Rassegna del 06/04/2023
Enrico Tomaselli: Una rossa primavera
Una rossa primavera
di Enrico Tomaselli
Mentre il mondo si polarizza e si assiste sempre più di frequente a un distacco tra l’occidente ed il resto del mondo, la guerra in Ucraina si avvia probabilmente a segnare una nuova fase del conflitto, rompendo l’attuale stasi apparente. I prossimi mesi potrebbero risultare di grande importanza, non tanto nel decidere l’esito del conflitto, quanto nell’influenzarne fortemente la durata. Mentre i governi europei sembrano rassegnati a subirne il sanguinoso prolungamento
Una drôle de guerre?
Apparentemente, la situazione attuale della guerra ucraina sembra ricordare il primo conflitto mondiale: guerra di trincea, scarsa mobilità, cambiamenti della situazione lenti e non decisivi. In parte, questa percezione deriva per contrasto da ciò che abbiamo introiettato come idea di guerra moderna, a partire dal Blitzkrieg della seconda guerra mondiale sino alle fulminanti campagne contro l’Iraq e la Libia. Così come, per altro verso, da una scarsa conoscenza del grande pubblico delle specificità del teatro di guerra, cui si aggiunge quanto diffuso da una propaganda grossolana ed omissiva (quando non del tutto mendace), spesso riportata da pseudo esperti, privi di cognizione e competenza almeno quanto il pubblico al quale si rivolgono.
Questa guerra, dunque, ci appare più strana di quanto in realtà non sia. Questo perché, in fondo, noi tutti vorremmo che finisse in fretta. La sua lentezza va, dunque, confrontata con la velocità con la quale noi vorremmo si svolgesse.
Ma è poi davvero una guerra lenta e di trincea? Lo è solo in parte, e solo per una parte del tempo. La natura del terreno, intanto, è estremamente condizionata dall’andamento stagionale. Le piogge autunnali trasformano il terreno in fango, l’inverno lo gela, la primavera disgela e riporta il fango, l’estate asciuga. La mobilità, quindi, è limitata ad alcuni periodi dell’anno, mentre negli altri mesi è estremamente complicata, soprattutto per i mezzi pesanti. C’è inoltre da considerare l’assoluta anomalia di questo conflitto, un vero e proprio unicum nella storia – e non solo di quella moderna. Diversamente da tutte le guerre combattute dall’occidente, dal 1945 in poi (con la sola eccezione della guerra di Corea), questa non è una guerra asimmetrica.
Enrico Vigna: A proposito di Crimini e criminali di guerra. La STRAGE DI MY LAI in Vietnam. Per la Memoria storica
A proposito di Crimini e criminali di guerra. La STRAGE DI MY LAI in Vietnam. Per la Memoria storica
di Enrico Vigna
Questa pagina è solo una delle migliaia di pagine di crimini, orrori, ferocia di cui l’esercito statunitense, assistito dai maggiordomi occidentali ed europei, Italia compresa, ha insanguinato il mondo negli ultimi settant’anni. A proposito di crimini e di criminali…quanti generali, ufficiali, politici occidentali sono stati chiamati a rispondere dei crimini DOCUMENTATI storicamente, in: Korea, Puerto Rico, Guatemala, Vietnam, Laos, Cambogia, Indonesia Permesta, Libano 1958, Cuba Baia Porci, Repubblica Democratica Congo 1964, Thailandia, Bolivia, Repubblica Dominicana, Libano 1982, Grenada, Libia 1986, Iran Golfo Persico 1987, Panama, Iraq 1991, Somalia 1992, Jugoslavia, Haiti, Repubblica Federale Jugoslava Kosovo, Afghanistan, Yemen, Iraq 2003, Pakistan Nord Ovest 2004, Somalia 2007, Libia 2011, Uganda, Siria, Niger 2018…oltre a quasi 300 partecipazioni in conflitti senza risultare ufficialmente, come riportato da David Swanson, autore, attivista per la pace, giornalista statunitense e candidato al Nobel per la Pace. Si tratta di centinaia di migliaia di vittime in ogni angolo della Terra, tutto questo senza che nessun “fervente e celebrato servitore della democrazia, della giustizia e della verità”, abbia mai posto un problema di CRIMINI e CRIMINALI di GUERRA a cui chiedere conto delle loro atrocità e infamie contro l’umanità diseredata o renitente ai loro ordini.
