Rassegna del 10/04/2023
Lelio Demichelis: La società-fabbrica
La società-fabbrica
di Lelio Demichelis
È in libreria e online (anche in e-book) il nuovo saggio del sociologo Lelio Demichelis. Titolo: La società-fabbrica. Digitalizzazione delle masse e human engineering (Luiss University Press, pag. 360). Ovvero, la fabbrica – e non l’impresa secondo l’ideologia neoliberale dominante – è il vero e reale modello di organizzazione del mondo e del nostro dover vivere. E a governare/ingegnerizzare la società trasformata in una fabbrica a ciclo continuo/h24 e a mobilitazione totale sono imprenditori e manager, finanza, marketing e tecnocrati e oggi soprattutto gli algoritmi e l’intelligenza artificiale, i nuovi meneur des foules con le loro tecniche sempre più raffinate di human engineering.
Perché il tecno-capitalismo ci vuole sempre più produttivi e consumativi e a pluslavoro crescente per la massimizzazione del profitto/plusvalore privato. Ma realizzare una società-fabbrica era l’obiettivo non tanto del capitale, quanto della razionalità strumentale/calcolante-industriale che predetermina e produce e incessantemente riproduce l’accrescimento tendenzialmente illimitato sia del capitalismo, sia il sistema tecnico. Ponendosi evidentemente in conflitto strutturale con la biosfera e la società e con il dovere di rispettare responsabilmente il concetto di limite. Il vero cambio di paradigma da realizzare è allora quello di uscire da questa (ir)razionalità strumentale/calcolante industriale e positivistica e costruire invece una ragione illuministica, ma umanistica ed ecologica. Un tema che riguarda soprattutto la sinistra, troppo positivista e industrialista nella sua storia.
Per gentile concessione dell’Editore, ne anticipiamo alcuni estratti.
* * * *
Bernardino Mustone: Capitalismo e violenza: una tendenza irresistibile
Capitalismo e violenza: una tendenza irresistibile
La crisi della democrazia alla luce di Marx
di Bernardino Mustone
Il capitalismo segue delle leggi di tendenza? Esiste un paradigma teorico che, sulla base delle categorie d’analisi e della sua logica interna, permette di individuare teoricamente queste leggi? Rispondiamo a queste domande alla luce di Marx, attualizzato da Brancaccio e Fineschi
La teoria marxiana, soprattutto alla luce delle nuove interpretazioni derivanti dal contributo della MEGA² (Fineschi, 2021a1), fornisce gli strumenti concettuali e propone delle tendenze storiche del modo di produzione capitalistico (Fineschi, 2021b2).
Marx scrive nella seconda metà dell’Ottocento, quando il modo di produzione capitalistico era, per certi versi, ancora in fase embrionale. Nonostante ciò, il Moro individua tendenze e processi che risultano ancora più attuali nella realtà odierna rispetto a quando egli le teorizzò.
Le tendenze del capitalismo
Alcune delle tendenze che Marx individua sono:
- la tendenza allo sviluppo delle forze produttive (o, potremmo dire, della produttività): si ha attraverso lo sviluppo della forma cooperativa del lavoro, attraverso il progresso scientifico-tecnico, attraverso la forza produttiva espressa dal lavoro combinato, eccetera. Tale impressionante sviluppo della capacità produttiva permette un miglioramento delle condizioni di vita in generale;
Piccole Note: L’attentato a Tatarsky: geopolitica e cronaca nera
L’attentato a Tatarsky: geopolitica e cronaca nera
di Piccole Note
L’assassinio del blogger russo Vladlen Tatarsky è un esempio tipico di intersezione tra cronaca nera e geopolitica. Il blogger è stato ucciso nel giorno in cui i russi prendevano il controllo del municipio di Bakhmut, cosicché l’attentato serviva a due scopi.
Il municipio di Bakhmut
Anzitutto a coprire la notizia della caduta del municipio, di fatto diventata irrilevante dopo l’assassinio. Il punto è che, benché di nessuna importanza tattico-strategica, la conquista del palazzo municipale aveva un alto valore simbolico, come sbandierato dalle forze ucraine che vi si erano acquartierate in segno di vittoriosa resistenza.
