparso. Khashoggi era editorialista del Washington Post e una voce molto seguita negli Usa. Il governo Biden in un primo momento, ha sostenuto con forza le accuse a Mohammad, ma poi Biden si è reso conto che stava perdendo un alleato fondamentale nello scacchiere mediorientale e non solo, e quindi nel luglio scorso si è recato a Riyadh per cercare di riallacciare i rapporti.

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Alberto Scarponi: Prefazione a Ontologia dell’essere sociale

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Prefazione a Ontologia dell’essere sociale

di Alberto Scarponi

ontologia dell essere sociale iiL’Ontologia è l’ultimo lavoro e l’ultima grande opera sistematica di György Lukács, morto a Budapest il 4 giugno 1971. Le circostanze della sua composizione, il fatto che l’autore avesse annunciato più volte negli ultimi anni di essere al lavoro su questo argomento, le anticipazioni di qualche suo contenuto che se ne sono avute Lukács vivente1, il modo frammentario in cui finora è stato pubblicato lo stesso testo originale tedesco per le difficoltà incontrate dai curatori nella redazione del manoscritto2, l’uso in campo marxista del termine di «ontologia», con il connesso sospetto di intrusioni metafisiche e cadute idealistiche, hanno fatto sì che intorno a quest’opera si coagulasse un’intensa atmosfera di attesa variamente intonata. E non sono mancati i giudizi definitivi in base a quanto già apparso in pubblico.

Il lettore italiano, avendo intanto a disposizione questa prima parte, potrà ora giudicare per via diretta la validità, la portata e anche il senso di quest’ultimo impegno del filosofo ungherese scomparso.

E non a caso viene di usare la parola «impegno», con tutte le sue assonanze. Perché, quali che saranno le riflessioni critiche suscitate dalla lettura del testo, comunque si articoleranno le eventuali obiezioni di merito rispetto al discorso che vi è contenuto, quest’Ontologia crediamo debba essere considerata un lavoro ancora una volta militante, di un uomo legato alla vita del movimento operaio e profondamente impegnato a intervenire, a dare il proprio contributo di pensatore alla lotta per il socialismo.

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Andrea Fumagalli: Dominio e ricatto del capitalismo finanziario

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Dominio e ricatto del capitalismo finanziario

Antonio Minaldi intervista Andrea Fumagalli

0e99dc 386ced0461b047deb178bd0d53d1785dmv2Dominio e sfruttamento nel capitalismo del XXI° secolo è un volume pubblicato da poco di cui consigliamo la lettura. Curato da Antonio Minaldi e Toni Casano (Ed. Multimage, 2023), il testo raccoglie i contributi di studiosi e militanti politici ad un ciclo di dibattiti su cinque grandi questioni: antropocene e capitalocene; il capitalismo della sorveglianza; il capitalismo della produzione immateriale; dominio e ricatto del capitalismo finanziario; imperi, guerra e destini del mondo. Pubblichiamo di seguito l’importante intervista sul capitalismo finanziario che Antonio Minaldi ha condotto con Andrea Fumagalli.

* * * *

Abbiamo il piacere di ospitare il professor Andrea Fumagalli. Con lui parleremo di economia. Tema ostico per molti, ma di cui dobbiamo necessariamente occuparci, perché da questioni come finanza, inflazione, debito pubblico dipende in gran parte la nostra vita. Il primo punto di cui ci occuperemo è quasi obbligato, e riguarda la guerra. Chiederei al prof. Fumagalli, anzi direi al compagno Andrea, di spiegarci che cos’è che sta cambiando, e cosa cambierà nel medio lungo periodo, con la guerra in Ucraina e col passaggio da un mondo unipolare a un mondo bipolare o più probabilmente multipolare. Ricordiamo che globalizzazione, crisi dello Stato nazione e libera circolazione delle merci e dei capitali per noi sono stati, in questi anni, cose quasi scontate. Ma forse non è più così!

Iniziamo con una doverosa premessa. Il capitalismo attuale è caratterizzato dal susseguirsi di crisi sistemiche, sia che si tratti di crisi indotte dall’instabilità finanziaria oppure da tensioni geopolitiche o da eventi sindemici.