Senza dimenticare la nostra “italietta”: nella sola Jugoslavia e Grecia, sono stati incriminati oltre 400 criminali di guerra…naturalmente MAI processati.
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Il Tenente W. Calley –e il gen William Westmoreland e Colin Powell all’epoca maggiore, che cercò di insabbiare la notizia del massacro. Tre EROI della democrazia occidentale.
Vincenzo Morvillo: Lettera a mio padre: finale di partita tra tempo e rivoluzione
Lettera a mio padre: finale di partita tra tempo e rivoluzione
di Vincenzo Morvillo
Lessi il libro di Barbara nei giorni della quarantena, causata dalla diffusione planetaria del Covid 19. Giorni di sgomento e di paura. Di rabbia e di forzata rassegnazione.
Si viveva in una sorta di quotidianità parallela, attraversata da dilatazioni e rallenty temporali. Immersi in auto percezioni allucinatorie da Pasto Nudo di Burroughs o in distopici limbi esistenziali, come nel Mondo Nuovo di Huxley: quello della società fordista e della produzione seriale per intenderci.
O anche, nella routine appiattita dei nostri pensieri si poteva avere l’impressione di venire scossi da accelerazioni improvvise e inattese, che sembravano solcare un quadrante storico costruito in base alla meccanica dei quanti e al Principio di indeterminazione di Heisenberg. Riletto dall’ermetismo messianico delle Tesi di filosofia della Storia di Walter Benjamin.
Leggevo, e non potevo fare a meno di pensare che queste emozioni e sensazioni, questi spettri semantici della realtà –spettri da intendersi nella duplice connotazione di ambiti ed ombre, Barbara sa condensarli in una lingua vaticinante. Al limite tra l’Apocalisse e la Salvezza.
Perché la sua scrittura – dalle cadenze allegoriche e magiche di L’ho sempre saputo alle istantanee concrete di questa Lettera a mio padre, intarsiate nella materica corporeità legno-gommosa di un albero salgadiano – ci parla del nostro presente e del nostro passato. Gettando una luce ferita, ma non sconfitta, sul nostro futuro.
Quella di Barbara è una parola impastata di carne e di inconscio. Che lascia tuonare tra gli spazi bianchi dei sintagmi le voci di passate civiltà, di organizzazioni sociali pre-capitaliste, di un’umanità dall’intelligenza creativa e dalle mani sapienti.
Fabrizio Marchi: L’Arabia Saudita è il prossimo “stato canaglia”?
L’Arabia Saudita è il prossimo “stato canaglia”?
di Fabrizio Marchi
L’uccellino birichino mi dice che forse, fra qualche tempo, anche l’Arabia Saudita sarà bollata come “stato canaglia”. Non che non lo sia, anzi, se c’è uno stato che merita di essere definito tale, questo è proprio l’Arabia Saudita. Il punto è che fino a ieri era un alleato di ferro strategico per gli USA, e quindi si chiudevano tutti gli occhi fino a diventare ciechi. Ora che si è riavvicinato all’Iran, grazie alla mediazione della Cina, lo spartito ideologico-mediatico – se non ci saranno novità – sarà destinato a mutare. Del resto è risaputo che l’oro può diventare letame e viceversa in un nano secondo, in base alle diverse circostanze.
Le avvisaglie, per la verità, c’erano da tempo. Biden ha cercato di ricucire lo strappo dopo che Mohamed Bin Salman, il principe saudita, era stato accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista saudita dissidente Khashoggi. Ma questo è un “particolare” del tutto secondario se non irrilevante ai fini delle scelte geopolitiche e strategiche, dettate da interessi economici e commerciali.
Valentina Pazè: Libertà in vendita
Libertà in vendita
di Valentina Pazè
Valentina Pazè sostiene che in un’epoca in cui la libertà viene celebrata come il valore supremo torna in primo piano la questione della mercificazione del corpo. I fenomeni della prostituzione e della maternità surrogata, in particolare, pongono difficili interrogativi all’etica, al diritto, alla politica. È possibile stabilire un limite a ciò che i soldi possono comprare? Che dire quando sono le donne stesse a rivendicare il diritto di disporre del proprio corpo come se si trattasse di una merce? Quale rapporto esiste tra libertà e mercato?