Peraltro, come avevamo segnalato in una nota precedente, il New York Times, solo due giorni prima della sua caduta, aveva annunciato che l’offensiva russa su Bakhmut era ormai svaporata. La successiva conquista del Municipio lo smentiva decisamente. Ma tale notizia andava coperta in ogni modo, da cui l’uccisione del blogger, inutile ai fini strategici, quanto eclatante.
Andrea Zhok – Daniele Luttazzi: Il più forte condizionamento dell’opinione pubblica della storia
Il più forte condizionamento dell’opinione pubblica della storia
di Andrea Zhok
Per chi non lo avesse capito, il controllo e l’orientamento dei social media in Occidente rappresenta la più forte leva di condizionamento dell’opinione pubblica della storia.
Parliamo della capacità di orientare le scelte culturali e politiche di miliardi di persone.
Poter bloccare, o ridurre la circolazione di alcune notizie, o al contrario alimentare la viralità di altre, significa decidere l’agenda del discorso pubblico, decidere quali temi diventeranno dei “must” su cui è necessario avere un’opinione, decidere quali idee e parole d’ordine rimarranno di nicchia, significa indirettamente decidere maggioranze parlamentari, governi, politiche internazionali, ecc.
E nonostante ciò ci sono ancora in circolazione un buon numero di imbecilli che tirano fuori l’argomento: “Sono privati, fanno quello che vogliono”.
Al di là del fatto che privati guidati dalla National Security Agency americana sono privati per modo di dire, comunque è imperdonabile non capire che simili concentrazioni monopolistiche di potere sovranazionale sono la garanzia di una distruzione di ogni democrazia.
Giulia Bertotto: “Il conflitto russo-ucraino” di Giulio Palermo, la guerra mondiale per l’egemonia digitale
“Il conflitto russo-ucraino” di Giulio Palermo, la guerra mondiale per l’egemonia digitale
di Giulia Bertotto
“Se l’Europa si finge antifascista mentre, obbedendo agli Stati Uniti, arma i nazisti, la Russia risponde ricordando chi sconfisse veramente il nazismo in Europa e chi innalzò la bandiera della vittoria sul Reichstag”. È anche per enunciati limpidi e incisivi come questo che Il conflitto russo-ucraino. L’imperialismo USA alla conquista dell’Europa del professor Giulio Palermo[1] va letto, per acquisire una visione più completa e coraggiosa del conflitto nel cuore del vecchio Continente.
La pubblicazione, (L.A.D. 2022) è un saggio breve e lineare che ripercorre il lungo e intricatissimo processo che ha portato alla guerra in Ucraina scoppiata nove anni fa e alla “operazione militare speciale” russa il 24 febbraio 2022. La guerra non è tra Ucraina e Russia, ma tra Nato e Russia, e l’obiettivo statunitense è l’Ue[2].
Con la puntualità e il rigore di una perizia, l’autore smonta i costrutti totemici e propagandistici della dialettica aggredito/aggressore riportando fatti storici, dati economici, istigazioni militari, accordi mai osservati, in una ricostruzione rigorosa e asciutta, ma ricchissima.
Alberto Giovanni Biuso: Eufemismi totalitari
Eufemismi totalitari
di Alberto Giovanni Biuso
Dura, violenta e dolorosa è la vita degli umani. In The Giver (Phillip Noyce, 2014) un Consiglio degli Anziani governato da una matriarca ha deciso da tempo (non si sa da quanto) di costruire una società composta da persone che non soffrano più, vale a dire che non nutrano più passioni. E infatti questi umani non conoscono aggressività, odio, amore. Non conoscono neppure le parole che designano tali sentimenti. Vivono in modo inevitabilmente subordinato e passivo: nascono infatti da genitori che non li conosceranno, così come i figli non sapranno da chi sono stati generati; vengono esaminati alla nascita e se non adatti vengono «congedati nell’altrove» (emblematico eufemismo per dire eliminati), lo stesso accade ai vecchi; risiedono in «unità abitative» tutte uguali e dalle quali non si può uscire dopo una certa ora; vivono con genitori adottivi e con figli adottivi, sfornati dalle partorienti (è una delle professioni); condividono in momenti rituali i passaggi individuali e collettivi dall’infanzia all’adolescenza e da questa all’età adulta, nella quale svolgono un lavoro stabilito dal Consiglio degli Anziani e non scelto da ciascuno; non si toccano mai tra di loro e chiaramente non fanno l’amore; ogni mattina subiscono una «punturina» tramite un dispositivo che sta in tutte le case e che rilascia dei tranquillanti; non fanno sogni, non percepiscono i colori, ignorano la musica, una forma d’arte che è sì matematica ma è anche intrisa di sentimenti.