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Manolo Monereo: Cina: è iniziato il countdown

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Cina: è iniziato il countdown

di Manolo Monereo

“La Cina non minaccia gli Stati Uniti. Nessuno può minacciare gli Stati Uniti… La Cina ha commesso, agli occhi degli Stati Uniti, un grande peccato: sviluppare la sua economia fino a raggiungere le stesse dimensioni di quella degli Stati Uniti” (Paul Keating, ex primo ministro australiano, marzo 2023)

La verità di Taiwan è in Ucraina; la verità dell’Ucraina è a Taiwan. Non si tratta né di un gioco di parole né di un indovinello. Entrambe le questioni sono dialetticamente correlate e fanno parte di una strategia globale, con differenze e somiglianze. Cosa dà loro un significato? la (contro)offensiva statunitense. La crisi dell’egemonia e l’offensiva statunitense segneranno questa fase storica. Gli Stati Uniti devono essere sempre presi sul serio, studiati con attenzione e bisogna sapere cosa dicono, cosa fanno e quanto tacciono. Quando Biden dice che gli Stati Uniti sono tornati, significa che la grande potenza del Nord non è disposta ad ammettere alcuna messa in discussione del suo dominio e che difenderà il suo “ordine” e le sue “regole” con le unghie e con i denti.

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Andrea Zhok: La lista (interessante) dei percettori di donazioni/finanziamenti delle case farmaceutiche

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La lista (interessante) dei percettori di donazioni/finanziamenti delle case farmaceutiche

di Andrea Zhok

Tra i dati più interessanti emersi recentemente troviamo quelli circa l’entità delle donazioni / finanziamenti per ricerca e sviluppo forniti dalle case farmaceutiche negli ultimi anni in Italia.

A titolo informativo, il fatturato 2021 delle prime 20 aziende farmaceutiche è stato di 884 miliardi di dollari.

Relativamente alla sola Pfizer le erogazioni in direzione italiana seguono il seguente interessante andamento:

2018: 169.602 euro

2019: 6.353.707 euro

2020: 10.242.454 euro

2021: 10.319.009 euro

Che ci sia un’esplosione dei versamenti in concomitanza con la pandemia è naturalmente mera coincidenza.

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Il Chimico Scettico: Nostalgia canaglia

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Nostalgia canaglia

di Il Chimico Scettico

Ci si ride sopra, ma due mesi fa i nostalgici rilanciavano, un temerario all in: la variante Kraken (diciamolo, per scommettere su un nome così ci voleva del bel pelo sullo stomaco).

Come poi è andata a finire lo sanno tutti, quindi non credo che spunterà una variante Yog Sothoth o roba del genere, e chi diceva “una pandemia è per sempre, mica penserete di cavarvela in due anni, eh?”, beh…

il vaiolo delle scimmie è stato velocemente archiviato, ma ci si può consolare con la guerra in Ucraina e la geopolitica e lo si fa, a giudicare da una veloce esplorazione della websfera italiana.

Si ride e si scherza, con sollievo, mentre c’è chi fa tutt’altro per evitare il sollievo (e evitarvelo). Ma mentre va in scena un’inutilissima commissione parlamentare, ci si scorda che il green pass all’italiana non ha avuto niente di corrispondente nei paesi occidentali (non ti vaccini, o non ti fai la seconda o la terza dose e non lavori né prendi stipendio). L’unica misura simile fu quella australiana del “No jab, no pay”, ma stiamo parlando di una nazione, nel bene o nel male “built for convicts”, come dice qualche inglese.

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Fabrizio Casari: Ucraina, la paura USA della pace

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Ucraina, la paura USA della pace

di Fabrizio Casari

Nella storia accade spesso che il successo di alcuni evidenzi il fallimento di altri. È un po’ quello che è successo con la visita di due giorni di Xi Jinping a Mosca, con i due giganti che hanno confermato la loro alleanza strategica al di là di ogni aspettativa e i loro avversari – gli Stati Uniti e l’Unione europea – che, dopo aver spiegato al mondo che “Putin e Xi dormono nello stesso letto ma non hanno gli stessi sogni”, si sono resi conto che è proprio la messa a terra dei sogni che ha preso nuovo slancio con questa visita. Così ora l’Occidente si affretta a denunciare la dimensione destabilizzante e a definire la democrazia globale come una minaccia assoluta al “mondo libero”, proponendo una lotta tra “democrazia” e “autarchia”.

Gli accordi commerciali firmati a Mosca vengono illustrati dalla corrente globalista come la certificazione del vassallaggio di Mosca a Pechino. Una tesi ridicola, dal punto di vista economico e politico. Non c’è alcun vassallaggio o signoria feudale, ma piuttosto uno scambio di tecnologia, commercio, finanza e materie prime.