Un silenzio assordante circonda le nuove forme di sfruttamento, mascherate e giustificate nel nome della libertà. Silenzio ma, forse, sarebbe meglio dire “cecità”. Ovvero autentica incapacità di “vedere”, riconoscere, nominare l’esistenza di rapporti di subordinazione, sfruttamento, o vero e proprio dominio, quando siano mediati dalla forma giuridica del contratto. Quando si fondino su un patto tra soggetti formalmente liberi e consenzienti. Da queste considerazioni è nato il mio libro Libertà in vendita. Il corpo tra scelta e mercato, recentemente pubblicato da Bollati Boringhieri, di cui qui ripropongo, con qualche adattamento, l’Introduzione.
Marco Cattaneo: PNRR, oh che sorpresa…
PNRR, oh che sorpresa…
di Marco Cattaneo
Non era difficile prevedere che il PNRR non avrebbe portato nulla di buono all’Italia, e infatti io (come parecchi altri) ho cominciato a dirlo tre anni fa, fin da quando l’idea è stata partorita (e se ne parlava generalmente sotto il nome di Recovery Fund, di cui il PNRR è il “presupposto di attuazione).
Il PNRR non è altro che un’arma di condizionamento e ricatto. Una in più. Si prendono soldi degli Stati (perché gli Stati o si accollano debito o si impegnano a pagare maggiori contributi alla UE in futuro) e si permette “generosamente” agli Stati medesimi di spenderli – ma SOLO per progetti approvati dalla UE.
Non male la generosità della UE, vero? Ti prendo un euro e poi te lo ridò (nel caso dell’Italia, magari te ne ridò un euro e dieci centesimi) ma solo se fai quello che dico io e “ti comporti bene”. Bene a insindacabile giudizio della UE stessa, beninteso.
Salta fuori ora, dopo che il governo Conte II è stato fatto cadere “perché stava preparando male il PNRR”; dopo che Draghi aveva detto e ripetuto che era “tutto a posto”; salta fuori dicevo che le future erogazioni all’Italia sono a rischio perché “gli obiettivi potrebbero non essere centrati”.
Francesco Galofaro: Geopolitica e conflitto di classe: la contrapposizione oriente/occidente
Geopolitica e conflitto di classe: la contrapposizione oriente/occidente
di Francesco Galofaro
Ernst Jünger – Carl Schmitt, Il nodo di Gordio, Milano, Adelphi, 2023, pp. 238, euro 14,00
Lo si poteva prevedere: dal dibattito politico al chiacchiericcio giornalistico, l’abuso ubiquitario del termine “geopolitica” ha fortunatamente riportato in libreria molti interessanti volumi sull’argomento. Tra gli altri, Il nodo di Gordio, Adelphi, 2023, ripropone un interessante dibattito tra Ernst Jünger e Carl Schmitt sulla contrapposizione tra Oriente e Occidente. Il saggio di Jünger e la risposta di Schmitt risalgono ai primi anni della guerra fredda; purtroppo ritornano d’attualità a causa del conflitto ucraino. Jünger e Schmitt rappresentano due esiti della crisi della “rivoluzione conservatrice” che tra le due guerre si oppose alla repubblica di Weimar. Nel 1933, a differenza di Jünger, Schmitt aderì al nazismo. Conclusasi la catastrofica vicenda bellica e culturale tedesca, negli anni ’50 della guerra fredda, Jünger auspicò l’avvento di un’unica repubblica mondiale cosmopolita. Al contrario, nel suo saggio, Schmitt espresse una lucida critica a quest’opzione, lamentando la perdita di diversità, di articolazione culturale e di libertà comportata dall’egemonia globale del liberalismo USA. In quest’ottica, l’Europa dovrebbe rappresentare, tra mille difficoltà, un’alternativa alla contrapposizione binaria e manichea tra est ed ovest.
Gianluca Viola: Letteratura e insicurezza. Sul caso Agatha Christie
Letteratura e insicurezza. Sul caso Agatha Christie
di Gianluca Viola
La notizia è ormai sulla bocca di tutti: il rinomato editore HarperCollins, nell’ottica di una ristampa delle opere complete della signora del giallo, ha deciso di avvalersi del contributo dei cosiddetti sensitive readers, allo scopo di correggere, modificare e censurare passaggi dei romanzi dell’autrice di Miss Marple, per adattarli alla «sensibilità moderna», qualsiasi cosa essa sia. L’operazione ha causato – e c’era da aspettarselo – un turbine di polemiche, come era già avvenuto, nel recente passato, quando la stessa volontà s’era abbattuta sulla penna dello scrittore per ragazzi Roald Dahl o sul creatore di James Bond, Ian Fleming.