Andrea Boitani, Elena Granaglia, Maurizio Franzini: Merito e meritocrazia: proviamo a fare chiarezza
Merito e meritocrazia: proviamo a fare chiarezza
di Andrea Boitani, Elena Granaglia, Maurizio Franzini
Andrea Boitani, Maurizio Franzini e Elena Granaglia ricollegandosi ai diversi contributi sul tema del merito e della meritocrazia recentemente pubblicati sul Menabò tentano di portare chiarezza in un dibattito esposto al rischio di confusione anche per la complessità delle questioni da affrontare. I quattro autori ritengono che sia utile distinguere tra merito individuale e prestazione meritevole e illustrano le conclusioni alle quali giungono seguendo questa distinzione, anche in relazione al rapporto tra merito e mercato
“L’idea di meritocrazia può avere molte virtù, ma la chiarezza non è una di quelle virtù”. Così iniziava, nel 2000, Amartya Sen un suo breve saggio su “Merit and justice”. Dal 2000 i tentativi di definire, esaltare o criticare la meritocrazia sono stati numerosissimi, ma la chiarezza non è aumentata di molto. I contributi che abbiamo di recente pubblicato sul Menabò possono farci fare qualche passo avanti e con questo ambizioso obiettivo abbiamo discusso tra noi delle diverse questioni sollevate in quei contributi e l’esito (di certo non da approdo nella terra della massima chiarezza) è quello di cui diamo qui conto.
La considerazione di partenza è che affiancare la parola merito a “crazia” (dal greco, cioè forza, potere) implica che la meritocrazia sia da intendersi come sistema di potere fondato su una gerarchia tra persone definita dal merito di ciascuna di esse. “In effetti – come scrive Jo Litter (Culture, power and myths of mobility, 2018, p. 3) – il significato contemporaneo di meritocrazia è tale da supportare un sistema gerarchico lineare in cui, per definizione certe persone devono essere lasciate indietro. La cima non può esistere senza il fondo”.
Per prendere posizione sulla meritocrazia è, naturalmente, inevitabile chiarire cosa si intenda per merito.
Enzo Pellegrin: Il fascismo non è un fiume carsico, scorre da anni alla luce del sole.
Il fascismo non è un fiume carsico, scorre da anni alla luce del sole.
di Enzo Pellegrin
Recentemente, in un efficace articolo, il prof. Angelo D’Orsi ha avuto modo di soffermarsi sulle ultime esternazioni dei governanti italiani sulla strage delle Fosse Ardeatine e sull’atto di guerra messo a segno dai GAP romani in via Rasella. L’articolo può essere letto qui.
Bene fa lo storico a ricordare la polemica tra De Felice e Bobbio. Il primo, impegnato a demolire il contributo della Resistenza alla genesi storica dell’Italia democratica, ha sempre insistentemente insinuato l’idea che fascisti e antifascisti fossero minoranze impegnate a difendere in buona fede una fede politica. Nel mezzo ci sarebbe stata la maggioranza degli italiani, che si “trovarono” dall’una o dall’altra parte, quasi per caso, per necessità o bisogno. Terribile è il bisogno. A questo artefatto, Bobbio semplicemente rispose che, se avessero vinto i primi, una discussione del genere manco si sarebbe potuta tenere, senza finire in guardina.
Non è però possibile negare che l’insinuazione di De Felice non abbia avuto fortuna egemonica. Essa è stata anzi veicolata anche all’interno di certa sinistra “democratica”, con sfrontata nonchalance e benedizione istituzionale.
La lista è lunga e D’Orsi ne fa buoni esempi: Giampaolo Pansa e la sua rancorosa campagna antipartigiana, il saluto ai “ragazzi di Salò” del postcomunista Violante, per giungere alle ultime gesta del “Partito Democratico”. Quest’ultimo è da anni impegnato nel servire un autoritarismo non così differente da quello del ventennio, nel rapporto con gli altri popoli del globo: lo stivale del Patto Nord Atlantico e dell’Unione Europea, strumenti antisovietici e antieuropei che gli USA imposero per tutelare i propri interessi.