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Piccole Note: Documenti segreti canadesi: quando gli Usa innescarono la guerra in Bosnia

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Documenti segreti canadesi: quando gli Usa innescarono la guerra in Bosnia

di Piccole Note

La scorsa settimana ricorreva l’anniversario dell’intervento Nato nell’ex Jugoslavia (24 marzo 1999), che si può considerare il primo passo di quella guerra mondiale fatta a pezzi denunciata da tempo da papa Francesco, che ora ha il suo focus in Ucraina.

Tante le motivazioni di quell’intervento, ad esempio quella di rilanciare l’immagine della presidenza Clinton, appannata dallo scandalo Lewinsky. Ma il proposito di dar vita a un intervento Nato nell’ex Jugoslavia partiva da lontano, come anche l’idea di colpire la Serbia.

Ultimo residuo dell’ex impero sovietico conficcato nel cuore dell’Occidente, la Serbia era per la Nato una sfida che doveva essere affrontata. Il redde rationem contro Belgrado ha i suoi prodromi nella guerra bosniaca, nella quale, tra il 1992 e il 1995, si confrontarono gli eserciti croati, serbi e bosniaci e che si concluse con l’accordo di Dayton.

Una guerra che, secondo la narrativa ufficiale, era riconducibile all’intenzione di Belgrado di dar vita a una “Grande Serbia”, annettendo parte della Bosnia (la stessa motivazione avrebbe innescato nel ’99 l’intervento Nato, asserendo che la Serbia voleva annettere il Kosovo).

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Frédéric Lordon: Un paese che si solleva

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Un paese che si solleva

di Frédéric Lordon

Per fare dell’insurrezione francese un mezzo e non un fine, dice Frédéric Lordon, occorre formulare un desiderio politico positivo in cui la forza del numero possa riconoscersi

francia2 jacobin italia 1536x560Lunedì 20 marzo, le prime pagine della stampa francese sono tutte dedicate all’eccitazione per una mozione di sfiducia, a contare i deputati che potrebbero votarla, a soppesare le possibilità, a prevedere gli assetti futuri, a fare la parte degli informati – che delizia il giornalismo politico: un passaporto per l’inanità politica.

Nel frattempo, insorta con tutta la sua forza, la politica si è impadronita del paese. Uno sciame di iniziative spontanee si dirama da tutte le parti – scioperi senza preavviso, blocchi stradali, tumulti o semplici manifs sauvages, assemblee studentesche ovunque, l’energia dei giovani a Place de la Concorde, per strada. Tutti si sentono sui carboni ardenti, le loro gambe sono impazienti – impazienti, certo, ma non delle sciocchezze che appassionano i ristretti circoli dell’intellighenzia parigina. I circoli, paradossalmente, sono simili ai vertici. Come i giornalisti, che restano incollati a Macron e a Élisabeth Borne, hanno una cosa in comune: gli uni come gli altri ignorano ciò che sta realmente accadendo, vale a dire l’ebollizione del paese.

È bello quello che succede quando l’ordine costituito comincia a deragliare. Piccolezze inaudite, che rompono l’isolamento rassegnato e l’atomizzazione su cui i potenti fondano il loro potere. Ed ecco che i contadini portano ceste di verdure ai ferrovieri in sciopero; un ristoratore libanese distribuisce falafel ai manifestanti sequestrati dalle «nasses» poliziesche [l’accerchiamento dei manifestanti, Ndt]; studenti e studentesse che si uniscono ai picchetti; e presto vedremo anche i cittadini aprire le loro porte per proteggere i manifestanti dalla polizia.

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Wolfgang Streeck: Il ritorno del re

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Il ritorno del re

di Wolfgang Streeck

luigi xivSe mai ci fosse stata una domanda su chi comanda in Europa, la NATO o l’Unione Europea, la guerra in Ucraina l’ha risolta, almeno per il prossimo futuro. Una volta, Henry Kissinger si lamentava che non c’era un numero di telefono unico a cui chiamare l’Europa, troppe chiamate da fare per ottenere qualcosa, una catena di comando troppo scomoda e bisognosa di semplificazione. Poi, dopo la fine di Franco e Salazar, è arrivata l’estensione a sud dell’UE, con l’ingresso della Spagna nella NATO nel 1982 (il Portogallo ne faceva parte dal 1949), rassicurando Kissinger e gli Stati Uniti sia contro l’eurocomunismo sia contro una presa di potere militare non da parte della NATO. Più tardi, nell’emergente Nuovo Ordine Mondiale dopo il 1990, l’UE avrebbe dovuto assorbire la maggior parte degli Stati membri del defunto Patto di Varsavia, in quanto questi erano in rapida successione per l’adesione alla NATO. Stabilizzando economicamente e politicamente i nuovi arrivati nel blocco capitalista e guidando la loro costruzione nazionale e la formazione dello Stato, il compito dell’UE, accettato più o meno con entusiasmo, sarebbe stato quello di consentire loro di diventare parte dell’”Occidente”, guidato dagli Stati Uniti in un mondo ormai unipolare.