L’ipotesi – divenuta realtà nei due casi precedenti – di attuare una revisione linguistica dei brani e delle espressioni ritenute – a giusto titolo oppure no – discriminatorie nei confronti dell’infinita sensibilità delle cosiddette minoranze – i cui rappresentanti fanno ormai della suscettibilità la loro cifra stilistica essenziale – è semplicemente un altro segno dei «tempi interessanti» in cui siamo immersi o cela un significato più profondo, legato alle modalità con cui ci approcciamo – o, almeno, alcuni di noi si approcciano – alla produzione letteraria dei secoli appena precedenti?
Michael Brenner: L’Ucraina e la “trappola di Tucidide”
L’Ucraina e la “trappola di Tucidide”
di Michael Brenner
Professore emerito di Affari internazionali all’Università di Pittsburgh e Fellow del Centro per le relazioni transatlantiche del SAIS/Johns Hopkins. Michael Brenner è stato direttore del programma di relazioni internazionali e studi globali dell’Università del Texas. Ha lavorato anche presso il Foreign Service Institute, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e Westinghouse. È autore di numerosi libri e articoli sulla politica estera americana, sulla teoria delle relazioni internazionali, sull’economia politica internazionale e sulla sicurezza nazionale
Agli occhi dei funzionari statunitensi, l’importanza dell’Ucraina va ben oltre il suo intrinseco valore geopolitico o economico. Questo era vero nel 2014 come lo è nel 2021 – e sicuramente oggi. Il significativo investimento degli Stati Uniti nella campagna per riportare l’Ucraina nell’orbita occidentale indica quali sono gli obiettivi strategici più ampi di Washington. In parole povere: la crisi è radicata nelle preoccupazioni di Washington nei confronti della Russia. Ha poco a che fare con l’Ucraina in quanto tale. Questo sfortunato Paese è stato l’occasione, non la causa, dell’attuale confronto.
Per più di 20 anni, da quando Vladimir Putin è salito al potere, la denaturazione della Russia come potenza significativa sulla scena europea (e ancor più su quella mondiale) è stata un obiettivo fondamentale della politica estera statunitense. L’ascesa del Paese dalle ceneri, simile a una fenice, ha innervosito Washington, sia i politici che gli esperti dei think tank. Nemmeno la minaccia di gran lunga maggiore rappresentata dalla Cina per il dominio globale degli Stati Uniti ha alleviato questa ansia. Al contrario, la temuta prospettiva di una partnership sino-russa ha rafforzato il desiderio di indebolire – se non eliminare completamente – il fattore Russia nell’equazione strategica statunitense.
Giacomo Gabellini: “Il grande disegno di Kissinger”: 50 anni fa i petrodollari nascevano in questo modo
“Il grande disegno di Kissinger”: 50 anni fa i petrodollari nascevano in questo modo
di Giacomo Gabellini
Come è noto, l’Europa distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale riuscì a rimettersi in piedi grazie soprattutto agli aiuti forniti dagli Stati Uniti – in cambio della rinuncia alla sovranità politica da parte degli Stati del “vecchio continente” – nell’ambito dell’ormai celeberrimo Piano Marshall, il quale impedì che le prospettive di ricostruzione si infrangessero sui vincoli della bilancia dei pagamenti di ogni singolo Paese. Eppure, dal punto di vista strettamente economico, la linea operativa portata avanti da Washington produsse ricadute molto più positive sull’Europa e sul Giappone che sugli stessi Stati Uniti, i quali, fungendo anche da mercato di sbocco per le merci prodotte in Europa, cominciarono a fare fatica a realizzare tassi di crescita analoghi a quelli conseguiti dalla Comunità Economica Europea (il cui export, nel 1960, fu per la prima volta superiore a quello statunitense) e si videro costretti a far leva sull’enorme spazio di manovra garantito dal ruolo di valuta di riferimento di cui era titolare il dollaro per emettere moneta in misura tale da finanziare il proprio deficit, che stava cominciando a crescere in maniera preoccupante.
Convertibilità di “facciata”
Il consigliere economico del presidente Charles De Gaulle, Jacques Rueff, si era accorto di come la convertibilità tra dollaro ed oro fosse divenuta ormai soltanto “di facciata”, in quanto il dollaro aveva ormai acquisito lo status di moneta fiduciaria solo formalmente ancorata ad un valore fisico reale. Rueff fece quindi notare a De Gaulle come questo stato di cose fosse garante di pesanti squilibri valutari e consentisse agli Stati Uniti di accumulare deficit crescenti nella bilancia commerciale senza pagarne il prezzo corrispettivo.