Giacomo Gabellini: Come gli Usa sono divenuti il “paradiso fiscale” per eccellenza
Come gli Usa sono divenuti il “paradiso fiscale” per eccellenza
di Giacomo Gabellini
A partire dagli anni ’80, la crescita ipertrofica del settore finanziario si è sviluppata entro una cornice giuridica a dir poco lacunosa, in cui la deregolamentazione dei singoli mercati nazionali non è stata sostituita con nuove normative internazionali atti a disciplinare i movimenti di capitale. Il che non poteva che consolidare la piuttosto diffusa pratica, da parte delle aziende, di aggirare le imposte vigenti nei Paesi d’origine sussidiando le proprie attività presso le società off-shore.
L’approfondimento del deficit di bilancio registrato dagli Usa nel corso degli anni ‘80 era strettamente connesso alla fuga di profitti aziendali non registrati nei bilanci, che vennero depositati nelle banche off-shore delle Cayman, delle Bahamas, della Svizzera e del Lussemburgo. Da uno studio condotto da James Henry, ex capo economista della società di consulenza finanziaria McKinsey, è emerso che alla fine del 2010 il patrimonio occulto custodito nelle Cayman o in altri “paradisi fiscali” ammontava a oltre 21.000 miliardi di dollari se si prendevano in esame solo i depositi bancari e gli investimenti finanziari, mentre tenendo conto delle proprietà fisiche (immobili, mezzi di trasporto, ecc.)
Federico Giusti: La mitologia della settimana corta
La mitologia della settimana corta
di Federico Giusti*
Periodicamente su stampa e tv appaiono annunci sensazionali del genere: “la settimana corta degli inglesi: più ricavi e dipendenti felici” (la Repubblica, 21 febbraio). E poi di seguito: “quattro giorni e stessa paga: l’esperimento in 61 aziende e 2.900 dipendenti nel 2022. I risultati sono eclatanti e approvati anche dai dirigenti. E Londra ora pensa ad una legge”.
Se poi leggete dentro, scoprite che gli inglesi divenuti “felici” (!!!) si riducono a 2.900 su alcune decine di milioni di occupati; che solo il 15% di loro (435 persone, cioè) non vuole assolutamente tornare al precedente sistema di orario; che la diminuzione delle ore di lavoro “è stata compensata da un maggior ritmo di lavoro”; che le imprese hanno introdotto “ore di lavoro battezzate ‘a testa bassa’, in cui i dipendenti non possono essere interrotti”; che “c’è meno tempo per socializzare sul posto di lavoro”; che “ai lavoratori è stato chiesto di mandare meno mail, più brevi e, ove necessario, di svolgere anche le mansioni degli altri colleghi” – un quadretto di felicità senza limiti, insomma.
Ecco perché risulta centrata questa messa in guardia di Federico Giusti (della CUB di Pisa) sulla mitologia, proprio così, della settimana corta.
Luca Serafini: Gli Apprendisti stregoni che giocano con il clima
Gli Apprendisti stregoni che giocano con il clima
di Luca Serafini
Che cosa c’è dietro l’idea di spruzzare tonnellate di anidride solforosa nell’alta atmosfera?
Il prestigioso Time ha titolato così un articolo: “Why Billionaires are Obsessed With Blocking Out the Sun” (Perché i miliardari hanno l’ossessione di bloccare i raggi del sole). Già, perché?
Se da una parte alcuni scienziati ipotizzano a livello teorico di contrastare il riscaldamento globale oscurando la luce solare che s’irradia sul pianeta, c’è già una startup – la Solar Geo–engineering Make Sunsets – che sta effettuando rischiosi esperimenti per modificare in modo artificiale il clima.
Questi tentativi di manomissione dell’atmosfera, definiti di geo–ingegneria solare, hanno sollevato molte controversie nel mondo della scienza del clima a causa dei potenziali effetti collaterali sul clima globale, dei problemi di fattibilità e dei rischi del cosiddetto “azzardo morale”, in sostanza la preoccupazione che la ricerca di una soluzione rapida possa distrarre la volontà politica dall’affrontare il problema di fondo delle emissioni.