Negli anni successivi il numero di Paesi dell’Europa orientale in attesa di essere ammessi nell’UE aumentò, con gli Stati Uniti che facevano pressioni per la loro ammissione. Con il tempo, Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia hanno ottenuto lo status di candidati ufficiali, mentre Kosovo, Bosnia-Erzegovina e Moldavia sono ancora in attesa. Nel frattempo, l’entusiasmo degli Stati membri dell’UE per l’allargamento è diminuito, soprattutto in Francia, che ha preferito e preferisce l’”approfondimento” all’”allargamento”.

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Marcello Spanò: La politica economica tra inflazione e stabilità finanziaria

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La politica economica tra inflazione e stabilità finanziaria

di Marcello Spanò

siliconValleyBankIl fallimento di Silicon Valley Bank – la sedicesima più grande banca degli Stati Uniti – e le altre scosse telluriche del sistema finanziario a cui abbiamo assistito in questi giorni riportano all’attenzione il tema dell’instabilità finanziaria. Ancora non sappiamo se questi siano i primi anelli di una lunga catena o se il contagio verrà in qualche modo arginato. Ciò che possiamo constatare è che, ancora una volta, l’economia capitalistica ad alta intensità finanziaria in cui ci tocca in sorte vivere si conferma fragile e soggetta a rischi sistemici. Al posto di azzardare previsioni, pratica su cui gli economisti si esercitano ostinatamente e la maggior parte delle volte inutilmente, preferisco qui avanzare alcune considerazioni sugli elementi di novità che emergono da questi (primi?) fallimenti e sulle linee guida di politica economica che dovrebbero esserne tratte.

 

1. I safe assets non sono safe

La prima considerazione che mi sembra opportuno sottolineare è un paradosso: i titoli del debito pubblico, normalmente considerati un rifugio per il loro basso grado di rischiosità (safe assets) sono stati proprio quelli che hanno portato la SVB al fallimento.

Una quindicina d’anni fa, quando l’intero mondo della finanza franava a causa del crollo dei titoli derivati il cui profilo di rischio era del tutto opaco e la cui valutazione tecnicamente contorta era affidata ad esperti che di economia sapevano poco o nulla, gli investitori finanziari spostarono somme enormi di ricchezza sui titoli di Stato, considerati appunto un buon rifugio di fronte al panico e all’incertezza del momento.

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Il pungolo rosso: L’uranio impoverito, il “metallo del disonore” – ancora lui!

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L’uranio impoverito, il “metallo del disonore” – ancora lui!

di Il pungolo rosso

E dunque si torna a parlare delle armi all’uranio impoverito. Il merito è del governo britannico, e del compito che si è auto-assegnato di “avanguardia della guerra contro la Russia, a tutti i costi, con tutti i mezzi, in ogni luogo”.

L’escalation bellicista con cui il Regno Unito di Johnson, Truss, Sunak ha cercato e cerca disperatamente di riconquistare qualche centimetro dell’enorme spazio di mercato perduto negli ultimi 100 anni, ha portato infatti i suoi governanti-avventurieri a strombazzare ai quattro venti il seguente annuncio democratico-umanitario: forniremo all’Ucraina proiettili all’uranio impoverito. Salvo poi – una volta incassata a stretto giro la risposta russa: “è un ulteriore passo verso l’apocalisse nucleare” – affidare al ministro degli esteri Cleverley il compito di minimizzare “sono munizioni puramente convenzionali”. Il che è manifestamente falso. A meno che per convenzionali non si voglia intendere in uso da decenni da parte degli umanisti della Nato, il che è invece vero.

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coniarerivolta: L’inflazione dei padroni

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L’inflazione dei padroni

di coniarerivolta

Dopo decenni segnati da una dinamica dei prezzi stagnante, il ritorno di tassi d’inflazione elevati e persistenti nelle economie avanzate, in particolare quelle occidentali, è stato il fatto economico più rilevante degli ultimi anni.

Abbiamo già discusso le conseguenze devastanti dell’inflazione sui salari reali e sulle condizioni materiali di milioni di lavoratrici e lavoratori in tutta Europa, mettendo a nudo le misure implementate dalle istituzioni europee, a partire dal rialzo dei tassi della BCE, tutte orientate a tutelare i profitti e scaricare il prezzo dell’inflazione esclusivamente sui lavoratori.