Andrea Rinaldi: Dentro Operai e capitale
Dentro Operai e capitale
di Andrea Rinaldi
I primi anni Sessanta, in Italia, sono attraversati da una dinamica ambivalente: da un lato rappresentano l’apogeo del cosiddetto «miracolo economico», dall’altro segnano l’inizio di uno straordinario ciclo di lotte, guidato da quello che sarà conosciuto come operaio massa. Andrea Rinaldi ritorna al principio dell’esperienza dei «Quaderni rossi», nella combinazione tra soggetti differenti, per indagare le fondamenta dell’elaborazione di Operai e capitale e dell’intero operaismo politico italiano.
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I «Quaderni rossi» nascono e si sviluppano in un particolare momento di novità politiche imposte dal movimento operaio. Come è noto i primi anni Sessanta sono l’apogeo del miracolo economico italiano, ma anche l’inizio di un inaspettato nuovo ciclo di lotte operaie. Il clima cooperativo che gli industriali del Nord avevano tentato di costruire per aumentare la produttività si stava guastando. A rovinare i piani di sviluppo economico furono proprio quei soggetti meridionali immigrati che venivano pensati come argine alla contestazione e che finirono per essere invece l’incubo di ogni tentativo rappresentativo. «Gli operai immigrati trovarono in fabbrica il luogo privilegiato di un’azione collettiva che era loro negata all’interno della comunità; essi portavano dentro i cancelli degli stabilimenti tutto il risentimento che provavano per le condizioni di vita che sopportavano al di fuori di questi»[1].
Quando si andava strutturando il primo gruppo dei «Quaderni rossi», nel 1961, la Fiat era ancora il luogo apparentemente pacificato voluto dal presidente Vittorio Valletta, e sparuti focolai si vedevano solo nelle altre fabbriche piemontesi.
Pasquale Cicalese: Le Banche centrali smentiscono (loro stesse) la principale fake news economica degli ultimi anni
Le Banche centrali smentiscono (loro stesse) la principale fake news economica degli ultimi anni
di Pasquale Cicalese
Se le banche centrali ormai dicono che le aziende sono le principali responsabili dell’inflazione, dunque anch’essa, assieme ai temi energetici, è da offerta, non da domanda, smentiscono la loro vulgata.
Con il loro operato stanno uccidendo la già flebile domanda interna europea.
Quanto ai margini delle imprese, oggi su Milano Finanza intervista all’Ad di Poste, il quale afferma candidamente che i margini sono raddoppiati. Non è normale che Poste raddoppi in un anno i margini, se non derivante da rincari agli utenti e deflazione salariale.
Così le aziende europee. Limitandoci ai temi energetici, questi mesi hanno visto un assurdo prelievo sulle famiglie, falcidiate dalle bollette. È come se fossero imposte indirette, che colpiscono maggiormente i redditi bassi, mentre i benestanti possono pagare tranquillamente.
Come tutte le imposte indirette, anche queste, derivante dal “capitalismo delle bollette” provoca un travaso da salari a profitti e rendite, nel mentre la transizione energetica non è affatto pagata dalle aziende suddette, ma dalla fiscalità generale tramite PNNR e crediti di imposta varie.
Piccole Note: Trump come Navalny…
Trump come Navalny…
di Piccole Note
“Gli verranno prese le impronte digitali. Sarà fotografato. Potrebbe anche essere ammanettato”. Così il New York Times sull’incriminazione di Trump da parte del tribunale di Manhattan. Già, perché a tema nell’inchiesta sull’ex presidente non è tanto l’esito giudiziario, che comunque non sembra prevedere in prospettiva il carcere a lungo termine, quanto altro e di immagine.
La prima di tante
Per mandare in prigione Trump ci si proverà con altre inchieste, dal momento che quella intentata a New York è solo una delle tante iniziative giudiziarie contro il tycoon prestato alla politica.
Lo scopo dell’iniziativa attuata tramite la procura di New York è più banalmente quella di mostrare al mondo Trump ammanettato e, del caso, anche una sua foto in cella con indosso il pigiamone carcerario brillante di arancione. Poi ci sarà la cauzione e l’illustre prigioniero tornerà libero. Ma l’immagine del suo arresto e della prigione, nell’idea dei suoi antagonisti, dovrebbe lederne in maniera irreversibile l’immagine.
Giacomo Gabellini: Pentagono: perché la deindustrializzazione è un problema di sicurezza nazionale
Pentagono: perché la deindustrializzazione è un problema di sicurezza nazionale
di Giacomo Gabellini
Nel settembre 2018, il Pentagono ha pubblicato un rapporto in cui si richiamava l’attenzione sul fatto che un numero sempre più elevato componenti cruciali per il funzionamento dei sistemi di difesa nazionali viene fornito da produttori localizzati in altri Paesi stranieri. Il motivo è presto detto: il funzionamento dei missili è messo in serio pericolo dal fatto che l’impresa statunitense che fabbricava interruttori di alimentazione al silicio ha recentemente chiuso i battenti e non ne esiste un’altra sul suolo nazionale in grado di rimpiazzarla, mentre per quanto riguarda la fornitura di motori a combustibile solido si è dovuto ricorrere a un’azienda norvegese, a causa di non meglio specificati problemi tecnici riscontrati nelle fasi avanzate di fabbricazione dall’unico produttore statunitense rimasto.
Quello missilistico è tuttavia soltanto uno dei tanti settori che ha visto i militari statunitensi rivolgersi a società straniere per garantire la continuità delle forniture, visto e considerato che nel documento redatto dagli specialisti del Dipartimento della Difesa si fa riferimento ad altri elementi essenziali come l’alluminio laminato a freddo da impiegare per le blindature dei mezzi pesanti, o a procedure tecniche che richiedono un elevato know-how quali la manutenzione dei sistemi di propulsione dei sottomarini.
Biagio Bossone e Massimo Costa: Il Superbonus e gli errori di Eurostat
Il Superbonus e gli errori di Eurostat
di Biagio Bossone e Massimo Costa
L’aggiornamento del Manual on Government deficit and debt da parte di Eurostat dispone nuovi criteri di classificazione contabile dei crediti d’imposta rivenienti dall’utilizzo dei Superbonus e degli altri bonus edilizia concessi a famiglie e imprese (ex Legge n. 77 del 17 luglio 2020) a titolo di sconti fiscali o per cessione a terzi.
Al punto 35 della sezione sui Transferrable tax credits, Eurostat stabilisce che il contribuente che beneficia di un credito d’imposta trasferibile ha una forte motivazione a utilizzarlo come sconto fiscale oppure a traferirlo a terzi se c’è un rischio di non poterlo utilizzare come tale (e quindi di perderlo in tutto o in parte).
Invero, più che per ragioni di rischio, la motivazione a traferire un credito d’imposta è assai più verosimilmente dettata dalla sua accettazione da parte di altri soggetti e, correlativamente, dal vantaggio che essa offre al cedente di potere accedere a liquidità con immediatezza e a condizioni meno onerose rispetto, per esempio, al credito bancario.
Giorgia Audiello: La Germania è attraversata dal più grande sciopero dei trasporti degli ultimi trent’anni
La Germania è attraversata dal più grande sciopero dei trasporti degli ultimi trent’anni
di Giorgia Audiello
Lunedì in Germania si è svolto uno dei più grandi scioperi del settore dei trasporti degli ultimi trent’anni: centinaia di treni sono rimasti fermi nelle stazioni, voli locali e internazionali sono stati cancellati uno dopo l’altro, mentre i traghetti per il nord Europa sono rimasti ormeggiati alle banchine dei porti. L’obiettivo dello sciopero è quello di ottenere un adeguamento degli stipendi all’inflazione. Si tratta della più grande agitazione nel settore dei trasporti dal 1992, organizzata dalla seconda sigla sindacale tedesca – Ver.di – che rappresenta oltre 2,5 milioni di lavoratori e dal sindacato degli autoferrotranvieri Evg che hanno definito quello di lunedì come «sciopero di avvertimento» (Warnstreik): lunedì pomeriggio, infatti, è iniziato a Potsdam il terzo round negoziale per il rinnovo dei contratti di settore e le due sigle hanno chiesto rispettivamente l’aumento in busta paga del 10%, pari a 500 euro in più, e di 650 euro mensili, pari circa al 12% in più.
Lo sciopero aveva come principale obiettivo della protesta i comuni tedeschi, in quanto è da quest’ultimi che dipendono in gran parte i lavoratori dei trasporti pubblici.