Diventa allora indispensabile ragionare su quali potrebbero essere gli strumenti a disposizione dell’intervento pubblico per contrastare la dinamica inflativa e al contempo tutelare il mondo del lavoro. Questo articolo si concentra sul controllo dei prezzi, una misura particolarmente sgradita agli economisti mainstream di tutto il mondo, recentemente tornata al centro del dibattito.

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Marinella Mondaini: Putin a Mariupol e la propaganda (tragicomica) di Repubblica

lantidiplomatico

Putin a Mariupol e la propaganda (tragicomica) di Repubblica

di Marinella Mondaini

Il livello di menzogne e faziosità sui giornali italiani sta raggiungendo punte massime.

Sul tema del conflitto in Ucraina, l’etica del giornalismo è oramai disattesa, il dovere di verità e obiettività vengono continuamente gettati alle ortiche.

L’informazione dei media occulta la verità e distorce i fatti.

Ne sono la testimonianza alcuni articoli, dedicati al primo viaggio di Putin nel Donbass, a Mariupol’ e in Crimea, in occasione del nono anniversario della riunificazione della penisola alla madre Russia.

L’apparizione a sorpresa di Putin a Mariupol’ ha fatto letteralmente scatenare la stampa italiana più atlantista e russofoba. Ad esempio un paio di sconcertanti articoli su la Repubblica che fanno eco a quelli dell’opposizione russa e della stampa ucraina, giostrata dai servizi britannici e statunitensi.

Uno di essi contiene un brevissimo estratto dal video che ritrae il presidente russo a Mariupol’ mentre parla in strada con alcuni residenti, accorsi per salutarlo.

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Mario Tronti: Chi ci salverà dall’Occidente?

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Chi ci salverà dall’Occidente?

Umberto De Giovannangeli intervista Mario Tronti

Mario Tronti descrive un’Europa assente, un asse occidentale sempre più spostato a est, una NATO protagonista nello scenario di una nuova guerra fredda, dove la politica, liquida e sperduta, deve ricostruire, soprattutto a sinistra, la sua identità

Professor Tronti, si continua a combattere in Ucraina, si continua a morire nel Mediterraneo. Un mondo in guerra – 47 quelle in corso – con milioni di disperati che dalle guerre fuggono e rischiano la vita. Eppure la politica in Italia sembra non accorgersene, se non in chiave di polemiche interne.

Una volta si chiamava “analisi della fase”. Oggi non c’è più questa saggia abitudine di pensiero politico. Cerchiamo minimamente di farla. L’ultima forma di globalizzazione capitalistica, economia a trazione finanziaria, si sta scontrando con un mondo politicamente in movimento. In movimento e in mutamento. La vecchia politica di potenza di paesi-nazione si muta in geopolitica, che vede protagonisti interessi di nazioni-continente.

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Paolo Ferrero: Brasile e Cina, perché l’accordo monetario che estromette il dollaro può sconvolgere il mondo

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Brasile e Cina, perché l’accordo monetario che estromette il dollaro può sconvolgere il mondo

di Paolo Ferrero

Vi sono delle notizie che annunciano uno sconvolgimento del mondo. Oggi il governo brasiliano ha annunciato un accordo con la Cina in base al quale gli scambi commerciali tra i due Paesi saranno condotti nelle rispettive valute, senza utilizzare il dollaro statunitense. Ciò significa che gli scambi commerciali si svolgeranno in real brasiliani e yuan, anziché in dollari, come normalmente accade nelle transazioni internazionali.

La rilevanza di questa notizia non è data solo dalla dimensione economica interessata: la Cina è il principale partner commerciale del Brasile ed il commercio tra i due Paesi ha raggiunto i 150 miliardi di dollari nel 2022, con 89,7 miliardi di dollari esportati dai brasiliani in Cina. Il Brasile da solo ha ricevuto quasi la metà (48%) degli investimenti cinesi in America Latina tra il 2007 e il 2020, ovvero più di 70 miliardi di dollari.

Questa notizia è rilevantissima in quanto segnala una tendenza: la Cina ha già stabilito accordi simili con la Russia e l’Argentina. Inoltre la Russia, da quanto è soggetta a sanzioni economiche e da quando è stata rapinata di 300 miliardi di dollari da parte degli Stati Uniti, è obbligata a commerciare con l’estero con valute diverse dal dollaro e questo ha cominciato a farlo non solo con la Cina ma anche con l’India, l’Iran e così via.

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